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Autore: Mirokia    17/08/2011    2 recensioni
Blaine ancora non voleva capire che nulla rimane nel tempo, che tutto cambia, si disfa, si sbriciola, come quei fiori che adesso Kurt aveva lasciato cadere sotto il cappotto.
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-Blaine.- lo interruppe David col suo tono di voce profondo e leggermente rauco, che staccava decisamente sia dalla voce di Kurt che da quella di Blaine. –Andiamo via. Non sembra dell’umore adatto per parlare.- disse per poi prendere il ragazzo dal gomito. Quello si lasciò trascinare fino a raggiungere le labbra incredibilmente bollenti di Dave, che gli lasciarono un bacio fugace sulla bocca e poi sulla guancia. Kurt li guardò con occhi vacui e annebbiati dalla neve che continuava a cadergli davanti. Li vide allontanarsi abbracciati, due cappotti lunghi e neri, uno più alto e ingombrante, l’altro piccolo e asciutto. Kurt rimproverava sempre a Blaine il fatto di essere troppo basso, di preferire gli uomini più alti. In effetti, era un tantino egoista da parte sua.
Ma Blaine si ostinava a non voler capire, a non voler vedere.
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Piccola precisazione: ho scelto come background, diciamo, la piccola tomba di Pavarotti e, mentre scorrevo le ultime storie l’altro giorno, ho visto che anche in un’altra fan fiction è stato usato questo scenario. E ne sono rimasta stupita, perché avevo pensato anche io allo stesso scenario. Quindi, questa non vuole essere una fan fiction copiata –non ho letto l’altra-, anche perché sono davvero contro le scopiazzature. L’ho precisato giusto per non venire segnalata ingiustamente :)

 

 

 

 

Oserei dire per sempre

 

 

 

 

 

 

Quando faceva così freddo o addirittura nevicava, non era così piacevole mettere piede fuori casa. Non era il tipo di persona che si chiudeva in casa non appena avvertiva un grado al di sotto del normale, ma la neve era davvero troppo fredda per quella sua pelle così sensibile.

Ma non voleva mancare al suo solito appuntamento. Non l’avrebbe fatto, nemmeno se, non appena fosse uscito di casa, l’avesse accolto una bufera di neve. Sarebbe anche sembrato qualcosa di infantile, qualcosa che col passare degli anni dovrebbe pian piano essere dimenticato, ma Kurt ci teneva comunque, era come aver fatto un patto con se stesso, una promessa e, per quanto si ricordasse, lui le promesse le aveva sempre mantenute.

Camminò incerto sulla neve soffice e si guardò intorno: il paesaggio innevato era sempre qualcosa di sconosciuto per lui. Non riusciva più a riconoscere gli alberi, le panchine, i lampioni, le altalene e gli scivoli per bambini. E si agitò leggermente quando si accorse che anche la piccola tomba di Pavarotti era stata coperta interamente dalla neve, e anche i bastoncini che aveva usato per circondarla si erano spezzati ed erano stati sommersi del tutto.

Si calò il cappello coi pon pon sulle orecchie e si spostò il lungo ciuffo che gli impediva di vedere a un palmo dal naso. Intanto continuava a tenere una mano all’interno del cappotto, in modo che i fiorellini che aveva conservato in casa per l’occasione non appassissero del tutto. Ma tanto sapeva che era inutile, perché una volta che li avrebbe posati sulla tomba di Pavarotti, il vento gelido se li sarebbe portati via, o magari un ramo affaticato a causa della neve, ne avrebbe lasciata cadere un po’ proprio sui fiori.

Si guardò ancora un po’ in giro dopo aver tirato su con il naso: della tomba di Pavarotti nessuna traccia. Si disse che forse avrebbe dovuto lasciar perdere per quella volta, dato che gli si stava congelando il cervello, ma qualcosa gli diceva che di lì a poco l’avrebbe trovata. In fondo doveva essere lì, da qualche parte.

-E’ qui.- disse una voce, che arrivò ovattata alle orecchie di Kurt, quasi come un eco. Un ragazzo col cappotto lungo e nero e coi guanti anch’essi neri stava spolverando un po’ di neve scoprendo così i bastoncini che s’erano spezzati ed erano caduti uno sopra l’altro. Kurt s’avvicinò sfregandosi il braccio con una mano e tentando invano di scaldarsi: non c’era nemmeno un gazebo sotto cui ripararsi dalla neve. La figura in nero si spostò leggermente e indicò a Kurt la piccolissima bara colorata che spuntava da sotto terra.

-E’ ridotta male, eh?- disse ancora parlando dietro il colletto alto del cappotto.

