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Autore: AgnesDayle    16/08/2011    4 recensioni
Tra i quartieri alternativi di Brixton, Shoreditch e Camden Town la vita di Agnes Dayle è destinata a legarsi ad un gruppo rock emergente, e in particolare a due dei suoi componenti: Ian e Colin. Due giovani londinesi molto diversi tra loro che in comune hanno solo una passione, quella per la musica, e un certo interesse per Agnes.
Accompagnata dalle migliori canzoni rock di sempre, Agnes sarà catapultata in un mondo senza tempo fatto di concerti, feste sfrenate e personaggi eccentrici.
DAL PROLOGO:
"Quando verranno a chiederti del nostro amore, un amore così lungo tu non darglielo in fretta." Un ingorgo di parole premeva sulle labbra serrate ma quella promessa, almeno quella, l'avrebbe mantenuta. Non avrebbe omesso nulla. Avrebbe parlato della grande passione che li aveva uniti, dell'abisso nero e profondo in cui era stato facile perdersi e di un legame, d'affetto e d'amore, l'unica luce che non sarebbe mai andata via.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sutcliffe' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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capitolo 2
The Fifth Beatle


La seconda volta era preparata. Ma non meno agitata.
Quando era tornata al pub con il suo acquisto prodigioso, aveva tergiversato davanti all'ingresso. Non voleva sottoporsi allo sberleffo di quei due. Forse era poco autoironica ma non voleva essere ridicolizzata proprio da quei due ragazzi, quando lei aveva perso diversi minuti ad ammirarli da lontano.
Si disse che farsi trovare lì sarebbe stato anche peggio. Quindi entrò. Per non trovarvi nessuno. O meglio, qualcuno c'era ma i suoi occhi avevano deciso, chissà per quale motivo,  di ignorare l'immagine di Gheorghe intento a passare lo straccio.
-Ce ne hai messo di tempo, ragazza...-
Lei si disse sollevata. Ma per quell'assenza si sorprese a sentire anche un po' di delusione.
Si costrinse a non pensarci e si mise a lavorare. Ovviamente non ci riusciva. Si chiedeva chi fossero quei due ragazzi; come mai avessero un appuntamento con Gheorghe; e, soprattutto, cosa più importante, se sarebbero tornati.
Il magnanimo Gheorhe le diede la risposta senza sapere quanto lei ci tenesse.
-Dobbiamo fare un po' di spazio lì-le disse indicando una zona del locale- per la band che suonerà stasera.
-I ragazzi di poco fa?- chiese lei con un'indifferenza che era ben lungi dal provare.
-Si. I ragazzi sono venuti per vedere le condizioni del locale, "se è abbastanza grande"- disse in tono canzonatorio -Bah...Ragazzini, come se il Kirchherr's  non fosse alla loro altezza-
-Presuntuosi?-
Lui la guardò con un sorriso nostalgico per poi spiegarle -Cara, devi sapere una cosa sui musicisti: sono tutti arroganti e presuntuosi. E' una continua competizione il mondo della musica e per emergere, per essere qualcuno...devi essere semplicemente il più stronzo degli stronzi- Concluse ghignando ma, evidentemente, perso nei suoi gloriosi ricordi.
-E tu lo eri, vero?-
-Cosa?
-Il più stronzo degli stronzi!- disse lei con un sorrisetto.
 Sapeva di potersi prendersi queste libertà con Gheorghe. E poi avrebbe capito che si trattava di un complimento. Ogni sera, quando i clienti diminuivano, il vecchio rocker prendeva il posto del chitarrista di turno e suonava con un gruppo di ragazzini a cui faceva sudare freddo.
