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Autore: Apple90    16/08/2011    3 recensioni
"Avada Kedavra!"
Un fiotto di luce verde scaturì dalla bacchetta di Draco, con una simile potenza da generare un immenso bagliore accecante. Il sottile ramoscello di legno che stringeva fra le dita iniziò a vibrare finché l’incantesimo non ebbe terminato il suo effetto.
Poco distante, il corpo minuto di Lisan Rowles ricadde a terra inerme come una bambola di pezza.
Hermione era salva.
"Scappa"
Fu l’unica cosa che Draco riuscì a pensare prima di accorgersi che era finita.
La cerchia di mantelli neri che lo circondava si fece più stretta, le bacchette sguainate e gli occhi iniettati di sangue.
Le sue labbra si mossero senza emettere alcun suono. Il cuore gli parve aver cessato di battere. Socchiuse gli occhi in attesa che la sua vita giungesse al termine.
Hermione era salva. Non sarebbe morto in vano.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 8

Il Fabbricante di Bacchette

 

“Due cose mi hanno sempre sorpreso: l'intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini”
(Tristan Bernard)

 

Quando Harry riaprì gli occhi, aveva un forte male alla testa e la vista quasi del tutto annebbiata. Mosse un braccio a tentoni, sfilandosi le lenzuola di dosso, sporgendosi oltre la testata del letto per cercare i suoi occhiali sul comodino. Ma la sua mano vagò senza meta nel vuoto, accompagnata da quello che gli parve un urlo stridulo di sorpresa.

Pochi attimi dopo, Harry avvertì una presenza al suo fianco ed il campo visivo annebbiato gli fu del tutto ostruito da una sagoma scura.

<< Harry caro, finalmente!>> La familiare voce della signora Weasley rimbombò nelle sue orecchie. Avvertì una mano accarezzargli dolcemente una guancia. << Ron, George! Harry si è svegliato!>>

Due sedie grattarono sul pavimento, poi un susseguirsi frenetico di passi si avvicinò al suo letto.

<< Harry Potter!>> esclamò la voce allegra di George. << Se non avessi quella cicatrice sulla fronte – e ora non sarà la sola di cui dovrai preoccuparti – ti avrei scambiato per un babbano. Uno di quelli che stanno sulle riviste di moda. Non è vero, Ron?>>

<< George.>> lo redarguì aspramente sua madre, che parve assestargli una poderosa gomitata. << Lascialo respirare.>>

<< Tutto bene, Harry?>>

Riascoltare la voce di Ron gli riempì il cuore di gioia. Harry strizzò forte gli occhi e, lentamente, il viso lentigginoso di Ron Weasley gli comparve davanti, affiancato da George e dalla Signora Weasley dalle guance imperlate di lacrime.

Erano tutti e tre lì al suo fianco, esattamente come Harry li aveva lasciati. A dire il vero, sembrava che fossero trascorsi solo un paio di giorni dall’ultima volta che era stato alla Tana. Eppure erano passati sei mesi.

<< Cosa mi è successo?>> farfugliò Harry. Sentì la testa incredibilmente vuota.

<< Schiantato.>> rispose George, con naturalezza. La signora Weasley, accanto a lui, annuì energicamente.

<< Schiantato per bene.>> proruppe Ron. << Quelli del Quartier Generale non vogliono dirci una parola, ma hai tutta l’aria di uno che se l’è passata abbastanza male. Voglio dire, sono felice che tu ti sia ripreso, Harry. Ma non hai un bell’aspetto.>>

Harry lo guardò sconcertato. << Dov’è Hermione?>>

<< Al lavoro, ovviamente.>> rispose tetramente Ron. << Ci cose ben più importanti da sbrigare di un amico ridotto in fin di vita.>>

<< Adesso stai esagerando, Ronald.>> sibilò la signora Weasley. << Ti ricordo che, se non fosse stato per Hermione e Draco Malfoy, Harry non sarebbe mai arrivato vivo al San Mungo! E poi è rimasta al suo fianco tutta la notte, l’altro ieri.>>

<< Un momento.>> Harry si massaggiò la testa, lasciandosi ricadere indietro sul cuscino. << Da quanto tempo mi trovo in ospedale?>>

<< Tre giorni.>> rispose George.

<< Tre giorni?!>> urlò Harry in risposta, che tentò immediatamente di alzarsi. I ricordi tornarono vividi nella sua testa. Riportò alla mente l’attacco dei Mangiamorte, il letto rovesciato come una trincea ed il volto paralizzato dal terrore di Lisan, poco prima che venisse spedita contro il muro con uno schiantesimo. Una fitta di dolore allo stomaco, unito al pronto intervento di Ron, lo obbligarono a sdraiarsi. Era così debole che non avrebbe potuto muovere un solo passo.

Sudava freddo. La vista iniziò a venirgli meno.

<< Io sto bene.>> mentì, risuonando bugiardo perfino a sé stesso.

<< Non dire sciocchezze, caro.>> la signora Weasley gli rimboccò le lenzuola fin sotto il mento. << Hai bisogno di riposare. I medimaghi sono stati molto chiari in proposito. Assoluto riposo a letto per almeno una settimana.>>

<< Che cosa ha detto?>> biascicò Harry. << Lei è pazza!>>

Non gli era mai capitato di rivolgersi in quel modo alla madre di Ron, ma la signora Weasley accettò di buon grado quell’insolita reazione e congedò Harry con un affettuoso bacio sulla fronte. Poi rivolse a Ron e George un cenno eloquente. << Lasciamolo riposare.>> mormorò. << Povero caro, è una specie di calamita per i guai.>>

Harry non seppe quanto tempo trascorse nel dormiveglia, sospeso nel limbo di emozioni che aleggiavano leggere lontane dal suo corpo. Qualcuno entrò, parecchio tempo dopo, e gli prelevò del sangue inserendogli un ago nel braccio. Poi Harry ritornò solo a vagare nel nulla cosmico dei suoi pensieri, sentendosi vuoto e disperso come un neonato appena venuto al mondo. Iniziò a formulare i primi pensieri di senso compiuto quando ormai le tenebre erano calate fuori dalle finestre della sua camera d’ospedale. Al di fuori, nel corridoio, rumori di barelle cigolanti e brusii soffocati. L’odore di disinfettante gli era penetrato così a fondo nelle narici da averlo privato quasi del tutto dell’olfatto.

