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Autore: Jales    12/08/2011    3 recensioni
Non aveva nulla di strano.
Bellatrix strinse i pugni e li sbatté con forza su tavolo di legno, stringendo i denti.
Si guardò la mano destra, sfiorandola appena con le dita di quella sinistra, per poi accarezzare distrattamente tutto il braccio bionico.
Non aveva nulla di diverso, dannazione.
[Storia scitta per l'Original Fest di BlackIceCrystal, con il prompt Salice Piangente]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: ambientata in un ipotetico futuro, all'incirca nel 2140. Gli esseri umani sono tornati alla tecnologia che avevano nei primi anni del 2000 dopo la Rivoluzione robotica del 2087, nel quale la popolazione robotica del pianeta si rivoltò contro l'umanità sotto il comando di un super computer degli uffici governativi, evolutosi senza controllo. Il governo bandì dunque ogni tecnologia riguardante robot e affini, concedendo solo di tornare ai computer e agli elettrodomestici di più di 100 anni prima.
In campo medico ciò ebbe effetti devastanti: tutte le protesi bioniche presenti furono distrutte, così come tutti gli studi sulla biotecnologia. Tuttavia un medico, un tale dottor Mason, ottiene il benestare del governo per ricominciare l'utilizzo di protesi bioniche grazie ai suoi agganci altolocati: tra i primi umani a riceverne una c'è Bellatrix Pencrow, ragazza vittima di un incidente stradale che le ha causato la perdita del braccio destro oltre alla morte dei genitori e della sorella.
Ma la paura nei confronti dei robot è ancora viva nella gente della Terra, e anche il braccio bionico di Bellatrix incute terrore.

Niente di diverso
[Scritta per l'Original Fest di BlackIceCrystal, con il prompt Salice Piangente - Link tabella]

Non aveva nulla di strano.
Bellatrix strinse i pugni e li sbatté con forza su tavolo di legno, stringendo i denti.
Si guardò la mano destra, sfiorandola appena con le dita di quella sinistra, per poi accarezzare distrattamente tutto il braccio bionico.
Non aveva nulla di diverso, dannazione.

Erano sempre stati amici, dacché lei ricordasse.
Il suo nome, lei, lo aveva sempre saputo.

«Ehi, Bella!»
La bambina alzò lo sguardo, sorridendo appena, poi si alzò spolverandosi gli abiti dal terriccio e aspettando paziente che l'amico la raggiungesse ai piedi del salice.
Lui una volta raggiuntala si fermò un momento poggiando le mani sulle ginocchia e respirando affannato.
«Mi-mi dispiace del ritardo. M-mamma voleva che l'aiutassi nelle faccende.» Arrossì, imbarazzato, prima che Bellatrix lo prendesse per mano e lo conducesse sulle radici dell'enorme albero.
La bambina si sedette su di esse, imitata dal compagno.
«C-cosa vuoi fare oggi?»
Bellatrix sorrise di nuovo, radiosa.
«Tutto quello di cui abbiamo voglia. Come sempre.»
Lee ridacchiò piano.
«C-come preferisci.»

Lui però non aveva capito lo stesso.
E sentire pronunciare il proprio nome dalle labbra di un amico in quel modo, nello stesso modo di chiunque altro, aveva fatto male.
Non aveva capito nemmeno lui.
Nemmeno lui.

«M-mi dispiace, B-Bella.»
Balbettava di più, quando era agitato.
«Lee...»
Lui arretrò di qualche passo, lo sguardo che continuava a fissare la gente che passava intorno a loro: non guardava lei. Forse non ne aveva il coraggio.
«M-Mi dispiace. D-davvero.»
Nel cortile dell'ospedale non c'era molta gente, l'orario di visite era quasi finito: un infermiere in camice bianco li osservava da lontano, pronto ad intervenire in caso di bisogno.
Bellatrix allungò il braccio destro, in un gesto automatico, nel vano tentativo di afferrargli una manica.
Lee si ritrasse e i suo occhi si posarono per un istante sull'arto meccanico dell'amica per poi spostarsi subito altrove, come scottati.
Arretrò ancora, sempre più in fretta.
«M-mi dispiace, mi d-dispiace...»
Corse via e Bellatrix lo seguì con lo sguardo, triste.
Aveva visto bene Lee in viso, anche se lui aveva cercato di voltarsi per non farsi scorgere: aveva la stessa espressione orripilata di chiunque l'avesse vista in quel mese dopo l'incidente, dopo l'operazione.
Bellatrix flesse il braccio bionico, lo sguardo perso nel vuoto.
Lei non aveva nulla di diverso.

