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Autore: Spring Dania    09/08/2011    2 recensioni
Riprese il telefono e il giornale, poi digitò nuovamente il numero di Sakura e attese.
Il numero della persona chiamata potrebbe essere spento o non raggiungibile.
Sasuke cercò di mantenere la calma: magari le si era scaricato il telefono proprio mentre stava andando a cercarlo.
No.
Sakura non era esattamente il tipo che si faceva scaricare il cellulare giusto prima di un appuntamento con lui.
L’opzione chiamata era fallita perciò l’alternativa che gli restava era andare a cercarla.
Dove poteva trovarsi?
Hinata gli aveva detto che Sakura era uscita di casa per andare a cercare lui: questo significava che si era diretta specificatamente da casa sua in direzione dell’istituto.
Aspettò.
Il ragionamento di Sasuke non faceva una piega, sicuramente le cose erano andate in quel modo.

La storia di Naruto in un universo alternativo.
L'amore segreto per Naruto di una timida compagna di classe, Hinata, la serrata silenziosità di Sasuke e il suo irremovibile desiderio di vendetta.
Pairing: Naruto/Hinata, Sasuke/Sakura, Kakashi/Anko e molti altri.
Fanfiction ripresa dopo anni di pausa... perdonate perciò la differenza di stile tra inizio e fine.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Asuma/Kurenai, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
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Sì ragazzi, dopo veramente tanto tempo sono tornata.

Mi dispiace veramente tantissimo di avervi abbandonati a storia iniziata ma purtroppo ho attraversato una fase molto critica che, per fortuna, ho superato da diverso tempo ma che mi ha privato del respiro giusto per scrivere non solo questa storia ma tutto quello che ero riuscita a elaborare prima di avere questa crisi.

Un saluto speciale va ad Inu_Kagghy, Beckill e bambi88.

Spero che mi perdoniate e che torniate a seguire la mia storia, farò di tutto per farvi viaggiare con le mie parole.

 

Capitolo 7

Non dirò una parola

 

Everyone needs love…

You know that it's true,

someday you'll find someone…

That'll fall in love with you

but oh the time it takes;

When you're all alone

someday you'll find someone…

That you can call your own

but till then ya better...

 

My Michelle – Guns N’Roses

 

“Uffa, quanto vorrei che tu fossi qui.”

Sapere di aver rischiato la vita non sembrava tangerla minimamente; sapere che Ino, che nella sua vita aveva un tempo ricoperto un ruolo importante, si fosse preoccupata per lei evidentemente non era abbastanza.

In quel momento gli occhi verdi di Sakura, fissi sul soffitto di norma bianco adesso incupito dal buio della notte, non volevano saperne di chiudersi, per andare ad ammirare i mondi inesplorati nel profondo della sua anima; si limitavano a disegnare quelli già conosciuti proprio su quel soffitto all’apparenza anonimo, a colorare il supporto del lampadario di metallo con mille colori, a modificare lo sguardo di quei personaggi famosi stampati sui poster appesi nella sua camera unicamente con quei profondissimi occhi neri, neri come quella stessa notte illuminata solo dalla luce di qualche lampione che filtrava attraverso le aperture della persiana.

Era bello sapere che qualcuno si fosse preoccupata per lei, soprattutto sapere che ad averlo fatto fosse stato Sasuke, anche se Rock Lee aveva decisamente dimostrato di essere una persona su cui poter contare.

Il solo ricordo del ragazzo che la riportava a casa da sua madre (che aveva strillato con leggero terrore vedendola con alcune abrasioni e i capelli falciati) la fece sorridere e sospirare con emozione.

Rock Lee non aveva riportato gravi lesioni ma anche lui era stato accompagnato a casa sua con il sostegno di Naruto che si trovava fuori dalla palestra al momento dell’aggressione dei due ragazzi.

Sakura non sapeva che anche il suo amico da capelli biondi in quel momento stava guardando fisso il soffitto della sua, di camera.

Lui però non sognava come lei, non riusciva a capacitarsi di quanto fosse stata fortuita la situazione: se fosse stato lui ad accorgersi per primo che Sakura stesse tardando, l’idea di entrare per vedere cosa stesse succedendo sarebbe stata sua, anche se non era molto sicuro che la sua abilità di mettere al tappeto quei tre delinquenti sarebbe stata pari a quella di Sasuke.

