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Autore: Kokato    09/08/2011    1 recensioni
“Non è bellissimo?”.
“Cosa?”.
“Il sangue”.
“Non ci ho mai pensato”.
“Mi hanno detto che è prezioso…”, rise, tagliandosi nuovamente la carne. “Le persone non vivono senza”.
“Così mi hanno detto”.

Kakuzu x Hidan, raccolta di flashfic di 500 parole.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hidan, Kakuzu | Coppie: Kakuzu/Hidan
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Più contesti
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3 - Competizione

 

Kakuzu disapprovava i metodi lavorativi di Hidan in maniera silenziosa ma inequivocabile. Nello specifico, quando il ragazzino provava ad interrogarlo su cosa ne pensasse del suo operato, quello si limitava a bofonchiare suoni senza significato, prima di continuare per la sua strada come se niente fosse. Hidan era certo di essere molto più efficiente di lui, e provava a dimostrarglielo con una foga talvolta eccessiva.

I suoi riti erano lunghi e spettacolari, indicibilmente sanguinosi. Kakuzu sedeva da qualche parte con i suoi libri contabili, con l’esasperazione nei gesti misurati.

“Guarda la vera arte dell’uccisione ispirata dal Divino Jashin, miscredente!”. Kakuzu, alzava un sopracciglio, senza rispondere, o muovendo il capo nel tentativo di mimare una risposta qualunque. Contò quanti altri lavori avrebbero potuto portare a termine nel tempo che quell’idiota impiegava per le sue stupide danze tribali e meditazioni insensate su chissà quale legge divina, puntando di tanto in tanto lo sguardo sulla nuca bianca del suo compagno.

Chiunque altro avrebbe detto che, perlomeno, erano eleganti ed esteticamente godibili. L’aria gli danzava attorno, quasi fondendosi con la sua pelle… ma a lui non interessava. Lo constatava, lo ammetteva, ma rimaneva il fatto che era un uomo d’affari che non ha tempo per nessuna cosa, sia essa bella o brutta.

Hidan era leggiadro e lento, bianco e pesante come un bambino da trascinare via da dove vuole stare.

“Vecchio, vediamo chi ne ammazza di più!”, disse, indicando il piccolo esercito di un ricco mercante che un rivale in affari aveva chiesto loro di far fuori, per una considerevole cifra.

Se era la competizione a renderlo più veloce, Kakuzu non si sarebbe tirato indietro. Si era preparato al combattimento respirando profondamente per un solo, singolo secondo, dopo il quale si era già sentito impaziente.

Hidan, nella convinzione di essere invincibile, detestava dipendere da lui. Gli tagliarono la testa con un colpo ben assestato, e dopo pochi secondi era già lì ad urlargli di riattaccargliela.

“Bastardo, così non vale!”.

Si diresse verso di lui con in spalla il suo corpo, sedendosi lì vicino, con espressione neutrale. Il suo volto in quel frangente era sempre uno spettacolo penoso, sembrava la testa di una bambola staccata da una bambina capricciosa. Intorno i soldati agonizzavano nel sangue, morti o vicini alla morte. Kakuzu non si sentiva vittorioso.

Hidan fece urla strozzate prive di gola, vibrando.

“Mi fai perdere tempo, ragazzino. Dovrei lasciarti qui”.

“Il tempo dedicato a Jashin non è mai perso!”.

“Sì, come vuoi. Chissà se il tuo Jashin ti riattaccherà la testa sul collo al posto mio”.

Il sangue colava dal collo reciso. L’espressione nel viso giovane mutò due o tre volte, dall’arrabbiato all’implorante e viceversa.

“Aiutami, vecchio”.

Se avesse voluto dare un nome a ciò che aveva provato in quel momento lo avrebbe chiamato senso di trionfo. Ma non su quel ragazzino bianco e sbraitante, che la vana fede e l‘immortalità rendevano insopportabile.

Sorrise, senza che lui stesso se ne accorgesse, mentre gli accarezzava la testa.

   
 
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