Cap. 8
Verità e Bugie
Quella
sera Harry arrivò presto nella
stanza delle necessità per l’ultima riunione
dell’ES prima delle vacanze* ed
ebbe
così il tempo di liberarsi delle quanto mai imbarazzanti
decorazioni natalizie
che Dobby aveva seminato per tutto l’ambiente. Era
sicuro che fosse stato l’elfo. nessun altro avrebbe potuto
appendere al soffitto cento medaglioni dorati, tutti con il ritratto di
Harry e
con la scritta. “BUON NATALE HARRY POTTER
SIGNORE!”*.
Lasciò soltanto il vischio, sparso qua e
là. Si addiceva bene al clima natalizio.
Sebbene fosse fisicamente ancora ad
Hogwarts, nella sua mente già si vedeva proiettato al
Quartier Generale, a
trascorrere il suo primo, vero Natale in un luogo che non fosse
Hogwarts e
nemmeno la casa dei Dursley.
Ci sarebbero stati tutti e soprattutto,
avrebbe finalmente trascorso un Natale con Sirius.
Sì, pensò, quell’anno si prospettava un
Natale veramente felice per lui, per Sirius, per tutti.
Non voleva pensare più a nient’altro.
Immerso così nei suoi pensieri, Harry
quasi non si accorse della presenza di Luna Lovegood, cosa che per
altro
accadeva di frequente. Non che lui fosse spesso sovrappensiero, ma
chissà come
Luna aveva la capacità di apparire sempre
all’improvviso e senza mai
annunciarsi. Piano, piano, poi, iniziarono ad arrivare sempre
più persone e
quindi Harry abbandonò totalmente i suoi pensieri per
dedicarsi all’ultima
riunione dell’ES prima di Natale. Avrebbero molto
semplicemente ripassato tutto
quello che avevano fatto fino a quel momento, a cominciare
dall’expelliarmus
fino agli schiantesimi. Non aveva senso fare qualcosa di nuovo proprio
durante
l’ultimo incontro. Inoltre, avrebbe potuto constatare i
progressi ma anche le
necessarie correzioni da segnalare. Per la verità erano
tutti così migliorati
che Harry dovette fare davvero molto poco. La cosa era quanto mai
rassicurante
e alla fine della lezione tutti erano ugualmente e profondamente
soddisfatti di
sé stessi.
Anche Nevill aveva fatto passi da
gigante, aiutato da Harry ma anche sostenuto dagli altri, soprattutto
da
Hermione e da Ella. Alla fine
dell’ora* si
lasciarono tutti in perfetta armonia.
Si
diffuse un mormorio eccitato. La stanza si svuotava a poco a poco;
uscendo,
quasi tutti augurarono a Harry buon natale.* Insieme
a Ron, Hermione ed Ella, Harry sistemò
i cuscini e tutto l’occorrente che avevano usato in un angolo. Ron
e
Hermione uscirono dalla stanza prima di lui.* Ella invece
stava recuperando
la borsa insieme ai libri che aveva lasciato in fondo alla stanza,
perché non
fossero d’intralcio. Allora Harry cercò di
cogliere l’occasione all’istante.
“Ella” La chiamò “Ella, ho
bisogno di
parlarti. Puoi aspettare un momento prima di andare?”.
Sentendosi chiamare, Ella si voltò,
puntando i suoi occhi verde smeraldo dritti in faccia a Harry. Non
aveva l’aria
arrabbiata, né sembrava essere in collera con lui. Era solo
delusa, forse.
“Ecco, io volevo scusarmi con te per
quello che è successo l’altro giorno.
Cioè, non so esattamente cosa ho fatto,
né tu cerchi in qualche modo di dirmelo o di farmelo capire,
ma so che c’è
qualcosa che non va e vorrei chiederti scusa, qualunque cosa
sia.” Le disse,
tutto d’un fiato.
Ella lo guardò sorpresa. Non se l’era
aspettato. Harry le stava chiedendo scusa, e nemmeno sapeva per cosa,
ma lo
stava facendo. Ella non sapeva se essere contenta del fatto che Harry
tenesse a
riappacificarsi con lei o se dovesse tenere conto del fatto che per lui
in
realtà non era successo niente alla fine, o almeno, niente
che fosse da
imputare a lui. Ci teneva a restaurare nuovamente quel legame che si
stava
creando piano, piano tra loro, ma non sapeva nemmeno che cosa lo aveva
scosso.
In effetti, a ripensarci bene, tra tutti e due, era stato Harry quello
a
comportarsi in modo più strano. Le aveva parlato solo poche
volte, cercava di
non infastidirla per nessun motivo, anche se non ce n’era
bisogno. E ora le
chiedeva scusa per un qualcosa si cui non conosceva perfettamente
l’entità ma
ci teneva particolarmente a dirlo. Tutto questo portò Ella a
fare una semplice
ma chiara osservazione.