Poi, quando ormai Harry si era arreso all’evidenza, convinto di essere stato abbandonato per sempre su quel lettino, la porta della stanza si aprì.

Una mano premette sul lenzuolo all’altezza del suo petto. Scorse fra le lenzuola fino a sfiorare la sua, stringendogliela forte.

<< Hermione.>> sussurrò Harry, rincuorato. Una sensazione di calore gli si diffuse in tutto il corpo.

Hermione, che indossava la divisa d’ordinanza da Auror, lasciò cadere la borsa di pelle ai piedi del letto e si sporse per baciarlo sulla guancia. Afferrò una sedia e la trascinò al suo fianco. << Va tutto bene.>> gli disse con un sorriso. I suoi occhi color nocciola erano sereni e sinceri. Andava tutto bene davvero. << La Signora Weasley mi ha avvisata subito del tuo risveglio, ma non sono riuscita ad uscire dall’ufficio prima delle otto. Ti senti meglio, Harry?>>

<< Alla grande.>> mormorò Harry, che sollevò un pollice in segno affermativo.

<< Ti fa male?>>

<< Che cosa dovrebbe farmi male, Hermione?>>

Lei rimase in silenzio e strinse le labbra. << Oh.>> disse, dilatando gli occhi. Lentamente, come se quel gesto le costasse uno sforzo immane, raccolse la borsa sulle sue ginocchia e vi tuffò dentro una mano. << Ti prego, Harry, promettimi di non urlare.>>

Perché avrebbe dovuto urlare? Era sano come un pesce, forse ancora debole e bisognoso di riposo, ma pur sempre con tutti i pezzi attaccati al loro posto. Ricevette fra le mani un piccolo specchio rotondo, che Hermione estrasse dalla busta dei cosmetici.

Harry, con noncuranza, lo direzionò su di sé.

Urlare, a dire il vero, gli sembrò la cosa più naturale del mondo.

<< I miei capelli!>> ululò, disperato, portandosi la mano libera sulla nuca. Come aveva fatto a non essersene accorto prima? La sua testa era stata completamente rasata. Non aveva un solo capello degno di tal nome attaccato alla pelle. Gli parve di accarezzare una palla da biliardo ben levigata. << Cosa è successo ai miei capelli?!>>

Le sue dita incontrarono una superficie più ruvida. Seguì i suoi contorni con i polpastrelli, muovendo lo specchio di lato per osservarsi meglio. Una grossa cicatrice gli correva su un lato nella nuca, arrossata e in rilievo come il dorso squamoso di un dinosauro. Con profondo orrore, Harry lasciò ricadere lo specchio fra le lenzuola e rivolse a Hermione uno sguardo smarrito. Il suo aspetto era orribile.

<< Che cosa mi è successo?>> gemette.

<< L’importante è che tu stia bene, Harry. I capelli ricresceranno.>>

<< Potremmo chiamare Madama Olimpia della Bottega Crescicappa di Diagon Alley.>> azzardò Harry, speranzoso, che non smise di accarezzarsi la nuca rasata. << E’ riuscita a compiere un miracolo con il vecchio Gazza. Potrebbe fare lo stesso con me, giusto?>>

<< Era l’unico modo per poterti curare.>> Hermione lo fissò accigliata. << Trovo sciocco e infantile che un comandante Auror si preoccupi del suo aspetto estetico a tal punto da infischiarsene di tutto il resto. Ci sono cose più importanti.>> Si fissarono per qualche lungo istante. Hermione non riuscì a trattenere un sorriso. << E poi, Harry, non sei poi tanto male.>>

Scoppiarono a ridere entrambi.

Fu come ritornare ai tempi di Hogwarts. Harry per un attimo accantonò Lisan e il ritorno di Bellatrix, oltre al fatto di essere stato completamente rasato. Che cosa importava, in fondo? Aveva al suo fianco la sua migliore amica. Ed era vivo.

Hermione era visibilmente stanca. Ma, al contrario di Ron, sembrava di ottimo umore. Gli raccontò dell’irruzione dei Mangiamorte e di Bellatrix, che si era smaterializzata non appena Hermione e Draco erano corsi in loro soccorso.

<< Non sono una sprovveduta. E non mi fido di quella ragazzina. Le ho messo una spiocimice nella borsa, prima che ne andasse. Così sarei riuscita a rintracciarvi in qualsiasi momento!>>

La sua ferita alla testa, a quanto pareva, era stata causata da una maledizione. I Medimaghi non erano ancora riusciti a capire esattamente di cosa si trattasse. Ma erano certi che Harry fosse del tutto fuori pericolo.

<< Dobbiamo trovare quella puttana.>> sbottò Harry, senza mezzi termini.

<< E’ tutto sotto controllo, Harry. Adesso devi pensare a rimetterti in sesto.>> Hermione gli premette una mano sul petto e lo rispedì indietro sul cuscino, placcando il suo tentativo di rialzarsi. << La signora Weasley ha insistito per ospitare Lisan a casa sua. E’ stato un azzardo, certo, ma la Tana è protetta adeguatamente e Kingsley si è mostrato fin da subito favorevole. Per il momento ci siamo tolti un peso.>>

<< E’ stata ferita?>> domandò Harry, preoccupato.

<< A quanto sappia, no.>> fu la glaciale risposta della strega, che scrollò le spalle. << Io, nel frattempo, sono costretta a occuparmi di Malfoy. Manca poco più di una settimana alla riapertura di Hogwarts, dopodiché potrà tornarsene alla sua cattedra.>>

<< Devo tornare al lavoro.>> proferì Harry, deciso. << E tu devi convincere i medimaghi a dimettermi dall’ospedale.>>

<< Sai benissimo che non farò mai una cosa del genere, Harry.>>

Sì, lo sapeva molto bene. Ma aveva tentato inutilmente di corromperla. Come sempre. In quei casi Hermione era più irremovibile di un muro. 

