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Autore: Irine    18/08/2011    1 recensioni
La mia vita scorreva tranquilla, era semplice, normale, a volte anche un po’ noiosa, ma mi piaceva, mi lasciavo condurre da essa.
Finché non è arrivato lui. Quel ragazzo. Il ragazzo con gli occhi del mare, colui che mi ha fatto tornare indietro, in un mondo sconosciuto, nel quale avevo vissuto in passato.
Non ricordavo niente del mio passato, della mia vita prima di compiere sei anni.
Più cercavo di far luce su quel periodo, più la mia mente si confondeva.
Non avrei mai immaginato che fosse tanto cruento, tanto orribile.
Ma d’altronde, non avrei neanche mai immaginato che dopo dieci anni, il mio passato sarebbe tornato a cercarmi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per un momento non avvertii altro che la mia schiena contro il terriccio fresco. Il sole illuminava il mio volto, anche se avevo gli occhi chiusi, ne percepivo il calore e il senso di serenità che mi aveva sempre dato. Sembrava quasi che i raggi del sole mi stessero accarezzando. Desiderai perdermi in essi, desiderai scomparire e non dover affrontare il tutto quando avrei riaperto gli occhi.
Le mie mani affondarono nel terriccio morbido e fresco e provarono sollievo nel sentire la freschezza del suolo e la sua fragilità. Fili d’erba si intrecciarono tra le mie dita, mentre con calma mi tiravo su a sedere.
Per un momento evitai di alzare gli occhi e di guardarmi intorno, non volevo sapere dove ero finita. Poi mi costrinsi ad alzare lo sguardo.
Ero in un bosco, in un bosco vero e proprio. L’erba verde come lo smeraldo sembrava addirittura più lucente del normale. Tutto intorno era circondato da alberi, verdi e pieni di foglie nonostante il clima freddo. Non sembrava di essere in autunno, sembrava di essere in primavera, se non in estate. Davanti a me i rami di due alberi giganteschi si erano intrecciati gli uni con gli altri fino a formare una specie di varco. I rami si percorrevano l’un l’altro e il loro intreccio sembrava talmente robusto, da essere in grado di sostenere il peso di molte persone contemporaneamente. Non avevo mai visto niente di tanto bello e naturale.
Poi d’un tratto rabbrividii.
La calma che fino a quel momento mi aveva dominato scomparve in un attimo, in un secondo e una sensazione del tutto nuova mi avvolse. Terrore. Terrore puro e terribile. Ero da sola. Da sola. In un luogo che non avevo mai visto, ma perché diavolo ero venuta? Che mi era venuto in mente? Avevo voglia di urlare.
- Finalmente, ce ne hai messo di tempo. – disse una voce alle mie spalle. Riuscii a trattenere un urlo che mi morì in gola, in compenso non riuscii più a muovermi, le mie gambe non mi ubbidivano. Quella voce l’avrei riconosciuta ovunque.
- Ciao – disse, il ragazzo che avevo visto tante volte in sogno.
- C-ciao. – balbettai, mentre arrossivo. Perché stavo balbettando? Ma soprattutto perché ero arrossita?
- Che ci faccio qui? Un minuto fa ero a casa mia e ora . . . – la mia voce si spezzò, ripensando a Laila che mi guardava piangendo. Non riuscendo a impedirlo le mie lacrime cominciarono a scendere lentamente.
- Non è compito mio dirtelo. - disse quasi con dolcezza.
- Stanotte….ho fatto un sogno…..un incubo anzi…..io…
- Io glielo avevo detto che non era una buona idea. – disse, sovrappensiero.
- Quale idea?
- Quella di farti ricorda……. – si interruppe. – Cioè, niente di cui tu ti debba preoccupare.
- Che cosa? Vuoi dire che l’incubo che ho fatto stanotte, l’ho fatto per colpa di qualcuno?
- Non so di che parli. – disse, tornando rigido.
- Bugiardo.
- Senti, adesso dobbiamo andare. – concluse. Ma io non avevo alcuna intenzione di dargliela vinta.
- No.
Il suo volto si oscurò e si fece ostile. Era arrabbiato.
Mi fece paura.
- Per te non è sicuro stare qui. Quindi adesso, muoviti.
- Ok. – sussurrai spaventata.
- Dove dovrei andare? E adesso dove sono? – chiesi, stanca di quelle domande senza risposta.
Ignorò le mie domande, si limitò a prendermi per mano e a condurmi attraverso il varco creatosi dall’intreccio dei due alberi. Quel contatto e le emozioni che furono scaturite da esso mi spaventarono. Mi sentii infuocare, e immediatamente arrossii. Lo vidi sorridere di sfuggita, evidentemente si era accorto della mia reazione. Che figura, cavolo!
D’un tratto il ragazzo si fermò e mi lasciò la mano.
- Prego, prima tu.
