Capitolo 8
Il Fabbricante di Bacchette
“Due cose mi hanno sempre sorpreso:
l'intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini”
(Tristan Bernard)
Quando
Harry riaprì gli occhi, aveva un forte male alla testa e la vista quasi del
tutto annebbiata. Mosse un braccio a tentoni, sfilandosi le lenzuola di dosso,
sporgendosi oltre la testata del letto per cercare i suoi occhiali sul
comodino. Ma la sua mano vagò senza meta nel vuoto, accompagnata da quello che
gli parve un urlo stridulo di sorpresa.
Pochi
attimi dopo, Harry avvertì una presenza al suo fianco ed il campo visivo
annebbiato gli fu del tutto ostruito da una sagoma scura.
<<
Harry caro, finalmente!>> La familiare voce della signora Weasley
rimbombò nelle sue orecchie. Avvertì una mano accarezzargli dolcemente una
guancia. << Ron, George! Harry si è svegliato!>>
Due
sedie grattarono sul pavimento, poi un susseguirsi frenetico di passi si
avvicinò al suo letto.
<<
Harry Potter!>> esclamò la voce allegra di George. << Se non avessi
quella cicatrice sulla fronte – e ora non sarà la sola di cui dovrai
preoccuparti – ti avrei scambiato per un babbano. Uno di quelli che stanno
sulle riviste di moda. Non è vero, Ron?>>
<<
George.>> lo redarguì
aspramente sua madre, che parve assestargli una poderosa gomitata. <<
Lascialo respirare.>>
<<
Tutto bene, Harry?>>
Riascoltare
la voce di Ron gli riempì il cuore di gioia. Harry strizzò forte gli occhi e,
lentamente, il viso lentigginoso di Ron Weasley gli comparve davanti,
affiancato da George e dalla Signora Weasley dalle guance imperlate di lacrime.
Erano
tutti e tre lì al suo fianco, esattamente come Harry li aveva lasciati. A dire
il vero, sembrava che fossero trascorsi solo un paio di giorni dall’ultima
volta che era stato alla Tana. Eppure erano passati sei mesi.
<<
Cosa mi è successo?>> farfugliò Harry. Sentì la testa incredibilmente
vuota.
<<
Schiantato.>> rispose George, con naturalezza. La signora Weasley,
accanto a lui, annuì energicamente.
<<
Schiantato per bene.>> proruppe Ron. << Quelli del Quartier Generale non vogliono dirci una parola, ma hai
tutta l’aria di uno che se l’è passata abbastanza male. Voglio dire, sono
felice che tu ti sia ripreso, Harry. Ma non hai un bell’aspetto.>>
Harry
lo guardò sconcertato. << Dov’è Hermione?>>
<<
Al lavoro, ovviamente.>> rispose tetramente Ron. << Ci cose ben più
importanti da sbrigare di un amico ridotto in fin di vita.>>
<<
Adesso stai esagerando, Ronald.>> sibilò la signora Weasley. << Ti
ricordo che, se non fosse stato per Hermione e Draco Malfoy, Harry non sarebbe
mai arrivato vivo al San Mungo! E poi è rimasta al suo fianco tutta la notte,
l’altro ieri.>>
<<
Un momento.>> Harry si massaggiò la testa, lasciandosi ricadere indietro
sul cuscino. << Da quanto tempo mi trovo in ospedale?>>
<<
Tre giorni.>> rispose George.
<<
Tre giorni?!>> urlò Harry in
risposta, che tentò immediatamente di alzarsi. I ricordi tornarono vividi nella
sua testa. Riportò alla mente l’attacco dei Mangiamorte, il letto rovesciato
come una trincea ed il volto paralizzato dal terrore di Lisan, poco prima che
venisse spedita contro il muro con uno schiantesimo. Una fitta di dolore allo
stomaco, unito al pronto intervento di Ron, lo obbligarono a sdraiarsi. Era
così debole che non avrebbe potuto muovere un solo passo.
Sudava
freddo. La vista iniziò a venirgli meno.
<<
Io sto bene.>> mentì, risuonando bugiardo perfino a sé stesso.
<<
Non dire sciocchezze, caro.>> la signora Weasley gli rimboccò le lenzuola
fin sotto il mento. << Hai bisogno di riposare. I medimaghi sono stati
molto chiari in proposito. Assoluto
riposo a letto per almeno una settimana.>>
<<
Che cosa ha detto?>> biascicò Harry. << Lei è pazza!>>
Non
gli era mai capitato di rivolgersi in quel modo alla madre di Ron, ma la
signora Weasley accettò di buon grado quell’insolita reazione e congedò Harry
con un affettuoso bacio sulla fronte. Poi rivolse a Ron e George un cenno
eloquente. << Lasciamolo riposare.>> mormorò. << Povero caro,
è una specie di calamita per i guai.>>
Harry
non seppe quanto tempo trascorse nel dormiveglia, sospeso nel limbo di emozioni
che aleggiavano leggere lontane dal suo corpo. Qualcuno entrò, parecchio tempo
dopo, e gli prelevò del sangue inserendogli un ago nel braccio. Poi Harry
ritornò solo a vagare nel nulla cosmico dei suoi pensieri, sentendosi vuoto e
disperso come un neonato appena venuto al mondo. Iniziò a formulare i primi
pensieri di senso compiuto quando ormai le tenebre erano calate fuori dalle
finestre della sua camera d’ospedale. Al di fuori, nel corridoio, rumori di
barelle cigolanti e brusii soffocati. L’odore di disinfettante gli era
penetrato così a fondo nelle narici da averlo privato quasi del tutto
dell’olfatto.
Poi,
quando ormai Harry si era arreso all’evidenza, convinto di essere stato
abbandonato per sempre su quel lettino, la porta della stanza si aprì.
Una
mano premette sul lenzuolo all’altezza del suo petto. Scorse fra le lenzuola
fino a sfiorare la sua, stringendogliela forte.
<<
Hermione.>> sussurrò Harry, rincuorato. Una sensazione di calore gli si
diffuse in tutto il corpo.