Il sorrisetto però scomparve nel momento in cui sentì Gheorghe dire piano, con una voce appena un po' malinconica -Forse no, dopotutto-


Ecco, ora lo sapeva. Li avrebbe rivisti. Avrebbe potuto soddisfare la sua curiosità su quei due ragazzi. Agnes sapeva che normalmente le persone non si ossessionano per degli estranei e d'altra parte non stava minimamente pensando alla possibilità di scambiarci qualche parola. Voleva osservarli da lontano, come aveva fatto quel pomeriggio. Capirli. Agnes era da sempre convinta che una conversazione dicesse troppo poco di una persona.
Sì, perché ognuno è così preso dalla voglia di farsi accettare che finisce con il dire solo bugie e omettere tutto ciò che ritiene inaccettabile.
Meglio osservare, quindi.
-Anche perché così non ti esponi.- Le sussurrava una voce maligna nella testa.
Quando la persona non si considera sotto giudizio non può fare a meno di essere se stessa, con i suoi pregi e i suoi difetti. E Agnes riteneva molto più interessanti i difetti. I difetti dicevano molto di più della persona, rivelavano la natura di ognuno e anche il suo vissuto. E così Agnes stava in silenzio, osservando quei gesti e quei modi di fare che sarebbero parsi insignificanti a chiunque altro.
Le ore erano trascorse con lentezza. Agnes aveva finito di sistemare il locale ed ora si trovava in una stanza al piano di sopra. Quella che Gheorghe chiamava casa, e una persona appena un po' più assennata avrebbe chiamato topaia. Una stanza che constava di un letto,  un cucinino, due chitarre e un impianto stereo da centinaia di sterline. Paradosso dei musicisti. Si disse.
Fortunatamente la casa-topaia aveva anche uno specchio, che guarda caso era proprio quello che cercava la ragazza. Magari un po' meno pulito di come avrebbe voluto ma, pazienza, non si può avere tutto.
Rivolse un primo sguardo al suo abbigliamento. E storse la bocca. Anonima, giudicò impassibile. Una tshirt aderente da cui sbucavano  due braccia magre e pallide, jeans scuri non troppo stretti che evidenziavano la magrezza delle cosce e ai piedi delle consunte converse dal colore indefinito.
 Aveva sempre desiderato trovare un abbigliamento particolare, ricercato. Puntualmente, però, quando entrava nei negozi tutto le sembrava eccessivo e finiva con il comprare cose rassicuranti, semplici. Anonime. Ripetè infastidita.
Il suo sguardo andò poi sul viso. E quello le dava una qualche consolazione. Era carina. Qualcuno avrebbe detto molto bella. Ma non le bastava. Voleva essere particolare, magnetica, catturare l'attenzione di chiunque. Ma non si vedeva affatto così. I capelli castani erano tenuti su da una crocchia, la frangia perfettamente liscia copriva la fronte fino agli occhi di un particolare azzurro-grigio. Si diceva soddisfatta anche del suo naso, molto dritto e ben proporzionato e anche le labbra andavano bene, giuste anche se un po' screpolate, ora che ci faceva caso.
Ciò che veramente detestava di sè era quella pelle così pallida. Diafana, di porcellana le ripeteva sua madre. No, è proprio pallida. Si ripetè infastidita. Evitava, però, di mettere fondotinta e robacce varie perché non era capace di truccarsi e sarebbe finita col sembrare un pagliaccio.
Prese il beautycase che si portava sempre dietro. Passò velocemente la matita sugli occhi e il gloss sulle labbra e si ritenne pronta per l'incontro.

L'incontro, ovviamente, non avvenne come aveva più volte immaginato nel corso del pomeriggio. Impegnata a fantasticare e soprattutto rintontita dagli AC/DC che "se non li ascolti ad alto volume è un insulto alla loro memoria", parola di capo Gheorghe, non si accorse che ormai da diversi minuti oltre a lei, Gheorghe e gli AC/DC nel locale c'erano altre sei persone.
Persone che la fissavano.
Persone che, davanti al bancone, stavano cercando di attirare la sua attenzione.
Si girò verso Gheorghe. Era seduto ad un tavolo, fumando beato e muovendo la testa a tempo di musica. E ovviamente dava loro le spalle. Bene, benissimo. Si voltò e spense il lettore.
