Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Baby Moonlace    11/08/2011    1 recensioni
Londra, diciannovesimo secolo. Alla giovane ladra Daphne viene pagata la cauzione proprio dall’affascinante ragazzo che l’ha fatta arrestare. In cambio, Blake vuole il suo aiuto in un’impresa a prima vista per niente attraente e anche molto pericolosa.
Mentre lei e Blake si fanno sempre più vicini, Daphne si trova suo malgrado coinvolta in una fitta trama di inganni e menzogne, che riportano alla luce vecchi interrogativi che si era da tempo imposta di ignorare e, assieme ad essi, nuove domande senza risposta.
Che cosa è lei veramente? Che cosa si nasconde dietro alla sua capacità di vedere il piccolo popolo? E qual'è il significato del marchio che porta sulla mano? Ha qualcosa a che vedere con la misteriosa morte di sua madre tanti anni prima? Cos'è la Gilda? E che interessi ha Blake in questa storia? Vuole davvero solamente sventare un complotto ai danni della regina, o ha una motivazione più profonda?
*Classificata terza al Contest Scacco Matto! indetto da Fe85*
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Blake entrò a palazzo a grandi falcate, furioso. Daphne sobbalzò quando fece irruzione nella sua stanza, fuori di sé. Il conte si accasciò su una poltrona, opposta a quella dov’era rannicchiata la ladra, che stava leggendo un libro.
“Insomma è andata bene”, commentò, osservando la furia negli occhi del ragazzo. Non lo aveva mai visto perdere il controllo in quel modo.
Blake strinse i pugni. “Sono stato un ingenuo, è ovvio che non mi crederà nessuno! Edmund farà di tutto per farmi passare per un pazzo, come ha fatto con Juliet”, disse concitatamente, parlando quasi con se stesso.
La ragazza strinse gli occhi. “Ci deve essere un altro modo.”
Blake scosse la testa. “No. È inutile, senza contare che io…” S’interruppe.
“Cosa?”
“Potevo ucciderlo, Daphne, era in mano mia. Potevo ucciderlo e solo Dio sa quanto volevo ucciderlo, eppure non ce l’ho fatta. Come posso pensare di sconfiggerlo con quest’atteggiamento?”
La ladra si alzò e gli si avvicinò. “Ehi, “quest’atteggiamento” si chiama onore, compassione. Chiaro? Il tuo sarebbe stato solo un omicidio, una vendetta. Tu non sei così.”
Blake alzò gli occhi verso di lei, nuovamente tranquillo. “Grazie, anche se non ne sono ancora convinto.”
Lei scrollò le spalle, “Di nulla. E poi… sono contenta che tu sia tornato illeso”, gli confessò, lasciando uscire un sospiro di sollievo che aveva trattenuto per ore e ore.
Lui le sorrise, anche se con rammarico. “Che importa tanto? Ormai Edmund sa di me, e il piano è fallito. Non c’è più nulla da fare.”
Si alzò, e si diresse verso la porta. “Puoi restare qui quanto vorrai”, la informò, e uscì silenzioso.
Daphne rimase a fissare la porta da cui se n’era andato, aspettandosi che da un momento all’altro tornasse con un piano di riserva. Ma non accadde. Si sentì spaesata. Era finito tutto? La loro intesa, la loro collaborazione… era quella la conclusione? Questo voleva dire che fra loro non c’era più nessun patto e che quindi era libera. Poteva finalmente andarsene, lasciare quel palazzo spaventoso e quel ragazzo così affascinante e spudorato. Poteva tornare alla sua vecchia vita.
Si avvicinò alla finestra e guardò il giardino scuro e pieno di erbacce. Si aggiravano molte fate, folletti e quant’altro fra l’erba. Si divertivano a strappare i fiori e alcuni tiravano i baffi delle guardie al cancello.
Daphne non voleva lasciare Blake. Ora capiva che non voleva tornare ad essere sola, a non parlare con nessuno, a non avere né amici né famiglia. A diffidare di chiunque e a nascondersi. Blake le aveva fatto capire che il mondo poteva essere migliore, e lei non avrebbe rinunciato a ciò che aveva ottenuto. Per lo meno, non avrebbe lasciato il giovane conte con quel finale scadente. Avrebbe trovato lei una soluzione, a costo di andare dal duca Lennox di persona.