“Tu credi che io sia arrabbiata con te?”
Gli chiese, suscitando per altro un’espressione sorpresa sul
viso di Harry, che
di certo non si aspettava di sentirsi porre una domanda al posto di un
semplice
“accetto le tue scuse, ma non ce n’era bisogno,
davvero."
"Tu credi che io sia arrabbiata con te
quindi pensi che basti chiedere scusa per qualcosa che per altro ignori
e
sistemare le cose. Harry, ti ho dato veramente
quest’impressione?” Continuò
Ella, pacatamente, ma il tono della sua voce tradiva un po’
di emozione. Mentre
parlava Harry pensò di essersi comportato in maniera molto
stupida.
“Non sono arrabbiata conte, Harry. Mi ha
semplicemente dato fastidio il modo in cui lei ha trattato Neville e il
fatto
che ti abbia messo in mezzo. Davvero Harry, non
c’è bisogno che ti scusi e mi
dispiace se hai pensato di doverlo fare.” Gli disse Ella,
profondamente
dispiaciuta.
“Credevo di averti, insomma, credevo di
averti offesa in qualche modo o di averti ferita.” Disse
Harry, cercando di
trovare un attenuante.
“Ma no, Harry!” Disse Ella, sorridendogli
dolcemente, “Però non vorrei mai che qualcuno mi
mettesse contro uno dei miei
amici.” Queste parole colpirono Harry profondamente.
“Non era mia intenzione.” Le disse,
allora. “Cercavo solo di fare la cosa giusta.”
“Lo so e ti ringrazio. Scusami ancora
Harry.” Rispose Ella, sfiorandogli il braccio.
“Vado a posare i libri. Ci
vediamo nella sala comune… no, aspetta! Credo che
andrò subito a dormire.”
Disse Ella. “E’ stata una giornata lunga e
faticosa. Domani però andrà meglio.
Buonanotte, Harry.” Così dicendo, anche Ella
lasciò la stanza delle necessità
ed Harry rimase lì con un leggero senso di vuoto allo
stomaco.
Riuscì a malapena a vederla uscire, tanto
era stata svelta e il ragazzo aveva appena iniziato a maledirsi tra
sé e sé per
essere stato un completo e perfetto idiota quando la sua attenzione fu
attirata
da qualcos’altro.
“No,
vai pure.” sentì che diceva alla sua
amica…era sicuro che fossero soli e
aspettò che lei parlasse.*
Le
lacrime e il vischio sparso da Dobby
qua e là fecero il resto.
Poco
dopo, nella
Sala Comune dei Grifondoro
Harry
era conscio, al suo rientro nella
Sala Comune, di essere completamente sotto shock.
L’espressione che gli si era
dipinta sul viso tradiva e mostrava in maniera evidente l'ansia che si
agitava
dentro di lui.
Proprio per questo, Ron ed Hermione, che
aveva trovati seduti nei posti migliori,
vicino al fuoco*, non tardarono a intuire chi e che cosa
avessero potuto
trattenerlo. Istintivamente, Harry aveva tirato un sospiro di sollievo
vedendo
che Ella non era lì con loro. La cosa era già
abbastanza imbarazzante così
com’era.
Non lo disse apertamente ai due amici, ma
confidava nel fatto che né Ron né Hermione
aprissero il discorso con Ella in
seguito.
“E
allora?” domandò finalmente
Ron…”Com’è stato?”*
Harry
ci pensò un momento.*
“Umido”
rispose con sincerità.* Nei
successivi dieci o quindici minuti, Harry descrisse tutto quanto. Lui e
Cho, il
vischio, i pianti della ragazza, tutto ciò che poteva
venirgli in mente.
Ron era eccitato, anche più del dovuto.
Harry invece non sapeva come classificare la cosa. Non era stato
piacevole ma
nemmeno così orribile. Hermione al contempo gli suggeriva di
pensare al futuro
e a quando invitare Cho ad uscire. Quello era un altro problema. Non lo
sapeva.
Almeno per il momento.
“Harry, che cosa ti ha detto Ella quando
ce ne siamo andati?” Gli chiese Ron poi, cambiando discorso.
“Ma non riesci proprio a farti i fatti
tuoi, vero Ron?” Disse subito Hermione. “Non sono
cose che ci riguardano. anche
se Ella è tua cugina.”
“Stavo solo chiedendo, non c’è nulla di
male. E poi proprio perché è mia cugina mi
interessa.” Rispose Ron concitato.
Hermione alzò gli occhi al cielo, rassegnata dalla totale
mancanza di tatto e
delicatezza da parte di Ron. Ma se Harry non si opponeva, lei poteva
farci ben
poco.
