Piccola precisazione: ho scelto come background, diciamo,
la piccola tomba di Pavarotti e, mentre scorrevo le ultime storie l’altro
giorno, ho visto che anche in un’altra fan fiction è stato usato questo
scenario. E ne sono rimasta stupita, perché avevo pensato anche io allo stesso
scenario. Quindi, questa non vuole essere una fan fiction copiata –non ho letto
l’altra-, anche perché sono davvero contro le scopiazzature. L’ho precisato
giusto per non venire segnalata ingiustamente :)
Oserei
dire per sempre
Quando faceva
così freddo o addirittura nevicava, non era così piacevole mettere piede fuori
casa. Non era il tipo di persona che si chiudeva in casa non appena avvertiva
un grado al di sotto del normale, ma la neve era davvero troppo fredda per quella
sua pelle così sensibile.
Ma non voleva
mancare al suo solito appuntamento. Non l’avrebbe fatto, nemmeno se, non appena
fosse uscito di casa, l’avesse accolto una bufera di neve. Sarebbe anche
sembrato qualcosa di infantile, qualcosa che col passare degli anni dovrebbe
pian piano essere dimenticato, ma Kurt ci teneva comunque, era come aver fatto
un patto con se stesso, una promessa e, per quanto si ricordasse, lui le
promesse le aveva sempre mantenute.
Camminò
incerto sulla neve soffice e si guardò intorno: il paesaggio innevato era
sempre qualcosa di sconosciuto per lui. Non riusciva più a riconoscere gli
alberi, le panchine, i lampioni, le altalene e gli scivoli per bambini. E si
agitò leggermente quando si accorse che anche la piccola tomba di Pavarotti era
stata coperta interamente dalla neve, e anche i bastoncini che aveva usato per
circondarla si erano spezzati ed erano stati sommersi del tutto.
Si calò il
cappello coi pon pon sulle
orecchie e si spostò il lungo ciuffo che gli impediva di vedere a un palmo dal
naso. Intanto continuava a tenere una mano all’interno del cappotto, in modo
che i fiorellini che aveva conservato in casa per l’occasione non appassissero
del tutto. Ma tanto sapeva che era inutile, perché una volta che li avrebbe
posati sulla tomba di Pavarotti, il vento gelido se li sarebbe portati via, o
magari un ramo affaticato a causa della neve, ne avrebbe lasciata cadere un po’
proprio sui fiori.
Si guardò
ancora un po’ in giro dopo aver tirato su con il naso: della tomba di Pavarotti
nessuna traccia. Si disse che forse avrebbe dovuto lasciar perdere per quella
volta, dato che gli si stava congelando il cervello, ma qualcosa gli diceva che
di lì a poco l’avrebbe trovata. In fondo doveva essere lì, da qualche parte.
-E’ qui.-
disse una voce, che arrivò ovattata alle orecchie di Kurt, quasi come un eco.
Un ragazzo col cappotto lungo e nero e coi guanti anch’essi neri stava
spolverando un po’ di neve scoprendo così i bastoncini che s’erano spezzati ed
erano caduti uno sopra l’altro. Kurt s’avvicinò sfregandosi il braccio con una
mano e tentando invano di scaldarsi: non c’era nemmeno un gazebo sotto cui
ripararsi dalla neve. La figura in nero si spostò leggermente e indicò a Kurt
la piccolissima bara colorata che spuntava da sotto terra.
-E’ ridotta
male, eh?- disse ancora parlando dietro il colletto alto del cappotto.
-E’ da cinque
mesi che non la controllo. Lo sai che vengo qui ogni cinque mesi…-
-Perché
cinque mesi era l’età di Pavarotti. Sì, lo so.-
l’altro si mise le mani in tasca e si soffiò nel cappotto, poi posò lo sguardo
su Kurt e gli sorrise. Blaine non cambiava proprio
mai: aveva sempre un motivo per sorridere, per sorridergli, per fargli capire
che lui c’era, che ci sarebbe sempre stato nel momento del bisogno. Eppure
quante volte Kurt gli avrebbe voluto dire che basta sorridere, non doveva
farlo, doveva smetterla di ridere per qualunque cosa. Piuttosto avrebbe dovuto
guardarsi intorno, aprire gli occhi, rendersi conto di quello che accadeva.
