2.
La salubre vita di campagna
Il
secondo verso, più forte e acuto dell'altro, lo fece sussultare; dalla persiana
chiusa veniva appena un grigio bagliore che non poteva essere definito giorno.
Allungò la mano prendendo l'orologio sul davanzale, l'unico comodino che aveva;
con gli occhi più chiusi che aperti gli diede un'occhiata: le cinque e
diciotto... Non poteva aver letto bene... Le cinque e diciannove, aveva letto
benissimo! Emise un lamento soffocato e si rannicchiò sotto le coperte con il
cuscino sulla testa.
Era
qualche minuto, ormai, che rigirava nel letto, non riusciva più a dormire;
sentiva rumori provenire dal piano di sotto, c'era luce nella stanza, e dunque,
qualunque ora del mattino fosse, lui si doveva alzare. Certo, un po' di tempo
era passato dal verso allucinante... Guardò l'orologio: le sette e venti.
Uscì
dalle coperte con un brivido, posando i piedi nudi sul pavimento gelido e
umidiccio, li risollevò subito; dopo un primo attimo di scoraggiamento, afferrò
un paio di calzini.
Si
diresse vero il bagno e, quando aprì la porta, una folata di frizzante brezza
della brughiera lo investì: c'era la finestra aperta. Orlando rabbrividì,
stringendosi nelle braccia, poi corse a chiuderla.
Davanti
alla tazza si fermò a riflettere: abbassarsi i pantaloni, e rischiare un
assideramento del suo pisello, o trattenerla? D'altra parte, quel freddo, gli
aveva ricordato che doveva assolutamente farla. La fece.
Prima
di lasciare il bagno si diede un'occhiata allo specchio; i suoi capelli erano
gonfi e aggrovigliati, maledetta umidità. Tentò di aggiustarli con le dita,
facendosi solo del male; con sguardo arreso uscì dalla stanza.
"'Giorno..."
Fece, entrando in cucina; zia Clara e Amy erano già lì, sveglie e sorridenti.
Le
due donne lo osservarono, trovandolo abbastanza strano; Orlando gli stava
davanti con un'assurda testa di capelli gonfissimi, una maglietta nera
aderente, i pantaloni del pigiama, bianchi con righe azzurre, leggermente
calati sui fianchi, che gli arrivavano sotto i piedi ed un paio di calzini di
uno sgargiante verde mela. Il ragazzo si grattò la testa.
Orlando
era stato cordialmente salutato dalla zia la sera prima; lei lo aveva
abbracciato, strizzato e coccolato con una cenetta leggera ma saporita; e lui
era stato felice di vedere che la vecchia Clara non era assolutamente cambiata
dai tempi andati, sempre allegra ed energica.
"Buongiorno!"
Lo salutò allegramente la zia.
"Non
ti credevo così mattiniero." Commentò invece Amy, col suo solito tono
ironico, mentre era occupata ai fornelli.
"Mi
ha svegliato un verso, una specie di rantolo acuto..."
"Il
gallo!" Esclamò Clara, spadellando.
"Gallo?!"
Replicò Orlando, sgranando gli occhi. "Allora era un gallo con la
laringite..." Aggiunse, passandosi una mano sul viso; Amy rise.
"Cosa
ti va di mangiare, tesoro?" Gli chiese poi la zia. "Ho preparato uova
con bacon, fritte nel nostro lardo, oppure pudding all'avena, con la nostra
panna..." Il colore del viso del ragazzo virava pericolosamente sul
verdognolo.
"Zia
Clara..." Amy attirò l'attenzione della donna; anche lui la guardò.
"...credo che Orlando non sia abituato a mangiare cose così nutrienti, di
prima mattina."
"Ma
come?" Protestò la donna. "Tutti i ragazzi dell'allevamento mangiano
le mie uova, e sono degli omoni così sani." Aggiunse sorpresa.
