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Autore: EverybodyHurts    16/08/2011    2 recensioni
Quella mattina Chiara si svegliò come al solito, con il suo fare scontroso e menefreghista. Le sembra una giornata come tutte ma non sa che incontrerà per la prima volta quegli occhi: i SUOI occhi, così blu.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Okay, visto che nessuno segue questa storia ad eccezione del mio tessssssssssoro, io pubblico il capitolo ugualmente, per lei. Ovviamente se qualcuno dovesse iniziare a leggere questa storia e dovesse recensirla, beh, mi renderebbe felice. (:

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Entrai in classe e con la coda dell’occhio vidi Luca mentre mi sorrideva. Lo ignorai e mi affacciai alla finestra della mia classe. Si erano già formati i soliti, inutili, odiosi gruppetti qua e là nella classe e sinceramente non avevo alcuna voglia di unirmi a nessuno di loro. Si avvicinò Sofia, una delle pochissime persone con le quali avevo legato dall’inizio del liceo. Ed erano passati tre anni, ero in terzo. Ma Sofia la conoscevo dall’asilo, quindi è un caso a parte. Mi venne incontro facendo svolazzare i suoi bellissimi capelli lisci e biondi e mi rivolse un sorriso smagliante. Aveva le labbra ricoperte di lip-gloss. Era la classica ragazza bellissima dai capelli biondi lisci e gli occhi azzurri, una di quelle che per splendere non hanno bisogno di abiti firmati, non hanno bisogno di riempirsi di trucco pesante o mini-gonne vertiginose: è bellissima così.
Risposi al suo sorriso con una smorfia, non sapendo a cosa fosse dovuto tanto entusiasmo.
<< Dai, cos’è quella faccia? >> chiese sistemandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
Ignorai le sue parole e posai lo zaino sul banco.
Lei mi fissò e chiese: << Allora sabato sera ci vai? >>.
La guardai attentamente. Andare? Dove? Feci mente locale, ma non ricordavo.
<< Dove? >> chiesi spaesata.
<< DOVE!? L’evento dell’anno, hai presente? >> disse sgranando gli occhi e gesticolando in una maniera assurda. L’adoravo quando faceva così.
Le sorrisi. << Ah già! La festa di Corsetti, me n’ero dimenticata! >> dissi.
Corsetti, Raffaele Corsetti, era un ragazzo del quinto che aveva organizzato una mega festa per i suoi diciotto anni invitando mezza scuola (se non tutta). Era il classico figlio di papà, ricco sfondato, con una villa con mille bagni, mille cucine e mille camere da letto. Sofia era riuscita a rimediare l’invito visto che suo fratello era in classe con Raffaele il quale, per farsi ancora più figo agli occhi degli amici, aveva deciso di invitare tutta la nostra classe. In realtà non era figo. Non si rendeva conto che le ragazze che frequentava non erano attratte da lui, ma dal suo portafogli.
<< Dimenticarsi di una festa stratosferica a bordo piscina in una villa tutta per noi per una notte? >> chiese sgranando gli occhi ancora un po’.
<< Ma non lo so se vengo.. >> dissi indecisa. In realtà sapevo che ci sarei andata, volevo solo vedere la sua espressione.
<< Nonono, non ci siamo Chia. DEVI venire, è un ordine. Anzi.. ti vestirò io! >> disse e gli occhi cominciarono a brillarle.
<< Sai, ho imparato a vestirmi molti anni fa. >> terminai.
<< Oh andiamo, sarai bellissima! Anzi, già lo sei! >> urlò. E qualcuno dal’altro alto della classe ridacchiò. Squadrai quel qualcuno e in quel preciso istante entrò la professoressa di scienze. Martedì, prime due ore: scienze. Sorrisi tra me e me: ero già stata interrogata e avevo già portato a casa il mio sette. Perciò durante quelle prime due ore avrei potuto benissimo riposarmi.
Chiusi gli occhi e mi nascosi dietro Alessandro (denominato “l’armadio” per i suoi muscoli) in modo che la professoressa non si accorgesse di me.
<< Venerdì shopping? >> chiese Sofia sussurrando e riportandomi nel mondo reale.
<< Lo sai che detesto fare shopping >> conclusi esausta.
<< E invece ti piacerà. Niente discussioni. >> disse e si tappò le orecchie per non sentire mie eventuali risposte. Avevo perso e per giunta avrei dovuto fare shopping con Sofia e la cosa non mi rallegrava minimamente visto che fare shopping con lei significava entrare in TUTTI i negozi. Terribilmente frustrante. Ricominciai a scarabocchiare il diario con simboli incomprensibili e la giornata passò tranquillamente. Avevo sbagliato dal primo all’ultimo libro ma nessuno se ne accorse. Non affrontai nessuna interrogazione e uscii da scuola felice. Vidi Luca dall’altro lato del cortile e mi voltai. Scesi le scale d’ingresso e mi avviai verso la fermata dell’autobus, come sempre, solita routine.
Salii sull’autobus e cercai Luca con lo sguardo. Scossi la testa bruscamente e andai a sedermi. Perché continuavo a pensare a quegli occhi? Conoscevo quel ragazzo da poche ore, non potevo permettermi di averlo nella testa. Chissà perché non è sull’auto, magari si farà accompagnare da qualche suo amico – mi sorpresi a pensare. Presi il diario dallo zaino e cominciai a scrivere qualcosa, per non pensare più a questo Luca. L’autista dovette annunciare ben tre volte la fermata perché non lo stavo ascoltando. Scesi di corsa e aprii il cancello. Luna, la mia gattina, corse verso di me. La presi in braccio come al solito e iniziai a farle le coccole. << Ciao amore mio, come stai? >> le chiesi, con la convinzione che prima o poi mi avesse risposto. Mi diede una leccata sulla mano e io la poggiai a terra. Entrai in casa, e come al solito mia madre non c’era. Pranzai con un panino al prosciutto viste le mie scarse qualità culinarie e corsi a farmi una doccia. Non avevo voglia di accendere il phon, così lasciai asciugare i capelli al vento. Era Maggio ormai, faceva caldo. Sentii il mio cellulare vibrare: era Luigi. Non risposi. Il mio umore andava a giornate: c’erano giorni in cui mi alzavo sorridente, altri in cui non avevo voglia di fare niente. E in questo caso, non avevo neanche voglia di rispondere al mio migliore amico, c’è da vergognarsi. Mi misi il mega pigiamone nero con un’enorme faccina sorridente sul petto e mi sdraiai sul divano, munita di popcorn e altre schifezze varie. Accesi lo stereo a tutto volume e nel frattempo cercai di seguire la trama di un film in tv. Ma i vicini vennero a lamentarsi dicendo che quella era l’ora del riposo e non si poteva fare chiasso. E allora quando è l’ora di far chiasso? Vivevano dall’altro lato della strada, possibile che il rumore arrivasse anche lì? Spensi a malincuore la musica e la tv e iniziai a leggere un libro noiosissimo, non a caso era di mamma. Mi alzai dal divano e, non sapendo che fare, decisi di andare in giardino a coccolare un po’ Luna. Dopo un po’ mi annoiai e tornai dentro senza sapere cosa fare. Perfetto, una ragazzina e i suoi sedici anni, alle prese con le crisi esistenziali.
Il Mercoledì passò, il Giovedì passò e il Venerdì arrivò. Sofia sarebbe venuta a prendermi verso le quattro e mezza e insieme saremmo andate nel centro a fare “shopping”. La cosa mi riempiva d’entusiasmo. CERTO
   
 
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