<< Harry, te l’ho detto, è tutto sotto controllo. Per fortuna quella casa era solo un avamposto del Ministero, pensa a cosa sarebbe successo se i Mangiamorte avessero fatto irruzione a Notting Hill.>>

Al solo pensiero di vedere la propria casa distrutta, a Harry si raggelò il sangue nelle vene.

<< Ora cerca di dormire. Domattina Kingsley vuole farti visita per rivolgerti un paio di domande. Nulla di grave. I Mangiamorte che ti hanno attaccato sono tutti morti, non siamo riusciti a catturare nessuno. Ma loro, d’altro canto, non potranno più rintracciare Lisan in nessun modo. Siamo, per così dire, in una situazione di stallo.>>

Harry annuì. Iniziò ad avvertire fastidiose fitte di dolore alla testa. George aveva ragione: la sua vecchia cicatrice sulla sua fronte sarebbe stata in ottima compagnia.

 

 

*°*°*°*

 

Erano trascorsi cinque giorni dall’arrivo di Lisan Rowles al Ministero, ed erano accadute così tante cose da farli sembrare un’eternità. Un susseguirsi di avvenimenti imprevisti, di attacchi di Mangiamorte accertati o presunti, di segnalazioni allarmate da parte di cittadini che – grazie ai velenosi articoli del Profeta – si domandavano se Voldemort fosse morto davvero, o se fosse stato il Ministero della Magia ad aver insabbiato la questione etichettando Harry come l’eroe sopravvissuto.

L’idea del complotto aveva affascinato una generosa fetta di lettori grazie alle inchieste di Rita Skeeter. Quella cagna ficcanaso era un nemico ben peggiore di Bellatrix.

<< La ucciderò, un giorno o l’altro.>> dichiarò Hermione, che addentò nervosamente una fetta di bacon.

Di fronte a lei, le pagine aperte della Gazzetta del Profeta mostravano il volto di Harry Potter in prima pagina, sorridente mentre stringeva la mano a Kingsley Shacklebolt. Il titolo era inequivocabile: “Harry Potter: vita e segreti di un Auror

<< Uccidere Rita Skeeter?>> Il volto cupo di Draco Malfoy fece capolino dal giornale. Lo ripiegò distrattamente e lo depositò senza troppa cura sul tavolo, concentrandosi sulle sue uova strapazzate. << Impossibile. Mio padre ci ha provato almeno cinque volte, senza mai riuscirci. Avrà degli Horcrux, da qualche parte. O una Pietra della Resurrezione Tascabile.>>

<< Stavo solo scherzando.>> sbottò Hermione, torva.

Malfoy scrollò le spalle. I suoi occhi di ghiaccio sembravano essere attirati dal Profeta come una calamita.

<< Che cosa c’è scritto?>> lo incalzò Hermione.

Lui finse di non averla sentita. Addentò una tartina salata e masticò il boccone più a lungo del solito, fingendo disinteresse.

<< Ti ho fatto una domanda, Malfoy.>>

Il ragazzo, senza pronunciar parola, gli porse fra le mani il giornale.

<< E’ la solita spazzatura del complotto.>>

<< Pagina quattro.>> sbottò Malfoy.

L’articolo, che era corredato dalla foto a mezzobusto di una strega tarchiata con un grosso cappello a punta adornato con girasoli, occupava gran parte della pagina.

 

25 agosto. Triste anniversario per Rebecca Swinton.

I genitori dei neonati scomparsi durante la Prima Caduta del Signore Oscuro

non smettono di sperare

 

LONDRA – Oggi ricorre l’anniversario della Scomparsa del piccolo Tom Swinton-Trevors. A raccontarci la sua storia è la madre, Rebecca Swinton, segretaria presso lo stabilimento di Scope da Corsa Stellafreccia di Belfast. La sua battaglia dura da ormai diciassette anni.

All’epoca dei fatti Tom aveva appena compiuto tre mesi. “Eravamo a casa, in un quartiere babbano nei dintorni di Belfast. Ci eravamo trasferiti lì a causa del mio lavoro. Qualcuno, quella notte, è penetrato all’interno della nostra abitazione e ha rapito mio figlio” racconta Rebecca, visibilmente commossa. “Il Ministero della Magia ci ha assicurato che avrebbero aperto un’inchiesta, ma nessuno è mai riuscito a capire cosa realmente sia successo, né, tantomeno, chi è stato a prendere Tom.”

Diciassette anni dopo, Rebecca spera di riabbracciare suo figlio. E di avere delle risposte.

“Tutt’oggi io e mio marito non abbiamo la minima idea di quale possa essere stato l’esito delle indagini. Ci siamo mossi individualmente, per conto nostro, ed abbiamo scoperto che molti altri genitori disperati avevano denunciato la scomparsa dei propri figli. Tutti neonati, tutti provenienti da famiglie di maghi. E’ solamente un caso? Anche uno Schiopodo Sparacoda avrebbe dei dubbi.”

 

L’articolo proseguiva con la storia del piccolo Tom e di altri neonati strappati dalle braccia materne da uno “sconosciuto aggressore”, sottolineando più volte il silenzio del Ministero a riguardo, come se l’intenzione non troppo celata fosse quella di insabbiare la vicenda.

Hermione strappò di netto la pagina di giornale, la ripiegò fino a farla diventare delle dimensioni di un tovagliolo e se la cacciò in una tasca dei pantaloni.

<< Potrebbe tornare utile.>> disse. << Per scagionarti dall’accusa di omicidio.>>

<< Da quando in qua hai intenzione di aiutarmi, Granger?>>

<< Io non ti sto affatto aiutando.>> fu la sua risposta, fredda e velata. << Io sto semplicemente analizzando i fatti in modo oggettivo. Rapire dei neonati e usarli come cavie da laboratorio è un gesto orribile e disumano. Se tuo padre era il responsabile, non sono affatto dispiaciuta della sua morte. Ecco tutto, Malfoy.>>

<< Le tue parole mi commuovono.>> cantilenò lui, in tono irrisorio.

