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Autore: Arwen297    13/08/2011    6 recensioni
Quando dopo cinque anni ti trovi nuovamente alle prese con pannolini, biberon e pappe; e hai a che fare con un gruppo di amiche al quanto matte, non sai mai cosa può accadere. Tutto si complica se oltre alla vita quotidiana già incasinata ci si mettono anche nuove e strane comparse, nuove minacce per il Pianeta Terra?
Questa fanfic è il seguito della mia seconda long-fic "Abenteuer in Wien"
Genere: Commedia, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unite per l'Eternita''
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Note dell'Autrice: Eccoci giunti all'ultimo capitolo di questa fanfic, vi avviso: non ho mai vissuto un parto in prima persona quindi non so se ciò che ho raccontato sia realistico o meno, mi sono aiutata con internet. Ma sopratutto non posso fare a meno di citare Fabi, ovvero Cri cri su EFP perchè mi ha aiutata moltissimo con una one shot che ha pubblicato qualche mese fa: "Sensazioni e Pensieri di Una donna In travaglio".
Ringrazio anche:
- Blue Lady , brontolo, Cri cri, dreamslayers91, frenk ,fulmineo, Hana Angel, Illyria86, Kairi chan, L0v3 An1m3, Neke, plvssll2010, pvmacry,Sabrycrazy,toto, uranus94, Wiky91 [Contatta], _monya_  per aver inserito la storia tra le seguite.
- Blue Lady,celesten,  Dana87, Haru87, harumichi, lilyrose12, Marisa92, mononoke, natsumi8645, pvmacry, sharpey18, skullrose, wolfy9117 per aver inserito la storia tra le ricordate
- caso e pvmacry per averla inserita tra le ricordate.
Grazie anche ai lettori che non hanno rivelato la loro "identità" =)
Vi do appuntamento al primo capitolo del quarto episodio della serie, di cui ho già scelto il titolo. "I Gemelli Maledetti" e ho già fatto una specie di copertina su Photoshop ( giusto perchè se non si era capito non faccio un cavolo dalla mattina alla sera in sto periodo"

20^Capitolo: L’inizio della fine

Quattro mesi dopo…

L’estate era giunta all’improvviso esplodendo in una mattina di fine Maggio e portando un sole accecante su tutta la megalopoli di Tokyo. Gli alberi di pesco ormai erano sfioriti da due mesi e le spiagge con la fine delle scuole si erano riempite di ragazzi più o meno grandi che urlavano gioiosi. Ottavia era riuscita a passare l’esame di fine delle scuole superiori con ottimi voti anche grazie alla preparazione ottima che le aveva dato Milena, la Muken infatti esisteva ancora, e si era trasferita in un altro edificio, era ora diretta dalla moglie del sindaco e si era imposta tra le migliori scuole di musica, e non solo, del paese.

Il sole di fine Luglio entrava accecante dalla vetrata di casa Outer illuminando l’appartamento in modo ottimo, sul divano la violinista cercava di rilassarsi, ma l’agitazione era tanta, da li a massimo due giorni avrebbe infatti abbracciato quei piccoli esseri umani che le avevano fatto trascorrere notti insonni negli ultimi quattro mesi. I capelli arruffati e le leggere occhiaie si univano al malessere generale del periodo pre parto, le caviglie erano gonfie, a questo si univa l’ormai onnipresente mal di schiena e l’acidità di stomaco che le impediva ormai da svariati giorni di gustare il cibo come avrebbe voluto; senza dimenticare la strana sensazione che ormai sentiva da qualche tempo al basso ventre, la ginecologa che la seguiva dal suo rientro dopo il mese a Vienna le aveva più volte spiegato che tutto ciò era normale, che erano i bambini che stavano assumendo la posizione giusta per uscire, inserendo la testolina nella sua cavità pelvica. Normale o no, era tutto piuttosto fastidioso. La dottoressa poi aveva avanzato l’idea che molto probabilmente trattandosi di un parto gemellare si sarebbe reso necessario compiere il cesareo. Aveva dunque dovuto compiere tutti gli esami necessari per questa eventualità, anche se sperava con tutta se stessa che non ve ne fosse bisogno, anche se il parto naturale sarebbe stato decisamente più doloroso e lei questo lo sapeva benissimo.  I suoi pensieri furono interrotti dalla porta d’ingresso che si apriva rivelando un Heles sporca di grasso della moto e decisamente sudata, quella visione provocò un moto di ilarità nella violinista che non poté trattenere le risate.