- Cosa? – dissi io. Cosa voleva che facessi?
- Attraversa il varco. – disse, come se stesse spiegando ad un bambino che uno più uno fa due.
- E perché dovrei fidarmi di te? – ribattei.
- Se preferisci restare qui . . .
- E come dovrei fare a oltrepassare il varco? – chiesi, prima che mi rendessi conto di quanto fosse stupida la mia domanda.
- Allora sollevi una gamba, la metti un passo avanti rispetto a dov’era prima, poi prendi l’altra e fai la stessa cosa, e continui alternando le due gambe, fino ad arrivare al varco, cioè cammini. – rispose con uno sguardo divertito.
Mi stava prendendo in giro e io non sopportavo chi mi prendeva in giro. Avanzai con passo incerto. Perché mai dovevo attraversare il varco? A che mi serviva?
Un’ondata di luce fortissima fu la risposta. M’incendiò gli occhi, costringendoli a chiudersi.
- Dopo un po’ ci si fa l’abitudine. – disse, vedendo che mi stropicciavo gli occhi.
Una gran vociare fu la prima cosa che notai, prima ancora di aprire gli occhi. Era un paese. Più o meno. Tantissime persone erano in mezzo alla via e discutevano animatamente.
Nel paese molte persone di tutte le età si aggiravano nei dintorni, i bambini si divertivano rincorrendosi, gli anziani osservavano i bambini e invidiando la loro voglia di vivere, e gli adulti parlavano tra loro.
- Dove dobbiamo andare? – chiesi. Nonostante fosse un paese come un altro, avevo una strana sensazione, mi sentivo a disagio, spaesata. Impercettibilmente mi avvicinai al ragazzo. Lui si accorse della mia agitazione e mi strinse la mano, quasi per rassicurarmi che non c’era nulla da temere. Ecco, ora si che ero letteralmente paonazza.
- Dobbiamo andare da Kevin. – Sorvolando sul fatto di chi fosse Kevin, domandai:
- Perchè? Cosa devi dirgli?
- Che sei tornata. Che finalmente dopo tanto tempo sei tornata a casa. – lo disse con una tale felicità e purezza, che rimasi a fissarlo per un bel po’.
Al nostro passaggio tutto il vociare scomparve. Tutti si girarono verso di noi. Panico. Ero letteralmente nel panico.
Mi immobilizzai. Il ragazzo dovette darmi uno strattone per convincere i miei piedi a staccarsi dal suolo. Non mi piacevano gli sguardi e le occhiate che tutti mi lanciavano. Mi guardavano come…..come una cosa rara…..come, non lo so. Non mi piaceva. Per niente. Detestavo essere al centro dell’attenzione e soprattutto detestavo non sapere il motivo dei loro sguardi.
Strinsi la mano del ragazzo con più forza, intimorita. Era stato un movimento involontario e sperai tanto che lui non se ne fosse accorto, ma dalla sua espressione divertita che gli si dipinse sul volto, sapevo che se ne era accorto.
- Chi è Kevin?
- Colui che dirige il paese, non è il capo, diciamo è più una guida.
I brusii attorno a noi aumentarono. Il mio respiro accelerò e le mie guance si colorarono. Tutta quella gente. Tutta quella gente che guardavame. I miei respiri si fecero sempre più rapidi e brevi. Non respiravo, dovevo uscire da lì. Faceva caldo. Troppo caldo.
- Stai bene? – mi chiese il ragazzo.
- Perché me lo chiedi?
- Guardati le mani. – Le strinsi in un pugno cercando di calmarle. Era sempre stato così. La gente mi metteva a disagio. Essere al centro dell’attenzione mi metteva a disagio; essere in mezzo a persone che non conoscevo mi faceva stare male. Era quasi un dolore fisico.
Chissà perché la mano del ragazzo stretta nella mia mi dava sollievo e sicurezza. Ma in fondo anche lui era uno sconosciuto. Perché in sua compagnia mi sentivo sempre così protetta?
Ero lontano dalla mia famiglia, lontana dal mondo che conoscevo, lontana dalla mia vita normale. E accanto a me c’era uno sconosciuto di cui non sapevo neanche il nome.
- Come ti chiami?
Per un attimo mi guardò con uno sguardo interrogativo, poi rispose:
- Alex.
Lo osservai meglio. Indossava una maglietta nera molto aderente che lasciava intravedere tutto. Sperai tanto di non essere rimasta a bocca aperta, mentre guardavo le sue spalle larghe e forti e il suo fisico asciutto e perfetto.
- Ti diverti così tanto a guardarmi? – oddio. Se prima ero paonazza, beh di sicuro ora ero messa molto peggio.
- Uhm, beh……ecco….io…
- Sto scherzando, non volevo metterti in imbarazzo. – disse ridendo. Com’era bello mentre rideva.
Ma che pensieri mi venivano in mente? Scossi la testa, quasi a voler cancellare quello che avevo appena pensato.
Ma perché sentivo quella sensazione allo stomaco? Perché mi sentivo…..così….così….bene?
- Forse è meglio che ti anticipi qualcosa, non vorrei che ti venisse un collasso….
- Cosa intendi di…. – mi interruppe prima che potessi finire la frase.
- Prima mi hai chiesto perché sei qui. Tu sei qui, perché questa è casa tua. Quelli come te e come me abitano qui.
- E cioè?
- Noi….non siamo come gli umani……abbiamo dei poteri speciali, mettiamola così.
- Co-cosa?
- Ognuno ha un potere diverso. Ce ne sono di tantissimi tipi, dai più forti ai più deboli.
- Mi prendi in giro?
- Non scherzerei mai su una cosa simile. – disse, guardandomi serio. – Io e te non siamo umani, come tutti quelli che abitano qui del resto.
- Che cosa? – urlai. Io non ero umana?
- No, tu sei speciale. 
- Ma…..
- Ok, era meglio se non ti dicevo nulla. Ora sei più confusa di prima.
- Ma io…..
- E pensare che sei una dei quattro elementi……. – sussurrò. Appena si rese conto di averlo detto ad alta voce, mi guardò allarmato.
- Mi hai sentito?
- No. – mentii. Non sembrò credermi, ma non replicò.
 - Siamo arrivati. – esordì.
Eravamo saliti su una collina, dalla quale si vedevano tutte le altre case. Chissà perché mi spaventava.
- Ho paura. – pensai ad alta voce. Alex mi fissò e mi sfiorò una guancia con il dorso della mano. Rabbrividii, letteralmente. Sentivo il calore e il gelo risalire lentamente lungo tutto il mio corpo, come scosse elettriche.
Un anziano signore intanto ci stava guardando; me ne accorsi soltanto quando distogliendo lo sguardo, mi voltai dall’altra parte. Ci venne incontro con il sorriso sulle labbra. I suoi occhi marrone scuro mi scrutavano molto attentamente. Erano così grandi. Così profondi. Così pieni di un’esperienza che io non avevo ancora conosciuto. I suoi occhi erano incorniciati dalle rughe, il suo sguardo sembrava stanco, ma al tempo stesso vivace e felice.
Si fermò ad un metro da noi. Il suo sguardo passava tra me e Alex con curiosità.
- Ottimo lavoro Alex. Sei stato bravo.
- Vieni con me Grace. – disse, senza troppe cerimonie.
Mi portò in cima alla piccola collina. Feci l’errore di guardare intorno a me. Tutta la gente ci guardava e da quella posizione riuscivano anche a vedermi benissimo. Merda.
Alex si avvicinò a me.
- Ascoltami bene. Qualsiasi cosa Kevin dirà adesso, qualsiasi cosa la gente farà, qualsiasi cosa succeda tu stai calma, ok? – Stare calma? Stare calma? Ma come facevo a stare calma? Con tutta quella gente che mi guardava…..
- Guardami. – mi voltai verso Alex. Il suo sguardo era pieno di dolcezza e rassicurazione.
- Guarda me. Concentrati solo su di me. – il suo volto era a pochi centimetri dal mio. Sentivo il suo respiro vicinissimo al mio, e per poco quella vicinanza non mi fece svenire. Ma non si accorgeva dell’effetto che aveva su di me? Non si accorgeva che così, mi agitavo più di prima?
Feci l’errore di guardarlo negli occhi.
Credetti di morire. Quegli occhi, così vicini ai miei, così profondi e bellissimi….
Concentrati Grace!
Ma che mi succedeva?
Alex passò un braccio intorno alla mia vita e mi attirò a sé. Beh, almeno non c’erano più i suoi occhi che mi guardavano; ma sentire il suo corpo contro il mio, e le sue mani su di me, mi fece letteralmente impazzire.
- Ricordati. Qualsiasi cosa Kevin dica, tu resta calma. – sussurrò al mio orecchio. Era troppotroppo vicino.
Calma, calma, calma. Stai calma!
 Kevin cominciò a parlare, rivolgendosi al paese.
- Paese di Olbion, ascoltate. Abbiamo attraversato anni difficile, e ci sono state numerose perdite, ma presto tutto questo sarà finito. Perché finalmente è tornata. – poi si rivolse a me.
- Bentornata Grace, ultima erede del potere del fuoco.

 
 
 Angolo Autrice
 
Ciao a tutti!!
Vi chiedo scusa per il ritardo, ma ho avuto dei problemi con il computer.
In questo capitolo finalmente si scopre che è Grace! Spero che vi piaccia e che lascerete una piccola recensione, anche negativa.
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite, le preferite e le ricordate, e anche coloro che leggono la mia storia in silenzio.
Ma un GRAZIE speciale alle ragazze che recensiscono!!
  
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