Sobbalzò quando un folletto iniziò a picchiettare il piccolo pugno contro la vetrata. Indietreggiò spaventata e quello parve irritarsi. Era magrissimo, con le braccia e le gambe che parevano due ramoscelli, una foglia rossastra a fargli da vestito e due scarpe con la punta arrotolata. La testa era sproporzionata rispetto al corpo, le orecchie superavano la lunghezza delle braccia e il naso sporgeva quasi appuntito. Aveva gli occhi neri e sorridenti, una zazzera di capelli verdi scompigliati e un cappello di stoffa rossa con la punta piegata.
Batté nuovamente alla finestra e Daphne si schiacciò contro il muro, sperando che se ne andasse. Quello infine girò e se ne andò dalla finestra, rotolando giù. Non aveva le ali come le fate, perciò Daphne pensò che fosse caduto di sotto.
Sentì qualcosa tirarle il vestito e trovò il folletto che si era attaccato con una manina all’abito. Cacciò un urlo e tentò di scrollarlo via, ma quello si arrampicò lungo il vestito fino a raggiungere il corpetto.
“Ascolta Bwca!” Gridò con una voce sdoppiata. “Bwca vuole solo parlare con te.”
Daphne trattenne un altro urlo e guardò il folletto appollaiato all’altezza del seno.
“Bwca ha sentito il discorso fra il marito e il fratello di Faye”, le rivelò.
La ladra si domandò per quale motivo quel folletto chiamasse la sorella di Blake con il secondo nome. “Chi è Bwca?”
“Io sono Bwca e Bwca è disposto ad aiutarvi.”
Daphne era paralizzata. Pregava solo che sparisse in uno sbuffo. “Perché allora sei venuto da me e non da Blake?” Chiese irritata, con la voce tremante.
Quello gonfiò le piccole guance, afferrò il capellino ed iniziò a strizzarlo con le mani.
“Quell’umano una volta ha mangiato il formaggio che Bwca aveva preparato per la dolce Faye. Bwca non parla con quello”, rispose, infantile. 
Ci mancava solo il folletto permaloso. Prima che Daphne potesse chiedergli altro, Blake spalancò la porta ed entrò, guardando la stanza preoccupato. Subito il folletto si rannicchiò contro Daphne e squadrò il conte.
“Cos’è successo? Ti ho sentita gridare.”
Lei, infastidita, indicò la creaturina appesa al suo corpetto. Blake cercò qualcosa con lo sguardo.
“Cosa?”
“Non lo vedi?”
“Vedere cosa?”
“Questo folletto che sta attaccato al mio vestito. Dice di aver sentito la conversazione fra te ed Edmund e che vuole aiutarci.”
Il conte sorrise. “Fatti vedere piccolo.”
“Non vuole, dice che gli hai rubato il cibo.”
“Il formaggio! Ha mangiato il formaggio per la signorina Faye”, la corresse, arrabbiato.
Daphne lo ignorò.
“Ti chiedo perdono, sono certo che non l’ho fatto con cattive intenzioni.”
Il folletto voltò la testa testardo, ma alla fine si mostrò.
“Quindi hai sentito tutto? E saresti disposto a testimoniare davanti a Melinoe?”
Quello annuì.
Daphne alzò gli occhi, senza capire. “Di cosa state parlando?”
“Ho dimenticato di dirti, che Edmund mi ha fatto intendere che non ha intenzione di rispettare il patto fatto alla regina Melinoe. Se questo folletto ha sentito, potremmo portarlo davanti alla regina e fargli confessare quello che mi ha detto il duca. Il piccolo popolo non può mentire, perciò Melinoe gli dovrà credere per forza. A quel punto sono certo che interverrà, le fate sono molto crudeli con chi si prende gioco di loro.”
Daphne staccò delicatamente Bwca dal corpetto, ed il contatto con quella creaturina la fece rabbrividire. La posò sul letto a baldacchino e guardò Blake negli occhi.
“Sei forse impazzito? Tu vuoi andare da questa terribile, folle regina delle tenebre? Sei completamente ammattito? Solo il nome la dice lunga su di lei.”