Hermione,
che indossava la divisa d’ordinanza da Auror, lasciò cadere la borsa di pelle
ai piedi del letto e si sporse per baciarlo sulla guancia. Afferrò una sedia e
la trascinò al suo fianco. << Va tutto bene.>> gli disse con un
sorriso. I suoi occhi color nocciola erano sereni e sinceri. Andava tutto bene davvero. << La
Signora Weasley mi ha avvisata subito del tuo risveglio, ma non sono riuscita
ad uscire dall’ufficio prima delle otto. Ti senti meglio, Harry?>>
<<
Alla grande.>> mormorò Harry, che sollevò un pollice in segno
affermativo.
<<
Ti fa male?>>
<<
Che cosa dovrebbe farmi male, Hermione?>>
Lei
rimase in silenzio e strinse le labbra. << Oh.>> disse, dilatando
gli occhi. Lentamente, come se quel gesto le costasse uno sforzo immane,
raccolse la borsa sulle sue ginocchia e vi tuffò dentro una mano. << Ti
prego, Harry, promettimi di non urlare.>>
Perché
avrebbe dovuto urlare? Era sano come un pesce, forse ancora debole e bisognoso
di riposo, ma pur sempre con tutti i pezzi attaccati al loro posto. Ricevette
fra le mani un piccolo specchio rotondo, che Hermione estrasse dalla busta dei
cosmetici.
Harry,
con noncuranza, lo direzionò su di sé.
Urlare, a
dire il vero, gli sembrò la cosa più naturale del mondo.
<<
I miei capelli!>> ululò, disperato, portandosi la mano libera sulla nuca.
Come aveva fatto a non essersene accorto prima? La sua testa era stata
completamente rasata. Non aveva un solo capello degno di tal nome attaccato
alla pelle. Gli parve di accarezzare una palla da biliardo ben levigata.
<< Cosa è successo ai miei capelli?!>>
Le
sue dita incontrarono una superficie più ruvida. Seguì i suoi contorni con i
polpastrelli, muovendo lo specchio di lato per osservarsi meglio. Una grossa
cicatrice gli correva su un lato nella nuca, arrossata e in rilievo come il
dorso squamoso di un dinosauro. Con profondo orrore, Harry lasciò ricadere lo
specchio fra le lenzuola e rivolse a Hermione uno sguardo smarrito. Il suo
aspetto era orribile.
<<
Che cosa mi è successo?>> gemette.
<<
L’importante è che tu stia bene, Harry. I capelli ricresceranno.>>
<<
Potremmo chiamare Madama Olimpia della Bottega Crescicappa di Diagon
Alley.>> azzardò Harry, speranzoso, che non smise di accarezzarsi la nuca
rasata. << E’ riuscita a compiere un miracolo con il vecchio Gazza.
Potrebbe fare lo stesso con me, giusto?>>
<<
Era l’unico modo per poterti curare.>> Hermione lo fissò accigliata.
<< Trovo sciocco e infantile che un comandante Auror si preoccupi del suo
aspetto estetico a tal punto da infischiarsene di tutto il resto. Ci sono cose
più importanti.>> Si fissarono per qualche lungo istante. Hermione non
riuscì a trattenere un sorriso. << E poi, Harry, non sei poi tanto male.>>
Scoppiarono
a ridere entrambi.
Fu
come ritornare ai tempi di Hogwarts. Harry per un attimo accantonò Lisan e il
ritorno di Bellatrix, oltre al fatto di essere stato completamente rasato. Che
cosa importava, in fondo? Aveva al suo fianco la sua migliore amica. Ed era vivo.
Hermione
era visibilmente stanca. Ma, al contrario di Ron, sembrava di ottimo umore. Gli
raccontò dell’irruzione dei Mangiamorte e di Bellatrix, che si era
smaterializzata non appena Hermione e Draco erano corsi in loro soccorso.
<<
Non sono una sprovveduta. E non mi fido di quella ragazzina. Le ho messo una spiocimice nella borsa, prima che ne
andasse. Così sarei riuscita a rintracciarvi in qualsiasi momento!>>
La
sua ferita alla testa, a quanto pareva, era stata causata da una maledizione. I
Medimaghi non erano ancora riusciti a capire esattamente di cosa si trattasse.
Ma erano certi che Harry fosse del tutto fuori pericolo.
<<
Dobbiamo trovare quella puttana.>>
sbottò Harry, senza mezzi termini.
<<
E’ tutto sotto controllo, Harry. Adesso devi pensare a rimetterti in
sesto.>> Hermione gli premette una mano sul petto e lo rispedì indietro
sul cuscino, placcando il suo tentativo di rialzarsi. << La signora
Weasley ha insistito per ospitare Lisan a casa sua. E’ stato un azzardo, certo,
ma la Tana è protetta adeguatamente e Kingsley si è mostrato fin da subito
favorevole. Per il momento ci siamo tolti un peso.>>
<<
E’ stata ferita?>> domandò Harry, preoccupato.
<<
A quanto sappia, no.>> fu la glaciale risposta della strega, che scrollò
le spalle. << Io, nel frattempo, sono costretta a occuparmi di Malfoy.
Manca poco più di una settimana alla riapertura di Hogwarts, dopodiché potrà
tornarsene alla sua cattedra.>>
<<
Devo tornare al lavoro.>> proferì Harry, deciso. << E tu devi
convincere i medimaghi a dimettermi
dall’ospedale.>>
<<
Sai benissimo che non farò mai una cosa del genere, Harry.>>
Sì,
lo sapeva molto bene. Ma aveva tentato inutilmente di corromperla. Come sempre.
In quei casi Hermione era più irremovibile di un muro.
<<
Harry, te l’ho detto, è tutto sotto controllo. Per fortuna quella casa era solo
un avamposto del Ministero, pensa a
cosa sarebbe successo se i Mangiamorte avessero fatto irruzione a Notting Hill.>>
Al
solo pensiero di vedere la propria casa distrutta, a Harry si raggelò il sangue
nelle vene.
