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Autore: EverybodyHurts    07/05/2011    2 recensioni
Quella mattina Chiara si svegliò come al solito, con il suo fare scontroso e menefreghista. Le sembra una giornata come tutte ma non sa che incontrerà per la prima volta quegli occhi: i SUOI occhi, così blu.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! 
Mi è venuta in mente questa storiella e ho voluto scriverla ^^
Spero vi piaccia, un grande bacio!

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La sveglia continuava imperterrita a suonare, nonostante la mia voglia matta di restare a dormire almeno un’ora in più. Mi arresi al suono fastidioso di quell’inutile aggeggio, alzai il capo e, con un gesto fulmineo presi quella sciocca sveglia rosa (colore che odio, inoltre) e la scaraventai contro l’armadio. Niente da fare, continuava con quella sua stupida melodia. Dal piano di sotto arrivava l’odore del caffè e il rumore dei tacchi di mia madre, pronta per andare al lavoro. A tutte le persone che conosco, l’odore del caffè della mattina fa piacere, dà un motivo in più per alzarsi. A me da solo la nausea. Decisi di arrendermi, mi alzai e presi la sveglia. Finalmente la spensi e la poggiai sul comodino, esattamente dove stava prima che la lanciassi. Imprecai alla vista dell’orario: ero in ritardo. Ma non mi meravigliai, ero sempre in ritardo. Cominciai a camminare tranquilla, come se non m’interessasse un granchè dell’ora, e scesi giù con le mie coulotte e la mia canottiera. Sbadigliai e arrivai in cucina. Aprii il frigorifero, presi uno yogurt bianco e lo richiusi sbattendo l’anta. Mia madre mi raggiunse e mi fissò allibita (la solita espressione giornaliera).
<< Che cavolo combini ancora in mutande? >>
<< Buongiorno mamma. >> dissi io calma, accomodandomi su una sedia e incrociai le gambe.
<< Vuoi sbrigarti? >> chiese acida.
La guardai e non risposi, continuando a gustare il mio yogurt. Quando ebbi finito, tornai nella mia camera per scegliere i vestiti. Sbadigliai una seconda volta. Scelsi un paio di jeans attillati chiari e una maglietta lunga nera a righe. Andai in bagno a lavarmi e pettinarmi, tornai in camera e mi vestii. Decisi di mettermi le converse a quadri rosse e bianche, nuovo acquisto della settimana. Di certo non ero coordinata, quadri e righe non legano. Ma chi se ne frega? Ognuno si veste come vuole. Presi una collana di perle bianche e nere e un paio d’orecchini a forma di cerchio. Poi presi la cartella, abbandonata sotto al letto con i libri del giorno prima. Lo svuotai e lo riempii di nuovo, scegliendo libri a caso. Non mi andava di sfogliare il diario per vedere quali materie avrei avuto. Non avevo fatto i compiti, se mi avessero interrogata, avrei preso sicuramente qualche impreparato. Non m’interessava. Zaino in spalla, converse ai piedi, lucidalabbra e matita rigorosamente nera, passata di piastra.. ero finalmente pronta. Era tardi, non sapevo se fossi riuscita a prendere l’auto. Male che vada – pensai – me la faccio a piedi. Salutai mia madre a mezza bocca e uscii di casa. Non avevo nessuna intenzione di mettermi a correre, me la presi comoda. Arrivai stranamente in tempo, anzi in anticipo. Alla fermata c’erano due ragazze che spettegolavano e un gruppo di ragazzi che si raccontavano recenti conquiste. Le ragazze si voltarono a fissarmi e, credendo che non me ne fossi accorta, una di loro commentò: << Ma che si è messa? Ahahah! >> e l’altra rispose: << Bah, che cattivo gusto. >>
Beh, non sono una con i peli sulla lingua. Lanciai loro un’occhiataccia e continuai: << Avete qualcosa da dirmi? >> chiesi squadrandole. Una di loro – quella che aveva parlato per seconda – indietreggiò. Ma che codarda – pensai.
La prima rispose: << No, no. >> con la coda tra le gambe.
<< Bene, se avete qualcosa da dire, fatemi la cortesia di venirlo a dire a me. >> dissi sorridendo, con tono di sfida. Le due annuirono e s’incamminarono verso la scuola. Evidentemente era troppo per loro condividere un auto con me. Che andassero pure al diavolo.