<< Finisci la colazione.>> tagliò corto Hermione, che diede un’occhiata all’orologio da polso. << Dobbiamo andare a prendere Lisan alla Tana.>>

<< Il tuo maritino Weasley la sta accudendo?>>

Aveva fatto centro, finalmente. Hermione strinse forte le labbra e incassò il colpo mascherando il dolore con un sorriso di scherno.

Evitò di dirgli che Ron era tornato alla Tana perché le cose tra loro non funzionavano ormai da un pezzo, che il loro matrimonio da un anno e mezzo era miseramente naufragato e che presto avrebbe fatto ritorno in quella casa per portar via le sue cose.

Il lavoro non le dava mai tregua. Era rimasta da sola in un’abitazione che aveva perso il profumo di famiglia e di zuccotti di zucca appena sfornati.

I suoi occhi color nocciola vagarono nel vuoto per qualche lungo istante, per poi tornare a soffermarsi imperturbabili e austeri sulle iridi di ghiaccio di Draco Malfoy.

<< Ci muoveremo con mezzi babbani.>> disse Hermione. << In modo da non essere rintracciabili dai Mangiamorte, che senz’altro staranno tenendo d’occhio i movimenti dei maggiori esponenti del Ministero. Nessuno al di fuori del Quartier Generale è a conoscenza della verità sulla morte di Lucius Malfoy, perciò è ipotizzabile che Bellatrix non sappia ancora il nome del responsabile. Ma dobbiamo stare attenti. Il minimo errore potrebbe compromettere l’operazione. E tu moriresti nel giro di un battito d’occhi.>>

Malfoy non si sentì molto rinfrancato dalle sue parole, ma non disse nulla. Nessun commento velenoso o sarcastico accompagnò la loro discesa lungo la rampa di scale a chiocciola che conduceva nel garage. Una Mini Cooper color azzurro metallico apparve loro dinnanzi quando scesero l’ultimo scalino. La bandiera del Regno Unito risplendeva sul tettuccio e gli specchietti erano verniciati di una tinta rosa antico.

<< Dobbiamo arrivare alla Tana su questo coso?>>

<< Sali.>> ordinò Hermione, che ignorò lo sguardo oltraggiato di Malfoy all’idea di metter piede su un’automobile.

Dieci minuti dopo la Mini era uscita dal garage e si era immersa nella fitta e intricata rete stradale di Soho, centralissimo quanto affollato quartiere di Londra. Ron si era da sempre dichiarato contrario all’acquisto di quel loft, ma l’aveva accontentata per via della vicinanza alle loro rispettive sedi di lavoro. Era stato ben felice di andarsene, pensò Hermione. Ed entro un’ora l’avrebbe rivisto alla Tana, in qualità di Auror.

 

*°*°*°*°*

 

Quando Harry fece il suo ingresso nell’ufficio del Ministro della Magia, quattro giorni dopo il suo ricovero al San Mungo, per lui fu come essere tornati a casa dopo un lungo viaggio. Nulla era cambiato dall’ultima volta che era stato lì. I quadri dei Ministri che avevano ricoperto l’incarico prima di Kingsley erano ammonticchiati sulle pareti, gli uni sugli altri, fin quasi a raggiungere l’alto soffitto a volta.

Kingsley levò lo sguardo al di sopra della pergamena sulla quale stava facendo scorrere la penna d’oca. << Bentornato.>> disse, con un sorriso composto.

Harry non aveva intenzione di perdersi in convenevoli. << Voglio essere reintegrato in servizio, Kingsley.>>

Il Ministro della Magia intinse la penna d’oca nel calamaio incastonato nello scrittoio, tornando a tracciare eleganti ghirigori d’inchiostro sulla pergamena. << Sono felice che tu stia meglio.>> asserì, senza staccare gli occhi dal suo lavoro. << Era prevedibile che mi avresti domandato di tornare al lavoro. La tua determinazione, forse, supera la tua naturale propensione per i guai. E di questo ne sono molto orgoglioso, Harry, si chiaro. Tuttavia >> Cessò di scrivere e levò il suo sguardo autorevole su Harry. << Non posso riabilitarti al servizio finché non sarai idoneo. E’ la Legge, Harry. Non posso fare altrimenti.>>

Harry strinse i pugni. Era palesemente indignato dal trattamento che Kingsley gli aveva riservato, come se fosse un qualsiasi segretario del Primo Livello alle prese con un brutto mal di schiena. Lui era il comandante del dipartimento, maledizione.

Kingsley rispose tacitamente con una scrollata di spalle. << La colpa è mia, in fondo. Ti ho sempre concesso carta bianca. Con l’attacco dei Mangiamorte al rifugio di Wilwood Grove ho capito i miei errori. Hai rischiato di morire a causa della mia fiducia smisurata.>>

<< Ora sto bene.>> tagliò corto Harry, stizzito. << Posso riavere il mio distintivo, per favore?>>

<< No, mi dispiace.>>

Ci fu un concitato istante di silenzio. L’aria era così tesa da essere tagliata a fettine con un coltello. Harry prese un respiro profondo, ignorando l’ira che si faceva largo dentro di lui. << Quanto devo aspettare prima di rientrare al Quartier Generale?>>

<< Questo, ovviamente, dipende da te.>> Kingsley rovistò in un cassetto. Ne estrasse una busta color acquamarina che recava il sigillo del San Mungo e gliela porse con un gesto garbato. << Il Dottor Medimago Capo Farewell mi ha indirizzato questa missiva subito dopo averti dimesso dall’ospedale. Sostiene che sei ricorso alle minacce per ottenere una sua dichiarazione firmata, è così?>>

<< Non ho minacciato nessuno.>> si difese Harry. << Sto bene. Ho ventisei anni e sono in grado di capire autonomamente se sono in grado di lavorare. Non ho certo bisogno della diagnosi di un Medimago.>>

<< Molto bene.>> Kingsley ripiegò la lettera e la gettò nel caminetto spento. Con un colpo di bacchetta, esso s’infiammò impetuosamente e ridusse in cenere la missiva del San Mungo. << Il fatto che il Medimago Capo Farewell sia cugino di primo grado con Rufus McDowell, che hai sbattuto ad Azkaban per associazione oscura, è una valida attenuante. Tuttavia, fino a prova contraria, il tuo capo sono io.>>

Harry annuì, frastornato. Non aveva la minima idea di dove Kingsley voleva andare a parare.