“Perché ridi?” chiese l’altra con un espressione di  una che non ci capisce niente.

“Sembri un panda” mormorò lei traendola a se anche se la bionda era dietro lo schienale del divano per baciarla.

“Panda…piuttosto come ti senti?” chiese l’altra, da qualche giorno a quella parte era nervosa anche lei, da li a pochi giorni sarebbe diventata realmente un papà a tutti gli effetti  e anche se aveva vissuto un’esperienza simile con Ottavia, aveva la sensazione che non sarebbe stata la stessa cosa.

“Bah… bene, voglio dire… mi sento come dovrei non che sia piacevole ma tanto deve essere così” rispose lei facendo spallucce.

“Vado a farmi la doccia, Sidia è in camera sua se dovessi sentire qualcosa chiamaci ok?” replicò la motociclista. Erano le cinque e mezza del pomeriggio e dopo tutta la giornata giù di sotto in garage a cercare di sistemare i settaggi della sua moto rossa fiammante andati a pallino dopo tanti mesi di inattività durante i quali lei si era sempre mossa in macchina perché nella maggior parte dei casi la violinista l’aveva accompagnata in giro: dopo l’incidente di Vienna, infatti, non aveva più il coraggio di farla sedere sul retro della moto, non in quello stato, dalla settimana dopo almeno in parte sarebbero potute tornare alle loro vecchie abitudini.  Rimasta sola in sala  la guerriera di Nettuno decise che era l’ora di alzarsi per cercare di andare a mangiare qualcosa, ignorando il male alla schiena che ormai era una costante si avviò verso il frigo della cucina e prese il necessario per preparare quattro o cinque tramezzini consapevole che vederla mangiare avrebbe scatenato la fame anche nella compagna.

“SIDIA VUOI QUALCOSA DA MANGIARE ANCHE TE?” si trovò a urlare qualche minuto dopo ricordandosi che anche la custode del tempo era in casa, Ottavia era al mare con le sue compagne di classe e non sarebbe tornata prima delle otto a casa.

“SI GRAZIE ORA ARRIVO” le rispose la bruna dalla sua camera alzandosi, e muovendosi in direzione della cucina. La ragazza dai capelli verde acqua si mise a comporre i tramezzini: prosciutto e maionese, tonno e maionese, mozzarella con prosciutto insalata e prosciutto. Bevve poi un sorso d’acqua, e ne prese uno al prosciutto cotto, quei piccoli panini erano tutto ciò che riusciva a mangiare in quel periodo di più non riusciva a reggerlo era più forte di lei. Sentiva sempre più spesso i calci dei gemelli dentro di lei e le loro manine muoversi.

Dopo circa mezz’ora Heles fece il suo ingresso in cucina con indosso dei vestiti puliti e attorno al collo un asciugamano, i capelli spettinati e ancora umidi che le donavano un’aria tremendamente sexy. Appena seduta afferrò uno dei due tramezzini al tonno e lo finì in pochi minuti. Ignorando il fatto che la compagna stava iniziando a sentire qualche dolore insolito e mai provato fino a quel momento.

“Amore mi faccio una doccia e poi credo sia il caso di andare in ospedale” mormorò, non so cosa le aveva fatto pronunciare quelle parole, forse l’istinto. Ma sarà stata la volta buona o era solamente un falso allarme? Alle parole della pittrice alla bionda andò di traverso lo spuntino che stava assaporando, un’agitazione fin troppo forte si impadronì di lei nel momento esatto in cui la compagna entrò nel bagno a farsi la doccia. Non riusciva decisamente a stare ferma, il tempo passava fin troppo lentamente, sentiva l’ansia salirle e prese ad andare avanti indietro tra la sala e il Bagno, e dal bagno alla sala chiedendo ogni cinque minuti alla guerriera dei Mari se andava tutto bene. Domanda alla quale lei rispondeva di si. Anche se il suo benessere era relativo con quei piccoli dolori ancora a distanza al quanto grande tra loro.

“Hel ti prego mi stai facendo salire i nervi stai tranquilla, vederti così agitata la manderà sicuramente nel panico!” esclamò Sidia mantenendo la calma serafica che da sempre la contraddistingueva, anche se lei stessa sentiva una sorta d’ansia salirle. “Avviso Ottavia in modo che ci raggiunga in ospedale” disse qualche istante iniziando a scrivere velocemente un sms sul telefonino, messaggio che però avrebbe avuto due destinatari.