<<
Ora cerca di dormire. Domattina Kingsley vuole farti visita per rivolgerti un
paio di domande. Nulla di grave. I
Mangiamorte che ti hanno attaccato sono tutti morti, non siamo riusciti a
catturare nessuno. Ma loro, d’altro canto, non potranno più rintracciare Lisan
in nessun modo. Siamo, per così dire, in una situazione di stallo.>>
Harry
annuì. Iniziò ad avvertire fastidiose fitte di dolore alla testa. George aveva
ragione: la sua vecchia cicatrice sulla sua fronte sarebbe stata in ottima compagnia.
*°*°*°*
Erano
trascorsi cinque giorni dall’arrivo di Lisan Rowles al Ministero, ed erano
accadute così tante cose da farli sembrare un’eternità. Un susseguirsi di
avvenimenti imprevisti, di attacchi di Mangiamorte accertati o presunti, di
segnalazioni allarmate da parte di cittadini che – grazie ai velenosi articoli
del Profeta – si domandavano se
Voldemort fosse morto davvero, o se fosse stato il Ministero della Magia ad
aver insabbiato la questione etichettando Harry come l’eroe sopravvissuto.
L’idea
del complotto aveva affascinato una generosa fetta di lettori grazie alle
inchieste di Rita Skeeter. Quella cagna ficcanaso era un nemico ben peggiore di
Bellatrix.
<<
La ucciderò, un giorno o l’altro.>> dichiarò Hermione, che addentò
nervosamente una fetta di bacon.
Di
fronte a lei, le pagine aperte della Gazzetta del Profeta mostravano il volto
di Harry Potter in prima pagina, sorridente mentre stringeva la mano a Kingsley
Shacklebolt. Il titolo era inequivocabile: “Harry
Potter: vita e segreti di un Auror”
<<
Uccidere Rita Skeeter?>> Il volto cupo di Draco Malfoy fece capolino dal
giornale. Lo ripiegò distrattamente e lo depositò senza troppa cura sul tavolo,
concentrandosi sulle sue uova strapazzate. << Impossibile. Mio padre ci ha provato almeno cinque volte, senza mai
riuscirci. Avrà degli Horcrux, da qualche parte. O una Pietra della
Resurrezione Tascabile.>>
<<
Stavo solo scherzando.>> sbottò
Hermione, torva.
Malfoy
scrollò le spalle. I suoi occhi di ghiaccio sembravano essere attirati dal Profeta come una calamita.
<<
Che cosa c’è scritto?>> lo incalzò Hermione.
Lui
finse di non averla sentita. Addentò una tartina salata e masticò il boccone
più a lungo del solito, fingendo disinteresse.
<<
Ti ho fatto una domanda, Malfoy.>>
Il
ragazzo, senza pronunciar parola, gli porse fra le mani il giornale.
<<
E’ la solita spazzatura del complotto.>>
<<
Pagina quattro.>> sbottò Malfoy.
L’articolo,
che era corredato dalla foto a mezzobusto di una strega tarchiata con un grosso
cappello a punta adornato con girasoli, occupava gran parte della pagina.
25
agosto. Triste anniversario per Rebecca Swinton.
I
genitori dei neonati scomparsi durante la Prima Caduta del Signore Oscuro
non
smettono di sperare
LONDRA – Oggi ricorre
l’anniversario della Scomparsa del piccolo Tom Swinton-Trevors. A raccontarci
la sua storia è la madre, Rebecca Swinton, segretaria presso lo stabilimento di
Scope da Corsa Stellafreccia di Belfast. La sua battaglia dura da ormai
diciassette anni.
All’epoca dei fatti Tom
aveva appena compiuto tre mesi. “Eravamo a casa, in un quartiere babbano nei
dintorni di Belfast. Ci eravamo trasferiti lì a causa del mio lavoro. Qualcuno,
quella notte, è penetrato all’interno della nostra abitazione e ha rapito mio
figlio” racconta Rebecca, visibilmente commossa. “Il Ministero della Magia ci
ha assicurato che avrebbero aperto un’inchiesta, ma nessuno è mai riuscito a
capire cosa realmente sia successo, né, tantomeno, chi è stato a prendere Tom.”
Diciassette anni dopo,
Rebecca spera di riabbracciare suo figlio. E di avere delle risposte.
“Tutt’oggi io e mio marito non
abbiamo la minima idea di quale possa essere stato l’esito delle indagini. Ci
siamo mossi individualmente, per conto nostro, ed abbiamo scoperto che molti
altri genitori disperati avevano denunciato la scomparsa dei propri figli.
Tutti neonati, tutti provenienti da famiglie di maghi. E’ solamente un caso?
Anche uno Schiopodo Sparacoda avrebbe dei dubbi.”
L’articolo
proseguiva con la storia del piccolo Tom e di altri neonati strappati dalle
braccia materne da uno “sconosciuto
aggressore”, sottolineando più volte il silenzio del Ministero a riguardo,
come se l’intenzione non troppo celata fosse quella di insabbiare la vicenda.
Hermione
strappò di netto la pagina di giornale, la ripiegò fino a farla diventare delle
dimensioni di un tovagliolo e se la cacciò in una tasca dei pantaloni.
<<
Potrebbe tornare utile.>> disse. << Per scagionarti dall’accusa di
omicidio.>>
<<
Da quando in qua hai intenzione di aiutarmi, Granger?>>
<<
Io non ti sto affatto aiutando.>> fu la sua risposta, fredda e velata.
<< Io sto semplicemente analizzando
i fatti in modo oggettivo. Rapire dei neonati e usarli come cavie da
laboratorio è un gesto orribile e disumano. Se tuo padre era il responsabile,
non sono affatto dispiaciuta della sua morte. Ecco tutto, Malfoy.>>
<<
Le tue parole mi commuovono.>> cantilenò lui, in tono irrisorio.
<<
Finisci la colazione.>> tagliò corto Hermione, che diede un’occhiata
all’orologio da polso. << Dobbiamo andare a prendere Lisan alla
Tana.>>
<<
Il tuo maritino Weasley la sta
accudendo?>>
Aveva fatto centro,
finalmente. Hermione strinse forte le labbra e incassò il colpo
mascherando il dolore con un sorriso di scherno.
