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Autore: Kiary92    02/09/2011    0 recensioni
La storia di una ragazza: Angelica, che cerca di avere una vita tranquilla benché abbia compito davvero strano; diverso, più che altro. Questa ragazza fa parte di una misteriosa Agenzia, la quale la ingaggia per missioni, a volte pericolose, contro strane “entità” corporee e non; anche se la gente comune li chiama fantasmi e demoni. Il suo compito, e quello degli altri agenti chiamati anche Demons Hunter, è quello di sterminare ogni demone, e convincere i fantasmi con aure maligne di altri a “passare oltre” a trovare la pace in un altro posto. Benchè compia questo insolito mestiere, anche Angelica ha una vita normale: va a scuola come una semplice diciottenne, viene trascinata in strane feste dai suoi amici, nonché compagni di classe, litigi e risse con la più odiosa delle compagne e, chi può dirlo, magari troverà anche l’amore, chi lo sa? Magari sotto forma di un bellissimo ragazzo dagli occhi blu? Tra un insolito incontro in biblioteca, varie vicende sui banchi di scuola e, diciamolo chiaro e tondo, momenti di vera sf...ortuna, ecco a voi, la storia di una Demons Hunter. Una cacciatrice di demoni.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Martedì, 8 settembre 2009
Era ancora rinchiusa in quella orrenda stanza. Ogni volta che apriva gli occhi sperava di risvegliarsi nella sua camera, a casa sua, ma ogni volta si trovava davanti quella stanza anti-demone, senza alcuna finestra, senza alcun arredo, senza niente a parte il letto e uno specchio appeso al muro. Lanciò un sospiro, mentre le sue speranze di libertà crollavano come un castello di carte. Si mise a sedere, osservando lo specchio proprio di fronte al letto che rifletteva la sua immagine, l’immagine di una ragazza che mostrava al mondo una maschera e a pochi il suo cuore per paura di non essere amata. Distolse immediatamente lo sguardo quando guardò il suo riflesso negli occhi, del colore del sangue, ed osservò intensamente il pavimento di marmo bianco, chiudendo poi gli occhi ed immaginando un prato verde che si estendeva a perdita d’occhio, il cielo azzurro solcato da nuvole bianche, che le ricordavano la panna montata, e gli uccellini che cinguettavano allegri inseguendosi nel cielo.
Quando sentì la porta della cella aprirsi con un sibilo dovette riaprire gli occhi e si sentì quasi soffocare dalle quattro mura che la circondavano e che la tenevano prigioniera. Quando sentì la porta della cella aprirsi con un ronzio, alzò subito lo sguardo, osservando Matteo, fermo sulla soglia, e lo salutò con un debole sorriso.
Matteo era l’unica persona che riusciva a farle dimenticare quella sensazione di prigionia venendo a trovarla tutte le volte che poteva, restandole accanto anche quando quello strano lato oscuro, causato dal siero ancora in circolo nel suo corpo, prendeva il sopravvento, trasformandola in un mostro assetato di sangue e pronto ad uccidere chiunque si avvicini. Ma, stranamente, ogni volta che perdeva il controllo non gli faceva mai del male e Matteo sembrava sentirsi perfettamente a suo agio chiuso nella cella con un mostro.
- Come stai oggi? -
Lanciò un’occhiata al muro di fronte a lei, osservando i quattordici graffi sul muro che indicavano i giorni che aveva passato lì dentro, e lanciò un sospiro - Come ieri -
Matteo piegò la testa di lato, deluso dalla sua risposta e si sedette sul letto, accanto a lei - Sono passate due settimane, devi stringere i denti e lottare -
Scosse la testa, passandosi una mano nei capelli - Non serve a nulla lottare, Matteo. Devo solo starmene rinchiusa qui ed aspettare - disse in un sussurro - Sono poche le possibilità che io...-
- Devi smetterla di dire queste cose, ok? Non é da te fare discorsi del genere - disse il ragazzo, portandole due dita sotto al mento per farle rialzare lo sguardo - Ok? -
Annuì, tornando subito a fissare il pavimento - Ok -
Dopo la sua breve risposta nella cella calò un lungo silenzio, rotto soltanto dal fastidioso ronzio provocato dalle telecamere che controllavano la stanza. Solo dopo alcuni ed interminabili minuti Matteo si schiarì la voce - Marco mi ha detto che ti rifiuti di bere sangue. É la verità? -
Erano giorni che non beveva più sangue e tutto questo per poter attuare un folle piano rinchiuso nei meandri della sua mente - Sì -
- Angelica, non serve a niente comportarsi così -
Lanciò un sospiro: Matteo non poteva capire. Non capiva che stava andando fuori di testa e che parlava da sola, oppure fingeva un discorso con le persone al di là delle telecamere. Non poteva capire il motivo di tutte quelle volte che aveva pensato di uccidersi e di tutte volte che era ad un passo dal farlo.
