XVIII Capitolo
Non voglio
andarmene. Non voglio tornare a Londra!
Voglio restare qui.
Mi ero svegliato con questi pensieri che mi vorticavano in testa. Era
tardissimo, ero di pessimo umore e la prima persona che avrei voluto vedere era
lei. Sophie stava ancora dormendo, però.
Seduto sul divano con una tazza di the in mano e il giornale nell’altra
cercai di concentrarmi e di leggere. Fare la mia solita colazione alle undici e
trenta del mattino non era il caso.
Avevo chiamato Susy per tutti i ragguagli del viaggio. Sarei
partito alle cinque del pomeriggio.
Appena quattro ore da passare con lei.
Ero ancora di pessimo umore così non mi accorsi della sua presenza.
Entrò in punta di piedi, ancora una volta scalza. Aveva i capelli gonfi e
arruffati, una maglietta a maniche corte lunga fino a mezza coscia e un sorriso
dolcissimo ad incorniciarle il viso.
“Buondì” esordì guardandomi
ed entrando in sala.
La seguì con lo sguardo finché non si rannicchiò vicino a me.
Esattamente come un gattino lasciò cadere la testa sulla mia spalla.
“Ben svegliata dormigliona” le baciai il capo sospirando deliziato
Anche appena
sveglia profumava di cocco?
“Margaret e la mamma?” chiese sbadigliando
assonnata
“Sono andate al mercato presto questa mattina. Dovrebbero tornare
a momenti” guardai l’orologio per accertarmene
“Ho fame”
“A chi lo dici! Mi sto trattenendo ma potrei cominciare a mordere
i cuscini del divano da un momento all’altro!”
“A che ora parti oggi?” domandò tornando di colpo seria
Eccola la domanda
che temevo…
“Prendo l’aereo alle sei, perciò partirò da qui un’ora prima”
Lei annuì senza dire nulla. Sospirò e si accoccolò meglio
raccogliendo le gambe al petto. Buttai da parte il giornale e posai la tazza
sul basso tavolino di fianco. La circondai con un braccio e l’avvicinai di più
a me.
“Ti potrò chiamare? Quando sarò a Londra,
intendo”
“Mhm … ci devo pensare ” un sorriso traspariva dai suoi occhi
“Il tuo numero” reclamai deciso allungandole una penna ed un
blocco di post-it.
Lei si sporse, solo con la penna, mi prese una mano e cominciò a scriverci
sopra. Guardai la mano e sorrisi. Avevo il suo numero.
“Quanto resterai via?” domandò in un sussurro
“In realtà non ne ho la minima idea. Credo e spero non più di qualche
giorno. Voglio tornare qui al più presto”
“Perché?”
“Beh, perché dovrei essere in vacanza … almeno in teoria. Ho solo
uno stupido incontro con un paio di registi per delle proposte
cinematografiche”
“E poi ho una promessa da mantenere … devo aiutare un’ostinata
ragazza italiana a migliorare il suo inglese” aggiunsi poco dopo guardandola
con la coda dell’occhio
“Tsz! Se è solo per questo non c’è bisogno della tua presenza. Tua
madre andrà benone” rispose piccata
“Ma non è la stessa cosa! Vuoi mettere una come lei contro un bel
fustaccio come me? Dai, non c’è confronto! ” ribattei assumendo una posa da
modello
“Che esibizionista! Hai un ego smisurato, lo sai?” mi tirò un
leggero pugno sulla spalla.
Ridacchiai.
Ad interromperci fu il rumore della porta d’ingresso. Si aprì e si
chiuse poco dopo.
Le voci concitate delle nostre madri erano inconfondibili. Mi
alzai per vedere se avevano bisogno di aiuto e Sophie mi seguì.
Gerard partì qualche ora dopo salutandomi con un bacio frettoloso
sulla guancia.
Erano trascorsi cinque giorni dalla sua partenza.
Riuscì a chiamarmi solo un paio di volte e le telefonate durarono pochi
minuti. Mi disse che le cose si erano complicate e che forse si sarebbe
trattenuto più del previsto. Entrambe le volte era di corsa ma mi disse di
voler sentire la mia voce.
Quello stesso giorno pranzammo in cucina e sia la mamma che
Margaret, nel pomeriggio, uscirono per le ultime compere. Fra pochi giorni
saremmo tornate in Italia, a casa nostra. Margaret era un poco triste e tentò
di convincerci a rimanere.
Quello stesso pomeriggio stanca di rimanere in casa da sola,
buttai l’album sul letto e mi preparai. Volevo uscire. Avevo bisogno di aria.
Mi ci voleva una passeggiata. Guardai dalla finestra e notai che il tempo era
nuvoloso. Mossi le spalle incurante ed uscì.
Ero triste … e il perché lo sapevo bene!
Mi mancava averlo
per casa. Mi mancava la sua presenza. Mi mancavano i nostri battibecchi e le
sue prese in giro.
E non lo avrei
rivisto prima di partire…
Ero triste e con il morale a terra. Mi scrollai di dosso quei
pensieri e solo allora mi accorsi che stava piovendo.
Mi guardai intorno ma non vidi né riconobbi niente di familiare.
Con tutti quei pensieri mi ero allontanata più del previsto o magari avevo
sbagliato strada. Feci un giro su me stessa ma la situazione non cambiò.
Non avevo la minima idea di dove mi trovavo.
Sospirai.
Mi ero persa.