Evitò
di dirgli che Ron era tornato alla Tana perché le cose tra loro non
funzionavano ormai da un pezzo, che il loro matrimonio da un anno e mezzo era miseramente
naufragato e che presto avrebbe fatto ritorno in quella casa per portar via le
sue cose.
Il
lavoro non le dava mai tregua. Era rimasta da sola in un’abitazione che aveva
perso il profumo di famiglia e di zuccotti di zucca appena sfornati.
I
suoi occhi color nocciola vagarono nel vuoto per qualche lungo istante, per poi
tornare a soffermarsi imperturbabili e austeri sulle iridi di ghiaccio di Draco
Malfoy.
<<
Ci muoveremo con mezzi babbani.>> disse Hermione. << In modo da non
essere rintracciabili dai Mangiamorte, che senz’altro staranno tenendo d’occhio
i movimenti dei maggiori esponenti del Ministero. Nessuno al di fuori del
Quartier Generale è a conoscenza della verità sulla morte di Lucius Malfoy,
perciò è ipotizzabile che Bellatrix non sappia ancora il nome del responsabile.
Ma dobbiamo stare attenti. Il minimo errore potrebbe compromettere
l’operazione. E tu moriresti nel giro di un battito d’occhi.>>
Malfoy
non si sentì molto rinfrancato dalle sue parole, ma non disse nulla. Nessun
commento velenoso o sarcastico accompagnò la loro discesa lungo la rampa di
scale a chiocciola che conduceva nel garage. Una Mini Cooper color azzurro
metallico apparve loro dinnanzi quando scesero l’ultimo scalino. La bandiera
del Regno Unito risplendeva sul tettuccio e gli specchietti erano verniciati di
una tinta rosa antico.
<<
Dobbiamo arrivare alla Tana su questo coso?>>
<<
Sali.>> ordinò Hermione, che ignorò lo sguardo oltraggiato di Malfoy
all’idea di metter piede su un’automobile.
Dieci
minuti dopo la Mini era uscita dal garage e si era immersa nella fitta e
intricata rete stradale di Soho, centralissimo quanto affollato quartiere di
Londra. Ron si era da sempre dichiarato contrario all’acquisto di quel loft, ma
l’aveva accontentata per via della vicinanza alle loro rispettive sedi di
lavoro. Era stato ben felice di andarsene,
pensò Hermione. Ed entro un’ora l’avrebbe
rivisto alla Tana, in qualità di Auror.
*°*°*°*°*
Quando
Harry fece il suo ingresso nell’ufficio del Ministro della Magia, quattro giorni
dopo il suo ricovero al San Mungo, per lui fu come essere tornati a casa dopo
un lungo viaggio. Nulla era cambiato dall’ultima volta che era stato lì. I
quadri dei Ministri che avevano ricoperto l’incarico prima di Kingsley erano
ammonticchiati sulle pareti, gli uni sugli altri, fin quasi a raggiungere
l’alto soffitto a volta.
Kingsley
levò lo sguardo al di sopra della pergamena sulla quale stava facendo scorrere
la penna d’oca. << Bentornato.>> disse, con un sorriso composto.
Harry
non aveva intenzione di perdersi in convenevoli. << Voglio essere
reintegrato in servizio, Kingsley.>>
Il
Ministro della Magia intinse la penna d’oca nel calamaio incastonato nello
scrittoio, tornando a tracciare eleganti ghirigori d’inchiostro sulla
pergamena. << Sono felice che tu stia meglio.>> asserì, senza
staccare gli occhi dal suo lavoro. << Era prevedibile che mi avresti
domandato di tornare al lavoro. La tua determinazione, forse, supera la tua
naturale propensione per i guai. E di questo ne sono molto orgoglioso, Harry,
si chiaro. Tuttavia >> Cessò di
scrivere e levò il suo sguardo autorevole su Harry. << Non posso
riabilitarti al servizio finché non sarai idoneo. E’ la Legge, Harry. Non posso
fare altrimenti.>>
Harry
strinse i pugni. Era palesemente indignato dal trattamento che Kingsley gli
aveva riservato, come se fosse un qualsiasi
segretario del Primo Livello alle prese con un brutto mal di schiena. Lui
era il comandante del dipartimento, maledizione.
Kingsley
rispose tacitamente con una scrollata di spalle. << La colpa è mia, in
fondo. Ti ho sempre concesso carta bianca. Con l’attacco dei Mangiamorte al
rifugio di Wilwood Grove ho capito i miei errori. Hai rischiato di morire a
causa della mia fiducia smisurata.>>
<<
Ora sto bene.>> tagliò corto Harry, stizzito. << Posso riavere il
mio distintivo, per favore?>>
<<
No, mi dispiace.>>
Ci
fu un concitato istante di silenzio. L’aria era così tesa da essere tagliata a
fettine con un coltello. Harry prese un respiro profondo, ignorando l’ira che
si faceva largo dentro di lui. << Quanto devo aspettare prima di
rientrare al Quartier Generale?>>
<<
Questo, ovviamente, dipende da te.>> Kingsley rovistò in un cassetto. Ne
estrasse una busta color acquamarina che recava il sigillo del San Mungo e
gliela porse con un gesto garbato. << Il Dottor Medimago Capo Farewell mi ha indirizzato questa missiva
subito dopo averti dimesso dall’ospedale. Sostiene che sei ricorso alle minacce per ottenere una sua
dichiarazione firmata, è così?>>
<<
Non ho minacciato nessuno.>> si difese Harry. << Sto bene. Ho
ventisei anni e sono in grado di capire autonomamente se sono in grado di
lavorare. Non ho certo bisogno della diagnosi
di un Medimago.>>
<<
Molto bene.>> Kingsley ripiegò la lettera e la gettò nel caminetto
spento. Con un colpo di bacchetta, esso s’infiammò impetuosamente e ridusse in
cenere la missiva del San Mungo. << Il fatto che il Medimago Capo
Farewell sia cugino di primo grado con Rufus McDowell, che hai sbattuto ad
Azkaban per associazione oscura, è una valida attenuante. Tuttavia, fino a
prova contraria, il tuo capo sono io.>>
Harry
annuì, frastornato. Non aveva la minima idea di dove Kingsley voleva andare a
parare.
