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Autore: Kiary92    08/08/2011    0 recensioni
La storia di una ragazza: Angelica, che cerca di avere una vita tranquilla benché abbia compito davvero strano; diverso, più che altro. Questa ragazza fa parte di una misteriosa Agenzia, la quale la ingaggia per missioni, a volte pericolose, contro strane “entità” corporee e non; anche se la gente comune li chiama fantasmi e demoni. Il suo compito, e quello degli altri agenti chiamati anche Demons Hunter, è quello di sterminare ogni demone, e convincere i fantasmi con aure maligne di altri a “passare oltre” a trovare la pace in un altro posto. Benchè compia questo insolito mestiere, anche Angelica ha una vita normale: va a scuola come una semplice diciottenne, viene trascinata in strane feste dai suoi amici, nonché compagni di classe, litigi e risse con la più odiosa delle compagne e, chi può dirlo, magari troverà anche l’amore, chi lo sa? Magari sotto forma di un bellissimo ragazzo dagli occhi blu? Tra un insolito incontro in biblioteca, varie vicende sui banchi di scuola e, diciamolo chiaro e tondo, momenti di vera sf...ortuna, ecco a voi, la storia di una Demons Hunter. Una cacciatrice di demoni.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lunedì, 24 agosto 2009 - ore 19.53
Il giorno prima rimasta a letto assieme a Matteo per tutta la mattina, il pomeriggio e gran parte della sera, alzandosi soltanto per andare a mangiare. Matteo aveva tentato inutilmente di farla alzare, ma dopo qualche tentativo ci aveva rinunciato. Anche quel giorno l’aveva passato senza fare niente ed ora, che mancava poco con l’appuntamento con la Direttrice e all’incontro con la spia, si stava vestendo con calma, cercando di non pensare a niente. Matteo, sdraiato sul letto, la osservava in silenzio.
Infilò un paio di pantaloncini, poi una t-shirt e le sue inseparabili ed ormai distrutte Converse nere - Tra poco devo andare - sussurrò, passandosi una mano nei capelli.
- Sei sicura di voler andare da sola? -
Annuì, prendendo entrambe le katane nascoste nel solito posto e sistemandole a tracolla. Per la prima volta in vita sua, si sentiva agitata. Si voltò verso il fidanzato, sedendosi sul letto - Mi prometti che stavolta non farai niente di stupido? -
Il fidanzato dopo averla fissata pochi secondi negli occhi, annuì - Tu mi prometti di tornare tutta intera? -
- Lo sai che non posso farti promesse del genere -
- Se non mi chiami tra un’ora giuro che farò di tutto per entrare in quella dannata Agenzia -
Rise piano, avvicinandosi e dandogli un bacio sulle labbra - D’accordo - disse, prendendo il cellulare dal cassetto della scrivania e mettendolo in tasca. Era pronta per andare.
- Fai attenzione -
Si fermò sulla porta e gli sorrise, uscendo poi senza dire altro.


La porta blindata posta all’entrata dell’Agenzia si aprì con un sibilo, lasciandole libero accesso ai corridoi immacolati e completamente deserti. Si strofinò le braccia per l’aria condizionata e s’incamminò verso l’ufficio della Direttrice, incontrando alcuni Agenti di tanto in tanto, che la guardavano a malo modo, spostandosi per lasciarla passare. Sperò che non fosse successo qualcosa.
Svoltando per un altro corridoio, si bloccò proprio davanti alla porta della direzione, voltando lo sguardo nel sentire qualcuno che la chiamava. Vide l’Agente 2 avvicinarsi a passo di marcia, con il viso freddo ed impassibile, come sempre, con addosso dei lunghi pantaloni neri e una camicia bianca. La bassa temperatura del luogo rendeva sopportabile quell’abbigliamento che l’uomo era costretto a tenere.
- Ho sentito di sabato, 33. La Direttrice mi ha informato dell’accaduto poco fa, cos’è successo? -
Scosse la testa, passandosi una mano nei capelli - Niente di che, tre demoni del sangue -
- Capisco. Cosa sei venuta a fare qui? La Direttrice mi aveva detto che saresti venuta... -
- Dovevo parlarle riguardo una faccenda, nulla di importante, ma volevo comunicarle della chiamata che ho ricevuto dalla spia -
L’uomo pelato aggrottò la fronte, incrociando le braccia al petto - Cosa ti ha detto? -
- Che oggi mi avrebbe trovata all’Agenzia, ma non è ancora successo niente -
- Dici? -
Gli lanciò un’occhiata nel sentire il tono del suo superiore farsi, se possibile, ancora più freddo. Fece finta di niente ed appoggiò la mano sulla maniglia, abbassandola. Quando l’aprì del tutto si sentì mancare alla vista dell’ufficio, completamente sottosopra, e della Direttrice, accasciata priva di vita sulla sedia a rotelle, con gli occhi sgranati e vitrei, con un foro di proiettile proprio in mezzo alla fronte che, probabilmente, le aveva trapassato la testa da parte a parte. Si soffermò qualche secondo sulla cassaforte, nascosta dietro alcuni grossi e finti libri posti sulla libreria, completamente vuota.
- Non hai idea di quello che ho dovuto fare per farmi dire la combinazione - disse l’Agente al suo fianco con un sospiro.
I suoi occhi tornarono ad osservare il corpo senza vita della Direttrice, nella speranza di essere intrappolata in un brutto sogno e di risvegliarsi per sentirsi dire che era un’incosciente e che attirava qualunque tipo di guaio. Dopo alcuni secondi, però, la speranza si spense del tutto, lasciando il posto alla rabbia che ora provava nei confronti di un uomo che aveva considerato un amico e un alleato, ma che ora si rivelava per quello che era veramente: un nemico ancor più peggiore dei demoni che aveva affrontato fino a quel momento, proprio come le aveva detto Jane.
Si voltò verso l’Agente 2, squadrandolo dall’alto in basso - Sei stato tu fin dall’inizio -
L’uomo non rispose, ma non distolse gli occhi scuri dai suoi.
- Tu avevi ingaggiato Kyra, tu avevi informato le guardie di Leferve, tu hai mandato il padre di Matteo per uccidermi e tutti gli altri demoni che hanno tentato di togliermi di mezzo - disse, con voce fredda, priva di qualunque emozione - Tu sei la spia -
- Brillanti deduzioni, complimenti 33 -
- Perché? - domandò, facendo un passo indietro - Perché hai fatto tutto questo? Perché tutti questi morti? A quale scopo? -
- L’Agenzia ha bisogno di un nuovo capo, Angelica. Qualcuno che non ha paura di usare i demoni per la guerra -
- Non c’è nessuna guerra e tu sei soltanto un pazzo -
- Ci sarà presto, credimi - rispose l’uomo, incrociando le grosse braccia al petto - E sarà la guerra più terribile -
- Tu vuoi usare i demoni come soldati - sussurrò, facendo qualche altro passo indietro, per mettere la giusta distanza tra lei e quell’uomo.
- No, ho qualcosa di meglio - sussurrò lui - E ben resto lo proverai di persona -
Non ebbe nemmeno il tempo di capire appieno la frase che l’Agente le aveva appena detto che l’uomo, dopo un forte slancio, le corse incontro, tirandole un forte pugno nello stomaco. Si piegò in avanti, senza fiato, portando subito la mano all’elsa di una delle due katane, ma prima che potesse estrarla, l’Agente le afferrò il braccio, scaraventandola contro il muro con forza. Sentì l’uomo afferrare il manico della sua spada ed estrarla dal fodero con degli stridii.  
Si rialzò subito, indietreggiando ed estraendo la sua katana, mentre l’avversario impugnava quella regalatale dalla Direttrice. L’Agente 2 tentò subito un affondo, ma si scansò immediatamente, tentando a sua volta di colpirlo, ma la sua lama fu fermata da quella nera. Indietreggiò immediatamente quando l’avversario fece un passo avanti, facendo scorrere le lame fino all’elsa, e lo attaccò di nuovo. Ancora una volta la lama nera deviò il suo attacco, ma riuscì a disegnargli una linea scarlatta sul braccio, tagliando anche la stoffa della camicia. Gli attacchi si susseguirono l’uno dopo l’altro più veloci che mai, e per ogni affondo c’era una degna parata dell’avversario. Tutto sembrava una danza bellissima, ma allo stesso tempo pericolosa e letale.
Si allontanò nuovamente, lanciandosi uno sguardo alle spalle nel vedere sette Agenti correrle incontro: quattro si fermarono immediatamente, estraendo le pistole e tenendola sotto tiro, mentre gli altri tre, muniti di lunghi pugnali, la attaccarono. Dopo aver schivato un attacco mosse velocemente la katana da sotto in su, tagliando la gola a due avversari, mentre il terzo indietreggiava, intimidito.
Deviò ancora una volta la lama nera, che le passò ad un soffio dal fianco, ma ancor prima di voltarsi, la spia le afferrò il collo da dietro, facendole sbattere la testa contro il muro. Scosse subito la testa, evitando un altro attacco dell’avversario, pronto ad affondarle la katana nella schiena che, però, affondò nel muro, tra le piastrelle di ceramica bianche della parete. Fu subito attaccata dall’ultimo Agente armato di pugnale e, dopo averlo schivato, gli affondò la katana nel petto, rubandogli di mano il pugnale e lanciandolo contro uno dei quattro Agenti appostati più lontano, pronti a spararle, che crollò a terra con la lama seghettata conficcata in fronte.   