1...2...
-Ma...ma che diavolo fai?- Tuonò l'attempato rocker con i suoi soliti modi gentili e garbati.
Agnes stava per rispondergli a tono come faceva normalmente quando capì che non era il caso.
-Ci sono persone per te-
-Ragazzi- tuonò contento mentre andava loro incontro- scusate, sapete gli AC/DC...-
Chiunque, davanti a quella (non)spiegazione, lo avrebbe guardato come se fosse un po' strano.
-Figurati- gli rispose con un sorrisetto uno dei sei- Tempo fa non ho sentito l'allarme antincendio per colpa dei Black Label Society!-
Ma, ovviamente, non qualcuno come lui.
Agnes continuò a fare quello che stava facendo prima del loro arrivo.
 No aspetta, prima fingevo di pulire il bancone mentre li aspettavo.
...
Quindi si mise a pulire con molta cura il bancone e ogni tanto buttava l'occhio sui nuovi arrivati.
In realtà si mise a osservare con molta cura i ragazzi e ogni tanto muoveva lo straccio sul bancone. Ma concediamole questa illusione.
Loro erano fra quei sei. Li aveva notati immediatamente.
-Siete arrivati in anticipo- disse Gheorghe nel suo solito modo rude.
-Si, vogliamo sistemare gli impianti e le casse per provare il suono-
Aveva parlato proprio uno di loro. Il moro.
-Senti ragazzino...- disse spiccio Gheorghe
-Ian, il mio nome è Ian-lo interruppe infastidito il moro. Fin troppo infastidito, in effetti. Chiunque avesse parlato anche solo per dieci minuti con Gheorghe avrebbe capito che non c'era cattiveria nel suo modo di fare. Forse si era fatto troppi acidi da ragazzo e il suo cervello non era più in grado di distinguere l'appropriato dall'inappropriato, ma nessuno se la prendeva mai per le sparate di Gheorghe.
Lui infatti si sorprese davanti a quel tono tagliente. Ma decise di non darlo a vedere.
-Al Kirchherr's si fa rock da vent'anni. E ti assicuro che il suono è sempre stato perfetto-lo guardò sprezzante per poi rivolgersi agli altri con il suo solito tono-Comunque fate pure le vostre prove signorine-
Detto questo, Gheorghe si avvicinò al bancone e mentre prendeva qualche birra per portarsela su alla casa-topaia si rivolse piano ad Agnes.
-Pensaci tu ai capricci di questi ragazzini-


Ben presto i ragazzini iniziarono con i capricci.
-Senti, non è che avete un cavo più lungo?- Si era avvicinato uno dei sei. Non uno di Loro, uno appena passabile. Le venne spontaneo associarlo a qualcosa di nero. Capelli neri, carnagione olivastra, barba nera, maglia nera a evidenziare il corpo muscoloso. Batteria. Si disse sicura. Era brava ad inquadrare la gente. Un po' meno a prestare attenzione alle domande che le ponevano.
-Eh..- cosa le aveva chiesto?Ah si, il cavo- Devo controllare. Aspetta-
-E chi si muove-
Andò in quello che Gheorghe si ostinava a chiamare magazzino ma che in realtà chiunque avrebbe chiamato sfascio di roba inutile. Dopo diversi minuti trovò qualcosa che assomigliava ad un cavo e lo portò al nerboruto batterista.
-Questo va bene?-
-Si gioia-
-Ugh- non potè trattenere l'espressione schifata-Agnes, no gioia.-
-Ah, ok. Dave- le si presentò a quel punto. Non che ce ne fosse bisogno visto che lo chiamarono subito dopo.
-Dave, allora il cavo?-

Ormai era trascorsa un'ora dall'arrivo dei sei. Da quanto aveva capito, origliato sarebbe più corretto, i musicisti erano in quattro mentre gli altri era solo degli amici che li accompagnavano. Dave era effettivamente il batterista. Al basso c'era un nanerottolo dai capelli lunghi e una barba lasciata incolta. E poi c'erano loro. Ian alla chitarra. Colin la voce.