"Ma
lui è un attore, deve stare attento al fisico." Ribatté con sicurezza la
ragazza, girandosi verso il fornello. "Ti preparo un toast?" Gli
domandò, tornando per un attimo a guardarlo negl'occhi.
"Sì,
grazie." Rispose Orlando, annuendo con gratitudine.
"Il
caffè lo vuoi?" Gli chiese Clara, facendolo voltare verso di lei; gli
stava davanti con una caffettiera fumante in mano.
"Certo!"
Esclamò il ragazzo; la zia glielo versò con un sorriso, poi uscì dalla cucina.
"Ecco
qua." La voce di Amy lo distrasse; si girò e trovò il suo viso, le
sorrise. "Il pane tostato, il burro, e la marmellata che ho fatto
io." Gli posò il piatto davanti, stando piegata a pochi centimetri da lui.
"Grazie..."
Mormorò Orlando, guardando il piatto, poi risalendo con gli occhi sul suo
braccio, la scollatura del suo maglioncino leggero, fino ai suoi occhi color
genziana.
"Poi
me lo dirai, il motivo che ti ha portato qui." Gli disse, fissandolo
negl'occhi, con un sorriso a fior di labbra.
"Chissà,
se la tua marmellata mi piace..." Replicò Orlando, accennando il suo
classico sorriso dolce-malizioso.
"Considera
già sciolta la lingua." Ribatté Amy; gli occhi del ragazzo erano puntati
sulla sua bocca. Lei si raddrizzò, passandosi la lingua sulle labbra, poi si
allontanò; Orlando spostò lo sguardo sul piatto, certo che quella ragazza
sapeva come mettere appetito...
Entrando
nella doccia, Orlando ripensava al fatto che quella marmellata era veramente
deliziosa, doveva essere di frutti di bosco, o roba simile; chissà se le labbra
di Amy avevano quel sapore... Cazzo, no! Era lì per dimenticare una donna, e
non era il caso che, per farlo, si mettesse a pensare ad un'altra! Si diede del
senza palle, aprendo il rubinetto.
Mise
la testa sotto il getto, l'acqua era un po' troppo calda... ma, mentre faceva
questa considerazione, cominciò a sentire degli strani ed inquietanti rumori...
Tonfi
sordi percorsero i tubi dell'acqua, la doccia vibrò; Orlando si scostò
allarmato, alzando le mani. I colpi continuavano, l'acqua cominciò ad uscire
sputacchiando, finche non si trasformò in un unico rivolo rossastro e bollente.
Il ragazzo si appoggiò sconsolato contro la parete della doccia, passandosi una
mano tra i capelli, ora ancora più appiccicaticci; un moto di rabbia lo prese:
chiuse il rubinetto, aprì con violenza la porta scorrevole, prese l'asciugamano
e se lo mise sui fianchi, uscendo dal bagno intenzionato a farsi sentire.
Nel
corridoio si trovò davanti Amy, che lo guardò con gli occhi di fuori; lui
cambiò espressione repentinamente, ritrovandosi in preda all'imbarazzo.
Soprattutto perché la ragazza lo guardava con espressione alquanto soddisfatta.
"Qualche
problema?" Gli domandò Amy, dopo aver attentamente osservato tutto quel
che c'era da vedere.
"Dal...
dal tub... dalla doccia..." Balbettò Orlando, accorgendosi che lo sguardo
della ragazza stentava a muoversi da un certo punto sul suo asciugamano.
"Ecco... esce una melma rossastra e incandescente..." Aggiunse,
spostando una mano per reggere meglio la spugna, e coprire qualcosa che, quello
sguardo ed il fresco avevano reso particolarmente sensibile.
"Oh,
scusa!" Esclamò la ragazza, alzando gli occhi in quelli di lui. "Mi
spiace, ma mi sono dimenticata di dirtelo..." Sembrava davvero
rammaricata. "...ci sono dei piccoli problemi di pressione dell'acqua,
sarà meglio che la doccia la fai di sotto..."
