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Autore: elrohir    06/04/2006    4 recensioni
La musica, la scuola, i sogni. La vita. L'amore. Ma come è difficile quando hai diciott'anni e hai perso la testa per il tuo migliore amico. Come è difficile se tutto sembra assurdo, come una lastra di vetro nero che, improvvisamente spezzandosi, rivela tanti, minuscoli frammenti bianchi...
Genere: Generale, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Francesco

Francesco: l’autunno negli occhi

 

Poso la cornetta e so di avere lo sguardo perso nel vuoto. Nella testa mi risuona ancora la voce di Ale, allegra, disinvolta, come se ci fossimo sentiti mezz’ora prima. Come se quell’ultima strana discussione non fosse esistita, come se non fossero quattro giorni che vive rintanato in casa, a fare la guardia a suo fratello.

-Ehi, bello, ci vieni a fare due tiri?

Che rispondergli? Ho talmente voglia di vederlo… di parlargli… di ascoltarlo ridere, o almeno sorridere… che farei qualunque cosa. Andrei ovunque.

Prendo a calci una pietra, che va a schiantarsi contro il muro. Intanto, entro nel parco.

Il campo da basket è in fondo, dietro quegli alberi. Ci ho passato le estati, qua dentro, a ridere, a vivere. Quando tutto era ancora così facile… quando i gemelli erano bambini, e io il loro migliore amico, prima che passioni e vergogna si mettessero di mezzo.

Ale sta seduto sotto il tiglio, all’ombra. Il sole batte sulle foglie, indorandole, brunendole, incendiandole. L’autunno non è mai stato tanto veloce.

E lui non è mai stato tanto bello. Deglutisco, mentre continua a guardare lontano, con quegli occhi neri concentrati su altro.

Alla fine si accorge di me, e mi sorride, si alza in piedi, mi stringe la mano. Una stretta forte, mascolina, decisa. Poi dà uno strattone, facendomi perdere l’equilibrio.

Ride, il bastardo. Gli tiro uno spintone –Coglione…

Mi lancia il pallone, poi getta all’indietro i capelli. –Piantala di lamentarti, e gioca.

Ci lasciamo cadere per terra, infine, stremati. Come al solito mi ha stracciato. Adesso ansima, e tiene gli occhi fissi a bucare il cielo. Sembra volerlo inghiottire, inglobare, quell’azzurro di settembre che presto sbiadirà nel grigio, nel freddo, nell’inverno.

Sembra voler fare scorta di quel colore, metterlo da parte, per liberarlo più tardi, quando l’estate sembrerà un sogno, e la primavera un miraggio. Quando la neve macchierà le strade, e coprirà i pensieri.

-Mi sono lasciato con Vale.- dico, senza sapere bene perché. Lui si volta stupito. –Sei pazzo?

Scuoto la testa. –No… o forse sì, non lo so. Comunque era inutile continuare a prendersi in giro.

Non parla, non fa domande, anche se so che muore dalla curiosità di sapere come sono andate davvero le cose.

Il vento sembra rubargli le parole, così resta in silenzio.

-Nico come sta?

Tace. Non risponde.

Improvvisamente, mi sento riportato indietro al giorno maledetto in cui ho scoperto la verità. Il giorno in cui ho smesso di vederlo come amico, e è cominciato il calvario.

Eravamo in questo stesso posto, di due anni più leggeri, senza tante ombre negli occhi, sedicenni spensierati. Avevamo giocato fino a scoppiare, e ancora corso e riso, e gridato.

Faceva caldo, era luglio, il sole delle quattro picchiava.

Lui aveva infilato la testa sotto la fontana, quando si era rialzato grondava d’acqua.

E mentre mi si avvicinava, a petto nudo, i pantaloni fradici e incollati al bacino, avevo scoperto con orrore che mai, in tutta la mia vita, avevo visto qualcosa di più sensuale.

Era il suo sorriso, più ingenuo, più innocente di oggi, ma già strepitoso. E quelle braccia snelle, dai muscoli appena accennati, il corpo di un ragazzino che sarebbe sempre rimasto esile e flessuoso come il gambo di un fiore, come il ramo verde di un nocciolo.

E gli occhi. Malachite scurita dalle ciglia.

Si era buttato al mio fianco gemendo, e io avevo pregato tutti i Santi del paradiso che non si accorgesse delle bizzarre condizioni in cui il mio sistema ormonale versava.