“La fai facile tu Sidia!!” sbottò la guerriera di Urano continuando ad andare avanti indietro, prima di fermarsi a controllare se nella borsa vi era tutto l’occorrente necessario. “Quando avrai un bambino tu vedremo, sempre che trovi qualcuno che ti sopporti” la punzecchiò.

“Be se hai trovato tu la ragazza, io lo troverò di certo.” Rispose Pu con un sorriso beffardo stampato sul volto proprio nell’esatto momento in cui si apriva la porta del bagno dal quale uscì Milena con i vestiti indossati quello stesso mattino e che tirò un enorme sospiro.

“Andiamo?” chiese, cercando di mascherare l’ansia e la paura per il parto che pian piano salivano in lei. A quelle parole le due scattarono in piedi e la bruna prese la borsa per l’ospedale.

 

***

Bunny era sulla spiaggia a pochi chilometri da Tokyo con la sua futura famiglia e la sorella non che le amiche di quest’ultima, le guerriere del Sistema Solare Interno non avevano voluto raggiungerli per far si che quella fosse un’autentica uscita in famiglia. Avevano anche brontolato quando le Sailor Season avevano insistito per accompagnare Akane nella paura che ci potesse essere qualche primo attacco da parte dei nemici, ma i loro lamenti erano risultati molto vani. Kristel, Yumiko, Kichi e Misako erano ben consapevoli del loro ruolo e mai avrebbero lasciato la loro principessa da sola quando ormai era prossimo l’inizio della fine del mondo. O almeno questo era ciò che sembrava. La sorella della Principessa della Luna era comodamente distesa sulla sdraio ed era molto pensierosa, mancava solamente un unico tassello per essere sicure che la profezia letta dal volume della Biblioteca del palazzo reale di Ridel, e quell’elemento non era ancora comparso.

“Akane a cosa pensi?” le chiese Bunny mentre osservava Chibiusa giocare con le compagne di squadra della sorella in acqua poco lontano dalla riva, il suo ragazzo invece era nella sdraio al suo fianco che leggeva un libro, con il suo fisico mozza fiato.

“Niente e che non riesco a capire che cosa possa essere il rubino rosso della profezia, e se non c’è quello vuol dire che tutte le nostre ansie sono infondate e forse i vostri due gruppi possono convivere nuovamente in pace” disse l’altra alzando lievemente gli occhiali da sole con una mano per guardare meglio la bionda al suo fianco. I due gruppi a parte la convivenza forzata avuta in occasione del Compleanno di Milena svariati mesi prima non si erano più molto frequentati, e questo in caso di una guerra non giocava certamente a loro favore, ma Heles era irremovibile dalla sua decisione. Rea non voleva chiedere scusa alle Outer ne loro la volevano chiedere alle Inner, e le uniche che per fortuna erano tollerate da entrambe le fazioni erano appunto Bunny e Akane. Ragion per cui erano rimaste d’accordo che solamente le loro Principesse sarebbero andate in ospedale.

“Amore ti è arrivato un messaggio sul telefono in questo momento” esclamò Marzio cercando nella borsa per il mare il telefono della ragazza, per poi passarglielo un attimo dopo. La ragazza dai biondi codini afferrò il piccolo oggetto certa che vi avrebbe trovato un messaggio di Rea o Morea, ma le sue aspettative furono prontamente smentite: Sidia. Ciò voleva dire solamente una cosa: la nascita era vicina.

“Ragazzi dobbiamo togliere le tende dalla spiaggia, Milena e le altre stanno andando in Ospedale in questo momento” esclamò emozionata al solo pensiero che avrebbe assistito da spettatrice ad un esperienza che ben presto avrebbe vissuto in prima persona per donare la vita alla sua Chibiusa.

“KRI DOBBIAMO ANDARE USCITE DALL’ACQUA!!!” urlò la gemella della Luna con la sua voce cristallina prima di iniziare a vestirsi. Indossò una maglietta a righe bianche e azzurre, e una gonna che le arrivava fino al ginocchio che però era bianca le infradito erano invece azzurre. Prese poi la borsa per il mare con le maniglie in corda bianca e la stoffa del medesimo colore della sua maglia entro la quale infilò il telo per il mare. Bunny invece quel pomeriggio indossava una maglietta rosa e dei pantaloncini bianchi, la borsa per il mare era in paglia con una corona di fiori fucsia all’estremità superiore, due nastri dello colore della maglia adornavano i suoi odango.

