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Autore: apochan kenshiro    23/08/2011    2 recensioni
Il Mondo è un luogo unico e misterioso, vasto e sconfinato: vi sono quattro Regioni, più una Quinta, mitica, sconosciuta, leggendaria ...
Zaileh. Ha deciso di partire, per soddisfare la sua sete di conoscenza...
Teörija. Ha deciso di partire, perchè la sua terra è in pericolo...
Shoser. Ha deciso di partire, perchè il mondo sta cambiando...
Kokuro - sama. Aveva già deciso di partire, perchè le Regioni dovevano essere sue...
Queste e molte altre vite ed esistenze, che si intrecciano, in una storia di sorprese, magia, miti e leggende; tutto in un universo completamente nuovo e da scoprire...
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Questa è la prima storia originale in cui mi cimento e la sua "materia" non è in alcun modo semplice... vi ringrazio anticipatamente qualora vi foste incuriositi e la vorreste leggere; in tal caso sarebbero graditi dei commenti, positivi o negativi che siano...
Detto ciò non mi resta che augurarvi buona lettura...
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Just round the way

Soendo. La terra del Sole. Il luogo dove risiedevano le leggendarie Creature Mistiche … davvero incredibile … Zaileh non ci poteva credere … era tutto così, così … soprannaturale … eppure non si poteva sbagliare: poteva figurarsi tutte le risate di scherno dell’intera Kularah, ma Shoser, regina delle Fate, era lì, davanti a lui, che fluttuava sul sentiero, muovendo impercettibilmente le sue leggere ali di seta, perché sì, non le aveva nemmeno sfiorate, ma al solo vederle sembravano una stoffa rara e preziosa, su cui il sole, che filtrava tra le grandi felci arboricole, creava dei bellissimi giochi di luce.

Zaileh, mentre proseguiva, si soffermò ad osservare le fattezze di quegli arti ferini, colpito dalla loro rara e straordinaria bellezza: non gli ricordavano assolutamente, se non vagamente per la forma, le ali delle piccole farfalle che in primavera levitavano sui prati e sui campi di Argol, erano anzi una sorta di esplosione di colori, dove i complementari rosso e verde si fondevano, creando uno stupendo effetto riverberante una volta colpite dai timidi raggi del sole; i colori della membrana, inoltre, risaltavano maggiormente a contrasto con il nero intenso delle nervature, ora sottili e quasi invisibili, ora più spesse e vigorose, come quelle che si fondevano alla base con le scapole della fata, nervature che rendevano possibile il continuo e leggero battito, che le permetteva di stare sospesa pochi centimetri sopra il suolo.

Il ragazzo spostò l’attenzione dalle ali della creatura al paesaggio circostante, così enormemente cambiato, da quando avevano sceso il pendio opposto, lasciandosi indietro la foresta di Rijnne. Lui e Shoser erano ormai in viaggio dall’alba e dalle fresche pendici dei monti, dove prevalevano conifere e latifoglie ombrose come le querce, erano giunti giù, a valle, passando in un bosco la cui natura non era nota a Zaileh. Oltre alle grandi e curiose felci, che simili, ma in dimensioni alquanto minori, abbondavano nelle prefetture marine di Errel, non aveva riconosciuto alcuno degli alberi o delle piante che lo circondavano. La vegetazione era inoltre ricca e rigogliosa, e fra le molte sconosciute specie arboricole crescevano indisturbate altrettanto sconosciute e rigogliose piante da fiore, dai colori sgargianti e brillanti.

Ad un certo punto il ragazzo vide planare, dai rami di un arbusto, un volatile estremamente colorato e dalle dimensioni alquanto notevoli: gli uccelli più grandi che avesse mai visto in vita sua erano gli albatri della prefettura della Focenide, dove in enormi stormi, i bianchi animali si riversavano sulle foci dei fiumi; quello era invece qualcosa di totalmente inedito. L’animale alato, che dondolava in aria con movimenti fluidi ed aggraziati, aveva un acceso piumaggio rosso, leggermente più scuro in alcuni zone della lunga coda e della gola, rosso che contrastava con l’acceso giallo ed il verde smeraldino del capo; aveva inoltre delle ampie ali, un piccolo becco non ricurvo dalle forme aggraziate, ed un elegante ciuffo di piume che dipartiva sempre dalla base della coda, come a completare la sua immagine aggraziata. Le sue piccole evoluzioni intorno a lui ed alla sua “guida”lo avevano letteralmente incantato.