Per fare qualcosa, attraversai la strada e mi fermai all’edicola per comprare una rivista. Ne scelsi una a caso e pagai. Cominciai a sfogliarla: quelle stupide ragazze perfette che posavano per i vari stilisti mi davano alla testa. Erano stra-truccate. Che senso ha fare la modella se devono ricoprirti di trucco? Una modella dev’essere bella in principio; truccata, è come se indossasse una maschera. Richiusi la rivista infastidita e realizzai di aver speso soldi inutilmente. Misi il giornale nello zaino e lo richiusi. Finalmente l’auto arrivò, attraversai velocemente la strada assicurandomi prima di non essere investita e salii. Ogni mattina venivo assalita dal solito quesito: quale posto avrei occupato? Quella mattina il problema non c’era, anche perché l’auto era stracolmo e l’unico posto libero era quello agli ultimi sedili, vicino a quattro ragazzi. Le altre ragazze salite prima di me preferirono rimanere in piedi piuttosto che sedersi vicino a quei ragazzi che avevano tutta l’aria di essere decisamente snob. Decisi di sedermi con loro. Che divertimento c’era a restare davanti con i soliti sfigati del giorno prima? Mi sedetti in fondo e uno di loro mi guardò e fece l’occhiolino. Gli altri mi squadrarono. Li analizzai uno per uno: il ragazzo dell’occhiolino (quello vicino a me) aveva gli occhi azzurri.. Ma che occhi! Erano capaci di catturarti! Non erano di un azzurro comune, erano così chiari. La pelle del ragazzo era morbida e vellutata, le sue labbra erano carnose al punto giusto. I capelli erano scuri, quasi neri. Erano scompigliati e lunghi; una ciocca ribelle copriva uno dei suoi meravigliosi occhi. Gli altri tre erano dei semplici ragazzi, tipi che s’incontrano ogni giorno. Due di loro erano biondi, il terzo castano. Il ragazzo dai capelli castani aveva gli occhi verdi mentre gli altri due avevano semplici occhi marroni.
Li guardai attentamente e loro ricambiarono lo sguardo. Misi lo zaino per terra e, infastidita dal loro silenzio, iniziai: << Allora, avete molto da guardare? >> chiesi inarcando le sopracciglia.
Il primo ragazzo mi sorrise mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi. << Ciao, io sono Luca. >> disse sicuro di sé.
Non sorrisi. << Ah sì? E perché dovrebbe interessarmi il tuo nome? >> chiesi seria, mentre gli altri tre ridevano.
<< Ma non lo so, sei venuta a sederti vicino a noi, potresti presentarti almeno, no? >>
Aveva risposto con un’incredibile serietà, era disarmante. Non pensavo che il ragazzo sapesse rispondere così, A ME.
<< Chiara >> dichiarai arrendendomi.
<< Bene, a quanto pare la ragazza ha deciso di essere gentile. Non è mai troppo tardi. >> disse ridendo.
<< Perché invece di fare il.. il.. il.. >> iniziai a balbettare. Non mi era mai successa una cosa simile.
<< ..rompiscatole? >> concluse beffardo. Rideva di me? No, non potevo assolutamente permetterlo.
<< Esatto, rompiscatole. Perché.. >> cominciai di nuovo ma m’interruppe.
<< Sìsì, lo sappiamo. “Perché invece di fare il rompiscatole..” . Non puoi ripetere sempre le stesse cose. >> disse e gli amici scoppiarono a ridere ancora.
Sicuramente ero rossa di vergogna.
Eravamo quasi arrivati a scuola, feci un respiro di sollievo. Poi tornai all’attacco.
<< Senti, smettila immediatamente. >> dissi.
E lui sorrise. Il suo sorriso era così.. affascinante.
<< E va bene và, loro sono Matteo, Lorenzo e Davide >> disse indicando prima il ragazzo biondo (Matteo), poi il ragazzo castano (Lorenzo) e infine l’altro ragazzo biondo (Davide).
<< Ciao >> dissi guardandoli e loro risposero con un << Salve! >>.
L’auto finalmente si fermò, eravamo arrivati davanti alla mia scuola. Feci per alzarmi e m’incamminai verso la porta quando Luca disse: << Uh, la ragazza gentile è arrivata a scuola >>.
Io mi fermai senza voltarmi e poco dopo ripresi a camminare. Infine mi voltai e lo guardai: << Già, questa ragazza gentile va a farsi una cultura! >> esclamai sorridendo. Stavo per scendere quando sentii Luca dire: << Cultura..? Mmm.. Senza libri? >> e i suoi amici scoppiarono a ridere, mentre Luca sollevava da terra il mio zaino. Fissai Luca con rabbia e correndo andai a prendere lo zaino, me lo misi in  spalla e lanciai un’occhiataccia a Luca il quale continuava a sorridermi. M’incamminai velocemente verso l’uscita e Luca disse: << Ci vediamo presto, Chiara >> e io lo guardai sprezzante. Io, Chiara, mi ero fatta mettere i piedi in testa da uno sconosciuto? Nono, non si può fare una cosa del genere.
“Chissà quale scuola frequenta” pensai e un attimo dopo me ne pentii. Di certo non poteva frequentare il liceo scientifico, con quella sua testa vuota – mi dissi. E invece me lo ritrovai dietro, da solo. Era così alto!
<< Che ci fai qui? >> chiesi scontrosa.
<< E’ anche la mia scuola, sai? >> disse ironizzando.
<< Questo significa che ti vedrò ogni giorno della settimana per tutto l’anno scolastico? >> dissi sgranando gli occhi.
<< A dir la verità no! >> affermò.
<< Davvero? >>
<< Già.. non mi vedrai tutti i giorni della settimana. Domenica non si viene a scuola. >> disse.
E non so bene per quale motivo, scoppiai a ridere. Il suono della campanella ci invitò ad entrare nelle aule. Quello stesso giorno, scoprii anche che la classe di Luca era praticamente attaccata alla mia. Davvero non avevo mai notato quegli occhi in mezzo alla folla?
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