Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Irine    10/08/2011    1 recensioni
La mia vita scorreva tranquilla, era semplice, normale, a volte anche un po’ noiosa, ma mi piaceva, mi lasciavo condurre da essa.
Finché non è arrivato lui. Quel ragazzo. Il ragazzo con gli occhi del mare, colui che mi ha fatto tornare indietro, in un mondo sconosciuto, nel quale avevo vissuto in passato.
Non ricordavo niente del mio passato, della mia vita prima di compiere sei anni.
Più cercavo di far luce su quel periodo, più la mia mente si confondeva.
Non avrei mai immaginato che fosse tanto cruento, tanto orribile.
Ma d’altronde, non avrei neanche mai immaginato che dopo dieci anni, il mio passato sarebbe tornato a cercarmi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ero io. Quella bambina ero io. I suoi occhi saettarono nei miei e mi trapassarono con il suo sguardo. Erano i miei occhi. Mi toccai il volto con la mano dolorante, per poi subito riabbassarla, non riuscendo a sostenerne il peso. La bambina nello specchio fece lo stesso, imitando il mio movimento maldestro. Ero io, non c’erano dubbi. Mi guardai nuovamente le mani, erano piene di sangue, ma adesso feci caso anche ad un altro particolare, erano piccole. Molto più piccole delle mie, si vedevano che erano le mani di un bambino. Mi guardai i piedi, erano circa la metà della mia attuale misura. La sconvolgente sorpresa mi paralizzò del tutto, facendo passare in secondo piano il dolore della gamba. Ma cosa significava? Perché ero in quello stato? E soprattutto perché ero tornata bambina? Ero proprio sicura di non stare sognando? Era stupido pensarlo, ma era l’ipotesi più plausibile. Cercai di riordinare le idee.
Mi guardai di nuovo in quello specchio, avevo sei anni. Forse era questo ciò che mi era successo prima che i miei genitori mi trovassero, forse era per questo che ero finita in ospedale, e forse era per questo che avevo perso la memoria in seguito a questo episodio. Sembrava che le cose cominciassero a tornare, c’era solo un piccolo problema; come mai ero tornata bambina? E come ero arrivata lì? E soprattutto chi era stato a ridurmi così? E perché poi? Forse ero riuscita a capire qualcosa, ma adesso avevo ancora più dubbi di prima.
Mi avvicinai allo specchio e poggiai la mano su di esso. Le due mani combaciavano. La mia mano scivolò a terra lasciando una scia di sangue sullo specchio.
Ma che mi stava succedendo? Non ne potevo più di non capire nulla. Ero stanca di non sapere la verità.
I miei occhi cominciarono a chiudersi, ero anche stanca di lottare per niente. Lasciai che le forze mi scivolassero via e che il sonno mi avvolgesse.
E in quel momento un fascio di luce mi accecò.
Chiusi gli occhi e non sentii più nulla. Percepii solo che il mio corpo veniva sollevato da terra, staccandosi dal suolo, e che veniva trasportato chissà dove.
Passarono minuti interminabili, che sembravano ore e forse lo erano davvero, mi lasciai travolgere dall’oscurità e tutto si fece buio.
E a quel punto mi svegliai.
Sollevai la testa confusa e agitata. Faticai a capire dov’ero, finché non mi accorsi che mi trovavo nella mia camera. La prima cosa che feci fu guardarmi le mani e le gambe. Erano bianche come sempre, nessuna traccia di sangue, ma soprattutto erano grandi. Erano le mie mani. Il dolore alla gamba era sparito, e anche i dolori che fino ad un attimo fa mi avevano avvolta. Mi alzai dal letto tremolante e andai in bagno, mi guardai allo specchio e vidi il mio volto, il mio volto normalissimo e non quello di quando ero bambina. Non capivo, davvero era stato tutto un sogno? Davvero avevo solo immaginato tutto?
Tornai nella mia stanza, non c’era niente di diverso dal solito, ma in realtà tutto era cambiato.
Mi sedetti sul letto più confusa e spaventata che mai, era solo un sogno quindi, eppure sembrava così reale . . .
Guardai la sveglia, erano le undici e mezzo. Probabilmente i miei genitori erano andati via la mattina presto e non mi avevano svegliato, e comunque non ero dell’umore adatto per andare a scuola.