- Vuoi spiegarmi perché ti comporti così? -
Scosse la testa, nel vano tentativo di ignorare quelle voci nella sua testa - É parecchio che penso a...-
- A cosa, Angelica? -
Scosse la testa, tentando di mantenere il controllo, fissando intensamente il vuoto davanti a lei - Niente, non preoccuparti - sussurrò. Decise in quell’istante di attuare il suo piano. Si alzò in piedi, facendo alzare anche Matteo e gli afferrò entrambe le mani, osservandolo intensamente, mentre sentiva aumentare un’energia nel suo corpo - Perdonami per quello che sto per fare - disse, concentrandosi sulle iridi blu del ragazzo - Uccidimi - gli ordinò fredda.
Matteo sgranò gli occhi - Cosa? -
Non smise di fissarlo, mantenendo il contatto visivo: sapeva che, anche con quelle poche energie, poteva controllarlo, come se fosse sotto ipnosi - Vai a prendere la mia katana e torna qui -
Matteo si staccò da lei e, come uno zombie, uscì dalla cella. Attese solo un paio di minuti prima che il fidanzato tornasse con in pugno la sua katana.
- Togli il fodero -
Il ragazzo obbedì, gettando la saya nera a terra e lei gli si avvicinò lentamente, gettandogli le braccia al collo e sorridendogli - Uccidimi...ti prego, non ce la faccio più a restare qui dentro -
Il braccio di Matteo si mosse lentamente e lei chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire una lacrima. Il dolore al ventre che avvertì poco dopo fu insopportabile e strinse subito i denti nel sentire la lama affilata come non mai farsi strada nella sua carne, trapassandola da parte a parte.
Sgranò gli occhi e lanciò un gemito roco, abbassando lo sguardo per abbassare subito dopo lo sguardo sul sangue rosso vivo che scivolava lungo la lama, gocciolando a terra. Chiuse gli occhi per pochi secondi e li riaprì subito dopo, rialzando lo sguardo per osservare Matteo, che sembrò svegliarsi dal suo controllo, guardandola con espressione confusa e spaventata - Angelica -
Sorrise nuovamente, ignorando un rivolo di sangue che colava da un angolo della bocca - Perdonami -
***
- Angelica cos'hai fatto? -
- Non ce la faccio più - ripeté lei - Scusami, ti prego -
La ragazza appoggiò la mano sulla sua, che stringeva ancora la katana, e gli fece estrarre la spada con un movimento rapido prima di crollare a terra, prossima alla fine. Lasciò cadere la katana a terra e si inginocchiò accanto alla ragazza, togliendole i capelli dal viso - No...- sussurrò piano, accarezzandole il viso - Non morire -
Angelica socchiuse appena gli occhi, verdi come quelli di sempre, e gli sorrise, afferrandogli la mano per stringerla lievemente - Ti prego, esci di qui -
- Non ti lascio qui -
- Potrei attaccarti e farti del male per...il tuo sangue -
“Il sangue” si disse a mente, impugnando la spada abbandonata a terra al suo fianco - Tu hai bisogno di sangue per guarire - sussurrò appena, avvicinando la lama già sporca di sangue alla sua mano disegnando un taglio carminio sul palmo. Avvicinò subito la mano alle labbra della ragazza, ancora più pallida, che però piegò la testa di lato, come un bambino che non voleva mangiare la verdura.
