Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: CatchingLightning    23/08/2011    3 recensioni
{Attenzione: questa storia contiene molto, moooolto spoiler! Leggete a vostro rischio e pericolo}
Un Nico confuso, solo, dopo la morte di Bianca.
Un Ade assente, solo, Persefone sull'Olimpo.
Una guerra che incombe, divinità minori ribelli e fantasmi doppiogiochisti.
Un sogno premonitore, un futuro che non si può cambiare.
[...]La rabbia non ci mise troppo ad impadronirsi di me al solo ricordo di quel traditore incapace di mantenere uno straccio di promessa. Aveva promesso di fare del suo meglio per proteggerla.
Probabilmente se n'era altamente infischiato ed aveva pensato a mettere in salvo il suo fondoschiena, altroché! Va bene tutto, ma non ero mica scemo: se avesse voluto salvare Bianca ci sarebbe riuscito. Era il figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi, per il posteriore di Chirone!
-Se ci fossi stato io...- mi maledii prendendo a calci un povero sassolino, senza rendermi conto più di tanto di quello che dicevo.
-Se ci fossi stato tu cosa?- mi domandò un tizio, appoggiato con la schiena ad muro in mattoni che dava su un vicolo cieco.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nico di Angelo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PLAY

Where were you?


P
asseggiavo per le strade di Quemado, senza alzare lo sguardo dal marciapiede grigiastro, tenendo le mani in tasca senza curarmene più di tanto. Le case nei dintorni avevano le pareti scrostate e parecchi cancelli avevano la serratura forzata, come se qualche ladro avesse tentato di entrare: forse ero finito in un postaccio per un ragazzino di dieci anni, uno di quei vicoli malfamati presenti in ogni città, ma non me ne importava un accidenti. Ero accerchiato solo dal buio, ma non era affatto inquietante: per dirla tutta, mi sentivo a mio agio immerso nelle tenebre.
Era mattina presto, circa le tre e qualcosa, perciò le strade erano deserte.
Non sapevo esattamente perché mi trovassi in Texas, probabilmente era il primo posto abbastanza lontano dalla Grande Mela che mi fosse venuto in mente. L'ultima cosa che ricordavo era di stare vagando nel Labirinto con Minosse, perciò come mi fossi ritrovato a Quemado era un mistero. Sapevo solo di dover trovare un posto distante da New York, non ce la facevo a vivere nella stessa città di Percy, non dopo che aveva infranto la promessa di proteggere mia sorella Bianca.
Il ricordo di come gli scheletri si fossero fermati ai miei ordini e di come il terreno si fosse spaccato a metà per un mio desiderio era vivido nella mia mente. Tutto era accaduto perché era quello che volevo fare, sprofondare sottoterra e restarci, senza più mettere piede sul suolo del mondo in cui mia sorella aveva perso la vita.
Non capivo perché tutto dovesse essere così ingiusto con noi: eravamo orfani... o meglio, ero orfano. Bianca ormai era morta. E tutto questo perché quell'idiota figlio di Poseidone non l'aveva impedito.
La rabbia non ci mise troppo ad impadronirsi di me al solo ricordo di quel traditore incapace di mantenere uno straccio di promessa. Aveva promesso di fare del suo meglio per proteggerla.
Probabilmente se n'era altamente infischiato ed aveva pensato a mettere in salvo il suo fondoschiena, altroché! Va bene tutto, ma non ero mica scemo: se avesse voluto salvare Bianca ci sarebbe riuscito. Era il figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi, per il posteriore di Chirone!
    -Se ci fossi stato io...- mi maledii prendendo a calci un povero sassolino, senza rendermi conto più di tanto di quello che dicevo.
    -Se ci fossi stato tu cosa?- mi domandò un tizio, appoggiato con la schiena ad muro in mattoni che dava su un vicolo cieco.


I found God on the corner of 1st and Amistad
Where the West was all but won
All alone, smoking his last cigarette
I said, "Where've you been?". He said, "Ask anything.".