Divelse immediatamente la spada dal corpo privo di vita dell’Agente, pronta a tornare a scontrarsi con la spia, ma quando si voltò il suo avversario era ad un soffio da lei. L’Agente 2 l’afferrò per il collo, facendole toccare la schiena contro la parete del corridoio e togliendole la katana di mano.
- Non sai da quanto tempo ho desiderato fare questo con le mie mani -
Per tutta risposta gli sputò in faccia, ricevendo un pugno in pieno viso, sentendo subito il sapore metallico del sangue in bocca.
- Ma, come ti ho detto prima, ho in mente altro per te -
Dopo una forte ginocchiata nello stomaco, l’Agente 2 la scaraventò a terra. Leggermente frastornata ed ansimante, sentì qualcuno afferrarla e metterla di nuovo in piedi, bloccarla. Iniziò subito a divincolarsi come una furia, ma a quelle due mani se ne aggiunsero altre due e poi ancora due, immobilizzandola del tutto.
- Sei stata una valida avversaria, 33 - disse l’Agente 2 - Portatela nella stanza 1 -
Gli uomini la trascinarono via, percorrendo due corridoi e raggiungendo in meno di un minuto la stanza 1. Ricordava che la stanza 1 veniva usata da Marco e da Beatrice per studiare i primi demoni artificiali creati dalla Rosa.
Quando entrarono, riuscì soltanto a notare un tavolo da lavoro appoggiato alla parete accanto alla porta e un altro proprio di fronte, al centro della stanza c’era un lettino, probabilmente di acciaio, con delle spesse cinghie di cuoio che penzolavano ai lati, fissate accuratamente alla struttura in metallo del lettino.
- Spogliatela, controllate che non abbia altre armi -
I tre uomini accontentarono immediatamente il loro capo, strappandole la t-shirt di dosso e tagliando con un pugnale i pantaloncini, graffiandole persino la pelle. I suoi abiti finirono a terra, ridotti in stracci, ma almeno gli Agenti avevano avuto il buonsenso di lasciarla in biancheria.
- Non ha niente, signore - disse uno dei tre uomini, che non aveva mai visto in vita sua.
La spia indicò una camicia azzurrina appesa ad un gancio dietro la porta, che venne chiusa immediatamente - Vestila e legala al lettino -
Gli uomini riuscirono a farle infilare con difficoltà la camicia, che aveva le maniche talmente lunghe da nasconderle le mani e, fortunatamente, era abbastanza grande da arrivarle fino a metà coscia. Quando le chiusero i bottoni uno alla volta, l’alzarono senza sforzo, adagiandola sul lettino e, mentre due la bloccavano, il terzo le legò i polsi e le caviglie con le cinghie, stringendole il più possibile. Iniziò nuovamente a divincolarsi con tutta la forza che aveva, mentre l’Agente 2, con tutta calma, prese una sedia e si accomodò accanto al lettino - Lasciateci soli - ordinò il suo superiore agli altri colleghi, che ubbidirono, uscendo dalla stanza.
L’uomo iniziò subito iniziando a tirarle su la manica del braccio destro, stringendole un laccio emostatico al di sopra del gomito - Per me sei stata una palla al piede, sin dall'inizio. Eri sempre in mezzo ai piedi ad ammazzare demoni che avevano accettato di ubbidirmi... - le raccontò lui, prendendo dal tavolo da lavoro proprio dietro di lui una comunissima siringa, contenente del liquido di un rosso acceso - Poi la storia della Direttrice. Non avevo altra scelta, dovevo ucciderla per attuare il mio piano. Quella disgraziata nel suo testamento aveva scritto che lasciava a te il comando, a te! Una stupida ragazzina invece di me! Che ho lavorato qui da sempre! Ma ora non importa, adesso sono io il Direttore dell'Azienda, dato che il testamento è stato...casualmente distrutto. Adesso sono a capo degli uomini meglio addestrati e della Rosa, che su mio ordine ha scoperto un siero che mi renderà ancora più ricco e potente! -
- Allora sono opera tua anche le sparizioni dei civili degli ultimi mesi -
- Dovevamo sperimentare il siero su qualcuno, no? In questi mesi è stato migliorato ogni volta, per garantire un effetto di lunga durata e, guarda caso...- le disse l’Agente 2, portandole la siringa ad un soffio dal viso - ...mi serve proprio una cavia per vedere se stavolta funziona -  
- Sei un pazzo, gli altri Agenti ti fermeranno -
- Quelli che si sono ribellati a me sono stati chiusi nelle celle per i demoni, in attesa del siero vero e proprio. Quando tutti saranno stati contaminati da questa innovazione, obbediranno solo e soltanto a me - sussurrò l’uomo, afferrandole con forza il braccio, conficcando poi l'ago nella vena - Ed è quello che succederà a te. Se il siero funziona obbedirai al tuo nemico, altrimenti, morirai -
Urlò non appena la strana sostanza fu iniettata, iniziando a circolare nel suo sangue. Sentì subito un’insopportabile calore che partiva dal braccio e si espandeva lentamente in tutto il resto del corpo.
- Brucia vero? -
Strinse i pugni, urlando ancora con tutto il fiato che aveva, sentendo il cuore scoppiarle nel petto.
- E adesso vediamo se stavolta funziona - disse l'uomo estraendo l'ago, con un diabolico sorriso stampato sul volto - Diventerai la cosa a cui hai dato la caccia -
- Non la passerai liscia -
- L’ho già fatto, 33. E tu non puoi fare altro - rispose lui, uscendo dalla stanza, lasciandola sola, in preda ad un dolore atroce.
***
Ormai, l’ora che aveva concesso ad Angelica per chiamarlo era scaduta. Provò subito a chiamarla, ma il cellulare era spento.
Mentre aveva passato quegli interminabili sessanta minuti ad osservare l’orario sul display del suo cellulare, era riuscito a trovare la soluzione su come entrare all’Agenzia. Cosa c’era di meglio di chiedere ad un Agente di farlo entrare?
Il nome dell’Agente gli era balzato subito in testa e chiamò immediatamente Beatrice, ma non appena premette il tasto di chiamata partì subito il messaggio registrato della Vodafone, il quale annunciava che il numero chiamato non era al momento raggiungibile. Provò più e più volte, ma il risultato non cambiava.
Se Beatrice non rispondeva al cellulare era successo qualcosa, se lo sentiva da quando Angelica era uscita.
Si alzò dal letto ed iniziò a camminare avanti e indietro, pensando ad una soluzione.
"Chi altro conosco che lavora all'Agenzia?" si domandò, fermandosi all'improvviso, dandosi dello stupido per non aver pensato prima a lei. Cercò il numero nella rubrica del suo cellulare e la chiamò immediatamente. Lanciò un sospiro di sollievo quando Laura Mancini rispose con un'imprecazione.
- Dannazione Dall'Angelo, spero che tu abbia un buon motivo per avermi disturbata -
- Angelica é in pericolo -
- Smettila di fare il principe che salva la fanciulla in pericolo. Angelica sa cavarsela da sola -
- La spia l'ha chiamata, ha detto che oggi ci sarebbe stata la resa dei conti - le raccontò brevemente, nella speranza che Laura gli desse ascolto.
- Hai provato a chiamare Beatrice? - le domandò lei dopo aver sbuffato.
- Non risponde -
- Strano. Decisamente strano di solito...-
- ...risponde sempre al telefono - concluse per lei.
- Aspetta un attimo. Provo a chiamare Francesco, dovrebbe essere all'Agenzia adesso - disse la ragazza dall'altro capo del telefono, rimanendo in silenzio alcuni secondi - Non risponde -
- Sta succedendo qualcosa là dentro, Laura. Dobbiamo fare qualcosa -
- Tu non farai un bel niente, vado a dare un'occhiata. Da sola - gli disse Laura con un altro sospiro - Proprio quando ho la sera libero dal lavoro -
- Ti prego, portami con te -
- Mi saresti d'intralcio -
- So sparare -
- E io so fare una bomba artigianale. Resta a casa che é meglio -
- Non sai nemmeno cosa sta succedendo là dentro! - urlò al telefono - Uno in più ti fa sempre comodo -
Laura Mancini rimase un attimo in silenzio. Sapeva che era ancora più testarda di Angelica, ma sapeva che non avrebbe potuto dirgli di no.
- Hai la pistola di Angelica? -
- Sì -
- Arrivo tra due minuti - disse la ragazza con tono freddo, forse infastidita dal fatto che doveva trascinarsi dietro un civile per tutta l'Agenzia, invasa dai demoni o da qualsiasi altra cosa. Riattaccò subito, infilando i suoi pantaloncini corti, sistemati sulla sedia posta accanto alla scrivania, e la sua maglietta.
Aprì il cassetto della biancheria della fidanzata dove, due giorni prima, aveva preso la Revolver e tentato di uccidere uno dei demoni che li avevano attaccati. La pistola era ancora al suo posto e la impugnò con un po' di timore, senza sapere se era carica o meno e, dato che non sapeva nemmeno come fare per controllare, avrebbe chiesto gentilmente a Laura di caricarla se necessario.
Uscì di corsa da casa Vetra con la pistola nella cintura dei pantaloni, ed attese l'arrivo di Laura, che fermò la macchina proprio davanti a lui, con una sgommata.