<< Trascorrerai due settimane di convalescenza a Fell’s Church, sotto il Programma di Protezione, con le false sembianze di un anziano dipendente del Ministero in pensione. Laggiù c’è la base operativa del Distaccamento Ricerche sulle Arti Oscure, potrebbe esserti utile per le indagini.>>

Harry lo ascoltò esterrefatto. << Mi stai dicendo che dovrò andarmene in un paesino sperduto a indagare segretamente su Bellatrix in attesa di poter essere riabilitato?>>

<< Sto cercando di aiutarti, Harry.>>

<< No, Kingsley. Stai cercando di dimostrare al Ministero che tratti tutti esattamente nello stesso modo. E intanto, senza che nessuno lo sappia, mi permetti di lavorare alle indagini. E’ iniziata la campagna elettorale, per caso?>>

Kingsley ripose con cura la penna d’oca in un astuccio di pelle viola. Ripiegò la pergamena che stava scrivendo e la siglò con la ceralacca scarlatta del Ministero, imprimendovi con forza l’anello d’argento che portava all’indice.

<< Guardami, Kingsley.>> ringhiò Harry. << Io non sono uno stupido elettore. Perché stai facendo questo?>>

<< Per il tuo bene.>> si limitò a rispondere il Ministro della Magia. << E ora, se non ti dispiace, ho delle faccende urgenti da sbrigare.>>

Harry non se lo fece ripetere due volte. Abbandonò a grandi passi l’ufficio senza rivolgergli il saluto. I suoi occhi verdi traboccavano d’ira e le mani strette lungo i fianchi tremavano senza alcun controllo.

<< Verrai trasferito a Fell’s Church domattina.>> strepitò la voce di Kingsley, alle sue spalle, prima che Harry richiudesse pesantemente la porta.

 

 

*°*°*°*°*

 

Il bussare frenetico alla porta della Tana distolse l’attenzione di Lisan dalla sua colazione, ed il suo cuore ebbe un sussulto. Abbandonò immediatamente la ciotola di latte con Cioccalderoni e balzò giù dalla sedia, osservando di soppiatto Ginny che si avviava ad aprire.

La sua speranza discese fin sotto le suole delle sue All Star logore quando, dall’ingresso, comparve la figura alta e flessuosa di Hermione Granger, seguita a ruota dall’immancabile Malfoy. Per la prima volta da quando li aveva conosciuti, entrambi vestivano abiti normali.

<< Come sta Harry?>> chiese Ginny ai due maghi, mentre li invitava ad entrare.

<< E’ stato dimesso dal San Mungo ieri pomeriggio.>> rispose Hermione. << Ma dovrà rimanere a riposo per almeno quindici giorni in un luogo sicuro. Le ferite di una maledizione non guariscono in un batter l’occhio.>>

<< Oh, certamente. Portategli i miei saluti, se lo vedete.>> Ginny aveva un’aria frastornata. << Accomodatevi.>> Levò una mano e fece loro cenno di precederla in cucina, dove lei e Lisan fino a quel momento si erano intrattenute a far colazione sperimentando i dolciumi di Mielandia.

Lisan, che aveva scoperto di adorare le Cioccorane, ora possedeva almeno cinquanta figurine di Maghi e Streghe famosi. Gran parte di essi erano doppioni che Ginny le aveva gentilmente donato dalla sua collezione.

<<… mi dispiace interrompere la vostra colazione, ma Kingsley ci ha ordinato di scortare Lisan a Diagon Alley per comprare tutto l’occorrente per Hogwarts.>> stava dicendo Hermione. << La professoressa McGranitt mi ha fornito la lista dei libri di testo.>>

Lisan tornò a sedere a suo posto e finse con cura di non averli origliati. Rivolse a Hermione e Malfoy un glaciale cenno di saluto del capo, concentrandosi con tutta sé stessa sulla confezione colorata di Cioccocalderoni.

<< I tuoi abiti puliti sono in lavanderia.>> le disse Ginny, con un sorriso gentile, mentre entrava in cucina sistemandosi la maglia del pigiama. << Corri a cambiarti. Abbiamo perso fin troppo tempo con le Figurine!>>

<< Dov’è Harry?>> proruppe Lisan.

<< Sta bene. Non devi preoccuparti per lui.>> tagliò corto Hermione. << Ti aspettiamo nel cortile. Ti accompagneremo a comprare l’occorrente per la scuola.>>

<< Ma io non ho soldi.>> obiettò Lisan.

<< Sarai sovvenzionata dal Ministero della Magia. Ora vai a cambiarti.>>

Lisan obbedì senza replicare. Mentre si infilava una maglietta e i jeans puliti, ripensò a quanto Harry l’avesse aiutata. Lei non poteva ricambiare in nessun modo, e si sentì piccola e inutile. 

Durante la permanenza alla Tana, che le era parsa meravigliosa a confronto del trattamento riservatole dagli Auror del Ministero, nessuno era stato autorizzato a dirle cosa fosse accaduto a Harry. “E’ in ospedale, presto verrà a trovarti” si era limitata a dirle Ginny, un pomeriggio, durante una passeggiata al Colle dell’Ermellino. E la signora Weasley aveva aggiunto che, in ogni caso, Lisan in quella casa era al sicuro e avrebbe potuto rimanerci per tutto il tempo che voleva.

Erano maghi completamente diversi dai pomposi e professionali segugi del Quartier Generale. La facevano sentite una di famiglia. L’unico a non averle suscitato una particolare simpatia era Ron. Se ne stava sempre per conto suo nella sua stanza al terzo piano, uscendo solo durante i pasti e per andare al lavoro. Per il resto Lisan trascorreva la maggior parte del suo tempo insieme a Ginny.

