Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
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Autore: amethyst    17/08/2011    2 recensioni
Lissa e Shannon non si conoscono. Ma lei è tra il pubblico di un djset di Mr Becks. Il resto, è la storia che dovete leggere.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un sobbalzo di troppo e i costosi occhialoni scuri che ancora portava sul naso nonostante fosse già buio caddero con un tonfo. L'autista bofonchiò qualche parola di scuse a proposito di buche e strade non proprio perfette, ma lui non sembrò prestare attenzione. Si era miseramente appisolato. Certo, l'età, il jet lag, il rimbalzare da una sponda all'altra dell'oceano con una disinvoltura forse eccessiva, la stanchezza accumulata, le serate...aveva quasi perso la cognizione del tempo. Solo il datario dell'iphone che aveva in tasca lo riportava alla realtà, almeno nei momenti in cui lo sbirciava. Raccolse gli occhiali dal sedile su cui erano caduti, proprio sopra un colorato flyer spiegazzato. Sopra, il suo nome bello grande e quello del suo amico un po' più in piccolo, accanto. Che ingiustizia, pensò sorridendo. Chissà quanta gente lo andava a vedere solo perchè era Shannon Leto, il batterista dei 30 Seconds to Mars. Ma poi, chi ascolta i 30 Seconds to Mars, va veramente anche in certi posti?

Il minivan scuro stava attraversando la città verso la periferia dei locali e delle discoteche, verso un altro impegno, uno di quelli che chi è nel giro chiama "situazioni". Quella era una sera da "situazione". Mentre cercava di raccapezzarsi su dove fosse, l'iphone squillò. Rispose buttando un occhio all'orario, rendendosi incidentalmente conto che era forse leggermente tardi: avrebbe detto all'autista, un uomo tarchiato dalla faccia larga, ma simpatica, di schiacciare un po' quel piede. Non gli piaceva far aspettare il pubblico. Era Antoine, come prevedeva, che gli faceva il punto della situazione e gli diceva fondamentalmente di sbrigarsi. Le valigie dei dischi le aveva lui, ma dentro c'era un solo paio di cuffie. Si arrangiava per l'altro o doveva dire ad Emma di pensarci? No, rispose Shannon, le sue cuffie se l'era portate dietro. Difficile dire dove fossero, nel caos di bagagli in quel minivan, ma era sicuro di averle. Le bacchette per le percussioni, piuttosto, dov'erano? Anche quelle le aveva Antoine. Perfetto, la serata poteva cominciare. Riagganciò e disse all'omino al volante di andare un po' più veloce, riappoggiando la schiena al sedile, stando attento però a non addormentarsi di nuovo. Guardò fuori, il cielo era terso e le stelle già alte. Pensò a quella strana tradizione molto europea secondo la quale quella era la notte delle stelle cadenti. Aveva sentito dire che se si fosse vista una stella cadere, quella notte, e si fosse espresso un desiderio, questo si sarebbe poi avverato a patto di non rivelarlo a nessuno. Sorrise. Era veramente il caso di credere alle favolette, a 40 anni suonati? Però l'idea affascinava...le stelle che vengono giù come coriandoli di fuoco...che si fa, lo si esprime un desiderio? Ma si, una cosa piccola, semplice, tanto per fare. Mentre una scia luminosa si spegneva all'orizzonte chiuse gli occhi, pensando a una cosa in particolare. Si sorprese a d osservarsi nel riflesso del vetro con una strana espressione malandrina. Quella per cui le ragazze di mezzo mondo impazzivano, quella che sfoderava ai photoshoot per far venire bene i poster per il merchandising della band. Ma ora non era uno sguardo messo lì apposta, scaturiva spontaneo al pensiero del desiderio appena espresso e dalla possibilità concreta che questo si potesse avverare. Oh si, e poi diremo che è stato tutto merito della notte delle stelle.

Altro trillo, stavolta era Jared che avvertiva, come se ce ne fosse stato bisogno, che non ci sarebbe stato. Ovvio, il suo fratellino non apprezzava proprio quella musica martellante, ossessiva, ipnotica...si faceva vedere alle "situazioni" solo quando era strettamente necessario. In compenso, aggiunse rapido, sarebbero venuti Braxton e Tim. Tomo nemmeno a nominarlo, chissà dov'era insieme a Vicki. E non aveva proprio tutti i torti. E forse non era nemmeno tanto un peccato che Jared avesse deciso di dare forfait quella sera. Si sentiva sempre un po' inibito con lui a fare la primadonna in giro, quella sera ci avrebbe dato dentro alla grande. In tutti i sensi. D'altronde, a parte il senso di stordimento dato dalla stanchezza ormai cronica, si sentiva bello carico. Si strinse le braccia apprezzando la consistenza dei suoi muscoli, veri e propri strumenti di lavoro per lui. Sentiva nell'aria che la serata sarebbe stata decisamente speciale. L'autista annunciò che erano arrivati, ma che aveva istruzioni di usare l'entrata sul retro, per cui avrebbero girato intorno all'edificio. Se il signore aveva qualcuno da avvertire del suo arrivo, poteva farlo tranquillamente. Shannon sorrise, ma non ritenne di dover chiamare Antoine che forse era l'unico che lo stava aspettando. Lo conosceva bene, o si stava facendo la mappa mentale delle belle tipe che aveva intorno o stava preparando i dischi per la serata. Un peccato disturbarlo, in ogni caso. Scese dal van agguantando uno zainetto con lo stretto necessario e si infilò nel locale tra due ali di bodyguards tutti alti il doppio di lui. Una morettina scosciata gli indicò una saletta dove potersi organizzare e aspettare il momento dell'uscita. Entrò senza bussare e sorprese Antoine a versarsi del mojito. Agguantò un bicchiere e gli diede un sonoro cinque, mentre le valigie dei dischi, spalancate, rivelavano il loro contenuto già meticolosamente sistemato. Sarebbe stata una serata fottutamente fantastica, tutta quella gente avrebbe ballato fino allo sfinimento al ritmo della sua musica. Avrebbe guidato le loro emozioni, dettato il ritmo ai loro cuori, sincronizzato i loro respiri. Contando le gocce del loro sudore, avrebbe goduto delle loro mani alzate al cielo, ondeggianti all'unisono, rapide a tenere il tempo. Si sentiva, come sempre, il gran sacerdote di una cerimonia di iniziazione, l'intoccabile direttore di un'orchestra fatta di uomini e donne intenti a muoversi in sincrono come se fossero un solo essere. Tutto questo gli provocava una sottile eccitazione, una sensazione di potere che non provava nemmeno durante i concerti, quando la barriera della sua batteria gli faceva arrivare le emozioni del pubblico come attutite, smorzate. L'onda di piena che lo investiva in consolle, invece, era forte ed era tutta solo per lui. Pronti e via, Shannon. Non sarebbe stato il solito Leto a prendersi tutta la scena, quella sera. Il maestro era pronto per una cerimonia incredibile.

  
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