Rendersi conto che i giorni passavano,
che loro crescevano e invecchiavano, che le cose cambiavano, le persone
cambiavano, tutto attorno a lui, attorno a loro, cambiava. Cambiava un taglio
di capelli, un capo di abbigliamento, un paio di scarpe. Ci si faceva un
tatuaggio sul braccio per cambiare il proprio aspetto, ci si bucava in
sopracciglio per farsi accettare da quelli del proprio gruppo. Blaine non si rendeva conto che le persone cambiavano,
radicalmente, lentamente, oppure in modo repentino, facevano tutto in fretta,
come se dovessero morire il giorno dopo, come se a loro non importasse nulla delle
altre persone, dei loro interessi, dei loro sentimenti, della loro vita, di
come l’avrebbero distrutta. Blaine era cieco, troppo
ingenuo, lui era ancora ragazzo dentro, non capiva che persino Kurt era
riuscito a diventare quasi un’altra persona, che era diventato egoista, ancora
più superbo, sprezzante dei sentimenti altrui. Non si rendeva conto che Kurt
non era più il suo Kurt, che era
cambiato quasi in tutto, tranne, forse, nelle sue abitudini. Andava ancora a
trovare Pavarotti, ogni cinque mesi. Si svegliava ancora alle otto di mattina
per riempirsi di creme idratanti, ogni giorno. Si addormentava ancora con la
televisione sintonizzata su un canale di moda, ogni sera. Rimproverava ancora
suo fratello se bruciava le frittelle, ogni mattina. Ma era da un pezzo che non
chiamava Blaine ‘amore’.
In realtà, era da un pezzo che non pensava più a quella parola. Come se l’amore
avesse deciso di fare i bagagli e partire per un lungo viaggio, e Kurt era
ancora seduto sul letto ad aspettarlo, con ansia, con gli occhi fissi
sull’orologio del cellulare. Anzi no. Adesso non l’aspettava più. E se
arrivava, nemmeno lo riconosceva, come se fosse cambiato anche lui. Non sapeva
più se era innamorato o meno. C’era qualcosa che lo rendeva stranamente
insensibile. Forse era quel freddo tremendo.
-Sei solo?-
fece Kurt mentre spolverava coi piedi la tomba di Pavarotti. Blaine scosse la testa, e solo adesso Kurt si accorse che
stava stringendo la mano di qualcun altro. Come se prima fosse troppo
concentrato sul bianco del terreno per rendersi conto che accanto a Blaine si stagliava un’altra ombra.
-Ho portato Dave con me. Ti dà fastidio?-
Anche il
fatto che lo chiamasse ancora ‘Dave’. Quel dolce
soprannome che usavano ai tempi del liceo, Blaine non
l’aveva mai abbandonato, e continuava a chiamarlo in quel modo, quasi lo
riportasse indietro nel tempo, quasi riuscisse a consolarlo.
-Perché
dovrebbe darmi fastidio?- chiese Kurt, che aveva dato una veloce occhiata a
David, e intanto stringeva i fiori azzurri nel proprio cappotto,
sbriciolandoli.
-Beh, questo
era il nostro luogo d’incontro.- mormorò Blaine con
la sua voce calda che riuscì a sovrastare persino il fischio del vento. –Mio e
tuo.-
-E’ da un po’
che non esiste più un ‘mio’ e un ‘tuo’, tantomeno un ‘nostro’.- ribattè Kurt, piuttosto acido.
-Lo so, ma
pensavo che questo sarebbe rimasto nel tempo come pretesto per incontrarci.-
Blaine ancora non voleva capire che nulla
rimane nel tempo, che tutto cambia, si disfa, si sbriciola, come quei fiori che
adesso Kurt aveva lasciato cadere sotto il cappotto. Poi, pretesto. Che parola brutta, orribile.
-Ne parli
come se in realtà tu non volessi vedermi.- disse Kurt a denti stretti, gli
occhi che faticavano a rimanere aperti a causa del freddo.
-Ma cosa
dici? Mi sono espresso male, io non volevo dire che…-
-Blaine.- lo interruppe David col suo tono di
voce profondo e leggermente rauco, che staccava decisamente sia dalla voce di
Kurt che da quella di Blaine. –Andiamo via. Non sembra
dell’umore adatto per parlare.- disse per poi prendere il ragazzo dal gomito.