Mezz’ora più tardi erano nell’enorme sub di Marzio che aveva posto per otto persone diretti alla volta di Tokyo.

 

***

Erano quasi le diciannove di sera quando varcò l’ingresso dell’ospedale diretta con le sue amiche al reparto di Ostetricia e Ginecologia, pregando che il Ginecologo di turno fosse la dottoressa che l’aveva seguita durante tutta la gravidanza. Quella donna le ispirava una sensazione di tranquillità assoluta, che in quella situazione non le poteva fare nient’altro che bene. Strinse i denti per non far preoccupare le due che erano con lei in ascensore,  all’ennesimo dolore forse un po’ più intenso del precedente.

“Michi va tutto bene?” chiese la bionda notando forse la sofferenza che le si dipingeva in volto. Lei si limitò ad annuire, era dura ammetterlo ma aveva una fottuta paura del parto, sarebbe riuscita a sopportare realmente tutto quel dolore fisico? O avrebbero dovuto ricorrere al cesareo come era stato messo in programma? Sarebbe andato tutto liscio? Tutta quella moltitudine di domande ottennero l’effetto contrario a quello desiderato. Agitarla ancora di più. Il corridoio del reparto aveva i muri rosa con una moltitudine di pupazzetti sorridenti soprattutto nei pressi della nursery, animaletti che sembravano la prendessero in giro visto la felicità che trasudavano da tutti i pori. Alla fine del corridoio la ginecologa parlava serenamente ad un ragazzo sui ventisette anni circondato da altre persone, sembrava al quanto pallido, molto probabilmente era un neo papà che non aveva retto all’emozione. I suoi pensieri furono interrotti dal telefonino di Heles  che squillava.

“Mia madre…tu vai ti raggiungo subito” le disse prima di rispondere “Pronto”

“Ciao tesoro come state?” disse Helen “Milena?”

“Ehm mamma in realtà siamo in ospedale ti avrei chiamata appena sistemavano lei” rispose tutto d’un fiato, ancora doveva elaborare l’idea che da li a qualche ora avrebbe stretto due esserini. Sulle quali in quei mesi avevano fatto solamente tante supposizioni.

“O cavolo e me lo dici così? Arriviamo subito siete a quello centrale giusto?” chiese la donna tutta agitata per la notizia.

“Si mamma siamo li ti devo lasciare ora, ci vediamo dopo!” tagliò corto la ragazza raggiungendo la pittrice che nonostante i dolori sempre più frequenti fu tempestata di domande dalle infermiere per compilare i dati per il ricovero, al termine delle quali la guerriera di Nettuno fu fatta sdraiare dalla ginecologa su un lettino e attaccata ad una macchina di monitoraggio al quanto fastidiosa, più che per il rumore in se il fatto di non potersi muovere per cercare di ignorare i dolori la faceva sentire come una tigre in gabbia.

“Siamo solamente a quattro centimetri, devi arrivare almeno a sette, meglio nove. Il tracciato indica una contrazione ogni nove, dieci minuti“ disse la dottoressa. Fantastico. Quella che aveva davanti sarebbe stata una lunga nottata. La sua futura suocera le aveva più volte parlato del parto, di ciò che si provava del dolore, erano tutte stronzate. Quello che si prova nella realtà era molto peggio, bisognava solamente provarlo per capirlo, il parto è una di quelle esperienze che o le vivi o non puoi capirle fino in fondo.

Alle ventuno dopo due ore passate sopportare i dolori intermittenti in seguito all’ennesima visita l’infermiera le disse che avrebbero applicato il gel per stimolare le contrazioni in quanto non vi erano stati progressi decisivi, le avevano anche portato da mangiare ma non riusciva a ingoiare niente, l’ansia le impediva di mandare giù qualsiasi cosa anche se sapeva che avrebbe dovuto farlo per tenere lo stomaco pieno nel caso avesse dovuto prendere degli antibiotici. Il gel fresco le regalò un lieve sollievo, non toglieva l’agitazione che cresceva anche grazie alle urla che sentiva provenire dalla sala parto che non erano per nulla confortanti, anzi tutto il contrario.

 

***

Gli occhi azzurri di Akane si posarono sull’orologio che portava al polso, erano esattamente tre ore che erano arrivate in ospedale, e ancora non aveva visto niente che potesse completare la profezia fino in fondo, da un lato era sollevata da questo perché se non ci fosse stato questo fantomatico rubino rosso tutti si sarebbero salvati. Ma le sue speranze non erano molto forti. Ottavia era giunta poco dopo di loro agitatissima e chiedendo a che punto era la faccenda: era pur sempre una sorella maggiore!