-E’ da cinque mesi che non la controllo. Lo sai che vengo qui ogni cinque mesi…-

-Perché cinque mesi era l’età di Pavarotti. Sì, lo so.- l’altro si mise le mani in tasca e si soffiò nel cappotto, poi posò lo sguardo su Kurt e gli sorrise. Blaine non cambiava proprio mai: aveva sempre un motivo per sorridere, per sorridergli, per fargli capire che lui c’era, che ci sarebbe sempre stato nel momento del bisogno. Eppure quante volte Kurt gli avrebbe voluto dire che basta sorridere, non doveva farlo, doveva smetterla di ridere per qualunque cosa. Piuttosto avrebbe dovuto guardarsi intorno, aprire gli occhi, rendersi conto di quello che accadeva. Rendersi conto che  i giorni passavano, che loro crescevano e invecchiavano, che le cose cambiavano, le persone cambiavano, tutto attorno a lui, attorno a loro, cambiava. Cambiava un taglio di capelli, un capo di abbigliamento, un paio di scarpe. Ci si faceva un tatuaggio sul braccio per cambiare il proprio aspetto, ci si bucava in sopracciglio per farsi accettare da quelli del proprio gruppo. Blaine non si rendeva conto che le persone cambiavano, radicalmente, lentamente, oppure in modo repentino, facevano tutto in fretta, come se dovessero morire il giorno dopo, come se a loro non importasse nulla delle altre persone, dei loro interessi, dei loro sentimenti, della loro vita, di come l’avrebbero distrutta. Blaine era cieco, troppo ingenuo, lui era ancora ragazzo dentro, non capiva che persino Kurt era riuscito a diventare quasi un’altra persona, che era diventato egoista, ancora più superbo, sprezzante dei sentimenti altrui. Non si rendeva conto che Kurt non era più il suo Kurt, che era cambiato quasi in tutto, tranne, forse, nelle sue abitudini. Andava ancora a trovare Pavarotti, ogni cinque mesi. Si svegliava ancora alle otto di mattina per riempirsi di creme idratanti, ogni giorno. Si addormentava ancora con la televisione sintonizzata su un canale di moda, ogni sera. Rimproverava ancora suo fratello se bruciava le frittelle, ogni mattina. Ma era da un pezzo che non chiamava Blaineamore’. In realtà, era da un pezzo che non pensava più a quella parola. Come se l’amore avesse deciso di fare i bagagli e partire per un lungo viaggio, e Kurt era ancora seduto sul letto ad aspettarlo, con ansia, con gli occhi fissi sull’orologio del cellulare. Anzi no. Adesso non l’aspettava più. E se arrivava, nemmeno lo riconosceva, come se fosse cambiato anche lui. Non sapeva più se era innamorato o meno. C’era qualcosa che lo rendeva stranamente insensibile. Forse era quel freddo tremendo.

-Sei solo?- fece Kurt mentre spolverava coi piedi la tomba di Pavarotti. Blaine scosse la testa, e solo adesso Kurt si accorse che stava stringendo la mano di qualcun altro. Come se prima fosse troppo concentrato sul bianco del terreno per rendersi conto che accanto a Blaine si stagliava un’altra ombra.

-Ho portato Dave con me. Ti dà fastidio?-

Anche il fatto che lo chiamasse ancora ‘Dave’. Quel dolce soprannome che usavano ai tempi del liceo, Blaine non l’aveva mai abbandonato, e continuava a chiamarlo in quel modo, quasi lo riportasse indietro nel tempo, quasi riuscisse a consolarlo.

-Perché dovrebbe darmi fastidio?- chiese Kurt, che aveva dato una veloce occhiata a David, e intanto stringeva i fiori azzurri nel proprio cappotto, sbriciolandoli.

-Beh, questo era il nostro luogo d’incontro.- mormorò Blaine con la sua voce calda che riuscì a sovrastare persino il fischio del vento. –Mio e tuo.-

-E’ da un po’ che non esiste più un ‘mio’ e un ‘tuo’, tantomeno un ‘nostro’.- ribattè Kurt, piuttosto acido.

-Lo so, ma pensavo che questo sarebbe rimasto nel tempo come pretesto per incontrarci.-

Blaine ancora non voleva capire che nulla rimane nel tempo, che tutto cambia, si disfa, si sbriciola, come quei fiori che adesso Kurt aveva lasciato cadere sotto il cappotto. Poi, pretesto. Che parola brutta, orribile.

-Ne parli come se in realtà tu non volessi vedermi.- disse Kurt a denti stretti, gli occhi che faticavano a rimanere aperti a causa del freddo.