"E
che cazzo! Me lo potevi dire prima!" Protestò Orlando, nascondendo
l'imbarazzo dietro ad una reazione esagerata; Amy si portò le mani alla bocca,
nascondendo una risatina divertita. "Mi stavo per ustionare l'ucc..."
Si accorse appena in tempo di quello che stava per dire, e rimase con la bocca
semiaperta; lei lo guardò interrogativa. "...il culo!" Sbottò infine
il ragazzo, dandole le spalle.
"Orlando..."
Lui si girò, quando si sentì chiamare. "Se ti può consolare..." Lui
si mise le mani sui fianchi, ascoltandola. "Era un bel pezzo che non vedevo
roba di questa qualità..." Continuò Amy, con un'ulteriore occhiata al
corpo del ragazzo.
Accorgendosi
che stava per arrossire come un ragazzino alla sua prima cotta, Orlando si girò
di corsa, con l'idea di rientrare in bagno a prendere la sua roba.
"Non
sono un quarto di manzo!" Commentò infine, entrando nella stanza.
"No."
Rispose la ragazza a bassa voce. "Sei solo un gran pezzo di figo..."
"Come?"
Orlando si riaffacciò dalla porta del bagno, cogliendola un attimo di sorpresa.
"Niente."
Fece lei, scuotendo il capo. "Ci vediamo dopo, vado al lavoro!" Lo
salutò poi, scendendo le scale di corsa; lui fece un'espressione poco convinta
e rientrò in bagno.
Dopo
essersi lavato, ed essere riuscito finalmente a pettinarsi i capelli, Orlando
si sentiva un vero gentiluomo di campagna, a parte per l'abbigliamento; uscì
sulla porta, stiracchiandosi le braccia, poi ficcò le mani in tasca, deciso a
farsi due passi nei dintorni.
Si
specchiò un attimo in una finestra, trovandosi veramente figo; si aggiustò la
coppola. Aveva indossato dei pantaloni tipo metalmeccanico, con tanto di tasca
per la chiave inglese, di un colore indefinito tra il blu ed il marrone, poi un
maglioncino aderente, rosso con una striscia beige, da cui spuntava una camicia
a rigoni rossi; a completare il tutto, una coppola a quadri scozzesi sui toni
del verde. Chissà dove aveva preso il suo originale e splendido gusto nel
vestire! (Orlando, tesoro, è meglio non saperlo, credimi... ;__; n.d.Sara)
Il
ragazzo s'incamminò lungo il vialetto di terra battuta che aggirava la casa;
aveva solo un vago ricordo di dove conducesse. Girò l'angolo della costruzione,
trovandosi davanti ad un grande prato, in fondo al quale c'era la stalla e, ora
ricordava, procedendo da quella parte si arrivava alle baracche dell'allevamento
di maiali, che si trovavano subito oltre un dosso, sulla sinistra. In mezzo al
prato era ferma una grossa macchina agricola, forse una mietitrebbia, anche se
Orlando non aveva idea di che cazzo fosse una mietitrebbia. Continuò a
camminare, finché non si trovò la strada impedita.
Proprio
in mezzo al vialetto era apparso un tacchino, un tacchino molto grande,
probabilmente era arrivato mentre lui era voltato a guardare la macchina, perché
non lo aveva proprio visto. Il tacchino lo fissò, lui fissò il tacchino;
Orlando si sentì che quell'animale lo aveva odiato a prima vista. Il tacchino
si fece minaccioso, compiendo un passo avanti, il ragazzo ne fece uno
all'indietro; l'animale raspò la terra, fissandolo con i suoi occhietti folli
ed il becco aguzzo, poi cominciò ad emettere un verso, cupo e minaccioso.
Orlando deglutì.
"Buono..."
Gli disse, alzando una mano, mentre arretrava lentamente, ma l'animale non
dovette gradire quel gesto, poiché, con un verso belluino, si gettò contro il
ragazzo.