Bunny invece era persa nei suoi pensieri con la testa appoggiata al vetro di una delle finestre dell’ospedale, era preoccupata per l’imminente battaglia che avrebbero dovuto affrontare anche se non voleva farlo vedere, era la leader del gruppo e doveva farsi vedere lucida fino a quando ne avesse avuto la forza, altrimenti tutto il gruppo sarebbe caduto nel panico più totale. Guardò la città, tutte quelle persone lungo le vie non avevano la minima idea che quella notte sarebbe molto probabilmente stata una delle ultime che avrebbero passato con le persone che amavano. Sospirò, poco lontano i genitori di Heles parlavano animatamente con Sidia come se si conoscessero da un eternità.  Marzio e Chibiusa erano andati a mangiare qualcosa, lei non avendo fame era rimasta con la sorella e le sue amiche vivendo fino all’ultimo secondo quell’estenuante attesa. Guardò per l’ennesima volta la città cercando di distrarsi, di non pensare ma vani furono i suoi tentativi. Finché la luna, la sua candida luna non attirò la sua attenzione.

“Non è possibile!!” esclamò con un tono piuttosto alto della voce, attirando così su di se l’attenzione del gruppo.

“Bunny cosa c’è?” le chiese la sorella allarmata, raggiungendola alla finestra e spostando il suo sguardo sulla strada, accorgendosi solamente dopo pochi istanti che lo sguardo della bionda non era diretto alla vita frenetica in poco più basso ma in alto a guardare le stelle, una mano raggiunse in breve tempo la sua bocca. Mentre un’espressione  allarmata si dipinse sul suo volto e nei suoi grandi occhi azzurri.

“Si può sapere cosa c’è?” esplose irritata Ottavia, al quanto nervosa per tutta quella situazione.

“Il rubino rosso ha fatto la sua comparsa” rispose la ragazza dai capelli candidi voltandosi verso di loro “ La nostra Luna è rossa” il silenzio più totale cadde nel corridoio. 

 

***

Non avrebbe mai immaginato che i dolori da così lievi e abbastanza sopportabili sarebbero cambiati così all’improvviso divenendo all’improvviso più frequenti e prolungati e soprattutto fortissimi, essere investita da un camion in confronto sarebbe stata una passeggiata. Le infermiere dopo una decina di minuti la raggiunsero dicendole che era il momento di passare in sala parto perché da li a poco sarebbe iniziato il travaglio vero e proprio. Come sempre cercava di non far trasparire dal viso il dolore e la sofferenza che stava provando in quel momento, anche se la sofferenza era giunta a livelli disumani.

La bionda da parte sua si sentiva impotente, d’altronde cosa poteva fare? A parte rassicurarla e starle vicino non poteva fare nient’altro, si sentiva spiazzata dall’evolversi degli eventi, erano passate cinque ore e ancora erano in alto mare, si chiedeva quanto poteva resistere ancora ai dolori la violinista, al suo posto non c’è l’avrebbe fatta, non così silenziosamente ad affrontare tutto, lei altro che silenzio avrebbe mollato tante di quelle imprecazioni che avrebbe fatto scendere in terra gli angeli.

Alle due di notte il primo dei gemelli non era ancora uscito, e lei era sfinita dal dolore e soprattutto dalla stanchezza quante ore erano passate? Due, tre, dieci? Aveva perso il conto le sembrava di essere li da un eternità con il tempo fermo che non progrediva.  Sentiva solamente il medico, o forse le infermiere che le dicevano di spingere, ma per quanto ci si impegnasse suo figlio o sua figlia non accennava a voler venire al mondo e di conseguenza tappava la via di uscita anche all’altro. La motociclista al suo fianco c’era, le faceva coraggio anche solo con lo sguardo nonostante si sentisse inutile, le dita intrecciate alle sue, sopportava le unghie puntate nel palmo delle mani senza battere ciglio anche se aveva la sensazione che le stesse facendo male ormai da ore. Poi all’improvviso si sentì più leggera di quanto non si sentisse da mesi, un emozione fortissima e un moto di preoccupazione per i seguenti due minuti che cancellarono le contrazioni ancora dolorose di cui era vittima per dare un posto nel mondo anche al secondo. Poi un vagito, un pianto acuto e strillante.