In effetti, Harry si sarebbe veramente
astenuto dal parlare della cosa. Disse solo lo stretto necessario. Lui
ed Ella
avevano chiarito il malinteso che si era venuto a creare. Erano amici e
lei non
era risentita con lui ma era soltanto infastidita dalla situazione. Non voleva che qualcuno li mettesse l’uno
contro l’altra.
“E’ normale. Purtroppo il messaggio che
è
arrivato a tutti è l’esatto contrario. E le voci,
Harry, corrono anche qui ad
Hogwarts.” Gli disse Hermione con sguardo allusivo.
“Voci? Quali voci? Ma di che messaggio
stai parlando?” Chiese Ron che, come al solito non aveva
inteso l’allusione
insita nelle parole di Hermione. “Io non ho visto nulla di
strano.”
“Questo perché non sei molto sveglio e
non vedi quello che per tutti gli altri sembra essere più
che evidente.” Gli
rispose Hermione.
“Harry,” Disse Ron confuso “tu ci hai
capito qualcosa? Oh, ma perché c’è
sempre qualcosa che mi sfugge?”
“Oh, Ronald sei impossibile!” Sbottò
Hermione. “Ma non capisci? Visto che Cho ha in maniera
evidente coinvolto Harry
nella sua discussione con Ella, e, perdonami Harry, il fatto che tu
abbia
accondisceso apertamente alla sua tacita richiesta ha peggiorato la
situazione,
a tutti è sembrato che il loro litigio fosse dovuto ad una
rivalità fra Ella e Cho per
Harry.” Spiegò Hermione. Ovviamente, Ron si era
perso intorno alla metà del
discorso, cioè al passaggio cruciale.
“Io non ci ho capito niente.” Disse.
Hermione sbuffò sonoramente all’ennesima
dimostrazione della mancanza di comprensione da parte del ragazzo e
cercò di
rispiegarglielo.
“Cioè tu dici che a tutti quanti sembra
che a Ella piaccia Harry? E perché mai qualcuno dovrebbe
pensare una
stupidaggine del genere?” Chiese in fine Ron.
“Sì, alla prima domanda, e non lo so ma non è così impensabile, alla seconda.” Rispose Hermione, contenta di
avere perlomeno
raggiunto questo piccolo risultato.
“E’ la cosa più stupida che abbia mai
sentito!” Continuò Ron, incurante
dell’imbarazzo sempre più crescente in cui si
trovava Harry. Le sue vicissitudini sentimentali e quelle delle
presunte
ragazze che giravano intorno a lui venivano spiattellate e sminuite sia
da Ron
che da Hermione nello stesso momento, come se lui non potesse sentirli.
“Ma è assurdo! A Ella non piace Harry,”
Disse Ron, ma subito fu colto dal dubbio. “giusto?”
“No, zucca vuota!” Gli disse Hermione.
”Ma non ci senti? Harry ha appena finito di dire che per Ella
lui è un amico.
Ma le persone questo non lo sanno e quindi
tendono a vedere le cose in modo distorto.”
“E perché, scusa? Io non ho mai pensato
una cosa del genere e sto sempre con loro. Come possono pensarlo gli
altri
allora?” Disse Ron, incredulo.
“Sai, Ron” Disse Hermione, in evidente
stato di esasperazione “quando un ragazzo e una ragazza che
non sono fratelli,
cugini o in qualsiasi altro modo imparentati fra loro, è
difficile per le
persone che li vedono da fuori pensare che possano essere solo
amici.“
“Ma perché? Non potrebbero semplicemente
evitare di pensarlo?” Ribatté Ron.
“Basta! Io ci rinuncio.” Disse Hermione,
alzandosi dalla poltrona. “Vado a dormire. Tutto questo
parlare mi ha fatto
venire un gran mal di testa. Buona notte. Ci vediamo domani.”
E, in men che non si dica, era già
scomparsa dietro la scala a chiocciola che portava al dormitorio delle
ragazze.
Harry e Ron erano rimasti da soli. Gli ultimi
tizzoni ardenti di quello che era stato un bel fuoco scoppiettante
emanavano le
loro ultime, fievoli scintille.
Ma
il
fuoco si spense a poco a poco, finché i tizzoni non
crollavano inceneriti e
Harry, guardandosi intorno, vide che ancora una volta erano gli ultimi
rimasti
nella sala comune*.
“E’
tardi. Forse sarebbe meglio che
andassimo a dormire anche noi.” Suggerì Harry, per
rompere il silenzio.
“Già.” Gli rispose Ron semplicemente.
“Senti, Harry, a te piace Cho, giusto?”