- Non fare la stupida, Angelica! -
Lei batté il pugno a terra, arrabbiata - Vattene! - urlò, lanciando poi un ringhio cupo che lo fece rabbrividire. Vide i canini della ragazza allungarsi e gli occhi diventare rossi.
Avvicinò ancora la mano e poi fu un attimo: Angelica lo aveva afferrato per la gola e si era messa a cavalcioni sopra di lui, bloccandogli ogni via di uscita. Sentì per un attimo il suo respiro freddo sul collo ma la mora si spostò di lato, sedendosi a terra e prendendosi la testa tra le mani, lanciando un grido.  
Le si avvicinò e le porse nuovamente la mano ferita - Mancano solo due settimane, non mollare proprio adesso -
Angelica scoppiò in lacrime - Io non ce la faccio. Non ho la forza di resistere -
- La forza non deriva dalle capacità fisiche, ma da una volontà indomita. E tu ne hai da vendere - disse avvicinando ancora di più la mano, dalla quale iniziava a gocciolare del sangue - Non mollare -
La ragazza, dopo alcuni ed interminabili secondi, gli afferrò delicatamente il braccio ed appoggiò le labbra sul suo palmo affondando appena i denti nella carne. Il morso non fu così doloroso come pensava, assomigliava allo stesso morso che ogni tanto Artemide gli dava al dito quando la infastidiva troppo.
Angelica continuò a bere lentamente per un minuto, o forse di più, ed ogni volta che la sentiva deglutire sentiva la testa farsi sempre più pesante. Sussurrò appena il suo nome, sperando che la fidanzata si fermasse e così accadde: Angelica si alzò di scatto in piedi e, con un elegante balzo, si allontanò il più possibile da lui - Io...scusami -
- Angelica, é tutto a posto - sussurrò stringendosi la mano, alzandosi in piedi per avvicinarsi alla ragazza, leggermente scossa e preoccupata.
- Stai lontano Matteo, ti prego - sussurrò lei, rifugiandosi in un angolo della cella - Dovresti uscire -
- Va tutto bene, stai tranquilla -
- No Matteo, non va tutto bene...ti prego, esci immediatamente da qui - disse la ragazza, stringendo con forza i pugni nel tentativo di calmare il tremore alle mani.
- Perché? - domandò, senza aggiungere altro, ascoltando il cupo ringhio che la ragazza emetteva, ed osservandola avanzare verso di lui. Quella scena gli ricordava quella sera, nel parcheggio davanti alla casa stregata, quando Angelica era praticamente fuori controllo e il suo sguardo freddo lo fece rabbrividire ed indietreggiare al tempo stesso “Forse uscire da lì non era una cattiva idea” pensò.
Dopo un altro ringhio Angelica gli fu addosso, afferrandolo per un braccio e scagliandolo contro il muro: si sedette immediatamente a terra, portandosi una mano alla nuca. Quando rialzò lo sguardo la mora era seduta sopra di lui, con la bocca curvata in un diabolico sorriso e i bianchi canini affilati che spiccavano sulle labbra rosee. Poco prima che la ragazza riuscisse a morderlo, un acuto e fastidioso suono riempì la cella: Angelica si allontanò immediatamente con un grido, portandosi le mani alle orecchie. Si voltò verso la porta d’entrata ed osservò J., con un piccolo telecomando in mano, che gli fece segno di uscire. Obbedì senza discutere e non appena la porta si chiuse il rosso premette il pulsante sul telecomando e il misterioso suono sparì.
- Stai bene? - gli domandò lui.
Annuì - Perché hai acceso quel suono? -
- Angelica non sopporta i rumori forti - gli rispose l’Agente - Dovresti tornare tra qualche ora, quando si sarà calmata. Intanto ti conviene andare in infermeria da Beatrice -
Fece un piccolo cenno e si allontanò dalla cella, un po’ preoccupato per Angelica.
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Martedì, 22 settembre 2009 - ore 19.43
Erano passate le fatidiche due settimane.
Angelica si era calmata dopo il suo stupido tentativo di suicidarsi e passava ogni altro giorno a giocare a Risiko con lui ed Elisabeth, ma molto spesso giocavano soltanto loro due, mentre lui le osservava dall’ufficio di J. pronto ad intervenire nel caso in cui Elisabeth avesse provato ad uccidere la mora facendole ingoiare i carri armati per averle tolto un territorio.