Blake annuì lentamente, “Lo so. Ma non ci faranno del male se diremo loro la verità.”
La ladra strinse gli occhi. “Sei pazzo, io non ci vengo.”
Il ragazzo la guardò tristemente. “Non sei obbligata a venire.”
Lei incrociò le braccia. Non sarebbe mai andata a farsi ammazzare da quei mostriciattoli. Blake era davvero uscito di senno se credeva che lei sarebbe venuta.
“Saresti disposto a venire solo con me?” Domandò al folletto.
Quello sporse il labbro in fuori. “Bwca si sforzerà per la regina Melinoe.”
“Puoi portarmi alla corte delle tenebre?”
Annuì.
“Allora mi preparo subito. Ci muoveremo questa sera sul tardi.”
Guardò un’ultima volta Daphne, che si voltò indispettita. “Allora ti saluto adesso.”
Lei non si voltò. “Buona fortuna”, disse solamente.
Blake uscì.

Era giù nell’atrio. Aveva indossato abiti comodi, da borghese. Aveva al fianco un fioretto e al collo un pesante ciondolo di ferro. Bwca lo seguiva da terra, tenendosi lontano dal ferro.
La carrozza lo aspettava. Il folletto gli aveva rivelato che una delle entrate era a Hyde Park.
Uscì dal palazzo e si diresse verso la carrozza.
“Aspetta!” Gridò Daphne.
Blake si voltò, e la guardò correre e inciampare sul vestito, che poi raccolse con le mani. Lo raggiunse subito e riprese fiato. Il ragazzo non le staccava gli occhi di dosso.
“Vengo anch’io.”
“Oh, qualcuna non poteva resistere un attimo senza di me”, commentò malizioso.
Lei gli pestò un piede. “Taci una buona volta, vengo solo perché senza di me combineresti un disastro.”
Si aprì lo scialle e accolse il folletto dentro di esso, celandolo alla vista.
Blake non poté fare a meno di notare che era bellissima con quell’abito, e che era davvero felice che venisse con lui. Le aprì la portiera e la fece entrare per prima nella carrozza.
Così arrivarono a Hyde Park che era notte. Era una sera molto buia, una sera di luna nuova. Il folletto li guidò attraverso i prati e le radure, sopra un ponticello e accanto ad un piccolo lago.
Il parco di notte era spaventoso. Daphne ci era già stata, ma mai con il buio. Gli alberi sembravano minacciosi e contorti, e le ombre si muovevano repentine, facendole venire i brividi. C’era un silenzio irreale, si udivano solo versi di animali spauriti e il frusciare del bosco.
S’inoltrarono lì dove la vegetazione era più folta e avanzarono scostando rami e foglie. Bwca li fece fermare in una radura, coperta da un grande e antico salice piangente verde. Il folletto, ancora nascosto nello scialle, costrinse la ragazza ad avvicinarsi all’albero. Toccò con una manina l’enorme tronco in cui si aprì, con un rumore gutturale, un’entrata oscura. Blake e Daphne si scambiarono uno sguardo inquieto, la ragazza deglutì e il conte la prese per il polso, scostandola dietro di sé.
“Stammi dietro, vado per primo”, disse ed entrò nella piccola apertura. Doveva stare chinato per non sbattere la testa. Daphne lo seguì e iniziarono a scendere lungo quelle che sembravano scale di legno.
“Dove diavolo stiamo andando?”
“Non ne ho idea”, rispose il ragazzo, serio.
Non riuscirono a finire la scala, poiché il pavimento si aprì sotto i loro piedi e precipitarono per qualche metro, finendo contro un mucchio di foglie autunnali.
Daphne si toccò dolorante il fondoschiena e Blake le porse una mano per tirarsi su.
Erano nel buio più totale. La ragazza si strinse al conte, guardandosi in giro freneticamente. Aveva sempre detestato il buio e l’oscurità, soprattutto quando erano totali.
Blake si fece avanti. “Sono il conte Alexander Owen Blake Hammington. Fratello di Juliet Faye Hammington, e sono qui per incontrare Melinoe”, gridò.
Alcune luci rosate si accesero qua e là, accompagnate da bisbigli e sospiri. Daphne capì che Blake aveva detto le cose sbagliate.
Erano circondati.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Baby Moonlace