- Muoviti! - urlò la bionda al volante e lui obbedì immediatamente.
Si allacciò subito la cintura di sicurezza quando la ragazza partì a tutta velocità, zigzagando tra le altre macchine, evitandole per un soffio, salendo persino sul marciapiede fortunatamente vuoto.
- Allora, Dall'Angelo - iniziò la ragazza, tranquillamente, senza mai staccare gli occhi dalla strada - Qualunque cosa sia successa là dentro, dovrai fare tutto quello che ti dirò. Non voglio storie. Se solo osi disubbidirmi ci metto due secondi a stenderti e a buttarti fuori, chiaro? -
- Sì, d'accordo - rispose piano - E volevo chiederti se potevi controllare la pistola di Angelica -
La bionda gli lanciò un'occhiata - Ok -
Dopo un paio di minuti, Laura parcheggiò proprio davanti alla vecchia casa infestata, avvolta nella sua solita spaventosa e lugubre atmosfera. Ogni volta che osservava quella struttura pericolante, che minacciava di crollare con la prossima folata di vento, gli faceva venire un brivido in tutto il corpo.
- É carica - disse Laura ad un tratto e si voltò verso di lei, osservandola sistemare una pallottola nel tamburo della Revolver di Angelica, che gli aveva preso senza che se ne accorgesse.
La bionda, con un rapido movimento, risistemò il tamburo e gli porse la pistola e qualche pallottola - Non sprecare i colpi, ho solo queste pallottole che vanno bene per questa pistola, d'accordo? -
- Non so nemmeno come caricarla -
- Devi solo fare così - disse la ragazza, facendo uscire il tamburo della pistola - Metti le pallottole e lo chiudi - concluse lei, risistemandolo, mettendogli poi in mano la Revolver e le pallottole in tasca.
- Ok, ho capito -
- Agitato Dall'Angelo? -
- Hai presente quando senti un nodo alla gola, il cuore smette di battere e cominci a sudare freddo al solo pensiero di fare qualcosa che non dovresti nemmeno lontanamente immaginare di fare? -
La bionda inarcò un sopracciglio, caricando le sue pistole semiautomatiche - Non potresti rispondere come tutte le persone normali? -
- Sì, sono agitato - ammise.
- Finalmente parliamo la stessa lingua - scherzò lei, sistemandosi un lungo pugnale nella cintura dei pantaloncini, prendendo poi un piccolo zainetto dai sedili posteriori e un fucile a pompa - Ora entriamo, e ricordati quello che ti ho detto -
Annuì, scendendo dalla macchina e seguendo la ragazza all'interno della casa stregata usata come copertura. Il cuore gli si fermò nel petto quando la porta che conduceva all'Agenzia si aprì.
***
Smise immediatamente di urlare quando sentì dei rumori provenire dal corridoio ed ascoltò meglio il rumore dei passi di due persone, che nella sua testa sembravano amplificati. Non appena sentì un tonfo sordo, voltò lo sguardo verso la porta del laboratorio, crollata a terra con un semplice calcio ben assestato di Laura Mancini.
- Oh, era aperta -
Dietro di lei c’era Matteo, immobile, che la fissava con gli occhi sgranati, soffermandosi sulle cinghie che le bloccavano le caviglie e i polsi.
Fece un respiro profondo, distogliendo gli occhi dai suoi - Andatevene - sussurrò ma, come al solito, Matteo non la stava ascoltando: si era avvicinato al lettino ed aveva cominciato a trafficare con i lacci di cuoio, tentando di liberarla.
- Hai capito quello che ho detto? Dovete andarvene! - esclamò, dimenandosi con forza nel tentativo di allontanare il ragazzo, che, ancora una volta, non le diede retta.
- Non dovresti liberarla - disse Laura, afferrando il polso al moro, allontanandolo da lei.
“Almeno lei capisce” pensò, lanciando uno sguardo alla ragazza, tentando di ignorare quello strano calore che le cresceva sempre di più nel petto - Dovete...liberare gli altri -
- Cos’è successo? - le domandò lei.
- La spia - raccontò in un sussurro - È l’Agente 2, ha rinchiuso gli Agenti che si sono ribellati a lui nelle celle al piano di sotto -
- A te cos’ha fatto? -
Chiuse gli occhi, tentando di ignorare il profumo della ragazza che ora sentiva così dolce ed invitante - Un siero. Diventerò un demone ai suoi ordini -
Matteo si riavvicinò nuovamente e non riuscì più a trattenere quello strano istinto: iniziò a dimenarsi, cercando di liberarsi e di uccidere. Uccidere per placare il suo desiderio di sangue.
***
Afferrò prontamente Matteo per un braccio, facendolo allontanare insieme a lei dal lettino, ed impugnò immediatamente la pistola, puntandola su Angelica, che si dimenava come una furia. I suoi occhi diventarono rossi come il fuoco e sapeva che ora non poteva fare altro che ucciderla.
Fu immediatamente fermata da Matteo, che le fece abbassare il braccio a malo modo - Non vorrai ucciderla? -
- Sì - sussurrò puntando di nuovo la pistola verso la mora e scansando il ragazzo.
Lui le si parò davanti, osservandola serio.
- Quella cosa non é più Angelica! - urlò, senza abbassare l’arma e senza mai distogliere lo sguardo dalla ragazza che continuava a dimenarsi, in preda ad una furia incontrollabile - Guardala. Ti sembra Angelica? - chiese, abbassando la Beretta e lanciando un sospiro - È diventata un mostro -
La mora, con un ultimo grido, si abbandonò sul lettino di metallo, respirando forte, e le lanciò uno sguardo di supplica mentre le lacrime le rigavano le guance - Vi prego, vi supplico - sussurrò la ragazza, soffocando un singhiozzo - Andate a liberare gli altri -
- Non ti lascio qui - disse Matteo, che si avvicinò nuovamente al lettino. Capì immediatamente le intenzioni del ragazzo di liberare Angelica e non poteva permetterlo.
Lo afferrò per un braccio e lo scaraventò in corridoio - Non osare liberarla -
- Dobbiamo aiutarla! -
Era pronta a dargli un pugno per farlo tornare in sé, ma si voltò verso Angelica, che sussurrò appena il suo nome, attirando la sua attenzione. Fece un passo avanti, affiancandosi al lettino - Che c’è? -
- Laura, se dovessi liberarmi ed attaccarvi... - iniziò la mora facendo un respiro profondo per calmarsi o forse per accettare quella strana situazione, parlando così piano che faticava persino a sentirla - ...giurami che mi fermerai in qualsiasi modo. Anche a costo di uccidermi -
- Deve esserci un modo per farti tornare come prima -
Angelica sorrise - No, almeno finché l’effetto non svanisce e, da quello che ho capito, nessuno finora è sopravvissuto -
Lanciò un sospiro, facendo un piccolo cenno - Te lo giuro - disse, voltandosi subito dopo ed uscendo in corridoio, sistemando la porta che aveva sfondato poco prima in qualche modo, e s’incamminò velocemente, trascinando Matteo per un braccio, che si ostinava a tornare indietro.
Sbuffò “Uomini” pensò, dandogli un leggero strattone per farlo camminare davanti a lei - Cammina -
- Cosa ti ha detto? -
- Niente che ti riguardi -
- Mi riguarda se centra la persona che amo -
Si bloccò, fulminandolo con lo sguardo - Mi ha chiesto di ucciderla se dovesse attaccarci -
- Non lo farebbe mai -
- Non è più Angelica! Lo vuoi capire?! -
- Ci deve essere un modo per salvarla! -
- No - sussurrò, riprendendo a camminare.
- Come fai a dirlo? -
- Perché me l’ha... - disse a bassa voce, sentendo un rumore che sembrava avvicinarsi - ...detto lei -
- La stai condannando a morte -
Si fermò, in allerta, concentrandosi sul rumore appena udito - Arriva qualcuno -
- Chi? -
Dovette trovare una soluzione alla svelta. Aprì la porta proprio accanto a loro, lanciò dentro Matteo e lo seguì immediatamente, socchiudendo subito la porta ed ascoltando i rumori che provenivano dal corridoio. A giudicare dal rumore dei passi, individuò sei o sette Agenti.
Si tolse lo zainetto dalle spalle e vi infilò dentro la mano, estraendo una granata stordente M84, un tubo esagonale di acciaio con fori lungo i lati che permettono la combustione delle miscele che provocano un lampo di luce e il botto.
Sorrise al pensiero di usarla dentro all’Agenzia.
Si voltò verso Matteo, leggermente spaventato nel vedere la cosa che teneva in mano - Quando la lancio copriti le orecchie e chiudi gli occhi - gli consigliò.
Una volta lanciata, la granata avrebbe prodotto una luce ed un botto assordante di circa 170-180 decibel e avrebbe reso incapaci gli Agenti in corridoio senza causare però alcuna ferita. A quello avrebbe rimediato lei prima dello scadere di cinque secondi: il lampo luminoso scaturito dall’esplosione, attivava momentaneamente tutte le cellule della retina, rendendo la visione impossibile solo per quel breve lasso di tempo.
- Vuoi lanciarla davvero? -
- Ho sempre sognato di farlo - sussurrò azionando la leva con un sorriso, lanciando la granata in fondo al corridoio, proprio vicino al gruppo di sei Agenti. Si mise subito le mani sulle orecchie e chiuse gli occhi, attendendo l’esplosione.