In quei giorni, benché Angelica sembrasse star bene, in realtà si faceva sempre più nervosa, ora dopo ora, in attesa della tempesta. Quando era arrivato degli Agenti gli avevano consigliato di non entrare e di lasciarla un po' sola e così, un po’ riluttante, era andato in infermeria, da Beatrice, in attesa di buone notizie.  
Seduta accanto a lei c'era Elisabeth, preoccupata come non mai, che si mangiava le unghie e chiedendo l'ora ogni cinque minuti, poi c'era anche Laura, appoggiata al muro con le braccia incrociate con fare da dura, mentre osservava intensamente le piastrelle immacolate del pavimento.
- Volete un caffè? - domandò Beatrice, tentando di ravvivare l'atmosfera nell'infermeria.
- Mi sembra un'ottima idea. Prendiamoci un caffè così facciamo avanti e indietro per ore - borbottò Elisabeth - Che idea grandiosa, Beatrice -
- Almeno io non mi mangio in modo psicotico le unghie fino a strapparmi la pelle dal dito -
- Smettetela voi due - ordinò Laura, senza distogliere lo sguardo dal pavimento - O vi faccio smettere io se non la piantate -
Lanciò un sospiro, grato che Laura avesse messo fine alla brevissima discussione tra Elisabeth e Beatrice. Lo avrebbe fatto lui, ma era troppo occupato ad osservare in modo assente lo screensaver del computer fatto di tubi colorati in 3D.
- Secondo voi quanto dovremmo aspettare rinchiusi qui? -
- Smettila di fare domande, Elisabeth - rispose stancamente.
- Non vorresti saperlo anche tu? -
Fece per rispondere, ma voltò immediatamente lo sguardo quando la porta dell’infermeria si aprì di colpo, battendo con forza contro il muro, mostrando la figura di J. con il fiatone e che tentava comunque di dire loro qualcosa. Capì solo l'ultima parola del suo lungo ed incomprensibile discorso pieno di sospiri e parole senza senso, e quando l'Agente fece il nome di Angelica scattò subito in piedi, correndo fuori, seguito a ruota da J., Beatrice, Elisabeth e da Laura.
Quando entrò nella cella rimase sconcertato alla vista della ragazza sul letto in preda ad un dolore atroce, che stringeva con forza le lenzuola e urlava come non mai. Non riuscì a fare nulla, solo a restare lì immobile.
Elisabeth, già con gli occhi colmi di lacrime, si avvicinò al letto, afferrando una mano all’amica per stringerla forte ed urlarle che era lì con lei e che sarebbero tornate a casa. Per tutta risposta, Angelica si portò una mano al petto come se volesse strapparsi il cuore ed urlò ancora più forte.
Tutto avvenne in così poco tempo che non riuscì nemmeno a capire cosa fosse successo: la ragazza, dopo un ultimo urlo, si abbandonò sul letto e voltò il viso madido di sudore verso di lui. Dopo aver mosso appena le labbra e sussurrato appena qualcosa, Angelica gli sorrise e chiuse gli occhi, lanciando un sospiro.
Sentì il pavimento mancargli da sotto i piedi e riuscì soltanto a guardare la ragazza sul letto senza riuscire a muoversi o piangere.
***
Dopo aver afferrato Angelica per le spalle e dopo averla scrollata un po', si voltò verso la porta, osservando Matteo, Laura, J. e Beatrice con le lacrime agli occhi - Vi prego...aiutatela -
Soltanto Beatrice si precipitò al fianco dell'amica, appoggiando due dita sulla carotide in cerca del battito, ma quando la vide tastare in diversi punti del collo ed iniziare a piangere si sentì morire.
- Beatrice, ti prego...-
La ragazza alzò appena lo sguardo, puntando gli occhi azzurri colmi di lacrime nei suoi - Non posso...- disse in un sussurro appena udibile - Non posso -
- Perché no? Tu puoi curarla, puoi salvarla! - urlò in preda alla rabbia, incapace di accettare la situazione.