Il suo disappunto si manifestò nei giorni successivi, quando vide Sakura moltiplicare le sue attenzioni nei confronti del giovane Uchiha, che però comunque non sembrava particolarmente preso.

Era come se qualcosa lo preoccupasse, come se tutto ciò che gli accadesse attorno fosse solo un superfluo filo scucito dal ricamo accurato del grande arazzo dell’insieme.

Di ciò se n’era perfettamente accorto il professor Hatake che, alla fine dell’ora di storia precedente la ricreazione di un caldo mercoledì di aprile, si era rivolto a lui con curioso interesse.

Sasuke, va tutto bene?”

Sasuke si era tolto la giacca della divisa e si era snodato leggermente il nodo della cravatta.

“Tutto bene, professore.”

La voce non tradì la stanchezza che invece si poteva percepire di fronte alla scompostezza nel vestiario del ragazzo; tuttavia Kakashi non desistette nel suo intento e continuò a rivolgersi a Sasuke.

“Socrate diceva: le parole false non solo sono cattive per conto loro, ma infettano anche l’anima con il male. Non mi voglio fare i fatti tuoi ma se c’è qualcosa che ti turba, sappi che puoi parlarne. Io qui non sono solo una macchina di voti e nozioni che scalda una sedia.”

Il ragazzo fece un cenno di assenso senza dire una parola, come per dire che aveva capito.

 

“Due onigiri e una Sprite, per cortesia…”

Hinata pagò ciò che aveva appena ordinato per poi indietreggiare dal bancone con andamento incerto. Si guardò intorno con il suo sguardo grigio chiaro e prese a camminare lungo il corridoio del primo piano della scuola in direzione della classe.

“Ehi Hinata! Dimmi che c’è ancora qualcosa da mangiare!”

Kiba! Beh, si… qualcosa è rimasto ma vai subito.”

“Mi fai compagnia? Quella demente della Mitarashi mi ha trattenuto per mezza ricreazione per farmi vedere il compito di arte e non sono riuscito a venire subito.”

“Com’è andata?”

“Bene dai, 85 anche se poteva andare meglio. E a te?”

“S-s-sono sicura che potrai prendere di più… io ho preso 95.”

“Bravissima! Ero sicuro che ti fosse andato benissimo, però mentre che c’era poteva metterti 100.”

Hinata arrossì. “Non è un problema…”

Quando si furono avvicinati al bancone, Kiba uscì dei soldi dalla tasca. “Mi dà due tramezzini e una mezza minerale.” Poi si voltò di nuovo a guardare Hinata. “Sì ma a te piace l’arte. Non volevi diventare architetto?”

“S-s-si… mi piacerebbe. Ma bisogna vedere cosa vuole mio padre… vorrebbe che studiassi legge per portare avanti l’attività del suo studio legale…”

Hinata abbassò lo sguardo.

Kiba la guardò per qualche secondo: e già, non ci aveva pensato… Hyuuga era un ricco bastardo.

“Ma la vita è tua, non di tuo padre… e tu hai ancora tante cose da imparare, da vedere, e se tu lo vuoi non sarà di certo un manuale di Diritto Privato a segnare per sempre la tua esistenza.”

Si erano fermati a pochi passi dalla soglia della loro classe, dove ancora qualcuno stava facendo lo spuntino o, come Shino, si portava avanti nei compiti.

Kiba, mi serve assolutamente il tuo quaderno di Giapponese Antico! Choji ha versato sul mio la salsa di soia del suo piatto di tonno e adesso non si legge più niente! E Morino oggi mi interrogherà sicuramente, sono rovinato! Sakura non mi vuole dare il suo perché dice che anche lei è senza voti!”

Forse una persona che camminava dall’altra parte della città non aveva sentito per poco le urla di Naruto che, alla loro vista, aveva scavalcato alcuni banchi con un paio di manovre poco delicate ed era uscito dalla classe.

Kiba mise le mani avanti agitando il tramezzino che stava trangugiando. “Che cosa?! È proprio un idiota, ti presterei il mio quaderno ma l’ho lasciato a casa perché già ho il voto e non mi deve più interrogare!”

“E ORA COME FACCIO?!”

“Tranquillo, N-n-naruto… ti presto il mio… penso che n-n-non avrai problemi a capire la mia scrittura…”

Naruto puntò i suoi brillanti occhi azzurri su Hinata, che in quel momento stava tormentando la linguetta della lattina di Sprite che aveva bevuto mentre camminava con Kiba.