Era un tipo decisamente singolare: portava una camicia grigia con i polsini sbottonati e dei pantaloni in denim tutti strappati, come se si fosse azzuffato con un barboncino. I capelli scuri erano tutti arruffati e gli occhi, di un colore indescrivibile, emanavano un'aura decisamente minacciosa. Non sembrava ricco, ma si atteggiava come se lo fosse, tenendo una sigaretta nella mano sinistra con ostentato charme. Non mi curai più di tanto del fatto che, in effetti, fosse spenta.
    -E tu chi sei?- gli domandai. Probabilmente non avrei dovuto rivolgere la parola ad un estraneo, ma a quel punto non m'importava più di niente e nessuno.
    -Un po' di rispetto, ragazzino!- mi frenò il tizio. -Ti pare questo il modo di rivolgerti a qualcuno che non conosci?
Avrei potuto comodamente rispondergli a tono, ed ne avevo una voglia immensa, ma l'espressione nei suoi occhi mi invitava vivamente a non provarci nemmeno. Avevo come l'impressione di averlo già visto, ma le probabilità rasentavano la soglia del due per cento: non ero mai stato in Texas prima di allora e, di sicuro, se avessi incrociato un individuo del genere a New York me lo sarei ricordato.
    -No.- gli risposi, senza smettere di fissarlo.
    -E non è educato fissare la gente in questo modo.- aggiunse lui, con aria annoiata.
    -Scusi.- risposi in tono pacato, distogliendo lo sguardo. Qualcosa, anche se non sapevo bene cosa, mi diceva che era meglio non contraddirlo.
Il tizio sorrise soddisfatto, poi indicò il marciapiede, come invitandomi ad accomodarmi. Per quanto avessi guardato per terra, non mi ero reso conto di quanto sporche fossero le strade secondarie: bucce di banana qua e là e macchie oleose di sostanze non ben identificate dappertutto. Gli ecologisti si sarebbero accapponati la pelle. Pareva che nessuno si curasse minimamente di quella porzione di mondo. Un po' come me, quella parte di Texas era rimasta sola.
    -Vuoi sederti?- mi chiese il tizio, senza però dimostrarsi eccessivamente confidente. Forse mi stava ancora scrutando come io stavo scrutando lui, decidendo se fidarmi o meno.
Lanciai un'occhiata disgustata al marciapiede tutto macchiato, dopodiché replicai: -No, stavolta passo.
Il tizio sorrise. Non era un vero e proprio sorriso, per dir la verità, era più una smorfia di divertimento.
    -Bene, allora faremo quattro chiacchiere stando in piedi.- concluse il tipo.
Mi chiesi perché stessi ancora a sentire quel tizio che sembrava non avere tutte le rotelle al loro posto. Avrei potuto comodamente andarmene a zonzo per i cavoli miei, eppure ero là a dar retta a quell'individuo bizzarro che aveva voglia di fare quattro chiacchiere con il primo passante che gli capitava a tiro. Di cosa avrebbe potuto voler parlare con me, poi? Ci eravamo appena incontrati per la prima volta!
Invece, contrariamente a quanto sembrava, lui sapeva di me molto più di quanto ne sapessi io.
    -Di che vuoi parlare?- gli chiesi, togliendo le mani dalle tasche e lasciandomi cadere pigramente le braccia lungo il corpo.
    -Ebbene, Nico, vorrei proprio sapere la risposta a quello che dicevi prima.- rispose il tizio, con aria pensierosa.
    -Oh, beh, credo che dovrei raccontarti tutta la storia e...- d'un tratto mi bloccai, accorgendomi di un particolare inquietante che mi fece sbarrare gli occhi. -... tu come sai il mio nome? Io non te l'ho detto...
Il signore sbuffò. -A quanto pare non hai ancora capito chi sono... ma davvero non mi riconosci?