- Non posso...é troppo tardi -
Sperò che Beatrice non avesse mai detto quelle ultime tre parole che continuarono a girarle per la testa e a ripetersi all'infinito. Scoppiò in lacrime, abbracciando un'ultima volta l'amica sdraiata sul letto, che sembrava quasi dormire, poi, quando le gambe non riuscirono più a reggere il suo peso, crollò a terra, abbracciando Matteo che era arrivato subito al suo fianco, cercando di consolarla e di consolarsi a sua volta.
- Non c'è più - farfugliò appena, stringendo con forza la maglia del ragazzo - Non c'è più -
Qualcuno si schiarì la voce e tutti si voltarono: proprio alle spalle di J. e Laura, una donna dai lunghi capelli bianchi in un elegante abito da sera blu - Forse io posso fare qualcosa -
***
Alla vista di Jane, Laura portò subito una mano alla pistola, mentre J. si allontanò da quella stupenda creatura sulla porta pensando che fosse malvagia. Si alzò in piedi e bloccò Laura - É un'amica, non preoccuparti -
L'Elementale fece un radioso sorriso a tutti i presenti, rassicurandoli.
- Jane, cosa fai qui? -
- Mio caro Matteo...so la parola d'ordine - rispose Jane con un sorriso, avvicinandosi al letto per osservare con attenzione il corpo senza vita di Angelica.
- Puoi fare qualcosa? - domandò speranzoso all'Elementale, che sorrise lievemente.
- Perché tutti mi sottovalutano? Sono o non sono l'Elementale dell'acqua? - domandò lei, sistemandosi una ciocca di capelli bianchi dietro l'orecchio, avvicinandosi subito dopo alle labbra di Angelica, appena socchiuse, come se volesse baciarla. A pochi millimetri da lei, il demone soffiò appena, allontanandosi subito dopo, sussurrando delle parole a lui ignote.
Jane accarezzò la fronte alla mora e sorrise - Torna a vivere, cacciatrice. Torna a vivere accanto alle persone che ami -
***
Tutto quello intorno a lei era di un bianco accecante. Non riusciva a distinguere il pavimento dal soffitto e nemmeno le pareti: sembrava levitare in aria ma camminava su una superficie solida.
Avanzò lentamente come se fosse completamente cieca ma dopo un po' si fermò, osservando l'unica figura, oltre a lei, che spiccava tra il bianco proprio perché vestita di nero.
Rimase di stucco nel vedere la Direttrice dell'Agenzia voltare la sedia a rotelle per guardarla negli occhi.
- Ciao Angelica -
Sospirò - Stavolta sono morta, vero? -
- Forse sì e forse no - rispose la donna, avvicinandosi.
- Dove siamo? -
- Nemmeno a questo so risponderti, ma assomiglia tanto alla scena di Harry Potter e i doni della morte, pagina 648 capitolo 35 -
Inarcò un sopracciglio, confusa - Sto sognando o sono impazzita -
- Non sei impazzita -
- Quindi sto sognando -
- Forse -
Sbuffò - Lo sa che queste risposte non mi sono mai piaciute, vero? -
- É solo per quello che le dico -
Scosse la testa e le sorrise - Lo sapevo -
- Ma adesso c'è una cosa più importante che devi fare -
- E quale sarebbe? -
- Svegliati -
Quando la Direttrice sussurrò quelle parole tutto quello intorno a lei prese a girare e in un attimo fu avvolta dal buio.
- Torna a vivere, cacciatrice. Torna a vivere accanto alle persone che ami -
Socchiuse appena gli occhi, tentando di mettere a fuoco le quattro figure che la sovrastavano: riconobbe immediatamente Matteo sentendolo chiamare il suo nome, ma non riuscì a capire chi fossero le altre tre figure.
- Ma sono una grande! Ha funzionato! -
- Tu non sapevi se avrebbe funzionato?! - esclamò Matteo.
- Beh, ha funzionato, no? -
Lanciò un sospiro, riconoscendo quella voce - Jane? -
- Ehi, bambolina. Mi devi due mojito -
- Che ci fai qui? - domandò confusa.