Nessuno dei due le aveva rivolto la parola finora. E a lei andava benissimo così. Dopo aver sistemato il suono e aver convinto Agnes  a dargli qualche birra, i ragazzi iniziarono a suonare. Non seriamente, così per passare il tempo. Per primo iniziò il bassista con un assolo che stava stordendo Agnes peggio degli AC/DC; poi, sentendosi sfidato, iniziò il batterista e allora la ragazza sentì il bisogno di allontanarsi da tanto testosterone riunito insieme.
Si rifuggiò fuori, dove si appoggiò ad una parete socchiudendo appena gli occhi.
-Sei già stanca? la serata non è ancora iniziata-
Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò Ian poggiato alla parete opposta. A dividerli la porta d'ingresso.
-Non sono stanca- rispose, dandosi della cretina per la risposta idiota.
-Devo dedurre che non apprezzi la nostra musica?- le chiese con un sorrisetto arrogante mentre si portava una sigaretta alle labbra.
-Vuoi dirmi che quella lì è la vostra musica?- chiese Agnes sicura che anche lui fosse uscito perché infastidito dalla scena.
Anzichè risponderle si accese la sigaretta e proprio mentre faceva il primo tiro, sollevò per la prima volta lo sguardo su di lei.
-Fumi?-
Occhi cristallini. Fu la prima cosa che le venne in mente. Così chiari da potervi leggere  dentro. Occhi di un'innocenza inquietante, così carichi di significati da metterla in soggezione.
Si era distratta, dannazione. Cosa le aveva chiesto?
La guardava interrogativo.
-S..si-
E fortunatamente bloccò l'impulso di darsi una manata sulla fronte quando lo vide offrirle la sigaretta che aveva in mano. Agnes non aveva mai fumato, anzi odiava l'odore acre della sigaretta. E ora questo tizio, questo tizio bello e magnetico, le stava offrendo la sua sigaretta.
La prese dalle sue mani e nel portarla alle labbra non potè fare a meno di voltare il capo verso la strada. Si sentiva bugiarda e lei non era mai stata in grado di mentire. Fece due tiri frettolosi e gliela porse.
Lui la guardò perplesso prima di rivolgerle l'ennesimo sorriso tagliente.
-Proprio un'accanita fumatrice-
Lei, presa in contropiede, non gli rispose. I minuti passavano e nessuno dei due aveva più parlato. Doveva averla presa per deficiente, si disse sconsolata.
In momenti come quello, Agnes si detestava con tutte le sue forze.  Odiava non riuscire ad essere se stessa con certe persone e rimbecillire al punto da non tenere una normale conversazione.
Voleva scappare da lì ma allo stesso tempo avrebbe voluto prendere il coraggio e parlargli. Chiedergli quale genere di musica facessero, com'era arrivato lì, la sua storia, perché quegli occhi così chiari parlavano di solitudine. E invece stava lì, in silenzio.
Si azzardò a sbirciare nella sua direzione. Non la guardava. Si stava godendo la sua sigaretta con occhi fissi, o meglio persi, sulla strada. Non sembrava affatto infastidito dal suo silenzio. Veramente, sembrava non fregargliene proprio niente.