Orlando
si girò e, senza ragionare, cominciò a correre lungo la lieve pendenza del
prato, inseguito dal tacchino inferocito; mentre correva gli venne da pensare
che il verso del tacchino doveva avere un nome specifico, ma non lo ricordava.
Con un balzo, che nemmeno Tarzan con una banana nel culo avrebbe fatto, saltò
sulla ruota della mietitrebbia, appena prima che il tacchino da guerra lo
beccasse al fondo dei pantaloni. Il volatile, però, non rinunciava, saltellando
e stridendo con cattiveria ai piedi della macchina.
"Maledetta
bestiaccia!" Gli gridò Orlando, appollaiato sulla grossa ruota. "Ho
un sacco di amici americani, vedrai, ti tireremo il collo e ti mangeremo
arrosto dopo averti ficcato una mela nel culo!" Continuò, sempre più
incazzato, ma il tacchino non si arrendeva. "Aiuto." Cominciò a
piagnucolare il ragazzo, il suo orgoglio gl'impediva di gridare. "A I U T
O..." Fece, un po' più forte.
"Hey,
Bill." Una cavernosa voce maschile attirò l'attenzione del tacchino, e
anche quella di Orlando, che alzò gli occhi sul nuovo arrivato. "Va'
dentro, vecchio Bill." Ordinò con tono calmo; il volatile ubbidì,
avviandosi con calma verso la stalla.
Il
ragazzo guardò meglio l'uomo che era sopraggiunto; era il perfetto
rappresentante della razza degli highlanders: un armadio di due metri per due,
con braccia come tronchi e mani come pagaie, rossiccio, lentigginoso, occhi
piccoli e scuri, faccia di pietra, sguardo diffidente. C'era da augurarsi di
averlo dalla propria parte in una qualsiasi discussione.
"Chi
sei?" Domandò al ragazzo, che ora era in piedi sulla pedana della
macchina, intento a scendere.
"Sono
il nipote di Clara, Orlando." Si presentò, appena rimessi i piedi in
terra.
"Orlando?
Ma ti chiami davvero così?" Chiese l'uomo, con espressione stupita.
"Certo."
Rispose lui, aggrottando le sopracciglia.
"Io
sono Seamus McCormick, uno degli operai dell'allevamento." Gli disse
l'altro; Orlando lo aveva immaginato, Clara aveva parlato di omoni.
"Piacere..."
Fece per porgerli la mano, ma quello si era già avviato.
"Lavori
nel circo?" Domandò Seamus, dopo pochi passi, tornando a guardare il
ragazzo e osservano i suoi vestiti; Orlando abbassò gli occhi, dandosi
un'occhiata.
"No."
Rispose poi, leggermente offeso. "Io sono un attore!"
"Ahhh."
Affermò l'uomo. "Comico." Aggiunse annuendo.
Il
ragazzo si riguardò le scarpe, un paio di anfibi, dentro cui aveva ficcato
l'orlo dei pantaloni; sembravano appena usciti da una fabbrica di vernici, ma
l'effetto era voluto, e per questo erano carissimi.
"Ma
no!" Sbottò poi, piccato, piantandosi le mani sui fianchi.
"Non
si direbbe, da come ti vesti." Commentò Seamus, riprendendo a camminare.
"Ci darai una mano coi maiali?" Gli chiese poi; Orlando aggrottò le
sopracciglia.
"Io...
veramente, sarei in vacanza..." Mormorò in risposta; l'uomo gli lanciò
un'occhiataccia.
"Quelli
come te sono in vacanza da una vita." Sentenziò, poi prese un sacco
appoggiato al muro della casa e si diresse verso l'allevamento.
Orlando
rimase in mezzo al prato, contrariato, con le braccia incrociate, e con una
voglia mostruosa di tornarsene a casa, dai suoi amici, libero di cazzeggiare a
suo piacimento, in mezzo a compiacenti ragazze in bikini, sulla spiaggia di
Malibù...