Aveva funzionato. E in seguito ero diventato più abile a mascherare le mie sensazioni.

Certo, non mi ero mai abituato del tutto alla sua prepotente bellezza. Ma almeno lui non lo sapeva.

-Fra… c’è una cosa che devo dirti.

Gli lancio un’occhiata. Non mi guarda, continua a fissare il cielo. Ma si morde le labbra, nervoso. Aspetto che continui.

-Riguarda… bè, riguarda Niki e…

Tace. Mi accorgo che sto trattenendo il respiro e mi impongo di rilassarmi. Idiota, smettila di illuderti, di certo non vuole dirti quel che tu pensi… finiscila! Sarà solo peggio, dopo…

Improvvisamente volta la testa e mi guarda. Resta zitto ancora un attimo, poi riprende tutto d’un fiato.

-Ecco, Fra, il fatto è che… il fatto è che sono preoccupatissimo per lui, e anche incazzato, vorrei sapere come si chiama il bastardo che ha osato toccarlo per poter andare a spaccargli la faccia, e poi sbatterlo davanti al commissario più vicino e farlo chiudere in cella a pagare per quello che ha fatto… non ti pare che sia il minimo? Ha cercato di violentare mio fratello, se non arrivavamo noi in tempo chissà cosa succedeva, eppure quel cretino di Niki non vuole dirmi neanche di chi si tratta, non vuole fare niente, se ne sta coricato su quel cazzo di letto e quasi non mi parla, ho paura che si stia lasciando andare, è così fragile, e questo è un periodo strano per lui, difficile, e credo che questa sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e…

Si interrompe, riprende fiato e chiude gli occhi. Gli sfioro la guancia. –Ale, è messo così male?

-Oggi mi ha detto che voleva tagliarsi i capelli.

Merda. Niki ha sempre portato le sue treccine come un trofeo, come un biglietto di presentazione da offrire a chiunque volesse conoscerlo. Come a dire, io sono così, ingarbugliato, non potete farci niente non potete cambiarmi quindi fatemi un favore non vi ci provate nemmeno. Risparmiamoci la fatica.

-Perché non vuole denunciarlo?

-Dice che non servirebbe a niente. Che…. Che nessuno ci crederebbe.

Spalanco gli occhi, sorpreso. Sento che c’è qualcosa, qualcosa di importante che mi sto perdendo, ma non mi importa. Ci penserò con calma, dopo. Per adesso… -Come sarebbe a dire? Ci siamo noi tre come testimoni… Ale… Ale che succede?

Non ci posso credere… sta piangendo! Il mio Ale, il mio intrepido amico, il mio bellissimo amico, il mio più vecchio e caro e forte e coraggioso amico, sta piangendo.

Singhiozza, e sento il mio nome tra quei singulti strozzati. Lo stringo forte a me, un po’ imbarazzato, non so come comportarmi. Mi ha preso alla sprovvista.

E anche se spezzato dal pianto… la sua vicinanza è così inebriante che…

Le sue labbra mi sfiorano la pelle, e rabbrividisco. Poi…

Ah, no, no cazzo, non è possibile! Questo no… non posso eccitarmi proprio adesso!

Mi disgusto da solo, spero solo che Ale non se ne accorga. Ma no, come potrebbe, è talmente accecato dal dolore… e questo rende tutto ancora più squallido: lui è qui, che piange per suo fratello e chissà cos’altro, e io me ne sto a fantasticare su come sarebbe bello leccare vie le sue lacrime, e seguire quelle strade bagnate fino agli occhi, per poi scendere di nuovo sulle labbra… in un pellegrinaggio pagano e peccatore…

Basta! Con quanta più delicatezza possibile visto il mio stato, mi scosto da lui, fingendo di volerlo guardare in faccia. In realtà è l’ultima cosa di cui ho bisogno, e per fortuna lui la pensa allo stesso modo, perché non incontra i mie occhi.

-Ale… lo sai che io sono qui, per qualunque cosa… perché piangi, Ale, parlami ti prego!- lo imploro, afferrandolo con forza per le spalle.

Lui respira a fondo e sembra prendere una decisione.

-Fra c’è una cosa che non sai… una cosa che non ti ho mai detto… ecco… Niki è gay.