<<
Trascorrerai due settimane di convalescenza a Fell’s Church, sotto il Programma
di Protezione, con le false sembianze di un anziano dipendente del Ministero in
pensione. Laggiù c’è la base operativa del Distaccamento
Ricerche sulle Arti Oscure, potrebbe esserti utile per le indagini.>>
Harry
lo ascoltò esterrefatto. << Mi stai dicendo che dovrò andarmene in un
paesino sperduto a indagare segretamente su Bellatrix in attesa di poter essere
riabilitato?>>
<<
Sto cercando di aiutarti, Harry.>>
<<
No, Kingsley. Stai cercando di dimostrare al Ministero che tratti tutti esattamente nello stesso modo. E
intanto, senza che nessuno lo sappia, mi permetti di lavorare alle indagini. E’
iniziata la campagna elettorale, per caso?>>
Kingsley
ripose con cura la penna d’oca in un astuccio di pelle viola. Ripiegò la
pergamena che stava scrivendo e la siglò con la ceralacca scarlatta del
Ministero, imprimendovi con forza l’anello d’argento che portava all’indice.
<<
Guardami, Kingsley.>> ringhiò Harry. << Io non sono uno stupido elettore. Perché stai facendo
questo?>>
<<
Per il tuo bene.>> si limitò a rispondere il Ministro della Magia.
<< E ora, se non ti dispiace, ho delle faccende urgenti da
sbrigare.>>
Harry
non se lo fece ripetere due volte. Abbandonò a grandi passi l’ufficio senza
rivolgergli il saluto. I suoi occhi verdi traboccavano d’ira e le mani strette
lungo i fianchi tremavano senza alcun controllo.
<<
Verrai trasferito a Fell’s Church domattina.>> strepitò la voce di
Kingsley, alle sue spalle, prima che Harry richiudesse pesantemente la porta.
*°*°*°*°*
Il
bussare frenetico alla porta della Tana distolse l’attenzione di Lisan dalla
sua colazione, ed il suo cuore ebbe un sussulto. Abbandonò immediatamente la
ciotola di latte con Cioccalderoni e balzò giù dalla sedia, osservando di
soppiatto Ginny che si avviava ad aprire.
La
sua speranza discese fin sotto le suole delle sue All Star logore quando,
dall’ingresso, comparve la figura alta e flessuosa di Hermione Granger, seguita
a ruota dall’immancabile Malfoy. Per la prima volta da quando li aveva
conosciuti, entrambi vestivano abiti normali.
<<
Come sta Harry?>> chiese Ginny ai due maghi, mentre li invitava ad
entrare.
<<
E’ stato dimesso dal San Mungo ieri pomeriggio.>> rispose Hermione.
<< Ma dovrà rimanere a riposo per almeno quindici giorni in un luogo
sicuro. Le ferite di una maledizione non guariscono in un batter
l’occhio.>>
<<
Oh, certamente. Portategli i miei saluti, se lo vedete.>> Ginny aveva
un’aria frastornata. << Accomodatevi.>> Levò una mano e fece loro
cenno di precederla in cucina, dove lei e Lisan fino a quel momento si erano
intrattenute a far colazione sperimentando i dolciumi di Mielandia.
Lisan,
che aveva scoperto di adorare le Cioccorane, ora possedeva almeno cinquanta
figurine di Maghi e Streghe famosi. Gran parte di essi erano doppioni che Ginny
le aveva gentilmente donato dalla sua collezione.
<<…
mi dispiace interrompere la vostra colazione, ma Kingsley ci ha ordinato di
scortare Lisan a Diagon Alley per comprare tutto l’occorrente per Hogwarts.>>
stava dicendo Hermione. << La professoressa McGranitt mi ha fornito la
lista dei libri di testo.>>
Lisan
tornò a sedere a suo posto e finse con cura di non averli origliati. Rivolse a
Hermione e Malfoy un glaciale cenno di saluto del capo, concentrandosi con
tutta sé stessa sulla confezione colorata di Cioccocalderoni.
<<
I tuoi abiti puliti sono in lavanderia.>> le disse Ginny, con un sorriso
gentile, mentre entrava in cucina sistemandosi la maglia del pigiama. <<
Corri a cambiarti. Abbiamo perso fin troppo tempo con le Figurine!>>
<<
Dov’è Harry?>> proruppe Lisan.
<<
Sta bene. Non devi preoccuparti per lui.>> tagliò corto Hermione.
<< Ti aspettiamo nel cortile. Ti accompagneremo a comprare l’occorrente
per la scuola.>>
<<
Ma io non ho soldi.>> obiettò Lisan.
<<
Sarai sovvenzionata dal Ministero della Magia. Ora vai a cambiarti.>>
Lisan
obbedì senza replicare. Mentre si infilava una maglietta e i jeans puliti,
ripensò a quanto Harry l’avesse aiutata. Lei non poteva ricambiare in nessun
modo, e si sentì piccola e inutile.
Durante
la permanenza alla Tana, che le era parsa meravigliosa a confronto del
trattamento riservatole dagli Auror del Ministero, nessuno era stato
autorizzato a dirle cosa fosse accaduto a Harry. “E’ in ospedale, presto verrà
a trovarti” si era limitata a dirle Ginny, un pomeriggio, durante una
passeggiata al Colle dell’Ermellino. E la signora Weasley aveva aggiunto che,
in ogni caso, Lisan in quella casa era al sicuro e avrebbe potuto rimanerci per
tutto il tempo che voleva.
Erano
maghi completamente diversi dai pomposi e professionali segugi del Quartier
Generale. La facevano sentite una di famiglia. L’unico a non averle suscitato
una particolare simpatia era Ron. Se ne stava sempre per conto suo nella sua
stanza al terzo piano, uscendo solo durante i pasti e per andare al lavoro. Per
il resto Lisan trascorreva la maggior parte del suo tempo insieme a Ginny.