“E’ la bambina” disse loro un’infermiera porgendola  alla madre, provocando in lei un pianto di gioia liberatorio,  un’emozione grande dentro di se mentre le sue iridi cobalto si specchiavano nei grandi occhi viola della bambina  dal visino rotondo che agitava le manine grinzose e rosse verso di lei.

“ Sei bellissima piccolina” furono le uniche parole che riuscì a pronunciare Heles  che si era avvicinata a lei per guardare meglio il primo frutto del loro amore avvolto nel panno verde dell’ospedale prima che una delle infermiere la prese nuovamente in consegna. C’era  il fratellino da far nascere, la lotta non era finita e i dolori lo ricordavano alla guerriera di Nettuno. Mentre la bambina veniva vestita e dotata del braccialettino con il numero corrispondente a quello della mamma.

Un’ora e mezza più tardi l’ultimo nascituro non si era ancora affacciato al mondo, e la pittrice ormai esausta aveva iniziato a cadere in uno stato di incoscienza tra un dolore e l’altro, spingeva ma non usciva e il tracciato pian piano iniziò a rilevare una sofferenza fetale in aumento mentre il battito del bambino si era avvicinato a livelli pericolosamente bassi.

“ Dobbiamo procedere con un cesareo si è posizionato male e non riesce a uscire” disse il ginecologo che aveva iniziato il turno a mezza notte, leggendo le cartelle di tutti gli esami fatti dalla ragazza in previsione di un eventuale intervento di quel tipo. “Appena arriva l’anestesista le facciamo l’epidurale, dovrebbe essere qui a minuti” l’uomo era decisamente duro e quasi insensibile, con il viso di chi ne aveva viste a centinaia di nascite, e che aveva dovuto effettuare altrettanti interventi di quel tipo. Avrà avuto una cinquantina d’anni e aveva i capelli grigi e brizzolati. Devi farcela. Pensò la guerriera dei Mari, non poteva morire ancor prima di venire al mondo il loro bambino, no che non poteva era impossibile. Un moto di disperazione la travolse in pieno a quella notizia facendola cadere nel panico.

“Stai tranquilla Michi vedrai che si risolverà tutto” sentì la voce di Heles proprio all’orecchio, i medici le avevano detto di spostarsi e quindi si era seduta dietro al lettino per essere il meno ingombrante possibile. Sentirla così tranquilla la rassicurò parecchio, non del tutto però. Pochi minuti più tardi videro entrare una donna dai capelli rossi legati in una coda contenuta dentro una specie di retina con due occhi verdi e il viso ricco di lentigini che fece sedere sul letto la ragazza intimandola di stare ferma il più possibile. Fosse facile.

Pensò lei sospirando aspettando di sentire l’ago nella schiena. Sentì una leggero dolore e poi dopo massimo cinque minuti iniziò a perdere la sensibilità dal bacino in giù e con lei anche i dolori scomparvero. Donandole un respiro di sollievo, ora avrebbe dovuto solamente aspettare e avrebbe potuto stringere anche il loro bambino tra le braccia.

“Hel sono ancora tutte in corridoio a quest’ora della notte?” bisbigliò per cercare di distrarsi da ciò che avveniva intorno a lei al di là della barriera in stoffa verde che avevano innalzato i medici per nascondere ai loro occhi l’operazione.

“Sidia e Ottavia sicuramente si…i miei genitori anche le altre non lo so” mormorò lei stanca per quella nottata in bianco. Le scappò un leggero sbadiglio che nascose immediatamente con una mano, con l’altra accarezzava dolcemente il viso dell’altra. Carezze che in breve la portarono in uno stato di dormiveglia. Fu così che almeno la violinista non si accorse di niente, realizzò che tutto era finito solamente quando alle sue orecchie giunse un pianto meno acuto e più forte del precedente che la riportò alla realtà giusto pochi istanti prima che l’infermiera portò loro il loro secondo genito. Le lacrime iniziarono a scorrere copiose, mentre quei curiosi occhi verdi, identici a quelli del suo “papà” guardavano il mondo intorno a lui, piccoli e sottili capelli di un colore che a prima vista era molto simile a quello della madre leggermente mossi sulla testolina. Quel contatto con la creatura che aveva portato in grembo per nove mesi, le fece dimenticare in un secondo tutto il dolore sofferto in quelle ore. Heles ricevette in braccio la bambina che era immersa nel primo sonno della sua vita.

Insieme guardarono loro frutto dei loro desideri, del loro amore.

Fu amore a prima vista. Un amore che trafigge il cuore e che non conosceva confini.

   
 
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