Era
stata una delle giornate più merdose della sua vita e ora, sprofondato in una
poltrona, a braccia conserte, guardava il sole tramontare sulla brughiera,
mentre in tv andava, inascoltato, il notiziario della BBC. Si era cambiato,
offeso dal giudizio di Seamus sui suoi abiti. Fu così che lo trovò Amy,
rientrando: imbronciato, con i pantaloni di una tuta blu con strisce bianche ai
lati, una felpa su cui faceva bella mostra di se l'eroina di qualche
scollacciato manga giapponese, ed un cappellino di lana dai colori della
bandiera giamaicana calcato in testa.
La
ragazza si avvicinò, e lui si voltò quando la sentì, sorridendole
stentatamente; lei, con un sorriso comprensivo, si fermò davanti alla poltrona
e posò le mani sui braccioli, piegandosi verso di lui.
"Che
c'è? Non ti senti bene?" Gli domandò con dolcezza.
Orlando
commise l'enorme errore di abbassare gli occhi dai suoi, trovandosi faccia a
faccia con il suo seno. Porca miseria, aveva due tette da collasso, di
consistenza e dimensioni perfette, di quelle che è un piacere metterci le mani
sopra...
"Mh...
è stata una giornataccia..." Rispose Orlando, senza riuscire a togliere
gli occhi dallo scollo del maglioncino di Amy, e dalle curve del suo seno.
"Andiamo,
il the è pronto, e c'è una bella torta di ricotta da mangiare con una crema al
cioccolato..." Lo so io cosa mangerei con la crema al cioccolato... "Ti
tirerà su."
"Sono
sicuro che è ottima..." E occhi ancora lì. Amy si rimise dritta.
"Ti
avverto che se non smetti di guardarmi le tette, mi arrabbio." Lo ammonì,
sorridendo ironica; lui rise piano.
"E
tu potevi fare a meno di sbattermele in faccia." Ribatté poi, raddrizzandosi.
"Sarò pure un bravo ragazzo, ma sempre maschio resto." Aggiunse con
un sorrisetto malizioso.
"Forza,
è tutto pronto." Lo incitò Amy, porgendogli la mano; Orlando la prese e si
alzò dalla poltrona. "Non è che potresti toglierti il cappello?" Gli
chiese lei poi.
"Sei
sicura di volerlo?" Replicò lui, con espressione interrogativa,
aggrottando le sopracciglia; la ragazza lo guardò sospettosa.
"Certo..."
Rispose un po' confusa. "Mi da fastidio la gente in casa col
cappello." Gli disse poi, ferma nelle sue convinzioni.
Orlando,
con una smorfia poco convinta, si sfilò il cappello giamaicano; quando i
capelli furono scoperti, prese a guardare ovunque, a parte che sulla faccia di
Amy.
"Oddio!"
Esclamò la ragazza, mettendosi poi a ridere; Orlando sospirò scocciato.
"Sembri un barboncino!" Aggiunse lei, ancora ridendo.
"Adesso
lo sai perché volevo tenermi il cappello!" Sbottò il ragazzo. "Non
riesco a pettinarli, l'umidità li fa diventare gonfi e appiccicosi!" Si
lamentò poi.
"Senti,
ma perché non provi a lasciarli naturali, domani li lavi e non ci metti niente,
gel o altro." Gli consigliò Amy. "Almeno non appiccicheranno."
"Sì,
forse hai ragione." Ammise lui, raggiungendola vicino alla porta; la
ragazza lo prese a braccetto, mentre uscivano dal salotto. "Posso dirti
una cosa, Amy?"
"Come
no." Rispose lei, voltando il capo verso di lui, ma lo vide con gli occhi
abbassati sulla sua scollatura.
"Hai
delle tette favolose." Affermò Orlando, poi tornò a guardarla negl'occhi
con un sorriso divertito e soddisfatto.
"E
non hai visto nulla..." Ribatté Amy, maliziosa; scoppiarono a ridere, e
così raggiunsero la sala da pranzo.
CONTINUA...