Poi sentii dei colpi. Dei colpi forti ed energici alla porta. Chi poteva essere a quest’ora? Corsi, per uscire dalla stanza, ma nella fretta inciampai nel mio zaino, cascando a terra. Imprecai a bassa voce, liberai il mio piede e presi la cartella gettandola in un angolo della stanza. Probabilmente ci avevo messo un po’ troppa energia perché dallo zaino, che era aperto, uscirono fuori tutti i libri. Sospirai e cominciai a raccoglierli, con molta calma, cercando di non sfogarmi sui miei libri. Anche se, dopo quello che era successo, non sarebbe stata una reazione così spropositata. Chiunque fosse alla porta avrebbe dovuto aspettare un po’. Mentre risistemavo i libri, in mezzo agli altri vi trovai “Persuasione” di Jane Austen. Me ne ero completamente dimenticata. Lo avevo messo in cartella, ma poi avevo completamente rimosso il libro dai miei pensieri. Se ripensavo a quello che era successo in così pochi giorni mi sentivo male. Presi il libro e scesi giù di corsa. Intanto dai colpi alla porta, la persona misteriosa era passata al campanello. Sorrisi. Dietro a quella scampanellata poteva esserci solo una persona. Ingoiai la paura, per cercare di celarla, ma non fu facile. Aprii la porta e vi trovai Laila. Appena mi vide mi abbracciò.
- Grace, sei viva. – mormorò, sempre abbracciandomi.
- In che senso sono viva?
- Perché non sei venuta a scuola? – domandò furiosa. – Credevo ti fosse successo qualcosa, sono venuta qui, ho suonato per mezz’ora, e tu non aprivi, insomma mi hai fatto prendere un infarto! – a quel punto fu costretta a interrompere la sua sfuriata per riprendere fiato.
- Laila, calmati.
- No, io non mi calmo. – poi chiuse gli occhi e fece un gran respiro. – Grace, scusa, non sarei dovuta piombare così a casa tua come un tornado, ma ero così preoccupata . . .
- Tranquilla. – la rassicurai. – Mi piacciono i tornadi. – dissi con un’inaspettata calma.
- Beh, visto che ormai sei qui, entra no?
Lila sgusciò dentro casa, richiudendosi la porta alle spalle.
- Beh, allora come va?
- Bene. – risposi.
- Toglimi una curiosità, Laila, ma tu non dovresti essere a scuola?
- Oh beh, non è difficile fingere di stare male, perciò . . . – Scoppiai a ridere. Ma la mia risata si spense ben presto ripensando alla notte prima.
- Laila, a scuola hai visto Christine? – dissi quasi urlando.
- Christine? Umh . . . no non mi pare.
- Vuoi dire che non era a scuola? – stavolta urlai davvero.
- Non lo so, se c’era non l’ho vista. Ma che hai?
- Niente. – ero preoccupata e nervosa, ma se volevo che Laila restasse fuori da questa storia dovevo riuscire a rasserenarmi, o perlomeno fingere di essere serena.
- Che stavi facendo? – chiese Laila per spezzare il silenzio.
- Intendi dire prima che tu arrivassi e mi fondessi il campanello?
- Spiritosa. – solo allora mi ricordai di avere ancora tra le mani il libro che avevo preso per mia madre.
- Devo portare questo nello studio di mio padre. – dissi, mostrandole il libro.
Ci incamminammo verso lo studio, ma poi mi bloccai. Ricordavo bene quello che era successo l’ultima volta. E non volevo che si ripetesse, specialmente davanti a Laila; lei era talmente brava a capirmi che appena avesse visto che non stavo bene, mi avrebbe fatto l’interrogatorio.
- Beh? – domandò Laila, davanti alla porta dello studio, vedendo che non la seguivo. Mi feci coraggio e sperai tanto che non succedesse niente.
- Arrivo. – mormorai.
Rientrare nello studio mi fece uno strano effetto. Non so dire se negativo o positivo, so solo che sarebbe stato meglio se non ci fossi entrata.
Appena varcata la soglia della stanza alcune parole rimbombarono nella mia testa:
 
Torna indietro” “È la tua ultima possibilità, torna indietro”.  