Non sapeva che lavoro facesse, ma aveva un sacco di tempo libero. Insieme, in quei giorni, si erano prese cura del giardino della Tana. Ginny le aveva insegnato a sbarazzarsi degli Gnomi che si nascondevano fra le sterpaglie e a cavalcare un manico di scopa. Anche se, a dire il vero, all’inizio Lisan era riuscita a malapena a staccare i piedi da terra. Le era sembrato fantastico. Il cibo, poi, era letteralmente straordinario.

Una sera, all’insaputa della signora Weasley, Ginny era entrata nella sua stanza con due bottiglie di Burrobirra ghiacciata. Avevano bevuto e chiacchierato a lungo. Ginny le aveva raccontato che suo fratello Ron era il marito di Hermione Granger, e che ultimamente aveva deciso di fare ritorno alla Tana per colpa di alcune incomprensioni familiari. “Spero che tutto si risolva per il meglio.” aveva concluso Ginny, preoccupata. Ma si era sbagliata di grosso, o almeno quella fu la prima impressione alla vista dello sguardo arcigno che Hermione aveva dipinto sul volto, come una severa professoressa in attesa di bacchettare i propri studenti.

Lisan salutò Ginny con un abbraccio. La strinse forte, avvertendo l’innata sensazione di vuoto all’idea di abbandonare la seconda persona che si fosse mostrata amichevole nei suoi confronti.

<< Non ti preoccupare. Ci rivedremo presto.>> Ginny le strizzò l’occhio. << Ti riporteranno qui. Trascorrerai alla Tana gli ultimi giorni prima della partenza.>>

Lisan si sentì rincuorata. Uscì fuori di casa e seguì Hermione e Malfoy nel cortile, dov’era parcheggiata una Mini Cooper. Scorgere un’automobile alla Tana era fuori luogo come un elefante in uno stagno, eppure l’idea di raggiungere Diagon Avenue, o come diavolo si chiamava, a bordo di quel piccolo bolide azzurro non le dispiacque affatto.

Durante il viaggio nessuno parlò. La tranquilla vallata circondata da colline erbose fu sostituita, fuori dal finestrino, da un’autostrada che correva diritta verso Londra. Lisan si accoccolò sul sedile posteriore e finì per addormentarsi. Sognò che cinque Mangiamorte la stavano inseguendo lungo un corridoio senza fine. Più lei correva, più i nemici alle sue spalle si facevano vicini. Quando uno dei due la afferrò per il collo ed iniziò a scuoterla, fra le sue grida, Lisan aprì gli occhi di scatto e scoprì che Malfoy l’aveva svegliata con una leggera gomitata.

<< Siamo arrivati.>> annunciò.

Hermione era già scesa e stava armeggiando con un parchimetro. Quando ebbero sistemato il tagliando color senape all’interno dell’auto parcheggiata, si avviarono nel traffico londinese immergendosi nella folla di pedoni che assiepavano i marciapiedi di Charing Cross Road.

Percorsero mezzo miglio prima che Hermione si degnasse di spiegarle dov’erano diretti.

<< Diagon Alley è invisibile all’occhio degli esseri umani privi di poteri magici.>> le disse. Lisan notò che era l’unica a pronunciare raramente la parola Babbani.

Giunsero di fronte ad un vecchio pub dall’aria malconcia chiamato il Paiolo Magico. La gente vi passava distrattamente davanti senza prestarvi la minima attenzione.

Hermione e Malfoy la scortarono all’interno del locale, che era piuttosto buio e dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchiere di sherry. Una di loro era visibilmente ubriaca. Poco più in là, seduto su una botte, un ometto dalla folta barba argentea stava fumando una pipa, emettendo nell’aria densi anelli di fumo. Stava chiacchierando con il barman, un uomo calvo e sdentato, che – non appena notò la loro presenza – interruppe bruscamente la conversazione.

<< Comandante Granger. Professor Malfoy.>> mormorò con tono ossequioso, accennando ad un inchino del capo. << E’ un piacere ospitarvi al Paiolo Magico. In cosa posso esservi utile?>>

<< Siamo qui di passaggio, Tom.>> disse Hermione. << Dobbiamo passare dall’altra parte.>>

Un attimo dopo, ignorando gli sguardi curiosi dei presenti, trascinarono Lisan nel minuscolo cortile del retro e Malfoy richiuse pesantemente la porta alle proprie spalle. Era un cubicolo angusto, sbarrato da uno spesso e alto muro di mattoni. Hermione, che con una mano tratteneva Lisan come se temesse che potesse sfuggirle, sfoderò la bacchetta e con la sua punta sfiorò alcune mattonelle. Esse presero a vibrare e spostarsi. In breve, tutti i mattoni iniziarono a diradarsi quel tanto che bastava da lasciar vuoto uno stretto passaggio all’interno del muro.

Lisan oltrepassò l’apertura dopo la strega. Draco chiudeva il terzetto e anch’egli estrasse la bacchetta da un elegante fodero di velluto che portava legato alla cintola.

Diagon Alley, agli occhi di Lisan, fu una meraviglia inaspettata.

Era una via tortuosa che serpeggiava senza una fine visibile, fiancheggiata da negozi e botteghe di ogni tipo. Una marea di maghi e streghe assiepava la strada e le vetrine. Decine di gufi planavano sopra le loro teste, trasportando lettere e piccoli pacchetti.

Una bottega al loro fianco vendeva calderoni di ogni tipo. Poco più in là, a sinistra, l’emporio chiamato “Il Serraglio Stregato” aveva esposto ogni sorta di animale. Una moltitudine di gabbie era accatastata ai lati dell’ingresso ed ognuna di esse conteneva gufi, rospi, serpenti e civette. L’attenzione di Lisan fu attirata da un grosso e maestoso gufo reale dal manto fulvo, elegantemente poggiato sul trespolo dietro la vetrina. Aveva un aspetto saggio e orgoglioso.

<< Questo posto è… wow.>> si limitò a bofonchiare Lisan, e d’improvviso si sentì come un’impacciata liceale alle prese con il suo primo giorno di scuola.