Dopo aver seguito per alcuni minuti la fata ed il ragazzo, il volatile volteggiò su sé stesso intonando un canto melodioso, canto a cui la regina rispose con la sua voce flautata, che pronunciò una lingua sconosciuta, con la stessa inflessione e lo stesso accento con cui il ragazzo l’aveva sentita parlare alla Fonte Cristallina. Poco dopo questo scambio, Shoser volò più in alto, per poi planare, seguita dall’uccello rosso, accanto a Zaileh. Toccò terra, cominciando a camminare, mentre il suo compagno di volo le si posava sull’avambraccio, appositamente alzato, e la ringraziava scuotendo e facendo frusciare le ali. Zaileh si voltò allora verso la regina ed il volatile, che gli rivelò di possedere degli occhi estremamente chiari e cristallini.

Continuarono a camminare così in silenzio per alcuni metri, fin quando Shoser non fece risuonare la sua voce:“Allora, Zaileh, non vuoi sapere chi sia il mio piccolo amico? Eppure la foresta di felci di Shandra mormora il tuo stupore e la tua curiosità …”. Zaileh, come colto in fallo, abbassò lievemente lo sguardo, mentre le guance gli si imporporavano; Shoser fece risuonare ancora la sua risata argentina. “Sai, uomo di Kularah, è molto bello vedere la tua riservatezza, la tua innocenza … sembra che niente ti abbia contaminato … ma rispondimi ora, non crucciarti per il mio riso …”. Zaileh sospirò, no poteva negarlo: quel volatile dall’aspetto prezioso aveva attirato tutta la sua attenzione e non era in grado di rimanere offeso dopo la risata della regina, lei gli infondeva un senso di dolcezza e di comprensione tale da farlo sentire in pace … si chiese se anche infondere quella tranquillità fosse prerogativa delle Creature Mistiche oppure solo della stirpe delle fate … se non altro la regina possedeva una sensibilità ed un’empatia incredibili, forse non solo dovute al dono …

Allora, Zaileh? Non vorrai farmi credere di star perdendo il tuo ingegno?” “No, regina, stavo solo riflettendo … e, sì … quel volatile rosso mi incuriosisce molto non ho mai visto niente di simile ad Errel …” “Ovvio mio giovane amico: non possono esistere paradisee raggiane nella regione dell’Est, e ti renderò noto anche perché. La paradisea fu uno dei primi viventi creati dalla Dea della Luce, la grande Dea Madre, e come i doni erano specchio della sua essenza, così lo erano anche le creature a cui lei dette vita. La paradisea raggiana, sorella di altre sue simili, esprime col suo rosso scarlatto l’amore viscerale che la nostra Madre ancestrale prova per noi suoi figli. Sai come la chiama la stirpe delle Ninfe?” “No …” “ ‘ΠΥΡΟC ΟΡΝΙC’, ‘uccello di fuoco’, perché esso è l’amore che brucia dentro nostra Madre Amaterasu …”, e detto ciò la paradisea si mise ad intonare una melodia, la cui dolcezza incantò completamente Zaileh.

Poco dopo che l’animale ebbe cominciato, Shoser si unì a lui, cantando nell’atavica lingua che ormai Zaileh udiva per la terza volta. La voce della regina sembrò divenire più melodiosa, quasi una carezza, mentre le note che intonava sembravano uscire a due a due dalle sue corde vocali, filigrana d’argento, come se a cantare fossero due creature, all’unisono. Musica e voce sembravano una cosa sola, che facevano fremere Zaileh in tutto il suo essere, facendolo sentire come un tutt’uno con loro. Ora, pian piano, cominciava a capire perché le Ninfe lo chiamassero “uccello di fuoco”: quel canto riscaldava ogni singola cellula del suo essere. Per molto tempo continuarono ad attraversare Shandra, allietandosi con tale melodia, poi il volume della voce della fata ed il dolce canto della paradisea sfumarono lentamente, finché di loro non rimase traccia.

