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Autore: pierluu    08/08/2011    0 recensioni
Mhh, si, una storia inventata. Non so davvero come introdurla... Beh, l'io a cui non ho ancora trovato un nome è un "io" generico. So che può suonare astratto e adolescenziale, ma questa è la storia della sua fuga. Della sua ricerca di aria pulita di nuovo dopo la soffocante aria che si respira nella sua famiglia. Spero che sia quantomeno interessante D:
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente al mondo sarebbe riuscito a rendere la scuola meno noiosa. Per carità, io ho sempre ritenuto che la scuola fosse utile. Ma niente, nemmeno l'essere scappato di casa, riusciva a rendere la scuola meno noiosa.
Appena suonò la campanella (che in realtà era più il suono campionato di una sirena, cosa che rendeva l'edificio pericolosamente simile ad un carcere) mi precipitai per strada e con un buon passo e un'allegria che mi pervadeva da capo a piedi percorsi tutta la strada che separava la mia scuola e casa di Sandro, aprii il portone con le chiavi che mi erano state gentilmente date dai Sig.ri Lorenzi, entrai in ascensore allegro, pur sapendo che avrei dovuto aspettare Sandro per un'altra ora e mezza (i suoi orari scolastici erano diversi dai miei). Mi fermai però davanti alla porta in legno, sentivo uno strano brusio, come di persone che discutono... Possibile che nemmeno la famiglia di Sandro fosse immune a questa malattia?
Infilai le chiavi nella toppa, girai, aprendo lentamente sentii il brusio sparire, entrando vidi quattro paia di occhi che guardavano nella mia direzione. Erano i Sig.ri Lorenzi e i miei genitori.
I miei occhi passarono dalla sorpresa, alla realizzazione, alla rabbia.
Un accavallarsi di pensieri che andavano da un "io mi fidavo!" ad un "me lo avevano promesso!" il tutto seguito da epiteti pesanti che risalivano le illustri generazioni della famiglia Lorenzi.
Nell'istante stesso in cui i miei genitori si alzavano, con le mie stesse espressioni disegnate in volto, chiusi la porta così forte che temetti di averla rotta.
Non presi nemmeno l'ascensore, corsi giù per le scale e per la strada fino a quando il fiato non mi si bloccò in gola e le gambe non si rifiutarono anche di reggermi. Caddi per terra in una zona della città che non conoscevo, vicino ad un cassonetto, ma non me ne importava.
L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che ero stato tradito. Da gente di cui mi fidavo, o pensavo di potermi fidare.
Sdraiato lì a terra però ebbi modo di pensare. Forse stavo caricando queste azioni di troppi significati, forse avrei dovuto pensare anche ai miei genitori... L'orgoglio ferito però prese il sopravvento.
No, non sarei tornato da quei bastardi. Io odiavo quello che facevano. E, con una punta di orgoglio pensai "io sono l'incarnazione del sogno adolescenziale, lo scappare di casa, questi sentimenti, io posso fare quello che altri non avrebbero il coraggio nemmeno di pensare!".
Sì, dannazione non sarei tornato, e che andassero a farsi fottere le 3 chiamate a settimana, e tutte quelle stronzate! Loro sono lì, e io sono dovunque sono, non mi troveranno.
Come a siglare quell'accordo fatto tra me e me tirai fuori il Septum che avevo prontamente nascosto nella strada verso casa.

Ora però sorgevano altri problemi. Tutto ciò che avevo era ancora a casa di Sandro... Avrei aspettato qualche ora, poi sarei tornato, sperando che i miei se ne fossero andati, e avrei recuperato tutto. Detto fatto, un gioco da ragazzi!
E così aspettai. Avevo con me il cellulare (ovviamente avevo circa una trentina di chiamate perse, ma non facevano altro che farmi arrabbiare) controllai l'orario.
Trenta minuti. Erano passati solo trenta minuti! Dio, quanto è lento il tempo durante le attese!
Girovagai per altri dieci minuti, all'improvviso mi venne in mente una persona dalla quale potevo andare. La mia ragazza!
Le inviai un messaggio (quante chiamate inopportune!), lei mi rispose; i suoi genitori non erano a casa. Ovviamente sapevamo entrambi cosa voleva dire quello.
Passai per una farmacia, in tre quarti d'ora ero già da lei.
Mi confessò che i suoi erano fuori per il week-end. Perciò potevo dormire da lei.
Inutile dire che quella fu una splendida giornata. A seguito delle nostre coccole le raccontai in dettaglio la situazione. Lei non tentò di dissuadermi in alcun modo, anzi mi disse che era meglio se passavo a casa di Sandro di notte. "Questa ragazza mi fa impazzire!" pensai.
Perciò verso le due di notte ero già pronto a scendere. Dissi che sarei tornato il prima possibile e le proibii di venire con me: - Da solo farò prima, e ho meno possibilità di farmi beccare.
Alle due e mezza ero davanti casa di Sandro, con le chiavi in mano.
Aprii la porta lentamente, e silenziosamente sgattaiolai dentro. Con passi leggeri e misurati arrivai nella stanza di Sandro, e mi misi a cercare: sotto la scrivania, nell'armadio, sulle mensole, vicino la finestra...
- Se cerchi la tua valigia, i tuoi se la sono portata via.
Sandro, era sveglio, mi fece quasi prendere un colpo.
- Se la sono portata? - sussurrai.
- Già - rispose - ti conviene andare, i miei non ti lascerebbero uscire se ti vedessero, perciò vai e non svegliarli -
"Stronzi" pensai.
- Io ti conosco, so che non tornerai, non subito, ti ho messo da parte 45€, sono il massimo che ho trovato... Lì, sulla scrivania. Ora fila via! -
Ero quasi commosso dal suo gesto, e abbastanza sorpreso da non avere avuto nemmeno la prontezza di ringraziarlo. Mi ritrovai fuori da casa sua senza le mie cose, ma più ricco di quasi 50€.
Ora ero di ritorno verso casa della mia ragazza. Alle 3.15 circa ero arrivato.
- Com'è andata?
Le raccontai. Discutemmo su ciò che avrei fatto domani, dato che nel pomeriggio sarebbero tornati i suoi genitori.
Il sonno ci prese entrambi nelle sue braccia prima che potessimo giungere ad una soluzione soddisfacente.
Non sapevo cosa avrei fatto. Speravo che almeno lo avrei scoperto presto.
  
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