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Autore: xenascully    12/08/2011    2 recensioni
Quando il loro intrepido Capo scompare, la squadra di Gibbs si impegna per trovarlo prima che il suo tempo giunga alla fine...
Genere: Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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La vista di Tony, malato e in grado di respirare solo grazie ad una macchina, era una cosa difficile da sopportare.

Gibbs se ne stava di fianco al letto, a valutare la vulnerabile condizione del suo Agente. L’uomo più giovane, in genere raggiante di vitalità, e trasudante fiducia in sé stesso, era stranamente immobile e silenzioso. Aveva ancora la pelle di una tinta bluastra, e gli occhi erano cerchiati da segni scuri. Tutti segni che non facevano altro che ricordare a Gibbs del fatto che Tony aveva smesso di respirare fra le sue braccia, solo poche ore prima.

L’Agente Supervisore appoggiò gentilmente una mano sulla fronte di Tony, spostandogli indietro i capelli prima di sistemarsi. Se avesse potuto guardarsi allo specchio Gibbs avrebbe visto l’aperto sguardo di preoccupazione assoluta che gli pervadeva il viso.

Si chinò, stringendo una delle mani di Tony, e gli parlò all’orecchio. “Ho bisogno che tu stia meglio, DiNozzo.” Gli disse. “Tutti ne abbiamo bisogno. Perciò tu combatti; combatti per migliorare. Tu…non hai il permesso di cedere. E non accetterò come scusa il fatto che non puoi sentirmi…” I suoi occhi cominciarono a scrutare il viso dell’Agente in cerca di un segno di essere stato udito. Non ne trovò nessuno.

Dopo un lungo momento, parlò di nuovo. “Non ho intenzione di arrendermi con te…”

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19 giorni dopo…

La squadra stava cominciando a chiedersi se Tony sarebbe mai stato pronto per respirare senza l’aiuto del ventilatore. Erano passate delle settimane difficili, spese a sopportare il temporaneo rimpiazzo che Vance li aveva obbligati ad accettare in squadra. Antonio Berk. Quanto stupidamente ironico che il nome di quel tizio fosse Tony…

Loro, prevedibilmente, non avevano permesso all’Agente di sedersi al tavolo di DiNozzo. E allo stesso modo, si rifiutavano di chiamarlo per nome. Era un gioco di testardaggine che avevano sempre messo in campo, quando un pivello era nei dintorni. Ma questo tizio di sicuro non sarebbe rimasto con loro per sempre. La sua presenza non faceva altro che ricordare a tutti che uno dei loro non era presente.

Ognuno aveva fatto visita a Tony praticamente ogni giorno. Abby andava a trovarlo ad ogni pausa pranzo libera che aveva. McGee qualche volta si univa a lei, o semplicemente aspettava di aver finito di lavorare per andare a controllarlo. Ziva andava da lui la mattina presto, rassicurandosi del fatto che era ancora vivo. Ducky chiamava regolarmente il Dr. Pitt, che aveva volentieri assunto il caso di Tony. Una volta ogni tanto si recava di persona in ospedale per controllare le cose da sé.

Gibbs andava da lui ogni giorno. La sua routine dopo il lavoro era di andare a casa, obbligarsi a mangiare qualcosa, farsi una doccia, e poi andare a sedersi accanto a Tony per qualche ora. Qualche volta, gli parlava; gli faceva sapere che tutti sentivano la sua mancanza, e gli raccontava degli errori che commetteva il nuovo tizio un giorno sì e uno anche. Altre volte, sedeva in silenzio. Quei giorni erano i peggiori, perché non faceva altro che pensare a cose sulle quali non voleva davvero riflettere; scoraggiamento per la ripresa dell’Agente, e come sarebbe stato se Tony non avesse mai più riaperto gli occhi.

Quei giorni erano in genere seguiti da notti passate a pregare un Dio che non era certo esistesse. Uno che era stato così crudele da portargli via sia la moglie che la figlia, ma così buono da aver mantenuto in vita il suo Agente, contro ogni possibilità, in passato. Per non parlare di tutte le volte che lui aveva rischiato la vita.

Sì, c’erano molte occasioni che sembravano volergli far credere che ci fosse la possibilità dell’esistenza di un qualche potere superiore che li osservava. Dopotutto, lui non credeva nelle coincidenze. Sperava solo che qualsiasi potere fosse, lui stesse pregando quello giusto.