Quando sentì il botto scattò in piedi, con in pugno le sue semiautomatiche, ed uscì in corridoio. Pochi e precisi spari e gli Agenti giacevano morti a terra, tutti con un foro di proiettile proprio in mezzo alla fronte. Diede un pugno al muro, dando il via libera a Matteo - Forza -
Il ragazzo, a gattoni, uscì dalla porta - Ma dove l’hai presa una cosa del genere? -
- Ne ho rubate un paio dall’armeria -
- Tu sei fuori di testa -
Lo aiutò ad alzarsi e gli sorrise, dandogli il suo zaino - Grazie, significa molto per me -
***
Strinse gli occhi e respirò profondamente, piantandosi persino le unghie nei palmi, per tentare di mantenere il controllo e cercare di ignorare uno strano odore che sembrava volerla stregare. L’avrebbe riconosciuto fra mille quell’odore: era sangue.
Sentì il battito accelerare e un dolore atroce invaderle il corpo che le fece sgranare gli occhi ed urlare di dolore, iniziando a dimenarsi per liberarsi da quelle dannate cinghie che la tenevano incollata al lettino, tenendola lontana dalla fonte di quell’odore che ora le sembrava irresistibile.
Si liberò con facilità, strappando le cinghie come se fossero stelle filanti, e si mise in piedi, appoggiando la mano sulla maniglia della porta, afferrandola come se fosse fatta di polistirolo e scaraventandola alle sue spalle, oltre il lettino.
Uscì in corridoio seguendo quello strano istinto che si era svegliato in lei.
***
Nello svoltare per un altro corridoio, si bloccò, osservando due katane familiari: la prima, dall’intreccio di pelle nera sul manico, era abbandonata a terra, con la lama intrisa di sangue, mentre l’altra, dalla lama nera, era conficcata nel muro.
- Quelle sono di Angelica - disse Matteo, riconoscendole a sua volta.
Si avvicinò piano, raccogliendo quella a terra, osservando il suo riflesso nella lama splendente d’acciaio mentre un rivolo di sangue, ancora fresco, iniziò a scivolare lentamente lungo il filo tagliente della spada.
- Quella non ti appartiene - disse una voce che la fece persino rabbrividire.
Si voltò e rimase pietrificata all’istante: proprio qualche metro da lei c’era Angelica, la stessa Angelica che aveva visto pochi minuti prima legata ad un lettino in metallo e disperata, mentre ora sembrava essere un’altra persona, totalmente diversa. Lo sguardo freddo fisso verso di lei non emetteva alcuna emozione, nessun sentimento, e i suoi occhi, dello stesso colore del sangue, sembrano voler prendere fuoco. Strinse più forte l’elsa della katana.
- Angelica - la chiamò, sperando che si svegliasse da quella che sembrava un’ipnosi, ma rinunciò all’istante vedendola sorridere in modo diabolico e mostrarle i lunghi canini. Il demone, che una volta era la ragazza che odiava a morte e che ora considerava come un’amica, fece qualche passo verso di lei, senza alcuna fretta.
Lanciò un’occhiata a Matteo - Vai a liberare gli altri. C’è una scala a chiocciola...le celle sono lì - gli sussurrò piano senza perdere d’occhio la sua avversaria. Il ragazzo, senza distogliere gli occhi dalla sua fidanzata ridotta in quelle condizioni, indietreggiò, per poi voltarsi ed iniziare a correre, sparendo oltre il corridoio.
Il sangue le si gelò nelle vene vedendo Angelica, fermandosi a qualche metro da lei, sorridendole in modo diabolico. Strinse ancor di più la presa sulla katana - Non voglio combattere contro di te -
Angelica scattò veloce verso di lei, pronta ad ucciderla alla minima esitazione. Schivò le sue dita arcuate, pronte a graffiarla a morte, ed agitò la katana, pronta a colpirla, ma la ragazza afferrò la lama con la mano, bloccandola. Vide il sangue colare lungo il braccio ed imbrattare le lunghe maniche della camicia, ma l’espressione di Angelica non cambiava, sembrava quasi non provare alcun dolore.
Con un rapido movimento riuscì a liberare la lama e ad allontanare l’avversaria con un calcio allo stomaco.
- Non costringermi a farti del male -
Angelica sorrise e scompare dalla sua vista in un battito di ciglia. Si voltò immediatamente, ma non abbastanza in fretta, e un dolore lancinante alla spalla sinistra la fece urlare: il demone le aveva artigliato la spalla come un falco che cattura la sua preda. Afferrò il pugnale allacciato alla cintura dei pantaloncini con la mano libera, piantando la lama nella spalla destra dell’avversaria che si allontanò con un elegante balzo.
La ragazza divelse il pugnale dalla carne e glielo lanciò contro, ma riuscì a schivarlo per un soffio, commettendo il grave errore di concentrarsi totalmente sulla lama del pugnale: ancor prima di voltare lo sguardo, la mora la afferrò per il collo, sollevandola da terra senza il minimo sforzo, facendole sbattere la schiena contro il muro.
La katana le scivolò via per la forza dell’impatto contro la parete.
- Ti prego...torna in te -
- Risparmia il fiato - disse qualcuno fuori dal suo campo visivo, ma riconobbe immediatamente l’Agente 2 - Obbedisce solo a me -
Dopo uno schiocco di dita, la ragazza la liberò, indietreggiando, raggiungendo quello che ora era diventato il suo padrone. Si portò una mano alla spalla e si lasciò scivolare a terra, afferrando nuovamente la katana.
- Giurami fedeltà, Laura Mancini. Giurami fedeltà e non ti verrà fatto alcun male -
- Mai - sussurrò, rialzandosi in piedi, puntandogli contro la katana - Preferisco morire che servire uno schifoso bastardo -
L’Agente 2 rise in tono gelido, passandosi una mano sulla testa pelata che sembrava una palla da bowling - Uccidila - ordinò l’uomo ad Angelica, che avanzò con calma, sicura e decisa.
Quando si avvicinò troppo si allontanò, ferendola di striscio alla base del collo - Io so che puoi sentirmi, Angelica. So che sei ancora lì -
Il demone tentò di attaccarla, ma stavolta fu più veloce: fendette l’aria con la katana, riuscendo a sentire la pelle del viso della mora tagliarsi come burro.
Angelica indietreggiò, sfiorandosi il taglio e portandosi una mano all’occhio dove aveva tracciato con la spada un sottile segno scarlatto partiva dal sopracciglio e finiva sulla guancia. Approfittò di quel momento per scappare in fretta e furia, dirigendosi verso il piano inferiore, alle celle anti-demone. Non ce l’avrebbe mai fatta da sola ed era più saggio chiedere aiuto a qualcuno, ma il vero problema era: chi avrebbe combattuto al suo fianco contro un demone che poco tempo prima era l’Agente 33?
Scese le scale a chiocciola, rischiando quasi di rompersi l’osso del collo, trovando Matteo davanti alla cella numero 1, che tentava di liberare gli Agenti intrappolati dentro sparando al vetro antiproiettile e anti-demone. Lanciò un sospiro e si avvicinò, stringendosi la spalla ferita - Dall’Angelo, si può sapere cosa stai combinando? -
Il ragazzo si voltò verso di lei, abbassando la Revolver - Sto liberando gli altri -
- E io sto ballando il burlesque - sussurrò, prendendo il fucile a pompa che teneva a tracolla, osservando attraverso il vetro gli Agenti chiusi all’interno - Spostati -
Matteo obbedì e sparò diversi colpi alla serratura della cella, sfondando poi la porta con un calcio: era una vera fortuna che le porte fossero rinforzate solo dall’altra parte. Quando la porta cadde sul pavimento con un tonfo, gli Agenti uscirono tranquillamente.
- Ascoltate tutti! - urlò dopo aver ordinato a Matteo di aprire le altre celle nel suo stesso modo - Non dovete muovervi da qui, chiaro? -
Alla ventina di Agenti appena liberati se ne aggiunse un’altra ventina e un’altra e un’altra ancora. Dovette salire sui gradini della scala a chiocciola per farsi vedere da tutti e sperando di vedere una familiare testa bionda. Impugnò la sua semiautomatica e sparò un colpo al soffitto, facendo zittire tutti.
- Inutile dirvi dell’Agente 2 - iniziò - Dovete tutti raggiungere l’armeria, prendere tutto quello che potete e combattere. Dobbiamo attirarli fuori, nel parcheggio -
Tutti annuirono, un po’ timorosi di dover lottare contro dei loro colleghi, con le persone con cui si erano allenate, con cui avevano affrontato incarichi pericolosi, con cui avevano stretto amicizia. Fece un respiro profondo: ora doveva dire loro di 33.
- Noi siamo in vantaggio numerico. L’Agente 2 è riuscito a portare dalla sua parte solo pochi Agenti ben addestrati e molte matricole ma, purtroppo per noi, lui ha 33 -
Gli Agenti iniziarono a borbottare e dovette attirare l’attenzione con un altro sparo: inutile evitare di farsi trovare, era sicura che la spia sapeva che avrebbe liberato gli altri per ostacolarlo - Non esiterà ad uccidervi, non esiterà nemmeno un momento. L’Agente 2 le ha iniettato un siero che la trasforma in una specie di demone sotto il suo controllo. Attiratela fuori...a lei ci penso io - concluse, lasciando libera la scala a chiocciola per permettere ai suoi colleghi di salire al piano di sopra, facendosi largo tra la folla per raggiungere Matteo, abbracciato a Beatrice, in lacrime. Dietro di lui c’era Francesco, che la raggiunse di corsa, abbracciandola ed accarezzandole i capelli.