Quello si lasciò trascinare fino a raggiungere le labbra incredibilmente
bollenti di Dave, che gli lasciarono un bacio fugace
sulla bocca e poi sulla guancia. Kurt li guardò con occhi vacui e annebbiati
dalla neve che continuava a cadergli davanti. Li vide allontanarsi abbracciati,
due cappotti lunghi e neri, uno più alto e ingombrante, l’altro piccolo e
asciutto. Kurt rimproverava sempre a Blaine il fatto
di essere troppo basso, di preferire gli uomini più alti. In effetti, era un
tantino egoista da parte sua.
Ma Blaine si ostinava a non voler capire, a non voler vedere.
Kurt non era
più tornato a casa. Moriva di freddo, quello era innegabile, ma adesso doveva
aspettare. Non doveva più cercare nessuno, doveva solo farsi trovare. Sapeva
che non avrebbe aspettato ulteriormente, che dopo tutto quel tempo in piedi
sarebbe stato ripagato, che presto si sarebbe scaldato, che presto l’amore
sarebbe andato a cercarlo, che presto l’avrebbe trovato, che sarebbe stato con
lui, ancora una volta, anche se per poco, finalmente.
Da quando
aveva smesso di camminare, i suoi piedi erano diventati due blocchi di ghiaccio
e le sue mani non riusciva più a sentirsele. Le labbra erano ormai sicuramente
viola e gli occhi erano diventati bianchi come la neve. Sentiva che sarebbe
morto di freddo, ma che non importava, non sarebbe andato a casa, non adesso.
E proprio
quando sentiva che stava per perdere i sensi, un’ombra gli si parò davanti e lo
abbracciò, senza neanche lasciargli il tempo di mettere a fuoco le immagini
davanti a sé.
-Ti ho fatto
aspettare di nuovo.- disse l’ombra, e non era una domanda, ma una costatazione.
Perché era ben conscio del tempo in cui Kurt rimaneva solo ad aspettarlo.
-Sì.- riuscì a dire Kurt coi denti che
battevano.
-Scusa.-
-Non ti
scuso. Mi sono stufato.- borbottò il più piccolo col viso affondato nel cappotto dell’altro e
che iniziava a prendere un po’ di colore.
-Lo sai che
non è facile…-
-Per me
invece sì, vero?- fece Kurt stringendo gli occhi. Poi si allontanò col capo e
poggiò le mani sul petto dell’altro, quasi a volerlo allontanare. –Dobbiamo
dirglielo. Diglielo o glielo dirò io.- disse deciso.
-Ne
morirebbe, lo sai.- mormorò l’altro tentando di
avvicinare Kurt a sé.
-E tu che
stai facendo, stai vivendo? Io sto vivendo? Stiamo tutti morendo, il mondo va
già a rotoli senza le nostre cazzate adolescenziali!- esclamò, e la sua voce
fece eco tra gli alberi. –Sai quanti anni abbiamo, David?-
-Ventotto.-
-A ventotto
anni la gente pensa alla carriera, a crearsi una famiglia, non pensa a tradire
i propri migliori amici con i loro fidanzati. Capisci?-
-Mi fai
questo discorso ogni volta che ci incontriamo. Se vuoi, possiamo smetterla di
vederci.- disse David, le mani ancora strette sui gomiti di Kurt.
-Mi stai
dicendo che ti sei stufato di me?-
-Ti sto
dicendo che devi smetterla di fare la femminuccia e che devi affrontare le cose
come stanno. Io ti amo, e questo non posso cambiarlo. E non credo cambierà.-
-Cambierà.
Fidati.- disse Kurt, lo sguardo rivolto alla neve per terra. Aveva appena
smesso di nevicare, e il vento soffiava adesso con più calma.
-Cambierà
solo se tu lo vorrai.-
-Ti dico che
cambierà. Tutto cambia, le città, i paesaggi, le persone, i sentimenti…-
-Ma non i
ricordi, giusto?- lo interruppe Dave guardandolo con
pazienza. –Se proprio sei convinto che i miei sentimenti nei tuoi confronti
cambieranno, almeno fai in modo che questo diventi per te un bel ricordo.-
disse, per poi prendere un respiro profondo. –E poi, tu non sei cambiato.-
Kurt alzò il
capo e lo guardò con mille dubbi in testa, poi disse:
-Tu invece
sì. Parecchio.-
-Non avrai
pensato che avrei continuato a spingerti a destra e a manca e a minacciarti di
morte?- fece quello con un sopracciglio alzato.
-A volte mi
spingi ancora a destra e a manca.-disse Kurt, e per la prima volta in quegli
ultimi giorni sorrise, più con gli occhi che con la bocca.
-Allora sei ancora
capace di fare le battutine maliziose.- fece Dave
sorridendo a sua volta.