Un colpo al petto. Uno alla testa. E uno all’inguine, giusto per gradire.

Nico… Nico è gay. Nico. Suo fratello. Il suo gemello. Il suo gemello identico.

Di nuovo la gelosia insensata provata la sera in cui l’abbiamo trovato schiacciato contro l’albero si fa sentire. Qualcuno, qualche ragazzo sa cosa significa stringere quel corpo perfetto tra le braccia, cosa vuol dire aderire perfettamente a quel profilo sinuoso, qualcuno può farlo… e quel qualcuno non sarò mai io. Perché mi sono innamorato del gemello sbagliato, e questo niente e nessuno potrà mai cambiarlo. Nikita può essere identico ad Ale in qualunque cosa, ma resta pur sempre Nikita. E Ale resta Ale.

-Per questo nessuno gli crederebbe se dicesse di essere stato quasi violentato… perché ha fatto la cazzata di illuderlo un po’, quel bastardo… o almeno, tutti sembrano pensarlo! Dio, a volte lo strozzerei mio fratello… è così avventato, non capisce mai quando le cose diventano pericolose. Non si tira mai indietro…

Io non riesco proprio a concentrarmi su quello che dice. Lo guardo, parla e gesticola, sembra evitare il mio sguardo. Gli afferro il polso. –Ale, perché non me l’hai mai detto?

Non risponde. Mi guarda negli occhi, adesso, e non parla. Deglutisco, e cerco di continuare. Come fai a concentrarti sotto quello sguardo incredibile? –Ale. Voglio saperlo.

-Tu cosa credi?

-Non lo so. Per questo te lo sto chiedendo- sbotto. 

Lui si alza in piedi. Fa qualche passo, poi si volta. –Io e lui siamo gemelli, Fra.

Scrollo le spalle. Improvvisamente sono molto tranquillo. –Me ne sono accorto, non pensi? Ma non capisco cosa c’entra.

Fa un respiro profondo. –C’entra. Perché io e lui siamo uno specchio perfetto, anche in questo.

Esito. –Stai dicendo che…

Annuisce, teso. –Sì. Sto dicendo che mio fratello è gay. E Fra, a quanto ne so lo sono anche io.

Chiudo gli occhi. Sono talmente calmo che mi viene il sospetto di essere morto. Tutto sta andando così in fretta, e a me sembra di pensare al rallentatore. Non riesco a cogliere tutte le implicazioni di quello che mi sta rivelando. –Da quanto lo sai?

Si morde le labbra. –Da… oddio non ricordo… abbiamo iniziato a sospettarlo un paio di anni fa, ma la certezza… che ne so, sarà un anno, un po’ di meno…

Sorrido. Non so perché ma il sorriso esce amaro. È il modo in cui l’ha detto, le parole che ha scelto… quel parlare al plurale. È sempre così per i gemelli, mai che facciano qualcosa da soli. Addirittura in questo dovevano rincorrersi.

-E in tutto questo tempo non hai pensato di dirmelo? Me l’hai tenuto nascosto, perché? Come hai potuto fidarti così poco di me?

Non è giusto parlare così, lo so, in fondo io ho fatto di peggio, ma non riesco a pensare razionalmente. Non riesco a pensare affatto. Così, lascio che le parole escano senza chiedere prima il beneplacito del cervello. Anche perché non so dove cazzo sia andato, quel traditore, mi sento la testa vuota. E una lenta incazzatura montare…

-Non è questione di fiducia, Fra…

-Ah sì, e allora cos’è?- lo sfotto, fissandolo irridente. Ale stringe i pugni, non c’è mai stato bisogno di grandi sforzi per convincerlo a litigare. Sibila, furioso. –D’accordo, d’accordo, era questione di fiducia. Scusa, Fra, se sono stato tanto stupido da pensare che avresti potuto essere turbato nello scoprire che il tuo migliore amico da un anno a questa parte sogna di scoparti tutte le notti, scusa se ho voluto risparmiarti l’imbarazzo di dovermi guardare in faccia sapendo che quando mi faccio le seghe penso a te, scusa se ho voluto evitare di rovinare quel che c’era tra noi, scusa se mi sono sforzato di comportarti normalmente, di non ferirti, di non metterti a disagio…

-Smettila, piantala Ale! Cazzo! Che stai dicendo, che…

Ha quasi le lacrime agli occhi, quel coglione, mentre mi interrompe per riprendere il suo sfogo. –Sì, Francesco, sto dicendo che mi sono innamorato di te, e che se sono stato zitto è solo perché avevo paura che tra noi sarebbe cambiato tutto.