 


***



-Diavoli di ragazzi- urlò divertito Gheorghe mentre preparava dei cocktail-Ma guarda quanta bella gente è venuta per loro! E chi lo sapeva che fossero così famosi!-
Il Kirchherr's era un locale rock abbastanza conosciuto a Londra. Ma effettivamente non si era mai vista così tanta gente. Normalmente era frequentato da patiti dell'heavy metal che sono ormai una nicchia nel panorama musicale. Ora invece Agnes aveva la possibilità di apprezzare a pieno la bellezza di Londra, sotto quell'aspetto che l'aveva sempre più affascinata della City: la varietà. Agnes non aveva mai visto così tanti ragazzi dalle etnie diverse, dai modi di vestire stravaganti e particolari, dalle capigliature più improponibili.  Ovviamente c'era anche chi indossava una semplice tshirt sopra un jeans scolorito ma anche loro lo facevano in un modo tutto personale. Quello che affascinava Agnes era che ognuno di quei giovani sembrava un mondo a sè, nessuno si adeguava allo stile del momento ma tendevano a personalizzare tutto ciò che indossavano. I risultati erano a volte assurdi, come per esempio la ragazza che le aveva appena chiesto una birra. Sembrava che mescolare quanti più colori fluo fosse la sua missione di vita, così aveva una casacca verde che le lasciava una spalla scoperta, dei leggins fucsia e una miriade di bracciali gialli. Il risultato inaspettatamente era stupendo perché esaltava la pelle nera della giovane.
Gli occhi curiosi si posarono su un giovane dai lineamenti orientali proprio di fronte al bancone. I capelli rasati ai lati facevano spiccare una cresta color rame. Indossava una giacca rossa sopra una tshirt bianca con stampe dai colori più vari e pantaloni neri a sigaretta. Parlava con una ragazza dall'abitino semplice ma che ai piedi portava degli ingombranti anfibi.
Agnes si sentiva su di giri e più volte era stata ripresa da Gheorghe perché faceva aspettare i clienti tra un drink e l'altro. Non poteva farci nulla. Quella gente attirava la sua curiosità in un modo che non poteva controllare. Curiosità, questa, vinta solo da quella per i "The Fifth Beatle", il gruppo che avrebbe suonato quella sera. Il gruppo di Ian, Colin, Dave e... Com'è che si chiama quell'altro?
Finalmente la sua attesa fu premiata. A un certo punto della serata, i membri della band uscirono da...dal magazzino/sfascio di roba?? Ovviamente faceva più effetto un ingresso del genere, anche se fino a qualche momento prima erano stati a bighellonare dentro al locale. O forse sono andati lì per fare qualche rito di scongiuro. O più semplicemente per una canna.
Il tempo di farsi quelle domande e i ragazzi erano già posizionati.
- Buonasera a tutti- prese la parola Colin con un sorriso aperto e la chitarra in mano- Siamo i The Fifth Beatle e questa è la nostra musica-
E iniziò il delirio.
Le due chitarre, il basso e la batteria iniziarono a suonare quasi nello stesso momento. Una musica dura, intensa che penetrava dentro rimbombando nella cassa toracica di tutti, facendoli tremare. La canzone parlava di una solitudine disperata, dell'incapacità di convivere con se stessi e di una fantomatica lei da cui farsi salvare. E la voce graffiata e sporca del cantante lasciava Agnes come ipnotizzata, lo sguardo fisso sul gruppo e incapace di muoversi.
-Agnes datti una mossa! Stasera sei più fuori del solito!- le urlò Gheorghe. Si girò verso di lui e dal suo sorrisetto capì che anche lui era affascinato dal gruppo. Cercò quindi di concentrarsi sul suo lavoro e di non permettere più a quella musica né a quelle parole di ipnotizzarla.
Non sapeva dire quanto tempo fosse trascorso dall'inizio del concerto. Agnes era nel suo elemento e aveva finito con il perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Avvertiva una sensazione di estraneazione, era altro da sè. C'era la Agnes che come un automa preparava un drink dopo l'altro, e poi l'altra Agnes, quella che non pensava a niente che non fosse quella musica, quella voce, quelle parole.
Quando la musica cessò, il silenzio improvviso la stordì.
Ancora. Non smettete.
Li avrebbe pregati di continuare, se non fosse stata impegnata a preparare i cocktail.
-Agnes- La chiamò una voce gentile, una voce un po' affaticata, una voce che l'aveva ipnotizzata fino a quel momento. Alzò la testa all'improvviso e si vide Colin intento a fissarla, un sorriso a illuminare il viso-Agnes, giusto?- chiese dubbioso, visto il silenzio della giovane.