-L’hai detto
tu che non sono cambiato.- disse il più piccolo, poi si lasciò stringere
dall’ex bullo, che riuscì a invadergli calore in tutto il corpo con una sola
stretta.
-Quanto
possiamo stare insieme?- chiese Kurt dopo che Dave
gli ebbe dato un bacio sul naso congelato e poi sulla fronte spaziosa.
-Un’ora e mezza.- disse mentre gli
toglieva il cappello e gli ravviava i capelli.
Poco tempo.
Troppo poco tempo. Non ce l’avrebbe fatta a lungo in quella situazione. Si
buttò al collo di Dave e si unì a lui in un bacio
profondo e passionale, uno di quelli che vorresti non finissero mai, che ne
vuoi uno, e poi un altro, e poi un altro ancora, e poi non riesci a staccarti,
non riesci a lasciarlo andare. Che vorresti fare l’amore con lui tutta la notte
lì, addossato all’albero, sulla neve, così, al freddo disarmante. Ma ancora non
erano così pazzi. Non ancora.
-In
macchina.- borbottò Dave mentre gli baciava il collo
e sembrava non voler smettere.
-Andiamo.-
disse semplicemente l’altro, la voce strozzata.
Raggiunsero
in poco tempo la macchina di David. Stavano praticamente correndo, per il
troppo freddo, per la troppa foga, per il tempo che lentamente stava scadendo.
Quel tempo che ti uccide, quel tempo che cambia tutte le cose, quel tempo che
non è mai abbastanza.
-Dave.- diceva Kurt quando aveva il peso di
David sopra di sé e le sue labbra sulle proprie che a malapena lo lasciavano
respirare. –Dave.- continuava a dire, e si stupiva di
come quel soprannome gli calzasse a pennello, di come fosse naturale nella sua
bocca, di quanto gli piacesse dirlo, di quanto lo facesse tornare ai vecchi
tempi. Forse l’ingenuo, il sognatore, l’illuso era lui, non Blaine.
Blaine si limitava a non voler capire.
-Dave, Dave.-
continuava a chiamare, la voce ormai impercettibile, diventata un’ansimare
sommesso.
-Kurt.- diceva di tanto in tanto l’altro
mentre lo sentiva ansimare sotto di sé.
-Mh?-
-Non
chiamarmi mai più David.- gli mormorò in un orecchio. Avrebbe voluto fare
qualche battuta, della serie “solo mia mamma e mia nonna mi chiamano così”, ma
decise che non era assolutamente il momento. Kurt stava godendo e stava per
raggiungere l’orgasmo e lo vedeva, con le chiazze rosse sulle guance, le labbra
spalancate, gli occhi del tutto chiusi, quasi stretti, il naso che respirava
forte, il bacino che si muoveva veloce verso la sua mano, verso il suo corpo, i
mugolii indecenti, la voce che seguitava a ripetere il suo nome. “Dave Dave Dave”,
come una nenia, qualcosa che non dimentichi tanto facilmente.
Potrà anche cambiare tutto quanto, ma
la sua voce quasi implorante che mi chiama rimarrà per parecchio tempo nella
mia testa. Parecchio tempo, oserei dire ‘per sempre’. Per sempre è parecchio
tempo.
Pensava Dave. E intanto baciava la fronte sudata di Kurt.
§
Ci sono quelle sere in
cui sei talmente depressa che o ti fai un’endovena di qualcosa di pesante, o ti
fumi qualcosa che ti faccia viaggiare in posti sconfinati con l’illusione che
tu faccia parte di un altro mondo, o scrivi roba depressa e pesante come
codesta fan fiction.
Il Blaine
di questa storia è più o meno il Blaine che vedo io.
Il Kurt è un possibile
Kurt del futuro, segnato dai cambiamenti del tempo.
Il Dave
è OOC, ma è plausibile, vista la sua età. Voglio dire, non credo che a ventotto
anni, uno faccia ancora lo scorbutico e si ostini a negare i propri gusti
sessuali per paura di perdere la reputazione coi propri coetanei. E comunque,
resta il fatto che a me piace il Dave scorbutico e
che fa le battutine pungenti piuttosto che il Dave
gentile e premuroso -poi lì si cade nel personaggio di Blaine.-
Spero comunque che sia
stata una lettura piacevole e che vi abbia distratto e depresso un po’ XD
Ho anche voluto cambiare
scrittura *o*
Mirokia