- Perché sei venuta? - le domandò il ragazzo.
Si passò una mano nei capelli - Storia lunga, te la spiegherò se ne avrò l’opportunità. Ora è meglio se vai con gli altri in armeria -
Francesco annuì e dopo averle dato un lungo ed appassionato bacio sulle labbra seguì gli ultimi Agenti. Guardò Matteo e Beatrice, lanciando un sospiro - Beatrice, tu resta qui. Potresti curare i feriti meno gravi -
La bionda annuì, staccandosi da Matteo, e le si avvicinò, appoggiandole una mano sulla ferita, guarendola dopo pochi secondi - È tutto vero? Lui ha Angelica? -
Annuì - Non mi ha nemmeno riconosciuta, si limitava a tentare di uccidermi - disse, afferrando Matteo per un braccio - Tu. Vai in armeria a prenderti qualcosa -
- Ne sei sicura? -
- Hai voluto venire qui? Adesso dai una mano - disse - E ridammi lo zaino -
Il moro, confuso, le consegnò lo zainetto e si allontanò, lasciando sole lei e l’infermiera dell’Agenzia. Si domandò se c’era un modo per fermare Angelica, o almeno distrarla.
- I demoni artificiali sopportano la luce? - domandò, mettendosi lo zaino sulle spalle, reggendo il fucile a pompa con una mano e la katana con l’altra.
Beatrice confusa, si portò una mano al mento - Più che altro ai rumori forti, perché? -
- Se la Rosa ha ideato il siero deve averlo fatto grazie alla creazione di quelle cose -
- Pensi che questo possa fermare Angelica? -
- Fermarla no, ma renderla vulnerabile sì - disse, dandole le spalle e salendo le scale a chiocciola. La scena che le si presentò davanti le fece accapponare la pelle: Angelica era ferma in mezzo al corridoio, con la camicia azzurrina sporca di sangue, in mezzo ad una decina di Agenti riversi a terra, uccisi dalla letale katana che la ragazza teneva in mano. Il demone si pulì un rivolo di sangue che le scendeva da un angolo della bocca e i suoi occhi sembrarono infuocarsi ancora di più nel vederla sbucare dalla scala a chiocciola.
Prese un profondo respiro e puntò il fucile contro il demone, facendo subito fuoco. Angelica si spostò velocemente, evitando di essere colpita, e sorride in modo diabolico mentre continua ad avvicinarsi, facendosi largo tra i corpi e camminando scalza sul sangue viscoso che ricopriva quasi tutto il pavimento.
Si sistemò il fucile a tracolla con tutta tranquillità, infilando una mano nello zaino nel tentativo di trovare un’altra granata stordente. Quando riuscì ad afferrarne una, estrasse la mano dalla tasca dello zaino, stringendo la granata nel pugno, mentre nella sua testa alcune voci le dicevano di uccidere Angelica e altre le suggerivano di catturarla e di sperare che sopravviva all’effetto del siero.
Azionò la leva e la lanciò contro il demone, che l’afferrò al volo, lanciandola alle sue spalle. Si voltò ed iniziò a correre, sentendo immediatamente il botto emanato dalla granata stordente e, subito dopo, un forte ringhio che la fece sorridere: Angelica non sopportava il rumore. Bene.
Corse a perdifiato per i vari corridoi che sembravano tutti uguali, ma fortunatamente era lì abbastanza tempo da riuscire a distinguerli e si trovò davanti alla porta blindata all’entrata dell’Agenzia. Premette un pulsante e dovette aspettare alcuni secondi prima che la porta si aprisse lentamente con dei sibili sinistri.
Si lanciò un’occhiata alle spalle e vide Angelica apparire alla fine del corridoio: non correva, camminava con lentezza, come un serial killer che tiene la sua vittima in pugno. Salì di corsa le scale e uscì dalla casa stregata, sperando che Angelica la seguisse.
Si soffermò un attimo su quel campo di battaglia illuminato da un piccolo spicchio di luna crescente e il vento soffiava leggero, trasportando le urla di rabbia degli Agenti che si affrontavano. Vide immediatamente Francesco lottare contro degli Agenti e lanciò un sospiro nel vederlo tutto intero e senza un graffio.  
Balzò in avanti sentendo una presenza alle sue spalle e si voltò: Angelica l’aveva raggiunta.
- Pensavo che ci fosse qualcosa dentro di te che si potesse salvare, Vetra. Ma non è così e manterrò la promessa che ti ho fatto - disse, stringendo più saldamente l’elsa della katana con una mano e il calcio della Beretta semiautomatica con l’altra - Non ci sarà risveglio per te. L’inferno ti attende -
Iniziò a battere la canna della pistola sulla lama della katana, producendo dei continui ed assillanti tintinnii, abbastanza acuti da dare fastidio alla sua avversaria, che lasciò cadere a terra la katana portandosi le mani alle orecchie, urlando.
Il demone si riprese immediatamente, anche se lei continuava a fare rumore, e raccolse tranquillamente la katana e guardandola in modo freddo. Il trucchetto del rumore sembrava non avere più effetto. Imprecò a mente, evitando per un soffio l’attacco di Angelica che tentò di trafiggerla con la katana, e si allontanò.
Sorrise in modo diabolico alla sua avversaria, che però le restituì uno sguardo di fuoco, e scattò in avanti con la lama alzata: doveva finirla qui. Adesso. Il demone fece lo stesso con la lama nera alzata, puntata verso di lei.
Quando le due lame si scontravano delle scintille cadevano sull’asfalto, scomparendo subito dopo, tentò diversi affondi, ma Angelica parava i suoi attacchi come se niente fosse, non teneva nemmeno lo sguardo sulla lama, si limitava a guardarla negli occhi.
I loro occhi si incrociarono per un istante e quegli occhi di fuoco sembrarono quasi volerla incantare. Dovette allontanarsi immediatamente quando sentì la lama avversaria ferirle profondamente il fianco e la pelle bruciare subito dopo. Strinse i denti ed attaccò ancora, ma quando le due lame si scontrarono, fu sbalzata indietro per l’intensità del colpo, cadendo a terra di schiena. Si rialzò immediatamente, osservando l’avversaria, che non sembrava minimamente stanca.
Lanciò un urlo ed entrambe corsero l’una verso l’altra, con entrambe le lame protese in avanti. Quando si scontrarono, strinse forte l’elsa ricoperta dall’intreccio di pelle nera ed affondò la lama. Il tempo sembra fermarsi e tutto tace, persino i rumori della battaglia intorno a loro.
Sgranò gli occhi quando un liquido vermiglio iniziò ad uscirle dalla bocca, colando lungo il collo ed imbrattando la t-shirt, ed incrociò lo sguardo con quello di Angelica: sul volto della ragazza era apparsa una smorfia di dolore.
Abbassò gli occhi sulla lama conficcata nella sua spalla che, probabilmente, la trapassava da parte a parte. Tornò a guardare l’avversaria e, ignorando il dolore, strinse più saldamente l’elsa della katana ed affondò ancor di più la lama nella carne del demone, che emise un lamento strozzato.
- Stavolta ti ho presa - sussurrò, osservando la spada conficcata nello stomaco della mora. Con un calcio allontanò l’avversaria ed estrasse la spada, stringendo forte i denti nel sentire la lama nera ritrarsi dalla sua spalla, e sorrise, vedendo Angelica indietreggiare appena, portandosi una mano allo stomaco.
- È finita -
Sentì un brivido lungo la schiena quando vide la ragazza rialzare lo sguardo, con un ghigno diabolico sul viso - Sarà finita quando lo dirò io, Mancini -
Non si accorse di niente: Angelica la attaccò talmente in fretta che riuscì soltanto a vedere una macchia sfuocata. Fu scaraventata contro il muro della casa stregata e si accasciò subito a terra, alzando lo sguardo verso l’avversaria, già davanti a lei, che la osservava intensamente con la katana alzata all’altezza del suo collo.
Il buio la avvolse in pochi secondi.
***
Aveva assistito a tutto il combattimento in disparte ed ora, vedendo Laura a terra ed Angelica in piedi di fronte a lei pronta a darle il colpo di grazia, la raggiunse di corsa. Sperò di poterla fermare.
- Angelica! Angelica ti prego, torna in te! - urlò a pochi metri dalla fidanzata, attirando la sua attenzione.
Angelica voltò lo sguardo verso di lui e lasciò perdere Laura, accasciata a terra ancora viva ma priva di sensi, e le si avvicinò, afferrandolo per la maglia ed alzandolo senza sforzo per tirargli un forte pugno nello stomaco. Sentì immediatamente il sapore metallico del sangue espandersi in bocca e dovette sputarlo fuori, crollando poi in ginocchio quando la mora lasciò la presa sulla maglietta.
- Angelica...-
- Non tornerà come prima -
Alzò lo sguardo: l’Agente 2, rimasto fermo a godersi lo spettacolo, era a pochi metri da lui. Quando raggiunse Angelica lo squadrò per bene, sorridendo - Uccidilo, 33 -
Voltò lo sguardo verso Angelica, guardandola negli occhi ed aspettando. Aspettando in silenzio.