-S..si, dimmi pure-
-Ci servirebbero cinque Guinness. Gheorghe vuole brindare alla serata-
-Non glielo hanno spiegato che si brinda con lo spumante?-Disse lei alzando gli occhi al cielo, come ormai faceva fin troppo di frequente.
-I rockers non bevono spumante. Birra per festeggiare, scotch per deprimersi.- Replicò l'altro divertito.
-Oh mi dispiace...ho lasciato la mia copia di "Come vivere con un rocker" a casa- rispose lei con un sorriso mentre preparava le birre che le aveva chiesto.
-Questo locale è davvero bello. Sembra un tempio dedicato al rock con quelle stampe alle pareti e l'ambiente un po' decadente. Non si direbbe a guardarlo ma devo ammettere che Gheorghe ha gusto-
Lei alzò lo sguardo verso il giovane con aria cospiratrice.
-E' tutto un bluff-
Colin inarcò appena le sopraciglia.
-In che senso?-
Agnes si sporse appena verso di lui.
-Il vecchio non ha abbastanza soldi per comprare dei veri quadri né per cambiare quei mobili che lui e qualche amico sbronzo hanno sfasciato anni fa-
Colin si mise a ridere di gusto. E lei sorrise, sinceramente divertita, mentre continuava.
-Non dire niente a nessuno, mi raccomando. Rischio il licenziamento per questa soffiata!-
Lui si portò una mano sul mento, fingendo di rifletterci su con un'espressione scherzosamente pensierosa.
-Mh, il mio silenzio ha un prezzo-
Agnes sgranò gli occhi sorpresa. -Che prezzo?-
Il ragazzo prese il vassoio con le birre e le dedicò un ultimo sorriso.
-Te lo farò sapere-
E si allontanò verso gli amici.
Agnes lo seguì con lo sguardo e fu sorpresa nel trovare Ian girato nella sua direzione. Guardava verso lei senza un'espressione particolare. Forse aveva semplicemente lo sguardo fisso sul vuoto. E anche ad una simile distanza lei avvertì quel senso di inadeguatezza che l'aveva colta nel pomeriggio durante il loro breve incontro.
C'erano persone che sembravano fatte apposta per metterla a suo agio, così da riuscire ad essere quell'Agnes che lei stessa apprezzava: quella spiritosa e dalla risposta pronta.
E poi c'erano persone nate per metterla in difficoltà con la loro semplice presenza. Persone che tiravano fuori il suo lato peggiore, trasformandola in un esserino timido ed impacciato.
Con i primi riusciva ad entrare subito in sintonia. Li conosceva, ci parlava un po' e già li considerava amici da sempre. Con i secondi finiva sempre con il chiudere qualsiasi contatto. Agnes era fatta così. Evitava tutto ciò che non capiva. Qualcuno avrebbe potuto chiamarla semplicemente paura.


***

Fine serata. Finalmente anche gli ultimi ragazzi erano andati via e Gheorghe potè chiudere la porta del locale. Normalmente Gheorghe la mandava a casa verso mezzanotte, massimo l'una. Ma quella sera c'era troppa gente e non avrebbe potuto facela da solo.
-Lascia stare tutto, Agnes. Ci pensiamo domani mattina-
-Finisco di lavare questi e vado-
-Ho detto no. che direbbe Teo se sapesse che sfrutto sua figlia fino alle 4 del mattino? Vai-
Agnes spazientita lasciò perdere.
-E non fare quella faccia ragazzina. Ti sto facendo un favore!-
-Solo perché conosci mio padre-
-E ancora di più conosco il suo destro!-Disse Gheorghe lisciandosi la mandibola come se avesse appena fatto a pugni.
Fu solo quando intervenne un'altra voce che i due si ricordarono che non erano affatto soli nel locale.