Cade il silenzio, dopo la sua confessione. Il vento gli spettina i capelli, e anche io mi alzo in piedi. Non lo guardo. Poi sento la sua voce, più calma, più dolce. –Fra, ti prego, dimmelo. Dimmi che non è cambiato niente, che non cambierà. Dimmi che tutto resterà come prima…

-Non posso.

Lo sento spezzarsi, e per un attimo provo un fugace senso di pietà. Ma ho ancora troppa confusione per spiegare chiaramente il significato della mia risposta. Lui ha la voce tremante. –No-non p-puoi? C-come n-non puoi? Perché…?

Il mio tono è distratto, assente, come disinteressato. Mi prenderei a sberle, se potessi, ma non riesco a evitarlo. –Non posso, perché io sento esattamente la stessa cosa.

Lui tace, e mi guarda sconvolto. Poi, improvvisamente è addosso a me, mi schiaccia contro la rete del campetto. Quante volte ho sognato di questo, quante volte mi sono immaginato questa conversazione, e questo esatto finale.

Questo esatto finale… esatto in tutto, non fosse per un particolare.

Non è passione quella che abita le sue braccia forti, e i suoi occhi fissi nei miei non brillano di amore e desiderio. Le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie, qualcosa di insopportabile per il mio cervello annebbiato, posso sentire il calore del suo fiato sulla bocca, ma lui non ha intenzione di baciarmi. Tutt’altro.

Mi stringe le spalle, una presa ferrea e quasi dolorosa. Le iridi verdi sfolgorano di rabbia. E la voce è un sibilo. –Cazzo significa Francesco? Stai dicendo che anche tu sei gay, che anche per te io…

Finalmente riesco a convincere il cervello ad attivarsi, e mi rendo conto che continuare a fare il deficiente potrebbe avere conseguenze piuttosto spiacevoli. Così ritrovo la lingua, e lo interrompo. –Ale non so se sono gay, quel che so è che se continui a starmi così vicino potrei fare qualcosa di molto stupido.

Non si scompone minimamente. Né addolcisce la stretta. –Da quanto lo sai?

-Due anni.

-DUE ANNI?!? E hai avuto il coraggio di far sentire me in colpa per avertelo tenuto nascosto? Mi hai fatto parlare, umiliare per tutto questo tempo, senza darmi neanche un cazzo di indizio che la cosa potesse essere ricambiata, mi hai fatto credere di essere sconvolto e schifato…

-Ma io ero sconvolto!- protesto. Lui non mi bada.

-…e l’unica cosa che hai saputo dire era che non credevi che le cose sarebbero potute tornare come prima…

-Dicevo sul serio. Pensi che adesso che so cosa provi abbia intenzione di lasciarti scappare?

Mi fissa. Scuote la testa, sembra sconcertato. –Tu sei pazzo.- afferma, annuisce, come per convincersi. –Pazzo, completamente pazzo…

Ci guardiamo. Un istante, poi un altro, e un altro ancora.

E poi, finalmente, succede.

Scoppiamo a ridere.

Si lascia cadere sulla mia spalla, quasi tremando. –Cazzo Fra, ma hai preso lezioni per diventare così idiota?

-Sì da te…

Lui alla fine si riprende, si scosta, fa qualche passo indietro. Mi lancia un’occhiata incuriosita. –Bè, adesso che si fa?

-Niente, direi. Cioè… lasciamo che le cose vadano come devono andare. Insomma… ora sappiamo che non c’è più bisogno di trattenerci possiamo comportarci naturalmente. Come ci viene. Finalmente…- aggiungo, e lo vedo sogghignare. –Che romantico…

-Ehi, Ale, che t’aspettavi, la promessa di matrimonio con anello di diamante e rose rosse?