Eppure eccoli lì, un venerdì, diretti verso la terza settimana da quando Tony era stato ricoverato. E non c’era nessun cambiamento. I dottori avevano detto che i suoi polmoni avevano mostrato segni di miglioramento. Ma quello cosa voleva dire poi, pensando allo schema generale? Un miglioramento…quanto a lungo ci voleva ancora? Oppure lo stavano tenendo in vita solo per dare loro qualche falsa speranza?

Gibbs si rifiutava di credere che quello fosse il caso. Anche se, l’idea era stata ormai piantata e aveva quindi avvelenato i suoi pensieri. Lui, comunque, si rifiutava di esprimerla a voce alta.

“Andate a casa.” Disse Gibbs alla squadra.

Loro sollevarono la testa, simultaneamente. Prima lanciando un’occhiata a Gibbs, poi l’uno all’altro.

“Capo? Sono a malapena le cinque…” McGee corrugò le sopracciglia confuso.

Gibbs sollevò le sue di sopracciglia. “Sono felice che le elementari abbiano insegnato a qualcuno, a parte me stesso, come si legge l’ora.” Fu la sua risposta sarcastica.

“È…solo che…qualcosa non va?” Chiese.

“È stata una lunga settimana.” Affermò Gibbs. “Non siamo in rotazione, questo weekend. Andate a casa e godetevelo.” Il suo sguardo cadde su una cartella adagiata sul suo tavolo.

Berk aveva cominciato a preparare il suo zaino all’iniziale ‘andate a casa’, e ora si stava dirigendo a buon passo verso l’ascensore. Ziva era stanca, e quindi decise di non discutere, e così se ne andò rapidamente.

Tim si prese il suo tempo a preparare le sue cose. Quando furono rimasti solo loro due in ufficio, spense il suo monitor e si mise in spalla lo zaino, poi si diresse al tavolo di Gibbs. “E tu?” Chiese. Gibbs alzò lo sguardo dalla cartella, lanciando un’occhiata ai tavoli vuoti attorno a loro, prima di riportare lo sguardo all’Agente davanti a lui. “L’ordine vale anche per te?”

Gibbs sollevò un sopracciglio divertito. “Io non sarò qui.” Gli disse. “Questo te lo posso garantire.”

McGee annuì. Poi, solo leggermente insicuro, replicò. “Ci vediamo in ospedale, Capo.” Poi si voltò e si diresse verso l’ascensore.

Gibbs lo guardò andarsene in silenzio. Sapeva che il giovane uomo stava prendendo male l’assenza di Tony. Nonostante si prendessero in giro in continuazione, Tim e Tony si preoccupavano l’uno dell’altro. Anche se non lo avrebbero mai ammesso a voce alta, era evidente. McGee era il Pivello di Tony. E Tony era il mentore di McGee, in molti più modi di quelli che avrebbe mai ammesso il più giovane. Ma Gibbs lo sapeva.

Sapeva anche che questo non faceva che alimentare il mal diretto odio verso il loro Agente Temporaneo. Ma tutti sapevano che rimanere nella squadra di Gibbs era lontano dall’essere facile. Berk sapeva in cosa si stava cacciando accettando quel lavoro. E Gibbs non avrebbe mai punito o obbligato qualcuno a rimanere con lui oltre il livello professionale.

Mentre McGee scompariva in ascensore, il telefono di Gibbs suonò. “Sì. Gibbs.” Rispose dopo aver tirato su.

“Jethro.” Risuonò la voce di Ducky dall’altra parte della linea. Il cuore di Gibbs mancò un battito. Sapeva che Ducky si doveva vedere con il Dr. Pitt quel pomeriggio; per quello era lì in quel momento. “Il dottore si è sentito sicuro di provare a fare un test senza ventilatore.”

“E?” La sua voce venne fuori più alta di quello che avrebbe voluto.

“Hanno rimosso il tubo. Anthony sta respirando da solo.” Gibbs rilasciò un sospiro di sollievo, permettendosi di chiudere gli occhi per un momento. “Stanno sospendendo i sedativi. Ho pensato di fartelo sapere. Non si è ancora svegliato.”

“Arrivo presto, Duck.” Replicò. “Grazie.” Mise giù la cornetta e si appoggiò pesantemente allo schienale della sedia, permettendo ai suoi occhi di puntarsi al soffitto in un silenzioso grazie a chiunque avesse risposto alle sue preghiere.

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Finalmente Tony migliora quindi quello sciocco Antonio Berk dovrà presto fare le valigie! XD

  
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