 
Mi guardai intorno inquieta, ma a parte me e Laila non vidi nessun altro. Rabbrividii. Non capivo se era il mio istinto che mi suggeriva cosa fare o se era quella voce esterna, che avevo già sentito la notte prima. In entrambi i casi quelle parole non presagivano nulla di buono.
Poggiai il libri su uno scaffale della libreria, con molta delicatezza, temendo che tutta la libreria potesse cascarmi addosso, tanti erano i libri che vi erano sopra.
E fu a quel punto che la avvertii.
Una forza, stranamente potente mi controllava e guidava i miei gesti, senza che io me ne rendessi conto. Sentivo che dovevo seguirla, che non potevo fare altrimenti. La forza mi spingeva verso un unico punto, contro la parete del muro; strinsi con forza lo scaffale della libreria, per riuscire a controllarmi. Sapevo di avere lo sguardo preoccupato di Laila puntato addosso, sentivo i suoi occhi che mi scrutavano e cercavano di capire cosa stava succedendo, senza trovare una soluzione.  Corse verso di me.
- Grace, come stai? – la sua mano mi sfiorò la spalla, ma non ci badai. Fissai il punto del muro verso la quale quella forza mi spingeva.
Torna indietro. – c’era scritto. In quel momento realizzai.
- Torna indietro. – mormorai ricollegando tutti i pezzi del puzzle. Ecco cosa significavano quelle parole.
- Cosa? – domandò Laila.
- Devo tornare indietro. – sussurrai. – Laila io . . . io devo andare.
- Grace ma che dici? – era sull’orlo delle lacrime.
E a quel punto crollai. Le raccontai tutto. Tutto quanto. Dello studio, della voce, dei sogni inquietanti e del libro.
- Da quanto tempo?
- Un paio di settimane. – risposi, cercando di ricordare la data esatta in cui avevo cominciato a fare sogni strani.
Vedevo la sua mente stranita e allibita delle cose che le avevo appena rivelato.
- Laila, sono stata io. Ne sono sicura. Sono stata io a bruciare quel libro, non so come, ma so che la colpa è mia.
- Non è possibile.
- Io . . . non sono come te. – dissi cercando di convincerla. - Sono diversa e devo . . . devo capire il perché. Laila guardami. – alzò i suoi grandi occhi nocciola, che finora aveva tenuto fissi a terra, verso i miei.
- Devo scoprire il mio passato. E c’è un solo modo per farlo.
- E cioè? – senza rispondere camminai verso il muro, dove l’attrazione verso quella scritta, cresceva ogni secondo.
La scritta prese a brillare, esattamente come la prima volta. Lo sguardo di Laila passava da me al muro, incessantemente. Alzai una mano. La scritta scomparve e un fascio di luce inondò la stanza, formando un varco. Ero io a farlo? Ero io a provocare tutto questo? C’era solo un modo per scoprirlo.
- Grace . . . – sussurrò Laila con voce flebile. – ti prego. – mi voltai.
- Grace, ti prego, non te ne andare. – i suoi occhi erano inondati di lacrime.
- Laila . . . – mormorai, cercando di non piangere, ma non ci riuscii. – io . . . io devo scoprire chi sono, lo capisci vero?
- Sì, ma è pericoloso, non sai cosa succederà e poi . . .
Guardai Laila fissa negli occhi.
- Laila, se tu un giorno potessi incontrare tuo padre, non correresti il rischio e lasceresti tutto per incontrarlo? – domandai. Vidi Laila irrigidirsi. Merda. Avrei voluto mordermi la lingua, e rimangiarmi quello che avevo appena detto. Non aveva mai conosciuto suo padre, se ne era andato poco prima che lei nascesse. Per tutta la vita lei aveva desiderato incontrarlo almeno una volta, e io lo sapevo. Mi aveva sempre reso partecipe dei suoi sentimenti. Sapevo di averla ferita con le mie parole, e di essere stata molto sleale a tirare in ballo suo padre, ma non avevo scelta. Era l’unico modo perché lei capisse. Se c’era una cosa che desideravo, era la sua comprensione.
- Sì. – boccheggiò Laila.
- Laila, per favore dì ai miei genitori di non cercarmi.