Si guardò camicia e pantaloni un po' preoccupato, come se fosse per colpa loro che non avevo capito chi fosse.
    -Ehm... dovrei?
    -Direi proprio di sì.- rispose il tipo. Ok, era ufficiale, credevo che fosse appena scappato da una casa di cura per malati mentali o da un manicomio, ma questo non spiegava come facesse a sapere il mio nome.
    -Mi dispiace, non la conosco...- mi scusai, iniziando non so perché ad utilizzare una forma più rispettosa, rivolgendomi con il “lei”.
    -Oh, poco male, lo so che hai perso la memoria.- fece lui, stringendosi nelle spalle mentre fissava con aria poco convinta la sigaretta. -Ehi, per caso hai da accendere?- mi domandò.
Ero letteralmente basito. -No, mi spiace.
    -Oh, allora credo che dovrò ricorrere ai vecchi metodi.- minimizzò lui, facendo spallucce e schioccando le dita. Come per magia, dal suo dito indice si attizzò una piccola fiammella rossa, che ardeva giocosa e si muoveva con il leggero venticello di quel giorno.
    -Ma... ma cosa cavolo...?- balbettai, stupito.
Lui guardò dapprima la fiammella poi la sigaretta, rivolgendo ad entrambe sguardi estremamente critici. Poi si scocciò e gettò via la sigaretta. -Oh, che vada al Tartaro, io non fumo! Persefone mi ammazzerebbe.
Solo allora parve accorgersi del mio sguardo pietrificato.
    -Ah, sì, i mortali non sono soliti fare questi giochini con il fuoco.- si ricordò con un ghigno, soffiando sulla fiammella e spegnendola di conseguenza.
    -Come ha fatto? E, aspetti un attimo, ha detto mortali?- lo incalzai, strabuzzando gli occhi. -E poi Persefone? Quindi lei è...
    -Ade, il Signore degli Inferi.- concluse il tipo, pulendosi un po' di polvere dai pantaloni, come se affermare di essere una divinità fosse una cosa all'ordine del giorno.
Normalmente, un comune essere umano avrebbe chiamato la polizia o chi di dovere per segnalare un pazzo scatenato che diceva e credeva di essere Ade. Tuttavia, io sono Nico Di Angelo e sono un mezzosangue, o semidio, che dir si voglia, quindi la cosa non m'impressionò particolarmente. Anche mia sorella Bianca lo era, ma è morta perché un figlio di Poseidone non aveva adempiuto alla promessa fattami prima della loro partenza in missione. Io cercavo ancora di capire di chi potessimo essere figli io e Bianca, dato che non somigliavamo minimamente a nessuno dei ragazzi del Campo Mezzosangue, ma non ero giunto ad uno straccio di conclusione. Fino ad allora.
    -Certo, allora... ehm, divino Ade, cosa la spinge qui ad... ehm, all'angolo tra 1st e Amistad?- gli domandai, dopo aver letto, con molta difficoltà dovuta alla dislessia, l'insegna stradale.
Ecco, vedo di spiegarvi anche questa bizzarria: essendo figlio di uno degli Olimpi, il mio cervello è programmato per leggere il greco antico, causandomi dislessia. Oltre a questo ho anche un disturbo all'attenzione, quella simpatica cosina dell'iperattività e via dicendo, quindi se pensavate che l'essere un mezzosangue fosse semplice... beh, scordatevelo immediatamente!
Ade mi scrutava con la stessa aria critica che aveva riservato alla fiammella, poi disse semplicemente: -Sei cresciuto.
Pensai che avesse incrociato Dioniso al pub.
    -Ehm... davvero?- domandai, chiedendomi se ci fosse una via di fuga. Tuttavia, per quanto potesse essere un individuo bizzarro, la compagnia di Ade era piuttosto gradevole.
Ade annuì. -Mi ricordi tanto tua madre, Maria Di Angelo¹.