La domanda di Ron era molto personale, ma
a un amico Harry riusciva a rispondere sinceramente.
“Sì, anche da un bel po’ a dire il
vero.”
Allora dovresti chiederle di uscire,
credo.” Continuò Ron.
“Lo so, ma è più facile a dirsi che a
farsi. Al momento non saprei cosa dire.” Confessò
Harry.
“Ci riuscirai, ma forse è meglio dormirci
un po’ su.” Disse Ron, sbadigliando sonoramente.
Senza dire altro, i
due ragazzi salirono nella loro camera. Si
spogliarono e si misero i pigiami in silenzio; Dean, Seamus e Neville
erano già
addormentati. Harry posò gli occhiali sul comodino e si
infilò nel letto, ma
non chiuse le tende; rimase a guardare la striscia di cielo stellato
visibile
dalla finestra vicino al letto di Neville*. Pensava che se
qualcuno gli
avesse detto ieri che avrebbe baciato Cho, non gli avrebbe creduto. Era
al di
fuori di ogni sua aspettativa. Il russare e i grugniti di Ron gli
fecero capire
subito che l’amico si era addormentato.
L’ultimo pensiero di
Harry prima di abbandonarsi a un sonno profondo, agitato e tanto
orribile quanto
reale, furono che a differenza di Ron ed Hermione, per lui non era
così assurdo
che Ella potesse farsi piacere un tipo come lui. Forse, nel suo
piccolo, non
gli sarebbe dispiaciuto.
Quella
notte,
nell’ufficio del preside
Silente
era seduto sulla scrivania, su una sedia dallo schienale alto; si
chinò in
avanti nel cerchio di luce della candela che illuminava le carte sparse
davanti
a lui… era perfettamente sveglio, e i suoi penetranti occhi
azzurri** evitavano
di posarsi su di Harry. Il vecchio
preside si alzò. Cominciò a camminare per la
stanza, a girare indisturbato tra
i vari tavolini dello studio in cui vi erano molti strumenti
dall’uso ignoto
che tintinnavano flebilmente. Harry tremava e parlava. Raccontava
quello che
aveva visto, quello che credeva di aver visto nel sogno. Accanto a lui,
Ron e
Come
lo hai visto?… da quale posizione hai osservato
l’attacco? Eri vicino alla
vittima, guardavi
la scena dall’alto?**.
Perché
non capivano? Perché nessuno
faceva qualcosa? Dovevano trovarlo subito, dovevano rendersi conto che
la
situazione era grave.
Harry sentiva freddo e le ginocchia
iniziavano a cedere sotto il suo peso. Sentiva ancora la sensazione di
un
corpo, il suo corpo, che strisciava su di una superficie liscia, fredda,
marmorea
e la percezione dei morsi, delle zanne che penetravano la carne. Il
sangue
sgorgava a fiotti, caldo e scuro.
Era stato orribile.
“Ho
visto tutto dal punto di vista del serpente… il serpente ero
io.**”
Silente continuava a andare su e giù per
il suo studio parlando tra sé e sé.
Ordinò a due dei ritratti dei vecchi
presidi di Hogwarts di andare a cercare aiuto. Fanny, la fenice,
avrebbe dato
il segnale d’allarme.
“Minerva,
ho bisogno che lei vada a svegliare gli altri ragazzi
Weasley-“** Disse
Silente. In poco tempo sistemò ogni
cosa. I ragazzi Weasley e Harry Potter sarebbero stati trasferiti al
Quartier
Generale dell’Ordine della Fenice quella notte stessa.
Avrebbero viaggiato
tramite passaporta.
Sirius sarebbe stato avvertito da Phineas
Nigellus, grazie al suo secondo ritratto che ancora si trovava in
quella che
era stata l’antica dimora dei Black,e quando George, Fred e
Ginny entrarono
nello studio d Silente, il preside li fece avvicinare alla sua
scrivania.
In pochi secondi, furono tutti agganciati
alla passaporta che li avrebbe portati lontano da Hogwarts, via dalle
grinfie
della Umbridge, più vicini al’ospedale San Mungo
dove Arthur Weasley veniva
trasportato proprio in quel momento. Non appena se ne furono andati, la
professoressa McGranitt, che fino a quel momento non aveva proferito
verbo,
prese la parola, interrompendo i pensieri affollati e silenziosi di
Silente.
“Albus…” Disse
Silente guardò
“Minerva,
vada a distrarla,le racconti una storia
qualunque…**”
In quello stesso istante, la porta
dell’ufficio si aprì. Per un momento
“Credevo dovesse parlarmi in privato,
signor preside.” Disse col suo solito tono tranquillo.
“Sì, Severus, ma purtroppo, si sono
verificati degli avvenimenti tanto infausti quanto
preoccupanti.” Gli rispose
Silente. Brevemente, gli riferì quanto era appena accaduto.