“Dici sul serio?!”

“S-s-si… certo… a me non serve…”

Aaaaaah! Hinata sei una vera amica, non so come farei senza di te!”

Naruto abbracciò la ragazza con un trasporto tale che fece smettere di respirare la ragazza e la fece diventare di un colore degli stessi toni di un pomodoro molto maturo.

Kiba assistette alla scena divertito, mentre il ragazzo biondo continuava a gioire per il colpo di fortuna.

“Insomma, potreste togliervi dai piedi?”

La velocità con cui le guance di Hinata sbiancarono, nell’udire quella voce, fu incalcolabile persino per Kiba che la stava guardando direttamente da diversi minuti; Naruto sembrò accorgersi del fatto che qualcosa non andasse quando vide che nella sua stretta soffocante la ragazza aveva cominciato a tremare.

“Sii più gentile la prossima volta.” Sbottò Naruto.

“Come se dei vostri stupidi problemi di scuola ne importasse qualcosa a qualcuno.”

Neji li superò con tre lunghi passi ed entrò in classe scuotendo la sua liscia chioma nera, gonfiando il petto e camminando spedito in direzione del suo banco.

La presenza incombente di Hiashi Hyuuga nella vita di Hinata, forse, non era un problema poi così grave.

 

Anko quella mattina non si era svegliata particolarmente di buon umore e ciò non era di certo una novità.

Messo piede fuori di casa, però, il suo sguardo diffidente si era rilassato in maniera insolita e non era più disturbato dinanzi alla prospettiva di passare dieci ore della sua giornata presso la Leaf High School.

Aveva camminato in direzione della fermata della metro, posta di fronte al palazzo in cui si trovava il suo coloratissimo appartamento, quando un cespuglio di capelli argentei aveva colpito la sua attenzione.

Kakashi?”

“Ah ma allora il mio nome te lo ricordi.”

“Ma che ci fai qui?!”

“Mi trovavo nei paraggi. Vuoi un passaggio?”

Kakashi fece un cenno al suv su cui stava poggiato e il cui colore era uguale a quello dei suoi capelli. Anko inarcò un sopracciglio.

“È un BMW, vero?”

“Colpito e affondato.”

“Quando l’hai comprato?”

“La settimana scorsa ma me l’hanno consegnata ieri pomeriggio perché il colore era troppo richiesto e dovevano portarla al concessionario.”

Anko alzò il capo in segno di sorpresa e approvazione e si avvicinò all’automobile, facendo segno che aveva intenzione di salire.

“E come mai così in orario?”

“Volevo scatenare la tua invidia di fronte al mio nuovo acquisto dunque non mi è risultato difficile arrivare qui senza incappare in imprevisti di qualsivoglia tipo.”

“Certo, non andando a piedi è difficile incontrare vecchiette armate di spesa o incapaci di attraversare la strada.”

Kakashi si grattò la testa sorridendo stupidamente e aprì la portiera sinistra dell’auto, facendo segno ad Anko di salire. “Dopo di lei.”

Anko fece una smorfia ma obbedì, dopodiché Kakashi occupò il posto di destra e mise in moto per andare a introdursi lungo la strada, alla volta del liceo.

“E questi?” la donna non aveva fatto in tempo ad allacciare la cintura che aveva già notato sul cruscotto una pila di libriccini tutti dello stesso autore e dai titoli incentrati sulla stessa tematica.

Il paradiso della pomiciataLe tattiche della pomiciataLe violenze della pomiciata… questo Jiraiya non ha niente di meglio da fare che scrivere queste sciocchezze? TU non hai niente di meglio da fare che leggerle?”

“Ognuno ha i suoi passatempi.”

“Sì certo, come no?” Anko prese i tre libriccini e li squadrò con curiosità innata.

“Se vuoi te li presto.” Esordì Kakashi con lo stesso stupido sorriso.

“Non ci contare!” Anko li rigettò sul cruscotto ma l’impatto fece sussultare uno dei tre libri dal quale cadde un nastro con su cucita una targhetta su cui era incisa una piccola foglia.

“Ma questa…?”

Anko non ebbe il tempo di formulare alcun pensiero, dato che Kakashi aveva velocemente sfilato l’oggetto dalle mani della collega per riporlo all’interno della giacca.