Hermione, che sembrava intenzionata a non perdere tempo, la accompagnò subito da Madama McClan, abiti per tutte le occasioni, dove acquistarono due divise scolastiche e un cappello a punta da strega. Era pieno zeppo di ragazzini dall’aria spaesata che se ne stavano goffamente ritti sui piedistalli in attesa che la sarta facesse provare loro le nuove divise. Draco le aspettò fuori e, quando uscirono dalla bottega, scoprirono che aveva appena acquistato un calderone e un grosso set di provette di vetro.

<< A Hogwarts mi insegneranno a mescolare pozioni?>> domandò Lisan, speranzosa.

Lui le regalò uno sguardo accigliato. << Non dovrai imparare a mescolare semplici pozioni, Rowles.>> sbottò. << Le Pozioni non sono un passatempo, ma una disciplina.>>

<< E chi sarà il mio professore?>> lo incalzò lei, che mise da parte la diffidenza per lasciar posto alla più ingenua e morbosa curiosità.

<< Io.>> rispose Malfoy, con leggerezza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. << E non sperare in un trattamento di favore. Se non dimostrerai impegno come tutti gli altri studenti, non esiterò a divenire il tuo peggiore incubo.>>

Non aveva dubbi, a dire il vero. Ma preferì tenere quel commento per sé.

Proseguirono le compere al Ghirigoro, antica libreria anch’essa discretamente affollata. Hermione estrasse dalla borsetta una pergamena dov’erano elencati tutti i libri di testo e, nel giro di mezz’ora, una pila di volumi rilegati in pelle si aggiunse al calderone e alle divise per la scuola.

<< Dove andiamo adesso?>> domandò Malfoy, che stringeva due borse per mano e sembrava infastidito da tutta quella folla che lo urtava da ogni parte.

<< Da Olivander.>> disse Hermione. << Accompagnala tu, per favore. La mia scorta di Vermicoli Tignosi si sta esaurendo. Faccio un salto all’Emporio delle Erbe. Ci vediamo davanti alla Gringott.>>

Anche se non aveva capito pressoché nulla di quel che aveva detto Hermione, Lisan si limitò ad annuire stupidamente e la osservò sparire nella folla.

<< Che cos’è un Vermicolo Tignoso?>> chiese a Malfoy, ma lui la afferrò per un braccio e la condusse da Olivander senza concederle una risposta.

Quest’ultimo negozio, a dispetto dei precedenti, era angusto e sporco. Un insegna a caratteri d’oro sbiaditi sopra la porta diceva “Olivander. Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 A.C.” Era un luogo molto piccolo. Lisan e Malfoy fecero il loro ingresso accompagnati dallo scampanellio della porta, ma dovettero attendere lunghi istanti prima che una figura umana e scarna li accogliesse.

Olivander, il fabbricante di bacchette, era un uomo esile con una folta chioma di capelli bianchi. Le sue pupille erano vitree e si soffermarono a lungo su di lei, osservandola così intensamente da scavarle all’interno dell’anima.

<< Professor Malfoy, è un piacere rivederla.>> esordì. << Qualcosa non funziona per il verso giusto nella sua nuova bacchetta, professore?>>

<< No, affatto.>> si limitò a rispondere Draco. << Purtroppo mia cugina, che si è trasferita in Inghilterra da poco, ha avuto uno spiacevole incidente e la sua bacchetta è andata distrutta.>> Batté meccanicamente la mano sulla spalla di Lisan e la sospinse verso il bancone. << Sono sicuro che il signor Olivander abbia esattamente ciò che fa al caso tuo.>>

<< Non c’è alcun dubbio, professore.>> ribadì ossequiosamente Olivander. I suoi occhi profondi tornarono a squadrarla attentamente. << Quale mano utilizzi per impugnare la bacchetta?>>

<< Sono mancina.>> rispose Lisan.

Lui estrasse da un taschino del gilet di tweed un centimetro, con il quale prese a misurarle il braccio sinistro. Pronunciò ogni misura a voce alta, ed un taccuino sospeso a mezz’aria prese ad annotarsi da solo ad ogni sua parola. Dopo pochi istanti Lisan scoprì che Olivander era scomparso. Il centimetro continuò a svolgere il suo compito autonomamente misurando, oltre alla lunghezza delle sue dita, anche la distanza dal suo braccio sinistro alla spalla, e la distanza dal gomito fino alla punta delle dita.

Nel frattempo Olivander si era arrampicato su una ripida scaletta ed aveva iniziato a frugare fra decine di scatolette ordinatamente ammonticchiate le une sulle altre in enormi scaffali.

<< Americana, non è vero?>> fece Olivander, che giunse al bancone con le mani piene di scatole. << Ebbene, non conosco nessun mago di quelle parti che sia in grado di eguagliare la leggendaria arte anglosassone della fabbricazione di bacchette. Non rimarrà delusa, signorina… come ha detto che si chiama?>>

<< Ashley.>> si affrettò a rispondere Draco, che si era accomodato su una seggiola vicino alla vetrina polverosa. << Ashley Malfoy.>>

<< Tipico nome americano.>> Olivander sorrise a denti stretti, estrasse la prima bacchetta da una scatola e gliela porse delicatamente fra le mani. << Noce. Nove pollici e mezzo. Flessibile. Corda di cuore di drago.>>

Lisan lo fissò attonita, senza sapere minimamente cosa fare. << Su, la agiti!>> la esortò Olivander. Lei obbedì, ma non accadde nulla. Impugnare un ramoscello di legno raccolto nel bosco avrebbe sortito lo stesso effetto. Aveva davvero dei poteri magici?

<< Non si preoccupi.>> la tranquillizzò Olivander, notando la sua apprensione. << E’ la bacchetta a scegliere il mago. Provi questa.>> E le porse un’altra bacchetta, poco più grande della precedente. << Salice. Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile. Crine di Unicorno.>> Niente. Nessun segnale o sprazzo di magia degno di nota. Così accadde con le altre ventiquattro bacchette magiche che le passarono fra le mani. Solo una di esse emise leggeri bagliori argentati, ma Olivander gliela strappò di mano ancor prima che Lisan potesse accorgersene.