Non
sapeva che lavoro facesse, ma aveva un sacco di tempo libero. Insieme, in quei
giorni, si erano prese cura del giardino della Tana. Ginny le aveva insegnato a
sbarazzarsi degli Gnomi che si nascondevano fra le sterpaglie e a cavalcare un
manico di scopa. Anche se, a dire il vero, all’inizio Lisan era riuscita a
malapena a staccare i piedi da terra. Le era sembrato fantastico. Il cibo, poi,
era letteralmente straordinario.
Una
sera, all’insaputa della signora Weasley, Ginny era entrata nella sua stanza con
due bottiglie di Burrobirra ghiacciata. Avevano bevuto e chiacchierato a lungo.
Ginny le aveva raccontato che suo fratello Ron era il marito di Hermione
Granger, e che ultimamente aveva deciso di fare ritorno alla Tana per colpa di
alcune incomprensioni familiari. “Spero che tutto si risolva per il meglio.”
aveva concluso Ginny, preoccupata. Ma si era sbagliata di grosso, o almeno
quella fu la prima impressione alla vista dello sguardo arcigno che Hermione
aveva dipinto sul volto, come una severa professoressa in attesa di bacchettare
i propri studenti.
Lisan
salutò Ginny con un abbraccio. La strinse forte, avvertendo l’innata sensazione
di vuoto all’idea di abbandonare la seconda persona che si fosse mostrata
amichevole nei suoi confronti.
<<
Non ti preoccupare. Ci rivedremo presto.>> Ginny le strizzò l’occhio.
<< Ti riporteranno qui. Trascorrerai alla Tana gli ultimi giorni prima
della partenza.>>
Lisan
si sentì rincuorata. Uscì fuori di casa e seguì Hermione e Malfoy nel cortile,
dov’era parcheggiata una Mini Cooper. Scorgere un’automobile alla Tana era
fuori luogo come un elefante in uno stagno, eppure l’idea di raggiungere Diagon
Avenue, o come diavolo si chiamava, a bordo di quel piccolo bolide azzurro non
le dispiacque affatto.
Durante
il viaggio nessuno parlò. La tranquilla vallata circondata da colline erbose fu
sostituita, fuori dal finestrino, da un’autostrada che correva diritta verso
Londra. Lisan si accoccolò sul sedile posteriore e finì per addormentarsi. Sognò
che cinque Mangiamorte la stavano inseguendo lungo un corridoio senza fine. Più
lei correva, più i nemici alle sue spalle si facevano vicini. Quando uno dei
due la afferrò per il collo ed iniziò a scuoterla, fra le sue grida, Lisan aprì
gli occhi di scatto e scoprì che Malfoy l’aveva svegliata con una leggera
gomitata.
<<
Siamo arrivati.>> annunciò.
Hermione
era già scesa e stava armeggiando con un parchimetro. Quando ebbero sistemato
il tagliando color senape all’interno dell’auto parcheggiata, si avviarono nel
traffico londinese immergendosi nella folla di pedoni che assiepavano i
marciapiedi di Charing Cross Road.
Percorsero
mezzo miglio prima che Hermione si degnasse di spiegarle dov’erano diretti.
<<
Diagon Alley è invisibile all’occhio degli esseri umani privi di poteri magici.>>
le disse. Lisan notò che era l’unica a pronunciare raramente la parola Babbani.
Giunsero
di fronte ad un vecchio pub dall’aria malconcia chiamato il Paiolo Magico. La
gente vi passava distrattamente davanti senza prestarvi la minima attenzione.
Hermione
e Malfoy la scortarono all’interno del locale, che era piuttosto buio e
dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchiere
di sherry. Una di loro era visibilmente ubriaca. Poco più in là, seduto su una
botte, un ometto dalla folta barba argentea stava fumando una pipa, emettendo
nell’aria densi anelli di fumo. Stava chiacchierando con il barman, un uomo
calvo e sdentato, che – non appena notò la loro presenza – interruppe
bruscamente la conversazione.
<<
Comandante Granger. Professor Malfoy.>> mormorò con tono ossequioso,
accennando ad un inchino del capo. << E’ un piacere ospitarvi al Paiolo
Magico. In cosa posso esservi utile?>>
<<
Siamo qui di passaggio, Tom.>> disse Hermione. << Dobbiamo passare dall’altra parte.>>
Un
attimo dopo, ignorando gli sguardi curiosi dei presenti, trascinarono Lisan nel
minuscolo cortile del retro e Malfoy richiuse pesantemente la porta alle
proprie spalle. Era un cubicolo angusto, sbarrato da uno spesso e alto muro di
mattoni. Hermione, che con una mano tratteneva Lisan come se temesse che
potesse sfuggirle, sfoderò la bacchetta e con la sua punta sfiorò alcune
mattonelle. Esse presero a vibrare e spostarsi. In breve, tutti i mattoni
iniziarono a diradarsi quel tanto che bastava da lasciar vuoto uno stretto
passaggio all’interno del muro.
Lisan
oltrepassò l’apertura dopo la strega. Draco chiudeva il terzetto e anch’egli
estrasse la bacchetta da un elegante fodero di velluto che portava legato alla
cintola.
Diagon
Alley, agli occhi di Lisan, fu una meraviglia inaspettata.
Era
una via tortuosa che serpeggiava senza una fine visibile, fiancheggiata da
negozi e botteghe di ogni tipo. Una marea di maghi e streghe assiepava la
strada e le vetrine. Decine di gufi planavano sopra le loro teste, trasportando
lettere e piccoli pacchetti.
Una
bottega al loro fianco vendeva calderoni di ogni tipo. Poco più in là, a
sinistra, l’emporio chiamato “Il
Serraglio Stregato” aveva esposto ogni sorta di animale. Una moltitudine di
gabbie era accatastata ai lati dell’ingresso ed ognuna di esse conteneva gufi,
rospi, serpenti e civette. L’attenzione di Lisan fu attirata da un grosso e
maestoso gufo reale dal manto fulvo, elegantemente poggiato sul trespolo dietro
la vetrina. Aveva un aspetto saggio e orgoglioso.
<<
Questo posto è… wow.>> si
limitò a bofonchiare Lisan, e d’improvviso si sentì come un’impacciata liceale
alle prese con il suo primo giorno di scuola.