-Ma cosa dici? Mi sono espresso male, io non volevo dire che…-

-Blaine.- lo interruppe David col suo tono di voce profondo e leggermente rauco, che staccava decisamente sia dalla voce di Kurt che da quella di Blaine. –Andiamo via. Non sembra dell’umore adatto per parlare.- disse per poi prendere il ragazzo dal gomito. Quello si lasciò trascinare fino a raggiungere le labbra incredibilmente bollenti di Dave, che gli lasciarono un bacio fugace sulla bocca e poi sulla guancia. Kurt li guardò con occhi vacui e annebbiati dalla neve che continuava a cadergli davanti. Li vide allontanarsi abbracciati, due cappotti lunghi e neri, uno più alto e ingombrante, l’altro piccolo e asciutto. Kurt rimproverava sempre a Blaine il fatto di essere troppo basso, di preferire gli uomini più alti. In effetti, era un tantino egoista da parte sua.

Ma Blaine si ostinava a non voler capire, a non voler vedere.

 

 

 

Kurt non era più tornato a casa. Moriva di freddo, quello era innegabile, ma adesso doveva aspettare. Non doveva più cercare nessuno, doveva solo farsi trovare. Sapeva che non avrebbe aspettato ulteriormente, che dopo tutto quel tempo in piedi sarebbe stato ripagato, che presto si sarebbe scaldato, che presto l’amore sarebbe andato a cercarlo, che presto l’avrebbe trovato, che sarebbe stato con lui, ancora una volta, anche se per poco, finalmente.

Da quando aveva smesso di camminare, i suoi piedi erano diventati due blocchi di ghiaccio e le sue mani non riusciva più a sentirsele. Le labbra erano ormai sicuramente viola e gli occhi erano diventati bianchi come la neve. Sentiva che sarebbe morto di freddo, ma che non importava, non sarebbe andato a casa, non adesso.

E proprio quando sentiva che stava per perdere i sensi, un’ombra gli si parò davanti e lo abbracciò, senza neanche lasciargli il tempo di mettere a fuoco le immagini davanti a sé.

-Ti ho fatto aspettare di nuovo.- disse l’ombra, e non era una domanda, ma una costatazione. Perché era ben conscio del tempo in cui Kurt rimaneva solo ad aspettarlo.

-Sì.- riuscì a dire Kurt coi denti che battevano.

-Scusa.-

-Non ti scuso. Mi sono stufato.- borbottò il più piccolo  col viso affondato nel cappotto dell’altro e che iniziava a prendere un po’ di colore.

-Lo sai che non è facile…-

-Per me invece sì, vero?- fece Kurt stringendo gli occhi. Poi si allontanò col capo e poggiò le mani sul petto dell’altro, quasi a volerlo allontanare. –Dobbiamo dirglielo. Diglielo o glielo dirò io.- disse deciso.

-Ne morirebbe, lo sai.- mormorò l’altro tentando di avvicinare Kurt a sé.

-E tu che stai facendo, stai vivendo? Io sto vivendo? Stiamo tutti morendo, il mondo va già a rotoli senza le nostre cazzate adolescenziali!- esclamò, e la sua voce fece eco tra gli alberi. –Sai quanti anni abbiamo, David?-

-Ventotto.-

-A ventotto anni la gente pensa alla carriera, a crearsi una famiglia, non pensa a tradire i propri migliori amici con i loro fidanzati. Capisci?-

-Mi fai questo discorso ogni volta che ci incontriamo. Se vuoi, possiamo smetterla di vederci.- disse David, le mani ancora strette sui gomiti di Kurt.

-Mi stai dicendo che ti sei stufato di me?-

-Ti sto dicendo che devi smetterla di fare la femminuccia e che devi affrontare le cose come stanno. Io ti amo, e questo non posso cambiarlo. E non credo cambierà.-

-Cambierà. Fidati.- disse Kurt, lo sguardo rivolto alla neve per terra. Aveva appena smesso di nevicare, e il vento soffiava adesso con più calma.

-Cambierà solo se tu lo vorrai.-

-Ti dico che cambierà. Tutto cambia, le città, i paesaggi, le persone, i sentimenti…-

-Ma non i ricordi, giusto?- lo interruppe Dave guardandolo con pazienza. –Se proprio sei convinto che i miei sentimenti nei tuoi confronti cambieranno, almeno fai in modo che questo diventi per te un bel ricordo.- disse, per poi prendere un respiro profondo. –E poi, tu non sei cambiato.-

Kurt alzò il capo e lo guardò con mille dubbi in testa, poi disse:

-Tu invece sì. Parecchio.-

-Non avrai pensato che avrei continuato a spingerti a destra e a manca e a minacciarti di morte?- fece quello con un sopracciglio alzato.