La ragazza alzò la katana, pronta a colpirlo, ma lui non abbassò lo sguardo: se stava per morire voleva farlo guardandola negli occhi, quegli occhi verdi che lo avevano incantato, e che ora erano del colore del sangue.
Qualche pensiero scattò nella mente della ragazza davanti a lui: vide il suo viso addolcirsi e, dopo un lieve tremito della mano, abbassò appena la lama nera.
- Che stai facendo? - domandò l’Agente 2, sorpreso dalla reazione della ragazza - Mi hai sentito, 33? Uccidilo -
Angelica si voltò verso il suo padrone, abbassando del tutto la katana - No -
- Osi disubbidirmi? -
Lei ringhiò come una tigre - E tu osi darmi degli ordini? -
- Il siero ti fa obbedire solo e soltanto a me - le rispose l’uomo - Ed ora uccidilo -
- No -
- Bene - disse lui, estraendo una pistola - Vorrà dire che dovrò pensarci io -
***
Tutto avvenne in una frazione di secondo: il rumore di uno sparo sembrò squarciare l’aria. Si voltò lentamente sentendo un tonfo sordo, ed osservò il ragazzo riverso a terra, immobile. Dovette indietreggiare ed appoggiarsi al muro della casa stregata quando un intenso calore iniziò a propagarsi velocemente all'interno del suo corpo, facendole persino girare la testa.
- Matteo...- sussurrò cercando di reprimere la furia cieca che cercava di prendere il sopravvento - Matteo -
Le sue mani tremarono in modo incontrollato e prese a respirare forte e velocemente.
Si voltò verso l’uomo, infuriata come una bestia - Tu...- disse piano facendo qualche passo, non riuscendo più a trattenere il nuovo lato demonico presente in lei - Lo hai ucciso -
- La prossima volta eseguirai i miei ordini senza discutere -
- Non ci sarà una prossima volta, Agente - disse in un ringhio, alzando la katana.
L'Agente 2, dopo averla osservata per alcuni ed interminabili secondi, indietreggiò di qualche passo, intimidito dai cupi ringhi che emetteva - Devi obbedire a me. Io ti ho dato la forza che ora possiedi -
- La mia forza proviene da me ed è mia soltanto. Ed ora in avanti servirò solo me stessa -
L'Agente 2 non smise di indietreggiare, osservandola negli occhi con preoccupazione e un po' di paura, paura per quello che ora poteva fare, paura perché ora era imprevedibile e pericolosa. Oltre a questo il suo avversario si stava sicuramente chiedendo perché non obbediva più ai suoi ordini. Chi poteva saperlo? Nemmeno lei non capiva il perché di quelle emozioni così forti che aveva provato, perché aveva sentito così tanto dolore nel vedere quel ragazzo riverso al suolo che non riconosceva. Si era concentrata per alcuni secondi sul suo viso, subito dopo aver ricevuto l'ordine di ucciderlo, e lo aveva riconosciuto, aveva riconosciuto quel ragazzo che le aveva rubato il cuore, che l'aveva guardata come nessuno e che le diceva "ti amo" ogni giorno, in qualsiasi momento ed occasione. Era disposta a vendere l'anima al diavolo pur di sentirselo dire un'ultima volta da lui e di ripeterglielo a sua volta.
Strinse forte l'impugnatura della katana facendo sbiancare le nocche e raccolse l'altra, camminando lentamente verso la sua preda: non vedeva l'ora di stringere quella testa pelata tra le mani ed aprirla come se fosse una noce di cocco. L'uomo arrestò la sua ritirata e fece fuoco contro di lei, nella speranza di colpirla o almeno di farle perdere tempo per evitarle.
"Illuso" pensò, osservando uno ad uno i proiettili. I suoi sensi, ora sviluppati al massimo, le permettevano di vedere tutto a rallentatore e non fu difficile deviare i proiettili con le lame delle katane senza nemmeno fermarsi.
Continuò a seguirlo con calma, fin dentro l'Agenzia. Non sapeva se l'Agente 2 aveva un piano o se stava semplicemente scappando da lei. Forse aveva un piano per fermarla, oppure sapeva come fermarla, ma non le importava: doveva prenderlo e fargli patire le pene dell'inferno per quello che aveva fatto a Matteo.
***
- Laura, maledizione. Vuoi svegliarti? -
Socchiuse appena gli occhi - Come passatempo faccio il découpage...- bisbigliò, rispondendo al coniglio nel suo sogno. Quel bastardo voleva attirarla in una dannata tana tra le radici di un albero a giocare a poker con la giraffa equilibrista cieca e l'oca ninja.
- Svegliati Laura! -
Sgranò gli occhi: quell'urlo non era decisamente nel suo sogno. Mise subito a fuoco la figura di Francesco, davanti a lei, preoccupato come non mai. Si era forse persa qualcosa?
- Ehm...ciao -
- Ciao un corno, Laura Mancini! Ho perso vent'anni quando ti ho vista a terra -
"Mi sono decisamente persa qualcosa" si disse a mente, osservandosi intorno nel tentativo di ricordare qualcosa e, alla vista del parcheggio davanti alla casa stregata, un nome le balzò in testa: Angelica. Tentò subito di alzarsi, ma qualcuno glielo impedì. Solo ora vide Beatrice, accanto a lei, con la fronte aggrottata per concentrare i suoi poteri e curarle la spalla. Rimase buona un attimo, aspettando che la bionda finisse - Dov'é Angelica? Che fine ha fatto Dall'Angelo? -
- Angelica ha seguito l'Agente 2 dentro - le rispose Francesco - E non lo stava di certo aiutando -
- Cosa? -
- Hai capito bene -
- E Matteo? -
Francesco voltò il viso da una parte e lei seguì subito lo sguardo, vedendo Matteo, seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro della casa stregata e la testa che ciondolava a destra e a sinistra. Si alzò ed andò subito a vedere se stava bene, appoggiandogli due dita sul collo, in cerca del battito e lanciò un sospiro di sollievo sentendo che il cuore che batteva ancora. Angelica l'avrebbe sicuramente uccisa se gli fosse successo qualcosa.
Controllò che stesse bene e che non avesse alcun tipo di ferita e i suoi occhi caddero su un foro di proiettile sulla maglietta, proprio al centro del petto, e vi appoggiò sopra la mano, ritraendola immediatamente.
"Ma cosa diavolo..." pensò, osservandosi la mano che non si era nemmeno sporcata di sangue. Gli alzò in fretta la t-shirt, sorridendo alla vista di un giubbotto antiproiettile dell'Agenzia - Matteo Dall'Angelo sei proprio una volpe -
Il ragazzo socchiuse gli occhi, sorridendo - Io non so schivare le pallottole come in Matrix e poi mi hai detto di prendere quello che volevo dall'armeria -
Si passò una mano nei capelli - Tutti avrebbero preso un bazooka e tu vai a prenderti un giubbotto antiproiettile -
- Beh è servito, no? -
- Hai avuto una fortuna sfacciata - sussurrò - Non saresti qui se ti avesse sparato in mezzo agli occhi -
- E tu non saresti qui se non avessi chiamato Angelica -
- Non tirartelo troppo, Dall’Angelo - disse, dandogli le spalle - Non muoverti da qui, intesi? -
Matteo non le rispose ma lei non ci fece nemmeno caso, si avvicinò a Francesco, prendendogli il pugnale riposto nella sua cintura - Io vado dentro - annunciò al ragazzo, che le afferrò subito il braccio, impedendole di proseguire.
- Non ti lascio andare da sola -
- Non è il momento di mettersi a litigare -
- Litigare non serve. Io vengo con te, punto -
Annuì - Stai attento -
- Anche tu -
***
Continuava a seguire l’Agente per diversi corridoi, avendo la strana sensazione di girare intorno e respirando affannosamente, sentendosi persino stanca. C'era qualcosa che non andava: non riusciva a spiegarsi perché la sua vista si faceva sempre meno nitida e perché le gambe faticassero a tenerla in piedi, per non parlare della ferita alla spalla e allo stomaco, che sembravano quasi bruciare.
A diversi metri davanti a lei, Agente 2 terminò la sua corsa, voltandosi verso di lei e puntandole contro la pistola: questa volta fece persino fatica e vedere i proiettili sparati dall'avversario. Ne schivò un paio, ma fu comunque colpita alla gamba, e dovette spostarsi di lato, scivolando a terra fino a sedersi sul candido ed immacolato pavimento con la schiena appoggiata al muro.
"Ma cosa mi sta succedendo?"
L’Agente 2 si lasciò sfuggire una lunga e fredda risata, mettendosi entrambe le mani sui fianchi - Pensi davvero di poter usare il siero contro di me? - domandò lui, avvicinandosi appena - Io conosco il punto debole del siero, non sono così stupido come credi -
Prese un respiro profondo e si alzò di scatto, attaccandolo. L’Agente schivò con facilità entrambe le lame delle sue katane, parando ogni attacco con un lungo pugnale che, per tutto il tempo aveva tenuto nascosto nella cintura dei pantaloni. Indietreggiò subito con un balzo, osservando le sue mani che avevano iniziato a tremare in modo incontrollato, facendole perdere la presa su entrambe le katane, che scivolarono a terra con diversi tintinnii acuti.