Harry Potter e i
ragazzi Weasley avevano lasciato il castello. Arthur Weasley era in
gravissime
condizioni.
“La prego di scusarci, Minerva. Trattenga
Dolores, per quanto ardua possa sembrare
l’impresa.” Terminò Silente.
Ma
“Albus, cosa crede dovremmo fare con la
signorina Davies?” Chiese la professoressa.
“Ah, già, la signorina Davies.” Disse
Silente. “Per il momento, lasciamola riposare tranquilla.
Domani le spiegheremo
tutta la faccenda, sperando che non ci sia altro da aggiungere a questo
tragico
avvenimento.”
“Albus, devo essere franca.” Disse
“Non potevamo mandarla insieme agli altri
ragazzi. Non è tra i parenti più prossimi di
Arthur Weasley e non sarebbe
saggio trasferirla ora. Sarà già difficile
spiegare i motivi della partenza di
Harry insieme ai ragazzi Weasley. Non dobbiamo far sorgere altri
sospetti. La
ragazza lascerà la scuola come tutti gli altri ragazzi
domani sera, al termine
delle lezioni.” Disse Silente, ma le sue parole ebbero come
effetto quello di
gettare
“Non voglio discutere i suoi ordini
Albus, e mi fido ciecamente del suo giudizio, ma non può non
vedere come
lasciando partire la ragazza insieme agli altri, col treno, sola, la
metteremo
praticamente a rischio di chissà cosa. E’
l’unico membro della famiglia Weasley
ancora vulnerabile e non al sicuro. Dopo quello che è
successo sta notte
Voi-Sapete-Chi, ma anche i suoi, sicuramente, indubbiamente si faranno
vivi.
Non può non vederlo.” Disse
“Molto nobile da parte tua, Minerva,
interessarti della nostra signorina Davies.” Disse Silente.
“E sicuramente,
nemmeno io desidero mettere una dei miei allievi in pericolo. La
signorina
Davies lascerà la scuola domani sera. Su questo non posso
essere transigente.
In ogni caso, non c’è luogo in cui possa essere
più al sicuro, se non ad
Hogwarts e, mi si permetta la presunzione, il più possibile
vicina a me.”
“Ma, Albus, io…” Stava per dire
“Ma, nonostante tutto, lascerà il
castello. Severus l’accompagnerà al Quartier
Generale. Nessuno lo verrà a
sapere. Con lui, la ragazza sarà al sicuro. E poi, il
custode segreto sono io.”
Continuò il preside, sfiorando uno dei suoi delicati
strumenti d’argento.
“Non credere però, Minerva, che non ti
ritenga allo stesso modo adatta. Severus doveva comunque andare al
Quartier
Generale.” Disse Silente, guardando Piton.
Quest’ultimo fece segno d’assenso,
quasi a voler confermare quanto diceva il preside. “Come
direttrice della casa
di Grifondoro, spetterebbe a te, questo è vero, ma al
momento, né io e né tu
potremo lasciare il castello. Prevedo che il nostro inquisitore supremo
pretenderà
di interrogarci dettagliatamente su tutta la faccenda.”
Concluse.
“Ma certo.” Rispose
La porta non aveva fatto in tempo a chiudersi
che già Silente aveva ripreso a passeggiare su e
giù, percorrendo l’ufficio a
grandi ma lenti passi. Rifletteva sul da farsi, cercava la soluzione al
problema, come Piton gli aveva visto fare spesso in momenti come quelli.
“Severus, avrò bisogno di te.” Disse e
parlarono a lungo per quella notte.
Il
giorno dopo,
a pranzo
Alla povera Ella saltò quasi il cuore in
gola quando il mattino seguente non trovò nella sala comune
i suoi cugini ed
Harry. Lei ed Hermione non furono informate di quanto era successo se
non dopo
colazione, che per altro non gustarono per nulla, vista la loro
preoccupazione.
Sapevano soltanto quello che in poco tempo si era sparso per tutta la
scuola: i
ragazzi Weasley ed Harry Potter avevano lasciato la scuola nel cuore
della
notte.
“Non riesco a pensare a niente di quello
che potrebbe essere successo.” Disse Hermione, giocando con
le patate arrosto
nel suo piatto, diventate ormai fredde. “Spero che stiano
tutti bene.”
Ella era invece più taciturna. Pensava ma
non riusciva a immaginare che cosa potesse spiegare
quell’improvvisa e
inaspettata assenza. Di certo non poteva essere nulla di buono. Cercava
di
trattenere qualche lacrima dovuta al nervosismo.
“Anche gli altri ragazzi nella sala
comune questa mattina facevano domande.” Continuò
Hermione, riferendosi a i
compagni di dormitorio di Harry e Ron, Seamus, Dean e Neville.