“Questa non è affar tuo.”

“Ma quella foglia, io lo so cos’è!”

“Ed è meglio che non ne parli qui.” sbottò Kakashi. “Scendi, siamo arrivati.”

Anko non poté non protestare ma quel pensiero la tormentò per tutta la mattinata, tanto che non ebbe nulla da obiettare nemmeno di fronte al fatto che il compito di Naruto Uzumaki fosse sufficiente e per niente al livello dei compiti di altri suoi compagni di classe.

Anzi, si ritrovò persino ad assegnare un pari voto ai compiti di arte dei due cugini Hyuuga nonostante quello svolto da Neji fosse scritto in maniera decisamente più articolata rispetto a quello di Hinata e niente sapendo che avrebbe potuto gettare le basi di una vera e propria guerra.

 

“Dannazione, questo sudoku non ne vuole proprio sapere di risolversi.”

Shikamaru Nara odiava la scuola.

Odiava aspettare l’auto del padre alla fine delle lezioni davanti al cancello della scuola.

Odiava lo sport.

Odiava qualunque cosa che richiedesse un minimo di impegno.

E decisamente gli piaceva il sudoku, gli piacevano gli scacchi, gli piaceva lo shouji. Ma odiava quei momenti in cui ciò che gli piaceva rischiava di farsi impegnativo e odiava se stesso poiché non era in grado di lasciarsi andare alla stessa pigrizia che lo attanagliava di norma durante il resto della giornata.

Una volta aveva letto una di quelle riviste di scienza e miracolosamente aveva scoperto di soffrire di una malattia chiamata pigrizia nevrastenica. Il nome di per sé poteva risultare contraddittorio ma la verità era quella.

Shikamaru era perfettamente in grado di innervosirsi ogni qual volta gli si presentasse un intoppo, qualcosa di imprevisto che richiedesse in qualche modo ulteriore fatica.

E in tutto questo detestava amaramente chiunque osasse intromettersi tra la sua fatica e la sua pigrizia.

“Serve una mano?”

Le mani del ragazzo si poggiarono sul muretto tempestato di muschio della scuola e i suoi occhi si sollevarono in direzione della voce che si era appena rivolto a lui, una voce femminile mai sentita e il cui tono sostenuto era ben lontano da quello stridulo e talvolta irritante della voce di Ino Yamanaka.

La proprietaria di quella voce era una ragazza che forse aveva un anno in più di lui e dei voluminosi capelli biondo cenere, legati in quattro code bizzarre.

“No.”

“Dai, fa vedere.”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio.

“Faccio da solo.”

La ragazza mosse le dita della mano destra perentoriamente.

Shikamaru sbuffò e consegnò il ritaglio di giornale e la matita con la quale aveva tracciato i numeri, sperando vivamente che non fosse in grado di risolverlo.

La ragazza impugnò la matita con fare pratico e sbruffone, guardò il riquadro di ottantuno caselle e cancellò diversi numeri per poi scriverne altri. Infine fece un sorriso scaltro e arrogante.

“Era più facile del previsto.”

Shikamaru le strappò di mano il foglio e osservò i numeri. La soluzione quadrava.

“Non ti avevo chiesto di risolverlo, hai insistito tu.”

“Puoi sempre rifarlo.”

“Non ci proverò la stessa soddisfazione.”

“Siamo permalosi. Come ti chiami?”

“Fatti i fatti tuoi.”

“Io lo so chi sei, sei Shikamaru Nara, quello del primo anno che si è iscritto alla gara di matematica dell’istituto.”

Shikamaru stavolta aggrottò entrambe le sopracciglia.  “Ma di che t’impicci…”

“Di niente, sono solo felice di notare che un mio possibile avversario che rischiava di strapparmi la nomina di vincitrice più giovane degli ultimi dieci anni non è poi così bravo come sembra.”

Le palpebre di Shikamaru si socchiusero leggermente. “Ma chi sei, razza di strega?”

La ragazza si poggiò le mani sui fianchi e sorrise con fare denigratorio.

“Sono Temari, del secondo B.”

 

Now you're clean

and so discreet…

I won't say a word

but most of all this song is true

cause you haven't heard

so c'mon and stop your cryin'…

'Cause we both know money burns

honey don't stop tryin;

and you'll get what you deserve…

 

My Michelle – Guns N’Roses

   
 
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