Sorriso furbetto –Sarebbe il minimo, dopo quello che ho fatto io…

-Ma sentilo! Vedi di finirla, voglio dire, non mi sembra di averti visto esattamente in ginocchio a baciarmi i piedi… e smettila di fare quella faccia! Anzi, leviamo le tende, che sta diventando buio…

Mi volto, non faccio un passo che mi sento afferrare per il polso. Sono di nuovo spinto contro la rete, e le mani di Ale di nuovo mi trattengono, lui si avvicina, ma questa volta le sue labbra si posano davvero sulle mie, e mi ritrovo improvvisamente di nuovo privo di cervello.

Per fortuna, il mio corpo ha sognato talmente tante volte di svolgere quella determinata operazione con Alessandro, che può cavarsela egregiamente anche senza la supervisione del capo.

Quel primo bacio è incredibile. Mi sembra che l’aria intorno sia diventata di fuoco, come il mio sangue, del resto, e come quella lingua che lenta si muove dentro la mia bocca.

Quando si stacca, non posso evitare di gemere contrariato.

E lui si apre in un sorrisetto compiaciuto, che mi lascia straziato, indeciso, diviso tra i due impulsi gemelli di spegnere quel ghigno con un pugno o con un bacio.

-L’hai detto tu di non trattenerci più… e non sai quanto tempo era che volevo farlo.- mi sussurra, prima di voltarsi e allontanarsi.

Lo guardo camminare verso l’uscita, con quei passi eleganti, felini, e sento la bocca asciutta e le ginocchia incerte. Lui si ferma ad aspettarmi, si passa una mano tra i capelli. È così sensuale… -Allora rammollito, hai intenzione di passare la notte lì a guardare le stelle? Cos’è, non hai ancora ripreso fiato? Mi sembri un po’ fuori allenamento, sai..- mi urla, strafottente.

Mi stacco dalla rete con un colpo di reni. Improvvisamente la voglia di prenderlo a pugni ha sostituito quella di baciarlo. So che è solo un cambiamento temporaneo, però... mica devo specificarlo, questo, no?

-Sarà meglio che cominci a correre, bastardo, perché se ti prendo…

-Dio, tremo di paura… cosa mi faresti, sentiamo…- mi sfida, ma indietreggia in strada. Lo seguo, e lui ride. È così bello sentirlo ridere…

Lo raggiungo, il mio braccio scivola intorno alla sua vita. Non è l’abbraccio sensuale degli amanti, ma non è neanche più quello cameratesco di due amici d’infanzia. È qualcosa di strano, misterioso, come gli occhi di Ale. Come il nostro bacio. Come noi.

Mentre cammino, alzo lo sguardo al cielo. È sereno, una stella si è già accesa.

La sera scende in fretta, l’autunno è davvero iniziato.

E per la prima volta in vita mia, la cosa non mi spaventa.

 

Nota

Non sapete la fatica che ho fatto… avevo il terrore di cadere nel “troppo banale”, o di scrivere una scena melensa e strappalacrime… volevo la cosa più verosimile possibile, o meglio, verosimile visto il carattere dei miei personaggi. Ho sempre trovato altamente improbabili quelle storie dove due tizi, dopo essersi nascosti i sentimenti per anni, scoprono di essere ricambiati e improvvisamente si gettano le braccia al collo, dimenticando tutto e giurandosi amore eterno. Finendo a letto nel giro di mezz’ora.

Io immagino che almeno un po’ di incertezza resti, come il turbamento, lo sconcerto…

Conoscendomi, credo che ci metterei più o meno tre ore a realizzare.

E a proposito di ritardati… Anarchy, che ne dici di Franceschino il deficientino? Ti ho anche dato la tanto bramata dichiarazione, hai visto che brava? Insomma, va bè che sono sadica, ma almeno una coppia dovevo metterla un po’ tranquilla…

Spero che non sia dispiaciuto a Venus, ti prometto che ci penserà Niki a tenerti ancora sulle spine!

Quanto a Siz… grazie mille dei complimenti, è bello sapere che i miei personaggi sono vivi… anche perché per me sono quasi un’ossessione, quando mi immergo in una storia praticamente inizio a convivere con loro… poco ci manca che mi metta anche a chiacchierarci! (Giusto per dare ad Anarchy un’altra testimonianza della mia pazzia!)

Bye-bye ragazze… kisses

Ps- quasi dimenticavo: naturalmente ringrazio tantissimo anche quelli che leggono soltanto… un abbraccio fortissimo a tutti!!

Pps- perdonatemi l’ulteriore citazione di dè Andrè del titolo… è più forte di me…

   
 
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