Ella non rispose. Di certo erano stati
portati via in fretta e furia, nel cuore della notte.
Rapidamente, gettò uno sguardo al tavolo
degli insegnanti. Silente stava mangiando tranquillamente. Forse stava
ascoltando qualcosa che il professor Vitious stava raccontando con
estrema
energia, evidente, nonostante la sua ridotta statura.
Era ancora presa dall’osservare il
gesticolare movimentato del professor Vitious che quasi non si accorse
dell’occhiolino che Silente le rivolse, non visto. Un sorriso
leggero sotto i
baffi bianchi del preside, la rincuorarono. Qualunque cosa fosse
successa, il
peggio era passato.
“Non riesco a mangiare!” sbottò
Hermione,
evidentemente frustrata e preoccupata. “Sono sicura che
è stata colpa di Ron.
Si mette sempre nei guai, e avrà trascinato Harry e i suoi
fratelli in qualche
disastro. Non può essere altrimenti. Si fosse trattato solo
di Harry, a
quest’ora gli altri sarebbero stati già
qui.”
“Hermione, stai tranquilla.” Disse Ella.
“Qualunque cosa sia, ci sarà già
qualcuno che se ne sta occupando.”
“Come fai a saperlo?” Le chiese Hermione.
Ella le disse che se nessuno le informava di qualcosa di grave, non
dovevano
perdere la calma.
“Ma tu stai per tornare da loro, tu
saprai che cosa è successo, tu sarai tranquilla mentre io
non potrò sapere
niente, nulla di nulla.” Aveva ragione. Nemmeno volendo, Ella
avrebbe potuto
scriverle tutto quanto, dopo esserne venuta a conoscenza. Silente aveva
detto
che la posta poteva essere intercettata.
“Non pensare sempre al peggio. Senti,
facciamo così.” Disse Ella, facendosi
più vicina perché nessuno sentisse.
“Quando sarò lì, con tutti gli altri,
ti scriverò una lettera.”
“Ma non puoi scrivermi tutto in una
lettera. Lo sappiamo che dobbiamo evitare di..” Stava dicendo
Hermione, ma Ella
le fece segno di non urlare e di ascoltarla.
“Lo so, non potrò
scriverti niente, niente di vero,
niente che ti aiuti a rassicurarti, ma una cosa posso farla. Se saranno
buone
notizie, le manderò con Edvige. In caso contrario,
userò Errold o Leotordo.”
Hermione non sembrava molto rassicurata.
“Non mi viene in mente nient’altro. Non
lo so, dimmi tu, trovami una soluzione.” Disse Ella, ma
un’eventuale risposta
di Hermione fu interrotta sul nascere dall’arrivo di una
terza persona
dall’andatura e dal profilo autoritario.
“Buongiorno, signorine.” La voce della
McGranitt era sempre affilata, qualunque fosse il momento della
giornata.
“Buongiorno, professoressa.” Dissero una
dopo l’altra Ella ed Hermione.
“Mi dispiace interrompervi, ma devo
chiedere alla signorina Davies di venire con me.”
Stranamente, il suo tono si
addolcì leggermente verso la fine della frase.
“Forse sarebbe meglio che vi salutaste
ora.” Continuò
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo
di tacita intesa. Si salutarono, cercando di sembrare meno tese di
quanto non
fossero in realtà.
Ella si alzò, scoprendosi in quel momento
un po’ riluttante. Una sensazione di vuoto allo stomaco
l’attanagliò, mentre
seguiva
Molti sguardi si voltarono verso di loro,
mentre percorrevano la lunga sala, fra cui vi erano quelli di molti
serpeverde.
Uscendo dalla sala, Ella quasi non andò a sbattere contro un
studente biondo,
alto e dinoccolato.
“Scusami, non volevo.” Disse, voltandosi
subito indietro per raggiungere
Ella
seguì così la professoressa
McGranitt in silenzio, mentre percorrevano i tortuosi corridoi del
castello.
Sentì le voci allegre degli studenti di Hogwarts, eccitati
per l’imminente
ritorno a casa, affievolirsi sempre di più, mentre si
allontanavano dalla sala
grande. Il fatto di avere lasciato Hermione sola proprio
l’ultimo giorno, la
rattristò. Non era colpa sua, questo lo sapeva, ma era
comunque un pensiero
triste.
Si ricordò di quando, il primo giorno di
scuola, aveva vissuto una scena piuttosto simile.
La destinazione, tuttavia, era ora
diversa.
La professoressa McGranitt infatti non la
guidò verso il suo ufficio, ma continuò ancora,
più in alto, al settimo piano,
fino a quando non giunsero di fronte alla statua di un gargoyle.