-A volte mi spingi ancora a destra e a manca.-disse Kurt, e per la prima volta in quegli ultimi giorni sorrise, più con gli occhi che con la bocca.

-Allora sei ancora capace di fare le battutine maliziose.- fece Dave sorridendo a sua volta.

-L’hai detto tu che non sono cambiato.- disse il più piccolo, poi si lasciò stringere dall’ex bullo, che riuscì a invadergli calore in tutto il corpo con una sola stretta.

-Quanto possiamo stare insieme?- chiese Kurt dopo che Dave gli ebbe dato un bacio sul naso congelato e poi sulla fronte spaziosa.

-Un’ora e mezza.- disse mentre gli toglieva il cappello e gli ravviava i capelli.

Poco tempo. Troppo poco tempo. Non ce l’avrebbe fatta a lungo in quella situazione. Si buttò al collo di Dave e si unì a lui in un bacio profondo e passionale, uno di quelli che vorresti non finissero mai, che ne vuoi uno, e poi un altro, e poi un altro ancora, e poi non riesci a staccarti, non riesci a lasciarlo andare. Che vorresti fare l’amore con lui tutta la notte lì, addossato all’albero, sulla neve, così, al freddo disarmante. Ma ancora non erano così pazzi. Non ancora.

-In macchina.- borbottò Dave mentre gli baciava il collo e sembrava non voler smettere.

-Andiamo.- disse semplicemente l’altro, la voce strozzata.

Raggiunsero in poco tempo la macchina di David. Stavano praticamente correndo, per il troppo freddo, per la troppa foga, per il tempo che lentamente stava scadendo. Quel tempo che ti uccide, quel tempo che cambia tutte le cose, quel tempo che non è mai abbastanza.

 

 

 

-Dave.- diceva Kurt quando aveva il peso di David sopra di sé e le sue labbra sulle proprie che a malapena lo lasciavano respirare. –Dave.- continuava a dire, e si stupiva di come quel soprannome gli calzasse a pennello, di come fosse naturale nella sua bocca, di quanto gli piacesse dirlo, di quanto lo facesse tornare ai vecchi tempi. Forse l’ingenuo, il sognatore, l’illuso era lui, non Blaine. Blaine si limitava a non voler capire.

-Dave, Dave.- continuava a chiamare, la voce ormai impercettibile, diventata un’ansimare sommesso.

-Kurt.- diceva di tanto in tanto l’altro mentre lo sentiva ansimare sotto di sé.

-Mh?-

-Non chiamarmi mai più David.- gli mormorò in un orecchio. Avrebbe voluto fare qualche battuta, della serie “solo mia mamma e mia nonna mi chiamano così”, ma decise che non era assolutamente il momento. Kurt stava godendo e stava per raggiungere l’orgasmo e lo vedeva, con le chiazze rosse sulle guance, le labbra spalancate, gli occhi del tutto chiusi, quasi stretti, il naso che respirava forte, il bacino che si muoveva veloce verso la sua mano, verso il suo corpo, i mugolii indecenti, la voce che seguitava a ripetere il suo nome. “Dave Dave Dave”, come una nenia, qualcosa che non dimentichi tanto facilmente.

Potrà anche cambiare tutto quanto, ma la sua voce quasi implorante che mi chiama rimarrà per parecchio tempo nella mia testa. Parecchio tempo, oserei dire ‘per sempre’. Per sempre è parecchio tempo.

Pensava Dave. E intanto baciava la fronte sudata di Kurt.

 

 

 

§

 

 

 

Ci sono quelle sere in cui sei talmente depressa che o ti fai un’endovena di qualcosa di pesante, o ti fumi qualcosa che ti faccia viaggiare in posti sconfinati con l’illusione che tu faccia parte di un altro mondo, o scrivi roba depressa e pesante come codesta fan fiction.

Il Blaine di questa storia è più o meno il Blaine che vedo io.

Il Kurt è un possibile Kurt del futuro, segnato dai cambiamenti del tempo.

Il Dave è OOC, ma è plausibile, vista la sua età. Voglio dire, non credo che a ventotto anni, uno faccia ancora lo scorbutico e si ostini a negare i propri gusti sessuali per paura di perdere la reputazione coi propri coetanei. E comunque, resta il fatto che a me piace il Dave scorbutico e che fa le battutine pungenti piuttosto che il Dave gentile e premuroso -poi lì si cade nel personaggio di Blaine.-

Spero comunque che sia stata una lettura piacevole e che vi abbia distratto e depresso un po’ XD

Ho anche voluto cambiare scrittura *o*

 

 

 

 

Mirokia

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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