Zaileh, che fino a quel momento aveva prestato attenzione solo a quell’esecuzione canora ed aveva tenuto d’occhio la strada solo per il minimo indispensabile, si sentì come appena risvegliato da un sogno, da una visione. Shoser, sul cui braccio stava il volatile, vide il suo compagno piumato sbattere freneticamente le ali e scuotere il capo ornato dalle piume. Lei capì, gli sorrise e sollevò lievemente l’avambraccio, come a scrollarselo. La paradisea prese il volo e mentre si allontanava lanciò un’ultima nota verso la fata. “Ju ze …”, furono le parole che Zaileh riuscì a cogliere, senza tuttavia comprenderne il significato, dalle scure labbra di Shoser, mentre quella piuma scarlatta si allontanava in volo.

Allora la fata si voltò verso Zaileh, sollevandosi a sua volta in aria, mentre le sue ali, sbattendo quasi impercettibilmente, davano vita ad una lieve brezza. “È tempo di rimetterci sul nostro cammino, uomo di Kularah, la strada è ancora lunga …”. Il ragazzo alzò lo sguardo, notando che il sole non era più alto, ma riscaldava comunque ancora notevolmente la terra; non doveva essere passato molto tempo da quando aveva abbandonato lo zenit. “Quanto tempo ancora ci occorre?” “Ancora molto, mio giovane amico … ma non temere: prima che il sole raggiunga il crepuscolo saremo comunque arrivati … non si tratterà della nostra meta, ma comunque di una tappa indispensabile …”. E detto ciò proseguirono nel loro cammino.

 

Il sole cominciava a raggiungere lentamente l’occidente, mentre la fitta e rigogliosa foresta di Shandra, cominciava a diradarsi. Shoser e Zaileh procedevano con passo tranquillo, ma sostenuto, mentre le loro ombre si allungavano sul sentiero. Gli alberi intorno a loro cominciarono progressivamente a diminuire in altezza, mentre le piante da sottobosco divennero sempre più numerose; dalle sempre minori felci cominciarono a vedersi liane che si intrecciavano fra i vari rami, mentre il terreno sembrava farsi più morbido. Zaileh guardò ai suoi piedi, scorgendo un morbido tappeto verde, simile a quello creato dai muschi.

Piano, piano il sentiero cominciò a farsi più regolare, fino a diventare una linea retta, come gli alberi e le varie piante, che sembravano intervallarsi secondo uno schema preciso. Che stessero forse giungendo alla loro destinazione? Shoser, udito lo stormire delle fronde, non parlò, sorrise, aspettando che il suo compagno di viaggio parlasse.

Regina, dove stiamo andando?” “Da creature amiche … come ti ho già detto, Laynor è lontana … da loro potremo ristorarci e tu, uomo di Errel, potrai riscoprire qualcosa che la tua gente ha dimenticato ..” “Ma …”. Zaileh stava per replicare, chiedendo ancora che la sua curiosità fosse saziata, ma un acuto nitrito lo immobilizzò. Letteralmente basito, si voltò verso la sua guida, che a sua volta lo guardò con un’espressione dolce e confortante. Poi lei si alzò in volo, sin sopra le chiome degli alberi. “Ci siamo quasi, amico mio; devi avere solo un poco di pazienza … ora vedrai … ah, un’ultima cosa: sarebbe per te conveniente mettere al riparo il tuo udito: ciò che ora farò, potrebbe ledere le tue capacità sensoriali …”. Zaileh ubbidì, coscienziosamente, portandosi i palmi delle mani alle orecchie e comprimendoli contro la cavità. Annuì e la fata cominciò. Ancora intonò una sorta di formula nella sua atavica lingua, mentre la sua figura si faceva luminosa ed iridi e sclera divenivano un tutt’uno indistinto con la scura pupilla. Improvvisamente aumentò il volume della sua voce, che ancora una volta sembrava argento risonante; il suono si fece più acuto, sdoppiandosi in due, tre, quattro tonalità diverse; Zaileh era convinto che se un suono del genere fosse stato udito a Kularah, probabilmente l’intero villaggio non avrebbe avuto più finestre.