- Ho sistemato dei tuoi amichetti a Berlino, poi mi sono fermata ancora a Monaco e sono appena arrivata a Verona - le raccontò brevemente il demone - E baciati le manine che sono qui, altrimenti saresti veramente morta -
Si portò una mano alla fronte, ricordando l’accaduto del mese appena trascorso - Il siero? -
- L'effetto é finito. Ora sei salva -
Con fatica si mise a sedere, passandosi una mano nei capelli e respirò profondamente, ringraziando il cielo di essere ancora viva e guardò Matteo, al suo fianco, che rideva e, contemporaneamente, piangeva di gioia, proprio come Elisabeth, che l’abbracciò con forza, come un boa che stritola la preda, e che gridava talmente forte da poter rompere un bicchiere di cristallo. Soltanto ora riconobbe Beatrice, vicino al letto, e J. e Laura sulla porta. Nemmeno il tempo di dire qualcosa che altra gente entrò nella cella, intrappolandola in un abbraccio di gruppo.
Francesco le scompigliò i capelli, Marco le diede delle pacche sulla schiene, Alberto le diede dei baci sulle guance e, quando finalmente la liberarono dall’abbraccio, altri Agenti le strinsero la mano.
- Insomma, lasciatela respirare! - esclamò Marco, allontanando tutti eccetto Matteo. Il Lumpa-lumpa le diede una pacca sulla schiena - Complimenti 33, adesso sei tu la Direttrice -
Sorrise e scosse la testa - No, ti sbagli -
A quelle parole, alcuni dei presenti si zittirono, altri iniziarono a borbottare tra di loro.
- Se stai pensando al testamento distrutto - intervenne J. - Io ho una seconda copia. La Direttrice me l’aveva consegnata qualche giorno prima di morire -
- No, non mi riferivo a questo -
- Allora di cosa stai parlando? - domandò Beatrice.
Lanciò un sospiro - Non importa se c’è un’altra copia del testamento della Direttrice, perché io non voglio essere a capo dell’Agenzia - rispose, zittendo quei pochi Agenti che iniziarono ad esclamare qualcosa alzando semplicemente una mano - E il motivo è semplice: il motivo è che sono stanca di essere una cacciatrice, stanca di tutto il male che ho inferto e subìto, stanca di vedere le persone che amo morire davanti ai miei occhi o tra le mie braccia. Voglio finalmente vivere una vita normale, continuare gli studi, divertirmi con i miei amici - disse, lanciando un sorriso ad Elisabeth, puntando poi lo sguardo verso il fidanzato - Ed avere una famiglia -
Dopo alcuni attimi di silenzio ed un lungo “oh” lanciato da Elisabeth, J. guardò prima i presenti, poi lei - E chi prenderà il comando al tuo posto? -
- Dato che l’Agente 2 è nell’impossibilità di assumere il comando - disse, facendo ridere i presenti nella stanza - Cedo il mio posto all’Agente 3. So che è una persona in gamba e che guiderà l’Agenzia meglio di me -
Si alzò in piedi, prese Matteo per mano e, fregandosi di indossare solo una veste bianca, uscirono dalla cella, seguiti a ruota da Elisabeth.
Era questo quello che voleva: una vita senza demoni o cattivi da uccidere, una vita accanto alle persone che amava più di ogni altra cosa al mondo. Ora era Angelica, solo Angelica, e non più una Demons Hunter.
- E adesso? - le domandò Matteo.
- Adesso cosa? -
- Cosa facciamo? -
Scoppiò a ridere - Ma che domande mi fai? È ovvio, no? -
Il fidanzato le lanciò un’occhiata, pensando se quella reazione fosse dovuta ai possibili danni causati dalla brevissima morte - No -
- Prendiamo una pizza! Sto morendo di fame - disse portandosi le mani alla pancia che brontolava - Mangerei una mucca se potessi -
- No, no! Prendiamo una pizza e chiamiamo gli altri! - esclamò Elisabeth saltandole sulla schiena.
Sorrise, continuando a camminare portando l’amica senza difficoltà. Ora, finalmente, era libera di stare con i suoi amici e con Matteo.
La sua vita cominciava soltanto ora.
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