Il mio sguardo si rattristò. Non sapevo praticamente nulla di mia madre, neppure il suo nome fino a quel momento. L'ultimo ricordo che avevo di lei era solo un fascio di luce azzurra, null'altro. Sapevo solo che ormai non c'era più. Come Bianca.
Ma come faceva Ade a conoscere mia madre? Che l'avesse incontrata giù negli Inferi?
    -Come fa a conoscere mia madre, signore?
    -Gran bella domanda! Diciamo che eravamo più di semplici amici...- rispose Ade, un po' in difficoltà. Sapevo che non si doveva mai mettere in difficoltà un adulto, ancor meno se questi era il Signore dei Morti, ma non riuscii a trattenermi.
    -Eravate fidanzati o cosa?- gli chiesi, con la curiosità che sprizzava da tutti i pori.
    -Non solo fidanzati.- rispose Ade, schioccando le dita.
Sulle prime non capii cosa fosse successo, ma vidi che lui fissava qualcosa sopra la mia testa, così alzai lo sguardo: una sorta di palla di fumo nero era comparsa sopra la mia testa. In quella sfera c'era anche una sorta di disegno in rosso, che però non riuscii a mettere a fuoco per colpa della dislessia. Quando questa... chiamiamola palla di fumo ci volatilizzò, tornai a puntare gli occhi su Ade.
    -Che significa quella palla di fumo?- gli chiesi, incredulo. -Non vorrà mica dire che...
    -Tu sei mio figlio, Nico.- disse Ade. -Credo che anche il figlio di Poseidone se ne sia reso conto.
Mi ci volle qualche secondo perché il mio cervello registrasse le nuove informazioni: gli scheletri che mi obbedivano, il terreno che si apriva a seconda della mia volontà... tutto tornava!
Ironico che la statuina di Mitomagia per cui Bianca aveva perso la vita fosse quella di nostro padre ed anche l'unica che mi mancava.
    -Quindi... io sono il figlio del Signore degli Inferi?
    -Sì.
    -Tu sei mio padre?
    -Sì.
    -Lo sapevi da tanto?
    -Sì.
    -Mi stai prendendo in giro?
    -No.
    -Bene.- conclusi, sempre però con un'aria sospettosa sul volto.
    -Adesso sei convinto, Nico?- mi domandò.
    -Diciamo di sì.- risposi. Ormai non mi stupivo più di nulla, nemmeno di un individuo che, di punto in bianco, si presentava dicendo di essere Ade e di essere mio padre. Tutto stava diventando monocromatico.
Bianca non era più con me, tutto sembrava aver perso ogni importanza per me. Persino quella stupida guerra tra dèi e titani: noi mezzosangue potevamo restare tranquillamente a guardare il tutto in disparte, scommettendo su chi avrebbe vinto.
Mio padre non sarebbe dovuto andare a combattere, tanto era stato esiliato dall'Olimpo. Ma non per questo non poteva venire a vederci almeno una volta...
    -Posso farti una domanda?- gli domandai.
    -Chiedi tutto quello che vuoi.- rispose mio padre, invitandomi a porgli il mio quesito con un gesto della mano.
    -Dove sei stato per tutto questo tempo?



Where were you, when everything was falling apart.
All my days were spent by the telephone that never rang
And all I needed was a call that never came
To the corner of 1st and Amistad.


    -Come?- fece Ade. Ebbi la sensazione che quell'invito a chiedergli tutto quello che volevo non comprendesse questa domanda nel tutto.
    -Dove sei stato per tutto questo tempo?- ripetei, con uno sguardo di sfida che celava quella che, in realtà, era malinconia. -Dov'eri quando la mamma è morta? Dov'eri quando io e Bianca eravamo soli e cercavamo un conforto, mentre tutto il mondo sembrava crollarci addosso? Dov'eri quando ci ha attaccato la manticora?- lo incalzai, con le lacrime agli occhi. -Dov'eri quando Bianca è morta? Dove?