“Bonbon esplosivi.” Recitò la
professoressa McGranitt, ed Ella intuì che, per quanto
strano le potesse
sembrare, bonbon esplosivi doveva
senza dubbio essere la parola d’ordine. Subito, infatti, il
gargoyle si spostò,
liberando il passaggio attraverso una tortuosa scala a chiocciola.
“Puoi andare, signorina Davies.” Le disse
Ella fece come aveva detto, e poco
dopo, si ritrovò di fronte un’ampia
porta di legno scuro, finemente lavorata. Era un po’ incerta
sul da farsi. Non
che ci fossero molte opzioni: bussare ed entrare, bussare, attendere
una
risposta ed entrare, bussare e fuggire. Avrebbe bussato, sicuramente
era da lì
che avrebbe necessariamente dovuto iniziare. Si avvicinò
silenziosamente, col
braccio sollevato e la mano chiusa in un pugno. Stava per bussare alla
porta
quando, con sua grande sorpresa, questa si aprì con un
cigolio silenzioso, di
fronte a lei.
Un
ambiente diverso da tutti quelli che aveva visto nel resto del castello
le si
presentò dinnanzi. Si trattava di una stanza ovale molto
grande, molto
luminosa, con grandi finestre che permettevano al sole di entrarvi
facilmente.
Era arredata con mobili in legno di ciliegio sopra i quali vi erano
molti
oggetti strani dall’aria fragile.
Ella vi entrò piano, piano, in punta di
piedi.
Era davvero una bella stanza, pensò. Le
sarebbe piaciuto venirci più spesso. In particolare, erano
quei delicati
strumenti d’argento ad attrarre maggiormente la sua
attenzione. Si muovevano
continuamente, emettendo dei sibili molto flebili, come fruscii. In
particolare
uno di questi, la incuriosiva.
Aveva l’aspetto di un’antenna
televisiva dorata decisamente arzigogolata*** . Non era
bello a vedersi e sicuramente doveva essere molto delicato.
“È un sensore segreto.” Disse una voce,
rispondendo ai suoi dubbi.
Ella si voltò appena, il giusto per
vedere il volto sorridente di Silente che la osservava da dietro la sua
scrivania. Non l’aveva neanche notato.
“Mi scusi, professore.” Si affrettò a
dire Ella. “Non l’avevo vista.”
“Non c’è bisogno di scusarsi. La
curiosità non è un peccato, signorina
Davies.” Le rispose Silente, notando
l’imbarazzo della sua studentessa.
Ella obbedì, senza dire una parola.
L’aura di rispetto e timore reverenziale che le suscitava
Silente, la
intimidiva.
Non appena si fu seduta di fronte a lui,
Silente riprese.
“Ti stai chiedendo, suppongo, signorina
Davies, che cosa ci fai nel mio ufficio. E, anche, ora che sai che
questo è il
mio ufficio, se avrai buone notizie del signor Potter e dei tuoi
cugini.”
Ella annuì appena, mentre sosteneva lo
sguardo luminoso del vecchio preside. I suoi occhi sembravano
così vivi, così
giovani, brillavano di una luce piena di energia. Da ultimo, si decise a rispondere.
“Sì.” Rispose. Istintivamente
guardò
verso il sensore segreto come se questo avesse dovuto vibrare per una
sua
eventuale bugia.
“So riconoscere un bugiardo da una
persona onesta, signorina Davies e tu non mi stai mentendo.”
Le disse Silente,
con dolcezza. “Quello che è successo sta notte, lo
saprai quando raggiungerai
il Quartier Generale questa sera. Stanno tutti bene, in caso te lo
stessi
chiedendo.”
“Grazie, professore. L’avevo immaginato.”
Rispose Ella, e Silente capì, e fu allora che sorrise, che
la ragazza si
riferiva a quanto era successo poco prima nella sala grande.
“Sono contento di vedere che possiamo
intenderci, signorina Davies. La parola, non è
l’unico linguaggio di cui
possiamo disporre fortunatamente.” Le disse Silente,
piacevolmente sorpreso.
“Ora, come dicevo prima, dovrai tornare al Quartier Generale,
a Londra, ma non
possiamo lasciare che tu vada con i mezzi tradizionali di cui
dispongono gli
altri studenti. Capisci quello che voglio dire, signorina
Davies?”
“Sì.” Rispose Ella, pensando che
certamente, il professore doveva aver pianificato già tutto.
Le stava parlando,
per metterla al corrente della sua decisione. Doveva lasciare Hogwarts
e
raggiungere il Quartier Generale incolume.
Ebbe la strana sensazione che il preside
potesse leggerle nella mente, perché le sorrise di nuovo, e
annuì con
espressione soddisfatta.