Era per questo che si era arrabbiata.
Dopo quell'incidente maledetto nessuno l'aveva più guardata nello stesso modo; tutti prigionieri di quella stupida e irrazionale paura della tecnologia, causata dalla Rivoluzione dei robot nel 2087.
Da quando il governo aveva deciso di abolire ogni forma di tecnologia avanzata, a causa della Rivoluzione robotica, si era ricominciato da zero.
Ma la gente aveva ancora paura.
Paura di svegliarsi una mattina e trovarsi schiavi delle macchine che avevano creato loro stessi.
Bellatrix strinse i pugni, di nuovo, avvertendo il liquido colarle fra le dita della mano meccanica.
Lo osservò brillare alla debole luce del sole, scuro come inchiostro.
Non aveva capito nemmeno lui.
Era per quello che lo aveva ucciso.
Lui e tutti gli altri.

«Mi dispiace, Lee.»
Mentre si avvicinava a grandi passi, Bellatrix gli aveva detto quelle parole, facendogli il verso.
Lee era con le spalle contro il tronco del grande Salice piangente.
Dove era cominciato, tanti anni prima, tutto era destinato a finire.
«S-sei stata t-tu!»
Sembrava incredulo, le mani tremanti che artigliavano la corteccia dell'albero.
«E chi altri avrebbe dovuto essere?»
Bellatrix ghignò, afferrando il collo del giovane con la mano destra: lui si agitò quando avvertì il freddo metallo a contatto con la pelle e tentò invano di togliersela di dosso.
Bellatrix stringeva piano la presa, le dita che affondavano facilmente nella pelle tenera. Rivoli di sangue cominciarono a scorrerle fra le dita.
«Tutti, uno per uno. Erano come te.» Lo fissò, inespressiva. «O forse tu eri come loro. Ma ciò non ha importanza, ora.»
Sorrise.
«Farai la loro stessa fine.»
«M-ma il dottor Mason t-ti aveva salvato la v-vita!» Riuscì a dire Lee, con voce rauca.
«No, anche lui mi guardava nello stesso modo. Lui e l'infermiera Jodi avevano paura di me, come Ami e Jason, come Isabelle e Clare, come Mike e Sarah...»
Bellatrix aggrottò la fronte, fissandolo dritto negli occhi.
«Non capisci, Lee? Non riesci a capire?»
Lui rantolò, aprendo e chiudendo la bocca in cerca dell'aria che ormai era venuta a mancare.
«È per questo che li ho uccisi. È per questo che vi ho uccisi tutti. Perché non avete capito.»
Lasciò la presa, mentre il corpo del ragazzo cadeva a terra senza vita.
«Non avete capito...»

Seduta al tavolo da picnic situato sotto il salice piangente, i gomiti appoggiati al tavolo e la testa fra le mani, Bellatrix osservava assorta il corpo di Lee abbandonato contro il tronco.
Sentì le sirene e le portiere che sbattevano, il rumore di passi e le voci degli agenti.
«Ferma dove sei!»
«Alza le mani e mettile dietro la testa, dove possiamo vederle!»
Si voltò lentamente, sorridendo appena, ed eseguì, lasciandosi andare ad una risata liberatoria.
Fissò i poliziotti negli occhi, senza paura.
«Non avevano capito.»
La mano bionica si mosse appena, come a voler annuire e darle ragione.
Inclinò il capo, ridendo ancora.
Li aveva uccisi, sì.
Perché loro non avevano capito che lei non aveva niente di diverso.


  
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