Mystic Falls, 5 Maggio 2011
«Eccovi tutti qui, pronti a partire!» Klaus era di nuovo lì, con il suo solito sorriso sghembo ma sexy che ti invitava a baciare quelle labbra perfette.
Nessuno fiatò, semplicemente lo seguimmo tutti verso la macchina che aveva parcheggiato davanti al pensionato. Una sagoma si intravedeva dentro la macchina contro la luce dell'alba. Non appena lo sportello si aprì, Katerina si voltò con uno sguardo cupo, triste e pieno di dolore. Mai l'avevo vista così ma capivo: ora era con Klaus, sotto le sue torture e suoi ordini.
Non la salutai, non avrei potuto essere felice di vederla data la situazione. Ma qual'era la situazione? Insomma eravamo in una macchina, diretti in un nuovo posto sconosciuto, come se Klaus avesse bisogno di ognuna delle persone in quella macchina per compiere qualcosa di importante, sia per lui che per qualcun altro. Ma chi? Klaus pensava solo a se stesso, non aveva senso tutto quello che vedevo nei suoi occhi: una voglia immensa di vita! Lui disprezzava la vita più di qualsiasi altra cosa al mondo, la toglieva agli altri, perchè doveva volerla per se?
«Eleonora, concentrati su quello che stanno provando!» mi disse l'ibrido al volante. Le facce perplesse delle persone il quella macchina iniziarono a fissarmi. Solo Stefan rimaneva impassibile con lo sguardo fuori dal finestrino, cercando di spegnere i sentimenti, eliminare il dolore che continuava a vagargli in corpo come tanti piccoli aghi che si infilavano della sua pelle, ma non ci riusciva, il dolore combatteva per rimanere. Mai mi era capitato di vedere una cosa del genere: la vera natura di un vampiro che veniva sovrastata dalla sua umanità.
Posai la mia mano sul ginocchio di Stefan come per dargli conforto anche se riconoscevo che non era di grande aiuto quella mia piccola inutile azione.
Mi concentrai su Katerina: non c'era niente da dire se non che ora aveva paura. Era logico, era con Klaus, l'unica cosa che realmente la terrorizzava dopo l'amore. Perchè anche lei, sotto tutta quell'acidità apparente, aveva un cuore che aveva bisogno di legarsi a qualcuno ma la vampira lottava ogni singolo giorno per sopprimere questa voglia.
Damon sedeva accanto ad Elena e le teneva la mano: non aveva paura per se stesso, non gli importava se il posto dove Klaus lo stava portando era l'inferno, temeva per la fragile umana che ora aveva solo voglia di urlare, di tornare indietro nel tempo, al primo giorno con Stefan, e rifare tutto quello che aveva fatto fino al quel momento. Damon questo lo sapeva, lo percepiva ogni volta che le sfiorava la mano, quella mano che non sarebbe mai stata sua, mai. Quella mano che desiderava con tutto se stesso e che avrebbe solo potuto immaginare stretta alla sua. La mano di Elena.