“Perché mi sta accadendo questo?” si domandò “Poco prima non sentivo né dolore, né stanchezza, ed ora fatico a tenermi in piedi e ad impugnare due katane”
Si riscosse immediatamente, schivando il pugnale lanciato dall’avversario, ma fu immediatamente messa in ginocchio, bloccata dall’uomo, che le torceva il braccio sinistro con forza. Tentò immediatamente di liberarsi, ma lanciò un grido sentendo l’osso spezzarsi.
L'Agente 2 l'afferrò per i capelli, facendole sbattere la testa contro il muro del corridoio più e più volte. Solo quando l'avversario smise di percuoterla vide il sangue sporcare la piastrelle di porcellana del muro e colare lentamente verso il pavimento. Si mise a sedere per terra, togliendosi con il dorso della mano il sangue che, dalla fronte, scivolava sempre più in giù. Ogni secondo che passava si sentiva sempre più stordita e persino debole. Fece dei respiri profondi e lanciò un'occhiataccia all'uomo al suo fianco, così sicuro di poterla battere così facilmente.
- Oh, non guardarmi così - disse lui in un sussurro, tenendo sempre quel ghigno sul viso - Piccola Angelica, perché continui a resistere? Unisciti a me, insieme comanderemo l'Agenzia -
Quella domanda la fece infuriare ancora di più: l'Agente, dopo aver sparato a Matteo, aveva la faccia tosta di chiederle di unirsi a lui. Si mise in ginocchio, lentamente, raddrizzandosi subito dopo ed tenendo una mano appoggiata al muro per evitare di crollare a terra - Tu lo hai ucciso -
- Non ti serviva a nulla, Angelica. Era solo d'intralcio alla nostra missione. Credimi, l'ho fatto per il tuo bene -
- Lo hai fatto per il bene della TUA missione, vecchio. Io non ho niente a che fare con te -
- Allora, se non sei dalla mia parte, é inutile dirti perché ti senti così debole. Oppure posso darti una possibilità di dimostrarmi il contrario - sussurrò l'uomo, guardando oltre la sua spalla con un ghigno malefico stampato sulle labbra arricciate in modo alquanto strano. Voltò lo sguardo a sua volta, osservando una ragazza e un ragazzo, entrambi biondi e della stessa altezza: lei impugnava un lungo coltello, mentre il ragazzo le puntava contro due pistole.
Sorrise ricordandosi di Laura, la sua peggiore nemica/amica, e Francesco, il ragazzo che l'aveva estratta dai rottami dell'Alfa durante la missione a villa Leferve, ma la sua allegria sparì immediatamente, lasciando il posto ad una bella lampadina tondeggiante che si accese nella sua testa: aveva un piano. Si mise in piedi, staccandosi dal muro, ed avanzò verso i due Agenti, visibilmente terrorizzati nel vederla ridurre la distanza che li separava, schivò le pallottole sparate dal ragazzo e lo attaccò.
***
Non riuscì a fermare Angelica in tempo: fu scaraventata da una parte e dovette osservare la ragazza colpire Francesco, lanciandolo a sua volta contro il muro. Quando gli si avvicinò le lanciò contro il pugnale: la mora si voltò all'ultimo istante per afferrarlo al volo e la guardò intensamente. Era uno sguardo diverso da quello che aveva visto mentre combattevano e si chiese se Angelica avesse trovato un po' di senno.
Il demone le rilanciò il pugnale, che si piantò nella parete dov'era appoggiata, a pochi centimetri dal suo orecchio, poi tornò sul ragazzo, afferrandolo per le spalle ed avvicinandosi al suo collo. Non riuscì a fare niente: Francesco sgranò gli occhi e li richiuse subito quando la ragazza lo fece appoggiare al muro.
Quando Angelica si voltò si lanciarono uno sguardo di fuoco, proprio come ai vecchi tempi, poi le sorrise, pulendosi il rivolo di sangue che le scendeva da un angolo della bocca. Non appena vide il morso sul collo del suo ragazzo, sentì una furia cieca annebbiarle la mente, divelse il pugnale dalla parete e si lanciò contro di lei. Sapeva di non avere speranze ma lo fece ugualmente.
Al primo affondo, Angelica le afferrò il polso destro e lo piegò in modo innaturale, costringendola a lasciare la presa sul pugnale e ad inginocchiarsi a terra. Poteva quasi sentire il suo polso scricchiolare sotto la presa della mora.
Chiuse gli occhi, pensando che non poteva lasciarla vincere, non poteva dopo quello che aveva fatto a Francesco, così strinse i denti: non le importava di morire, ma avrebbe trascinato Angelica con lei. Afferrò il pugnale con la mano sinistra e glielo piantò nella gamba, appena sopra il ginocchio. Angelica non lasciò la presa, ma si inginocchiò di fronte a lei, pronta a colpirla di nuovo diritta al cuore. Estrasse il pugnale dalla gamba dell'avversaria, ma la mora le bloccò subito la mano, avvicinandosi per morderla.
Si stupì di sentire la solita voce della ragazza e non il morso.
- Francesco sta bene, ma ho bisogno del tuo aiuto - le disse lei in un sussurrò - Allontanami con una testata e stai al gioco -
Sorrise, allontanandola con una forte testata, sperando di non averle fatto male, e la osservò allontanarsi come una ginnasta con dei salti mortali all'indietro per poi raccogliere la sua solita katana.
***
Si voltò subito verso la spia, facendo un piccolo cenno del capo - Mi perdoni, mio signore. Chieda qualunque cosa e sarà fatta -
L'Agente 2 le sorrise, facendo poi un cenno del capo per indicare Laura - Uccidila, poi penseremo ai sopravvissuti nel parcheggio -
- Come desidera - sussurrò, voltandosi verso Laura ed attaccandola subito. Con ogni attacco tentò di moderare la forza che il siero le aveva donato e che ora era ritornata. Intuì subito che doveva bere regolarmente sangue per preservare la sua forza. Continuò per un po' di fingere di combattere contro Laura, che parava con facilità ogni suo attacco, bloccando a lama bianca della katana con quella del pugnale; poi mosse appena le labbra, comunicando alla ragazza altre istruzioni.
La disarmò immediatamente, togliendole il pugnale di mano e puntandoglielo alla gola, terminando il combattimento.
- Cosa aspetti 33? Ti ordino di ucciderla -
Si voltò verso l'Agente, sperando che cadesse nella sua trappola - Mio signore, questa ragazza potrebbe tornare utile, ma se mi ordinate di ucciderla lo farò - disse ed alzò la katana, osservando Laura negli occhi.
- Cosa intendi per tornare utile? -
Si voltò di nuovo - Potrebbe usare il siero su di lei. Obbedirà ai suoi ordini seppur contraria -
L'Agente 2 si portò una mano al mento, valutando la proposta appena fatta, poi le fece gesto di farla avvicinare. Annuì, afferrando la ragazza per un braccio e, sperando di non farle troppo male, la lanciò verso l'uomo. Laura, in ginocchio di fronte a lui, alzò appena lo sguardo.
- Cosa ne pensi della proposta della tua amica, Mancini? -
- Ci sarà qualcun altro a fermarti al mio posto, bastardo traditore -
Si avvicinò alla ragazza a terra e le diede un forte calcio al fianco, facendola crollare a terra - Non osare rispondere, schifosa sgualdrina! -
- Non fa niente 33, non preoccuparti - la rassicurò lui, concentrando la sua attenzione su di lei - Ti sei comportata bene -
- Grazie, mio signore -
- Ma temo di non aver bisogno di lei - disse l'Agente, abbassando lo sguardo su Laura, ancora stesa a pancia in giù sul freddo pavimento - Uccidila -
Si tolse il rivolo di sangue che colava dalla ferita alla fronte ed annuì, gettando a terra il pugnale della bionda per afferrare la katana con entrambe le mani, per poi tenere la punta dell'arma rivolta verso il basso, verso Laura - Come desidera, mio signore - sussurrò, dando un altro calcio alla ragazza per farla voltare a pancia in su. Strine forte l'elsa della spada e l'abbassò velocemente, cambiando direzione all'ultimo secondo. Sentì la lama farsi largo tra la carne dell'Agente 2 e tingersi di rosso, rosso sangue, lo stesso sangue che scivolava fino alla guardia della katana per poi gocciolare a terra con dei sonori plik plik. Alzò lentamente gli occhi, puntandoli in quelli neri del suo vero avversario, sgranati per lo stupore e l'incredulità, e sorrise nell’estrarre la katana dallo stomaco dell'Agente 2 con uno strattone veloce, lasciando che l’uomo si sedesse a terra, indietreggiando lentamente sui talloni, portandosi la mano destra alla ferita appena inferta, osservando il sangue sporcargli il palmo - Com'é possibile? Tu non puoi fare questo... -
Sorrise, sentendo qualcosa di diabolico prendere per un momento il controllo sul suo corpo, ed avanzò senza alcuna fretta verso il suo vero nemico - Oh, io credo di sì -
Sul viso dell’uomo si dipinse un’espressione di terrore e i suoi occhi scuri guizzavano a destra e a sinistra in cerca di una via di fuga - Ragiona 33, non siamo poi tanto diversi...tu e io -
Sentì la rabbia montarle nel petto e piantò la katana nel pavimento, affondando la lama nel pavimento - Noi siamo totalmente diversi -
L'uomo indietreggiò ancora, come se fosse un enorme granchio, arrivando alla fine del corridoio, toccando appena la parete. Lo vide mettersi a sedere e trafficare con qualcosa che, probabilmente, teneva nascosto dietro la schiena - Ragiona ragazza, se ti unisci a me...vivrai nel lusso -
- L'hai ucciso...-
- Era solo un ragazzo -
Si avvicinò all’uomo, veloce come un fulmine, lo afferrò per il collo, riuscendo a sollevarlo benché fosse tre volte più grosso di lei e gli fece sbattere la schiena contro la parete del corridoio - Questo e per tutto quello che mi hai fatto passare - disse, dandogli un forte pugno proprio sulla ferita che gli aveva appena inferto, facendolo gemere di dolore - Questo è per Manuel - aggiunse con un altro pugno.