-Scusami Agnes, ma penso che Gheorghe abbia ragione. E' tardi- Era Colin, con quella voce calda e gentile.
La band stava ancora raccogliendo l'attrezzatura e, ovviamente, aveva assistito alla scena. Lei li guardò accigliata. Cominciava a sentirsi una bimbetta irragionevole.
-Infatti stavo per andare- disse con un tono indifferente e controllato, nel tentativo di salvare almeno un po' la faccia.
-Ma...da sola? Dove abiti?-
-South Kensington-
-Ah però, la ragazzina si tratta bene- la canzonò Dave.
-Sto da un'amica di mia madre- Si sentì in dovere di spiegare. Poi tornò a rivolgersi a Colin-Prendo un autobus che mi lascia praticamente davanti casa-
-Ma è troppo tardi per girare da sola!-
Agnes non era affatto un tipo coraggioso. Quando le capitava di camminare la notte da sola vedeva pericoli dappertutto e doveva trattenersi dal mettersi a correre, così senza motivo. Allo stesso tempo, però, odiava essere un peso per gli altri e quindi non osava mai chiedere un passaggio a qualcuno.
-Non sarebbe la prima volta, tranquillo-
-E guardandoti ci stiamo tutti chiedendo come non ti sia successo nulla finora- Una voce tagliente, anche un po' cattiva. Ian. Non potè fare a meno di guardarlo stralunata. Cosa intendeva? Cosa aveva che non andava? Ma lui non lasciava trapelare nulla. Aveva sempre quell'espressione noncurante stampata su quel viso perfetto. Con qualsiasi persona avrebbe alzato la voce, si sarebbe difesa per bene, con le unghie e con i denti come le aveva insegnato suo padre. Con lui no. Con lui diventava debole e indifesa. O, forse lo era davvero debole e indifesa. E Ian, senza rendersene conto e soprattutto senza che gliene importasse, faceva uscire fuori la vera Agnes.
Colin, dopo aver guardato un po' stranito l'amico, tornò a sorriderle.
-Agnes ci ho pensato bene. Ricordi che il mio silenzio ha un prezzo?-le disse quasi compiaciuto. Dopo che la giovane ebbe annuito, continuò- Bene, non svelerò il nostro segreto a condizione che accetti il nostro passaggio!-
Lei scosse la testa tra il divertito e il rassegnato, decidendo di accettare. Non per il segreto. Si trattava di una sciocchezza bella e buona. Era per la gentilezza con cui Colin le era venuto in aiuto, vedendola spiazzata davanti all'uscita fuori luogo dell'amico.





Note:
Salve a tutti!! Da tempo ho in mente questa storia e solo oggi mi sono decisa a pubblicarla. E' difficile mettersi alla prova, esporsi al "giudizio" degli altri. E stranamente proprio questo è il tema di questa storia. I miei tre protagonisti sono molto diversi tra loro ma c'è qualcosa che li accomuna: l'insicurezza.
Penso che il più delle volte siamo proprio noi i nostri peggiori nemici. Noi che ci poniamo degli ostacoli insormontabili con le nostre paure, a volte anche insensate. Agnes, Ian e Colin sono proprio così: hanno tutti i mezzi per essere felici ma troppo spesso si lasciano prendere dalle loro incertezze. Anche la scelta del nome del gruppo non è casuale ma questo lo farò spiegare ad uno dei miei personaggi.
Un'altra costante di questa storia è la musica. Preferibilmente musica rock. Qualcuno avrà già notato qualche riferimento ai Beatles, ai Clash e ai Joy Division. I nomi dei personaggi, del gruppo, del locale...tutto richiama la musica.
Ora la cosa più importante, vorrei sapere il vostro parere su quello che scrivo. Anche due parole, giusto per conoscere il punto di vista di qualcuno che non mi conosce!!! Non vi chiedo lodi ma delle recensioni costruttive, un'occasione per imparare.
Grazie per la vostra attenzione,
Agnes
   
 
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