Mio padre rimase in silenzio, a guardarmi. Materializzò dal nulla una panchina laccata di verde smeraldo, come quelle di Central Park, e vi si sedette sopra, invitandomi a fare altrettanto.
    -Mi dispiace.- disse Ade, senza tradire alcuna emozione nella voce.
    -Un “mi dispiace” non è una risposta!- protestai. -E poi, io non...
Dubitavo seriamente che gli dispiacesse. Se avesse voluto salvare la mamma o Bianca lo avrebbe fatto senza problemi! Era uno dei Tre Pezzi Grossi, accidenti! È inutile, era esattamente come Percy: bugiardo.
    -Non sono un bugiardo.- disse Ade, quasi come se mi avesse letto nella mente. -E nemmeno il figlio di Poseidone lo è. Sarà stupido, ma non sa mentire. Si è seriamente impegnato per tua sorella.
Storsi il naso in una smorfia sarcastica. -Sciocchezze. Lui è il figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi, è molto potente! Se avesse voluto salvarla, ci sarebbe riuscito!
Ade scosse la testa. -Una volta che si tocca qualcosa nella discarica di Efesto, non c'è modo di uscirne a meno che il ladro non sconti la sua pena con la morte.
    -Vedo che Zeus non è l'unico paranoico all'Olimpo...- constatai, incrociando le braccia. -Se gli dèi sono tutti così siamo presi bene...
Sul volto di mio padre ricomparve nuovamente quella smorfia di divertimento. -Hai ragione, Nico.
    -Sarà, ma tu non mi hai ancora risposto!- replicai, evitando che la conversazione sviasse dall'argomento che io volevo trattare. -Dove sei stato per tutto questo tempo? Che facevi? Almeno ti è mai importato qualcosa di noi figli?
    -Ovvio che mi è importato di voi!- esclamò Ade con prontezza. -Ho fatto tutto il possibile per aiutarvi, nei limiti dell'accordo che abbiamo preso con Zeus.
    -Mi chiedo come mai ancora ti ostini ad ubbidire a tuo fratello!- esclamai. Allora non me ne resi conto, ma stavo perdendo il controllo. -Ti hanno esiliato, tecnicamente potresti fare quello che ti pare e piace! Perché bisogna sottostare allo Spara-Fulmini-e-Saette? Anche Poseidone lo definisce Dio del Teatro! Tu vorresti farti comandare da un tipo così?
Ade si accigliò. -Quindi?
    -Non hai voglia, che ne so, di vendicarti?- gli domandai. -Saresti più potente di tutti gli altri! Stai soffrendo in silenzio?
    -Ah-ah!- mi bloccò Ade, scuotendo la testa. -Zeus, per quanto stupido, è sempre mio fratello. Malgrado le ingiustizie alle quali sia sottoposto, loro rimangono la mia famiglia. Non combatterò al fianco di mio padre Crono solo per vendetta. Durante la battaglia finale, io sarò dalla parte dei miei fratelli. Per quanto se ne dica, tengo alla mia famiglia.
    -E noi non tieni?- gli domandai di nuovo.
    -Ti ho già detto di sì, Nico.
    -Sarà, ma non ti credo!
    -Ragazzino, sarò anche tuo padre, ma sono pur sempre un dio!- protestò Ade, mentre gli occhi gli si accendevano. -Ti ho già detto che tenevo a te e a Bianca, ma non ho potuto fare nulla per lei, così come non ha potuto fare nulla il figlio del vecchio Barba d'Alghe.
    -Non è solo per quello!- replicai. -In tutti questi anni avresti potuto, che ne so, chiamarci una volta ogni tanto! Percy ha telefonato a suo padre e non è successo nulla!
    -Lo so, ma dagli Inferi la situazione è un po' più complicata.- ribatté mio padre.