La voce della regina aumentò ancora di volume, contenendo in sé tutti i suoni della scala diatonica, poi di colpo cessò, tornando ad avere il suo aspetto di prima. Zaileh decompresse i palmi dai suoi padiglioni auricolari, giusto in tempo per sentire un intenso scalpiccio in avvicinamento. Shoser ridiscese, ponendosi a fianco dell’umano. Si voltò ancora verso di lui, ponendogli una mano sulla spalla e sorridendogli. “Stanno arrivando …”.

Zaileh cercò di guardarsi intorno, cercando di scorgere il minimo indizio di ciò che stava per avvenire: poté vedere solo alcune liane che dondolavano ritmicamente sui rami delle felci. Mise all’erta i suoi sensi, soprattutto il suo udito, udendo solamente il forte scalpiccio aumentare, ma allo stesso tempo attutirsi … il tappeto di erba … Svincolandosi dalla leggera presa sulla sua spalla, il ragazzo si inginocchiò, ponendo il suo orecchio destro sul soffice verde: cominciò a sentire più nitidamente il rumore, che  arrivava ad intervalli regolari. Lo scalpicciò ricordava il trotto di un cavallo, così Zaileh cercò di concentrarsi maggiormente; il rumore cominciava a farsi davvero vicino, tanto che il ragazzo riuscì a riconoscerlo come pestare di zoccoli. Ancora nitriti si spansero nell’aria umida del sottobosco, quando il trotto divenne estremamente vicino e quasi fastidioso. Poi la frequenza dei colpi rallentò ed i rumori cessarono di colpo.

Zaileh si trovava ancora accovacciato al suolo, quando nel suo campo visivo vide entrare le lucide e possenti zampe nere di un cavallo. L’enorme figura era ansante, ed i suoi zoccoli scalpitavano ancora, mentre la lunga e scura coda frustava l’aria. Il ragazzo fece per alzare lo sguardo, ma qualcosa di estremamente inaspettato si presentò alla sua vista: una mano. Non era la delicata e diafana mano della regina delle Fate, ma una mano scura e possente, una mano mascolina, il cui polso era fasciato da un’apparentemente pesante bracciale dorato. Quella mano era protesa verso di lui, e con il palmo aperto, lo invitava a levarsi.

Alzati uomo di Kularah,” fece una voce scura e profonda, ma allo stesso tempo confortante, “non si addice ad un essere di ingegno stare così steso sulla terra.”.

 

 

 

 

 

Allora, ecco a voi il quarto capitolo, ancora col viaggio di Zaileh, in compagnia della regina Shoser. Chi avranno incontrato in questo capitolo? Tutto ciò vi sarà chiaro prossimamente …

Mi scuso innanzitutto per l'abnorme ritardo di quasi un mese, ma l'ispirazione era morta, ma ora fortunatamente è resuscitata ^^ !

Ringrazio i lettori e Nebbia di Latte, che continua a recensire i capitoli della storia, davvero grazie …

Non mi resta che lasciarvi annunciandovi al più presto il prossimo capitolo ed il disegno dello spietato Kokuro – sama.

See you soon!

 

N. B. : la lingua di Shoser sto cominciando ad inventarla (come del resto ho fatto fin'ora con i nomi … gli unici che abbiano un senso compiuto sono il nome proprio indiano Suresh, il nome del santone, e quello del consigliere demoniaco di Kokuro, Hebi, che sognifica “serpe” in giapponese)

Alla prossima! 

  
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