“Quando uscirai da qui, vai nei
sotterranei, nell'ufficio del professor Piton. Non preoccuparti dei tuoi effetti personali, sono già stati mandati al Quartier Generale. Aspetta che il professore arrivi e poi, sperando che
Quindi, pensò Ella, sarebbe stato Piton
ad accompagnarla fino a Londra.
“Sarebbe dovuto toccare alla
professoressa McGranitt, ma la sua presenza è purtroppo
richiesta qui. Anche se
non sei della sua casa, il professor Piton saprà cosa fare.” Continuò Silente, che ben
sapeva come Piton non fosse
particolarmente apprezzato dagli studenti, soprattutto da quelli di
Grifondoro.
"Hai qualche dubbio?” Le chiese, da
ultimo, Silente.
“No.”
Rispose Ella.
“Va bene. Ti prego solo, signorina
Davies,” Riprese Silente, con fare molto serio.
“ascolta quanto ti dice il
professor Piton e fai quanto ti chiede.”
“Lo farò, professore.” Disse Ella. Stava
quasi per non dire più nulla, quando, inaspettatamente si
sentì dire “Io mi fido
del professor Piton.”
Si vergognò un po’ di quanto aveva detto.
Arrossì un po’, ma, in fondo, era la verità.
Poteva non piacere a nessuno, e di certo non
si faceva ben volere dagli studenti, ma non le sembrava una persona
malvagia né
così viscida come erano solito dipingerlo gli altri. Era
Piton, prendere o
lasciare, e lei, in questo caso non poteva lasciare.
Silente aveva finito di darle le
direttive. La congedò, raccomandandole di non farsi notare
mentre scendeva giù
per i sotterranei, e finalmente, Ella uscì dal suo ufficio.
Non appena la porta
dell’ufficio si chiuse dietro di lei, Silente si
alzò e, con fare silenzioso, si avvicinò al tavolino su cui
era appoggiato il sensore segreto. Lo tastò, quasi a voler
essere sicuro di ciò
che stava pensando. Sotto la sua barba bianca, si poteva intravedere un
sorriso
divertito. Alle sue spalle, qualcuno si fece avanti, qualcuno che era
rimasto
fino a quel momento non visto.
“Il detector non vibra, Severus.”
To be
continued…
E
si, ce l’ho fatta^^. Da non credere ma ci
sono riuscita. Non credevo di farcela. Solo all’ultimo
momento sono riuscita a
capire come doveva finire la storia. Non è stato per niente
facile, lo devo
ammettere. Il capitolo è un po’ lunghetto, ma
spero che vi piaccia e che sia
scritto bene.
Come al solito, ci sono le varie citazioni
tratte dalla saga e contrassegnate dagli asterischi:
*Cap
21 L’occhio del Serpente;
**Cap22
L’ospedale San Mungo per malattie
e ferite magiche;
***Wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Oggetti_magici_di_Harry_Potter#Sensore_segreto
per
quanto riguarda le
informazioni sul sensore segreto.
Ringrazio la mia
mora, che come al solito è stata
gentilissima a commentare l’ultimo capitolo.
Aya88:
mora hai visto
che ci sono gli
intrallazzi? Vabbè che avevi letto in anteprima, ma
comunque, il triangolo c’è
sempre, o quasi. Ihihihih per quello che riguarda Piton, non te lo so
dire.
Forse ha visto che non c’era nessuno e allora ha tirato fuori
un po’ del
buonismo che si trova davvero nel fondo del suo carattere burbero. Poi
magari
c’è dell’altro ;) devo chiedere, e
chiederò. Grazie delle annotazioni.
Rileggerò con attenzione gli altri capitoli per vedere gli
errori immani che mi
sono sfuggiti. Che dire di più, mora, grazie davvero di
tutto. Un bacione
enorme, grazie.
Anche a chi non
ha avuto tempo di recensire. Purtroppo
capita. Quindi un saluto anche a Laila (cara, speor che la scuola non
ti abbia
inghiottita!!!) e a Hotaru_Tomoe ;).
Un grazie anche
a chi ha messo la storia tra le preferite:
1
- Elasia
2 - giada2000
3 - Jaden96
4 - L a i
l a
5 - lucre
Grazie
anche
a chi segue la storia: ma la mia moraaaaaaaaaaa, Aya88 ^^
E
a chi la
segue:
1
- Charme
2 - Engels
3 - Frenci_
4 - Hotaru_Tomoe
5 - Jaden96
6 - L a i
l a
7 - Ladyhawke25
8 - mapize
9 - Mary_House
Grazie ai
vecchi e ai nuovi^^. Alla prossima, sperando in un aggiornamento
più rapido.^^
Anche per oggi è tutto
storyteller
lover: