Erano passate due settimane dal mio esame.
Mai il tempo sembrava essere trascorso più lentamente, ogni ora, minuto, secondo, sembrava durare un’eternità tutta sua che pungeva come se fosse formata da tanti spilli appuntiti.
Apparentemente sembrava tutto come prima.
Apparentemente.
Ma il viso di Elena, per me, non aveva più espressione.
Eppure stavamo insieme.
Ancora, dopo tutto quanto.
Non mi permetteva più di baciarla. Diceva che le sarebbe passata, ma che per adesso non ne aveva voglia.
Non avevo più il coraggio di guardarla in faccia.
L’ultima cosa che avrei voluto in questa fottuta vita era far soffrire la ragazza che amavo.
Ci sei riuscito, Walter.
Vuoi un applauso?
Non ce la facevo.
Avevo un macigno in mezzo al petto che non riuscivo a mandare giù.
Non volevo più vedere la sua espressione, se così si può chiamare la sua totale mancanza di espressione, tutte le volte che mi guardava.
Andavo contro i suoi principi.
Ero uno schifoso traditore.
E lei non mi odiava.
Mi amava.
Avrei tanto voluto che mi odiasse.
Avrei tanto voluto che mi avesse lasciato.
Non che non l’amassi più, certo.
Il mio affetto verso di lei era lievitato in questi giorni.
Ma non sopportavo vederla soffrire per un bastardo come me.
Sapevo che sotto quella maschera di neutralità che aveva creato, si stava lentamente sgretolando.
Presi il telefono e composi velocemente il numero.
«Pronto?» la voce della ragazza era neutra.
«Elena vorrei… parlarti.» era l’unica cosa buona che potevo ancora fare per lei.
«Ok. Ok certo. Ci vediamo davanti scuola?» sembrava quasi allegra.
« Sì… io sto uscendo adesso di casa. Ci vediamo lì.» riattaccai.
Avevo agito d’impulso, non sapevo se avessi fatto bene, ma ormai ero già troppo oltre.
Arrivato a scuola lei era già lì.
La solita non-espressione in volto; gli occhi dallo sguardo che non riuscivo a sostenere.
«Ehì.» mi salutò con la mano.
«Come… come stai?» le chiesi.
«Tutto bene.» sospirò.
«Io no. Per niente. Mi fa male la testa.»
«Oh. Oh mi dispiace! Hai preso un’Aulin o…» gesticolava un po’ con le mani.
«No. Non credo serva a molto prendere qualcosa.» la interruppi.
«Ah.» non sembrava sorpresa.
Dovevo farlo.
Per il suo bene.
Per il mio?