Laila annuì, incapace di parlare. Anch’io non credevo alle mie stesse parole e alla mia stessa calma. Non sapevo dove mi avrebbe portata quel varco di luce, ma sapevo che mi avrebbe allontanata dalla mia casa, dalla mia vita. Ma questa non era la mia vita. La mia storia era un’altra, e io dovevo scoprirla. A qualunque prezzo. Anche se il prezzo fosse stato altissimo, almeno dovevo tentare. Ma ero davvero pronta ad abbandonare tutto? I miei genitori? Mia sorella? Tutti i miei amici? Ce l’avrei fatta a sopravvivere? In fondo non sapevo neanche dove stavo andando; ma quello che era successo negli ultimi giorni era troppo importante. E quello che era accaduto stanotte era la conferma. Sentivo, che stanotte, una specie di barriera si era rotta, ma non capivo altro. E non era solo per un motivo personale che me ne stavo andando. C’era anche Christine. Qualunque cosa le fosse successo, speravo che avrei trovato le mie risposte al di là del varco di luce. Per lei. Anche se non sarebbe servito a nulla andarmene, se ciò bastava a ritrovare Christine, andava bene. Glielo dovevo, per tanti anni mi aveva aiutato nei momenti più difficili. Ora chiedeva soltanto che io aiutassi lei. E lo avrei fatto.
Abbracciai Laila e lei ricambiò l’abbraccio. Ci stringemmo forte, fortissimo. Potevamo mentire a tutti, potevamo evitare di guardare in faccia la realtà, ma non potevamo a mentire a noi stesse.
Lo sapevamo entrambe; probabilmente non sarei più tornata.
- Ti voglio bene. – sussurrai, mischiando le mie parole con le lacrime.
- Anch’io te ne voglio. – mormorò Laila, che non riuscendo a trattenersi, piangeva  a dirotto.
Prima che fosse impossibile mi voltai verso il muro, e raccogliendo tutte le forze che avevo, mi costrinsi a non guardare Laila, perché sapevo che se lo avessi fatto non sarei più stata in grado di andarmene, e avanzai verso il varco di luce, che non aveva smesso un attimo di brillare.
Avrei voluto poter salutare anche la mia famiglia, e le persone alle quali volevo più bene; ma in forse era meglio così. In fondo era meglio che oltre a Laila non ci fosse nessuno. Non sarei stata in grado di affrontare i loro sguardi angosciati e preoccupati, e li avrei fatti solo soffrire di più. Un secondo prima di entrare nel varco, ripensai al viso di mia madre. La cosa più bella e più perfetta che avessi mai visto, ripensai a tutti i suoi abbracci e a tutte le sue carezze. Ripensai a mio padre, che tornava la sera e si sedeva sul divano, con il giornale sportivo in mano. Ripensai a tutto l’affetto che mi aveva dato, e a come insieme a mia madre, mi avesse accolta nella sua vita. I miei genitori non erano stati costretti a tenermi con loro. Non era stato loro imposto. Io ero piombata nella loro vita, da un giorno all’altro, e per quanto li riguardava potevano anche lasciarmi in ospedale; invece mi aveva portato con loro. Mi avevano sempre fatto sentire parte della famiglia, mi avevano fatto sentire amata. Non l’avrei più dimenticato.
Ripensai a mio sorella, a quante volte avevo litigato con lei, e a quante volte avevo creduto di odiarla, rendendomi poi conto che le volevo bene, come a nessun altro. Mi voltai. Guardai il volto di Laila per l’ultima volta, era devastato dal pianto, e il mio non doveva essere tanto diverso. Lasciai che la luce mi avvolgesse, nella sua luminosità.
Dapprima feci resistenza, poi sentii il mio corpo leggero, come se si smaterializzasse. La luce era calda come i raggi del sole. Portava calore e serenità. Lasciai che il calore mi avvolgesse, lo sentii filtrare attraverso la pelle; non avevo mai provato una sensazione di pace e di serenità come quella. Poi tutto si fece buio.
Mi lasciai andare e ritornai nel luogo dal quale ero arrivata dieci anni fa.

 
 
 Angolo Autrice
 
Ciao a tutti!!
Spero che il capitolo vi piaccia e che lascerete una piccola recensione, anche negativa.
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite, le preferite e le ricordate, e tutti coloro che leggono la storia in silenzio.
Ma un GRAZIE speciale alle ragazze che recensiscono!
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Irine