Hermione,
che sembrava intenzionata a non perdere tempo, la accompagnò subito da Madama
McClan, abiti per tutte le occasioni,
dove acquistarono due divise scolastiche e un cappello a punta da strega. Era
pieno zeppo di ragazzini dall’aria spaesata che se ne stavano goffamente ritti
sui piedistalli in attesa che la sarta facesse provare loro le nuove divise.
Draco le aspettò fuori e, quando uscirono dalla bottega, scoprirono che aveva
appena acquistato un calderone e un grosso set di provette di vetro.
<<
A Hogwarts mi insegneranno a mescolare pozioni?>> domandò Lisan,
speranzosa.
Lui
le regalò uno sguardo accigliato. << Non dovrai imparare a mescolare semplici pozioni,
Rowles.>> sbottò. << Le Pozioni non sono un passatempo, ma una disciplina.>>
<<
E chi sarà il mio professore?>> lo incalzò lei, che mise da parte la
diffidenza per lasciar posto alla più ingenua e morbosa curiosità.
<<
Io.>> rispose Malfoy, con leggerezza, come se fosse la cosa più ovvia del
mondo. << E non sperare in un trattamento di favore. Se non dimostrerai
impegno come tutti gli altri studenti, non esiterò a divenire il tuo peggiore incubo.>>
Non aveva dubbi, a
dire il vero. Ma preferì tenere quel commento per sé.
Proseguirono
le compere al Ghirigoro, antica libreria anch’essa discretamente affollata.
Hermione estrasse dalla borsetta una pergamena dov’erano elencati tutti i libri
di testo e, nel giro di mezz’ora, una pila di volumi rilegati in pelle si
aggiunse al calderone e alle divise per la scuola.
<<
Dove andiamo adesso?>> domandò Malfoy, che stringeva due borse per mano e
sembrava infastidito da tutta quella folla che lo urtava da ogni parte.
<<
Da Olivander.>> disse Hermione.
<< Accompagnala tu, per favore. La mia scorta di Vermicoli Tignosi si sta
esaurendo. Faccio un salto all’Emporio delle Erbe. Ci vediamo davanti alla
Gringott.>>
Anche
se non aveva capito pressoché nulla di quel che aveva detto Hermione, Lisan si
limitò ad annuire stupidamente e la osservò sparire nella folla.
<<
Che cos’è un Vermicolo Tignoso?>> chiese a Malfoy, ma lui la afferrò per
un braccio e la condusse da Olivander senza concederle una risposta.
Quest’ultimo
negozio, a dispetto dei precedenti, era angusto e sporco. Un insegna a
caratteri d’oro sbiaditi sopra la porta diceva “Olivander. Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 A.C.”
Era un luogo molto piccolo. Lisan e Malfoy fecero il loro ingresso accompagnati
dallo scampanellio della porta, ma dovettero attendere lunghi istanti prima che
una figura umana e scarna li accogliesse.
Olivander,
il fabbricante di bacchette, era un uomo esile con una folta chioma di capelli
bianchi. Le sue pupille erano vitree e si soffermarono a lungo su di lei,
osservandola così intensamente da scavarle all’interno dell’anima.
<<
Professor Malfoy, è un piacere rivederla.>> esordì. << Qualcosa non
funziona per il verso giusto nella sua nuova bacchetta, professore?>>
<<
No, affatto.>> si limitò a rispondere Draco. << Purtroppo mia
cugina, che si è trasferita in Inghilterra da poco, ha avuto uno spiacevole
incidente e la sua bacchetta è andata distrutta.>> Batté meccanicamente
la mano sulla spalla di Lisan e la sospinse verso il bancone. << Sono
sicuro che il signor Olivander abbia esattamente ciò che fa al caso
tuo.>>
<<
Non c’è alcun dubbio, professore.>> ribadì ossequiosamente Olivander. I
suoi occhi profondi tornarono a squadrarla attentamente. << Quale mano
utilizzi per impugnare la bacchetta?>>
<<
Sono mancina.>> rispose Lisan.
Lui
estrasse da un taschino del gilet di tweed un centimetro, con il quale prese a
misurarle il braccio sinistro. Pronunciò ogni misura a voce alta, ed un
taccuino sospeso a mezz’aria prese ad annotarsi da solo ad ogni sua parola. Dopo
pochi istanti Lisan scoprì che Olivander era scomparso. Il centimetro continuò
a svolgere il suo compito autonomamente misurando, oltre alla lunghezza delle
sue dita, anche la distanza dal suo braccio sinistro alla spalla, e la distanza
dal gomito fino alla punta delle dita.
Nel
frattempo Olivander si era arrampicato su una ripida scaletta ed aveva iniziato
a frugare fra decine di scatolette ordinatamente ammonticchiate le une sulle
altre in enormi scaffali.
<<
Americana, non è vero?>> fece Olivander, che giunse al bancone con le
mani piene di scatole. << Ebbene, non conosco nessun mago di quelle parti
che sia in grado di eguagliare la leggendaria arte anglosassone della
fabbricazione di bacchette. Non rimarrà delusa, signorina… come ha detto che si
chiama?>>
<<
Ashley.>> si affrettò a rispondere Draco, che si era accomodato su una
seggiola vicino alla vetrina polverosa. << Ashley Malfoy.>>
<<
Tipico nome americano.>>
Olivander sorrise a denti stretti, estrasse la prima bacchetta da una scatola e
gliela porse delicatamente fra le mani. << Noce. Nove pollici e mezzo.
Flessibile. Corda di cuore di drago.>>
Lisan
lo fissò attonita, senza sapere minimamente cosa fare. << Su, la agiti!>> la esortò
Olivander. Lei obbedì, ma non accadde nulla. Impugnare un ramoscello di legno
raccolto nel bosco avrebbe sortito lo stesso effetto. Aveva davvero dei poteri magici?
<<
Non si preoccupi.>> la tranquillizzò Olivander, notando la sua
apprensione. << E’ la bacchetta a scegliere il mago. Provi
questa.>> E le porse un’altra bacchetta, poco più grande della
precedente. << Salice. Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile.