<< Un cliente difficile. Ma non deve tormentarsi, signorina. Credo di avere qualcosa che faccia al caso suo. Anche se, effettivamente, i Malfoy non hanno mai maneggiato una tipologia del genere.>> 

Lei non era affatto una Malfoy, e d’improvviso capì perché le aveva rifilato bacchette sempre sbagliate. Olivander fece ritorno con una scatola polverosa. Prima di estrarre la bacchetta rimase lì immobile a rimirare la copertina lucida dell’involucro. << Sambuco. Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile. Piuma di Fenice.>>

 Quando Lisan la impugnò una sensazione di calore le si diffuse in tutto il corpo. Fu come se la bacchetta fosse diventata un naturale prolungamento del suo braccio. La agitò leggermente, e dorate scintille sgorgarono dalla punta come una cascata di coriandoli.

<< Eccellente!>> esclamò Olivander, sollevato. 

Malfoy pagò dieci galeoni d’oro e venti falci d’argento la bacchetta. Fece scorrere un braccio attorno alle spalle di Lisan e la trasse a sé, prima che Olivander potesse rivolgerle altre domande. << Le auguro una buona giornata.>>

<< Anche a lei, professore.>> Poi Olivander si rivolse a Lisan e, durante l’inchino, le parve che il negoziante le avesse strizzato l’occhio. << E a lei, signorina Malfoy, che è stata scelta dopo quasi mezzo secolo da una bacchetta avente le medesime caratteristiche di quella impugnata da Voldemort.>>

Quella frase, anche se non ne comprese a fondo il significato, la turbò. Fu trascinata fuori dal negozio e la luce del sole parve accecarla.

<< Cosa voleva dire Olivander?>>

<< Troppe domande.>> sbuffò Draco. << Ti spiegherò tutto quando saremo a Hogwarts. Per ora ti basti sapere che la tua presenza alla scuola di magia e stregoneria è, ovviamente, un segreto. Pertanto assumerai le sembianze di un’altra persona. Ashley Malfoy per l’appunto, mia cugina di secondo grado appena trasferita in Inghilterra. Con questo espediente della parentela ti portò tenere maggiormente d’occhio.>>

<< Ma io ho diciassette anni, sono più grande degli allievi del primo anno.>>

<< A questo la magia può porre rimedio.>> tagliò corto Draco. << Oh, eccola laggiù. Sta arrivando la Granger.>>

Hermione comparve nella calca di maghi e streghe trascinando con sé le borse con le divise e il calderone. Lisan notò la presenza di una grossa gabbia, che la strega sembrava trasportare con un grande sforzo. Al suo interno c’era il maestoso gufo reale che aveva visto nella vetrina del Serraglio Stregato.

<< La McGranitt ha detto che non era necessario.>> commentò aspramente Malfoy.

Hermione li raggiunse e lasciò ricadere tutti gli incartamenti a terra, emettendo un sospiro di sollievo. << Oh, taci, Malfoy.>> sbottò. Si riavviò la folta chioma di capelli castani all’indietro. I suoi occhi color nocciola indugiarono per qualche istante su Lisan. Notò che stringeva fra le mani la sua nuova bacchetta magica. << Durante l’addestramento potrai difficilmente varcare le mura del castello, perciò ho pensato che, ecco, avessi bisogno di un gufo per comunicare con il Quartier Generale.>>

<< Ma è bellissimo.>> commentò Lisan, estasiata. E, senza alcun preavviso, colma di gioia all’idea di possedere per la prima volta un animale così straordinario, mollò a terra le sue borse e la abbracciò.

Hermione dapprima rimase di sasso e si irrigidì. Poi, lentamente, le batté qualche colpetto sulla schiena, finché Lisan non si allontanò. << Dovrai prenderti cura di lui. E’ una responsabilità, certo, ma sono felice che tu abbia apprezzato questo dono.>>

<< Amo gli animali.>> mormorò timidamente Lisan. Non ne fu del tutto convinta, ma le parve che gli occhi della strega si fossero illuminati. Poi il cipiglio professionale da Auror tornò a farsi insistente sul suo volto. Hermione la aiutò a radunare tutte le borse e proseguirono le compere a Diagon Alley. Lisan guidava il terzetto perdendosi da una vetrina all’altra, tenendo stretta la gabbia con il suo nuovo gufo.

<< Ha un nome?>> domandò, mentre transitavano davanti ad un negozio che vendeva scope da corsa. Un magnifico esemplare di Firebolt 4 era esposto in vetrina, oscurata in gran parte dalla folla di ragazzini vocianti.

<< Credo di no.>> rispose Hermione. << Come vorresti chiamarlo?>>

<< Gandalf.>> disse Lisan, sicura. Aveva un aspetto saggio ed orgoglioso e quel nome gli calzava a pennello. Ignorò lo sguardo confuso di Draco e s’avviò con passo deciso lungo il ciottolato. Sentì Hermione, alle sue spalle, che spiegava al biondo il significato di quel nome. <<… libro babbano. Ha venduto milioni di copie.>> gli stava dicendo a bassa voce. << Io l’ho letto.>> soggiunse poi. E forse, constatò Lisan, Hermione Granger non era poi così acida e severa come voleva farle credere.

 

*°*°*°*°


NOTE DELL'AUTORE

Grazie mille ai due commentatori dell'ultimo capitolo. Grazie ad Argent per il supporto che non smette mai di offrirmi. In particolare grazie anche a LutherBlisset, spero con tutto il cuore che le tue analisi della storia siano sempre critiche e molto "professionali", ciò mi aiuterebbe molto a migliorare. E grazie, infine, a TopGunForever, che mi ha letteralmente smontato ogni più piccola parte della effe effe, criticandola in lungo e in largo. Magari un giorno riuscirò a sorprenderla :D

Perdonatemi eventuali inesattezze o errori di battitura,  non ho molto tempo a disposizione e spesso, nelle riletture, ometto troppi errori grammaticali. (Alzi la mano chi odia Word e la sua innata demenza senile cronica nella correzzione automatica del testo XD)

Un abbraccio a tutti, aspetto le vostre recensioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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