- Ti prego Vetra, possiamo controllare l'Agenzia! - urlò l'uomo, in preda al panico, mentre un rivolo di sangue gli usciva dalle labbra.
Finse di non sentire e gli diede un altro pugno - Questo é per la Direttrice e questo... - iniziò alzando la mano, pronta ad affondare le dita nel petto dell'uomo per strappargli il cuore, gettarlo a terra per sputarci sopra e calpestarlo - Questo è per Matteo, questo é per il ragazzo più buono che ho incontrato e che tu mi hai portato via -
Caricò il colpo, assaporando già la sua vendetta, ma si bloccò all’ultimo istante nel sentire la voce calma e fredda di Laura, che le urlò di fermarsi. Si voltò verso di lei, fulminandola con lo sguardo - Perché dovrei fermarmi? È quello che si merita -
- Non saresti migliore di lui - rispose lei, rimanendo a distanza.
- Non è una buona ragione per lasciarlo in vita -
- Angelica, sei accecata dalla rabbia. Lascia che me ne occupi io, marcirà in una cella fino alla fine dei suoi giorni -
- Ha ucciso Matteo! -
- Matteo non è morto, Angelica - disse Laura, rimanendo immobile - E sta più che bene -
Abbassò la mano che aveva preso a tremare lievemente in modo incontrollato e si lasciò sfuggire una lacrima - È vivo -
- Sì. Ora lascia quel bastardo, me ne occupo io -
Fece un respiro profondo e strinse i denti, voltandosi verso l’Agente 2, rimasto in silenzio per tutto il tempo - No -
- Vetra, non fare la stupida -
Strinse maggiormente la presa sul collo dell’uomo, osservandolo dimenarsi per tentare di liberasi, e fece dei respiri profondi - C’è una cura al tuo siero? -
Sul volto dell’Agente, ormai paonazzo, si disegnò un malefico sorriso. Quel gesto la fece irritare ancora di più e gli fece sbattere la nuca contro il muro, aumentando la presa - Rispondi! -  
L’uomo spalancò la bocca, annaspando, in cerca di ossigeno - Un mese...- riuscì a dire lui - L’effetto termina...dopo un mese -
Allentò un po’ la presa, leggermente frastornata per la notizia “E adesso?” si domandò, liberando l’avversario per lasciarlo sedere a terra, tossendo “Cosa posso fare?”
Scosse la testa con vigore: avrebbe pensato più tardi sulla soluzione a quel problema, ora c’erano domande più importanti a cui dare risposta.
- Perché mi indebolisco se non bevo sangue? -
L’Agente 2, seduto a terra, alzò lo sguardo - È nella natura dei demoni ed ora anche la tua. Se non bevi sangue umano diventerai sempre più debole e morirai -
Voltò appena il viso verso l’amica e le fece un piccolo cenno - Occupati di Francesco -
- Angelica non...-
- Non preoccuparti - sussurrò appena, tornando ad osservare il suo avversario seduto a terra, sentendo subito gli occhi bruciare - Gli amici che ha portato dalla sua parte sarebbero molto contenti di vedere il loro grande capo ridotto in questo stato. Si arrenderanno e tutto sarà finito -
Si avvicinò, lo afferrò per il bavero della camicia stropicciata e sporca di sangue, e lo fece alzare in piedi, pronta a trascinarlo fuori con le buone o con le cattive, ma rimase comunque allerta: lo conosceva bene ed era sicura che avrebbe fatto di tutto per liberarsi. L’Agente 2, infatti, approfittò subito di quella situazione e, dopo aver indietreggiato con la gamba sinistra, estrasse il piccolo stiletto che nascondeva poco prima, tentando di colpirla. Riuscì a piegare in tempo la testa per schivare la lama, che le disegnò un sottile taglio sullo zigomo, e gli afferrò il polso con la mano destra, facendogli perdere la presa sull’arma, mentre con la sinistra gli afferrò il braccio, all’altezza del gomito, spingendolo poi in avanti. Una volta a terra, gli piegò il braccio subito dopo avergli appoggiato il ginocchio sulla scapola, torcendolo finché non sentì l’uomo lanciare dei lamenti soffocati - Fallo ancora e giuro che ti rompo il braccio -
L’uomo riuscì in qualche modo a liberarsi dalla sua presa e la allontana con una spinta, facendole sbattere la schiena contro il muro. Vide l’Agente alzarsi in piedi e scagliarsi verso di lei, afferrandole la vita. Si lasciò sfuggire una risata, ripensando ai vecchi tempi quando l’Agente 2 la allenava - Sei troppo vecchio per fare queste cose - disse, afferrandogli il polso destro dell’avversario per tirargli il braccio verso il basso e, dopo un piccolo giro ed uno sgambetto, riuscì a scaraventarlo con violenza a terra.
- Ora tu verrai con me senza fare storie - sussurrò, dandogli un forte calcio al fianco per metterlo a pancia in su, appoggiandogli il piede sulla gola - Chiaro? -   
Raccolse lo stiletto e lo fece alzare, facendolo avanzare lentamente verso l’uscita, con la piccola lama puntata alla schiena e ripercorsero i vari corridoi per tornare all’uscita. Nel salire le scale sentiva degli strani pensieri girarle nella testa e diverse emozioni pervaderle il corpo: era furiosa con l’uomo che camminava davanti a lei per tutto quello che le aveva fatto, era contenta che quella storia finisse, sentiva che lasciare in vita quell’uomo era uno sbaglio ed era eccitata all’idea di poter vedere Matteo sano e salvo. Una volta giunti all’entrata della casa stregata buttò giù la porta di legno marcio, provocando un grande tonfo ed attirando l’attenzione di tutti. Portò lo stiletto alla gola dell’Agente 2 dopo averlo messo in ginocchio - Deponete le armi, immediatamente -  
Gli Agenti al servizio della spia, dopo un attimo di esitazione, obbedirono, mentre gli altri alzarono le mani al cielo per festeggiare la loro vittoria. Voltò appena lo sguardo e lanciò un sorriso a Matteo, vivo e vegeto, poi guardò Beatrice, che curava J. da un brutto taglio sul viso, ed infine Alberto, in mezzo alla folla.
Si riscosse dai suoi pensieri nel vedere l’Agente 2 piegarsi in avanti e tossire, sputando a terra degli schizzi di sangue, e per un attimo provò pietà per quell’uomo, quell’uomo così pazzo da credere nel suo folle piano che stava quasi per realizzare.
La spia l’afferrò per un braccio, per strapparle di mano lo stiletto, ma quando non ci riuscì si alzò in piedi e prese a correre, nel vano tentativo di fuggire. Veloce come un fulmine, in un battito di ciglia gli tagliò la strada, frenando immediatamente la sua fuga - Scappare è inutile, affronta la tua sconfitta con dignità -
- Verranno altri dopo di me, 33! - urlò l’uomo, ormai praticamente circondato dagli Agenti che aveva rinchiuso qualche ora prima nelle celle anti-demone - Non credere che nessuno ci riprovi! E tu non potrai fare niente per fermarli! Ti resta solo un mese ed andrai all’inferno ancor prima di me -  
Abbassò lo sguardo e si lasciò sfuggire una risata, una risata fredda che attirò lo sguardo di tutti i presenti, i quali, probabilmente, si chiedevano se era impazzita o se stava andando fuori di testa proprio in quel momento - E chi l’ha detto...- iniziò, tornando a guardare l’uomo negli occhi - Che ci andrò prima io all’inferno? -
Fu un secondo: l’Agente 2 spalancò la bocca, portandosi entrambe le mani alla gola, dove si poteva notare il manico dello stiletto che aveva appena lanciato, già coperto dagli schizzi di sangue. Dopo dei lamenti soffocati, l’uomo crollò a terra e dopo alcuni secondi di agonia, il corpo rimase immobile.  
Alzò lo sguardo, osservando Laura, all’entrata della casa stregata che aiutava Francesco a stare in piedi. Si fece largo tra la folla e raggiunse l’entrata dell’Agenzia, ma quando passò accanto alla ragazza, questa la bloccò, appoggiandole una mano sulla spalla - Ed ora? Cos’hai intenzione di fare? -
Lanciò un sospiro, abbassando lo sguardo - Chiudimi in una cella anti-demone e non farmi uscire prima di un mese -
- Hai sentito quello che ha detto - farfugliò lei, tenendo lo sguardo puntato sull’uomo riverso a terra in mezzo al parcheggio, in una pozza di sangue - Pochi sopravvivono -
- Allora non ci resta che sperare -
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