Crine di Unicorno.>> Niente. Nessun segnale o sprazzo di magia degno di
nota. Così accadde con le altre ventiquattro bacchette magiche che le passarono
fra le mani. Solo una di esse emise leggeri bagliori argentati, ma Olivander
gliela strappò di mano ancor prima che Lisan potesse accorgersene.
<<
Un cliente difficile. Ma non deve tormentarsi, signorina. Credo di avere
qualcosa che faccia al caso suo. Anche se, effettivamente, i Malfoy non hanno
mai maneggiato una tipologia del
genere.>>
Lei
non era affatto una Malfoy, e d’improvviso capì perché le aveva rifilato
bacchette sempre sbagliate. Olivander
fece ritorno con una scatola polverosa. Prima di estrarre la bacchetta rimase
lì immobile a rimirare la copertina lucida dell’involucro. << Sambuco.
Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile. Piuma di Fenice.>>
Quando Lisan la impugnò una sensazione di
calore le si diffuse in tutto il corpo. Fu come se la bacchetta fosse diventata
un naturale prolungamento del suo braccio. La agitò leggermente, e dorate
scintille sgorgarono dalla punta come una cascata di coriandoli.
<<
Eccellente!>> esclamò
Olivander, sollevato.
Malfoy
pagò dieci galeoni d’oro e venti falci d’argento la bacchetta. Fece scorrere un
braccio attorno alle spalle di Lisan e la trasse a sé, prima che Olivander
potesse rivolgerle altre domande. << Le auguro una buona
giornata.>>
<<
Anche a lei, professore.>> Poi Olivander si rivolse a Lisan e, durante
l’inchino, le parve che il negoziante le avesse strizzato l’occhio. << E
a lei, signorina Malfoy, che è stata scelta dopo quasi mezzo secolo da una
bacchetta avente le medesime caratteristiche di quella impugnata da
Voldemort.>>
Quella
frase, anche se non ne comprese a fondo il significato, la turbò. Fu trascinata
fuori dal negozio e la luce del sole parve accecarla.
<<
Cosa voleva dire Olivander?>>
<<
Troppe domande.>> sbuffò Draco. << Ti spiegherò tutto quando saremo
a Hogwarts. Per ora ti basti sapere che la tua presenza alla scuola di magia e
stregoneria è, ovviamente, un segreto. Pertanto assumerai le sembianze di
un’altra persona. Ashley Malfoy per
l’appunto, mia cugina di secondo grado appena trasferita in Inghilterra. Con
questo espediente della parentela ti portò tenere maggiormente
d’occhio.>>
<<
Ma io ho diciassette anni, sono più grande degli allievi del primo
anno.>>
<<
A questo la magia può porre rimedio.>> tagliò corto Draco. << Oh,
eccola laggiù. Sta arrivando la Granger.>>
Hermione
comparve nella calca di maghi e streghe trascinando con sé le borse con le
divise e il calderone. Lisan notò la presenza di una grossa gabbia, che la
strega sembrava trasportare con un grande sforzo. Al suo interno c’era il
maestoso gufo reale che aveva visto nella vetrina del Serraglio Stregato.
<<
La McGranitt ha detto che non era necessario.>> commentò aspramente
Malfoy.
Hermione
li raggiunse e lasciò ricadere tutti gli incartamenti a terra, emettendo un
sospiro di sollievo. << Oh, taci, Malfoy.>> sbottò. Si riavviò la
folta chioma di capelli castani all’indietro. I suoi occhi color nocciola
indugiarono per qualche istante su Lisan. Notò che stringeva fra le mani la sua
nuova bacchetta magica. << Durante l’addestramento potrai difficilmente
varcare le mura del castello, perciò ho pensato che, ecco, avessi bisogno di un
gufo per comunicare con il Quartier Generale.>>
<<
Ma è bellissimo.>> commentò Lisan, estasiata. E, senza alcun preavviso,
colma di gioia all’idea di possedere per la prima volta un animale così
straordinario, mollò a terra le sue borse e la abbracciò.
Hermione
dapprima rimase di sasso e si irrigidì. Poi, lentamente, le batté qualche
colpetto sulla schiena, finché Lisan non si allontanò. << Dovrai
prenderti cura di lui. E’ una responsabilità, certo, ma sono felice che tu
abbia apprezzato questo dono.>>
<<
Amo gli animali.>> mormorò timidamente Lisan. Non ne fu del tutto
convinta, ma le parve che gli occhi della strega si fossero illuminati. Poi il
cipiglio professionale da Auror tornò a farsi insistente sul suo volto.
Hermione la aiutò a radunare tutte le borse e proseguirono le compere a Diagon
Alley. Lisan guidava il terzetto perdendosi da una vetrina all’altra, tenendo
stretta la gabbia con il suo nuovo gufo.
<<
Ha un nome?>> domandò, mentre transitavano davanti ad un negozio che
vendeva scope da corsa. Un magnifico esemplare di Firebolt 4 era esposto in
vetrina, oscurata in gran parte dalla folla di ragazzini vocianti.
<<
Credo di no.>> rispose Hermione. << Come vorresti
chiamarlo?>>
<<
Gandalf.>> disse Lisan, sicura. Aveva un aspetto saggio ed orgoglioso e
quel nome gli calzava a pennello. Ignorò lo sguardo confuso di Draco e s’avviò
con passo deciso lungo il ciottolato. Sentì Hermione, alle sue spalle, che
spiegava al biondo il significato di quel nome. <<… libro babbano. Ha
venduto milioni di copie.>> gli stava dicendo a bassa voce. << Io
l’ho letto.>> soggiunse poi. E forse, constatò Lisan, Hermione Granger
non era poi così acida e severa come voleva farle credere.
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NOTE DELL'AUTORE
Perdonatemi eventuali inesattezze o errori di battitura, non ho molto tempo a disposizione e spesso, nelle riletture, ometto troppi errori grammaticali. (Alzi la mano chi odia Word e la sua innata demenza senile cronica nella correzzione automatica del testo XD)
Un abbraccio a tutti, aspetto le vostre recensioni