    -Se avessi voluto ce l'avresti fatta!- contestai. -Tutto quello di cui avevamo bisogno io e Bianca era sapere di non essere soli! Ci bastava un segno, uno qualunque, da parte tua!- sbottai balzando in piedi. -Giusto per sapere di non essere completamente soli e dimenticati...
Ade non mosse un muscolo. Di certo non mi aspettavo che mi abbracciasse con fare paterno e mi chiedesse scusa per essere comparso solo allora, ma mi sarei aspettato una qualche reazione da parte sua. Mi sarebbe andata bene anche una sfuriata di qualunque tipo. Ma volevo che reagisse in qualche modo, che non restasse indifferente ai racconti delle sofferenze mie e di Bianca.
Invece, quando parlò, sembrò tirare in ballo tutt'altro argomento.
    -Sai, Nico, quando mi hanno confinato negli Inferi credevo che i miei fratelli volessero condannarmi in solitudine e dimenticarsi della mia esistenza.- disse Ade, alzando lo sguardo al cielo. -Però non avrebbero potuto scordarsi di me nemmeno se l'avessero voluto.
    -Okay, e questo che vuol dire?
    -Vuol dire esattamente quello che vuol dire.- rispose pacato Ade. -Le storie di vita passata non sempre hanno una morale.
    -E allora, se non ha una morale, perché devo star ad ascoltarle?
    -Invece, questa storia ha una morale.- replicò il Signore degli Inferi. -Sai perché non sarebbero riusciti a dimenticarmi tanto facilmente?
Ade spostò lo sguardo dal cielo su di me, lanciandomi un'occhiata indagatrice come se fosse sicuro che io sapessi la risposta.
    -Non lo so.- risposi francamente.
    -Dovresti.- mi contraddisse Ade.
    -Ho detto che non lo so.
    -Bene.- disse, mettendosi le mani in tasca. -Allora te lo spiego io.
Mi sedetti nuovamente al suo fianco, a guardarlo in attesa di una spiegazione che mi potesse soddisfare.
    -Sai, quei dodici bacucchi sull'Olimpo sono pur sempre miei parenti. Non ci si può dimenticare completamente dei partenti e dei familiari, è proprio impossibile.
    -Perché è impossibile?- gli chiesi.
    -Perché in una famiglia ognuno segna permanentemente la vita degli altri e viceversa.- spiegò. -Anche se praticamente nessuno lo sa, io e Poseidone facciamo delle conversazioni a suon di terremoti marini e, quando piove e l'acqua penetra nel sottosuolo, è come se Zeus mi stesse parlando. Mia moglie Persefone è sempre al mio fianco e sua madre Demetra, che per inciso è anche mia sorella, viene a farmi visita ogni equinozio per riprendere con sé la figlia. Certo, che questo mi faccia piacere è un discorso a parte, ogni volta mi costringe ad ingozzarmi di cereali...- Ade sospirò. -Poi c'è Ermes, che mi recapita posta in continuazione intasandomi la buca delle lettere, Ecate che viene a dar da mangiare ai segugi infernali di tanto in tanto, Melinoe² che qualche volta esce dal suo antro e viene nel mio palazzo... non sono stato dimenticato, non sono riusciti a farmi uscire dalle loro vite. Come io non sono riuscito a far uscire Maria, te e Bianca dalla mia.
Rimasi in silenzio, con lo sguardo basso e la testa china, a fissarmi le scarpe con più minuzia ed attenzione di quanta ve ne avrei dedicata abitualmente, riflettendo.


But in the end everyone ends up alone
Losing her, the only one who's ever known
Who I am, who I'm not and who I wanna to be
No way to know how long she will be next to me.


    -Luke si è dimenticato di Ermes, però.- gli feci notare.
Ade scosse la testa. -Non si è dimenticato di suo padre. Gli ha voltato le spalle, ma non lo ha dimenticato.
    -Beh, non vedo tutta questa gran differenza.- sbottai.
    -Invece c'è.- ribatté mio padre. -Anzi, forse è passato dalla parte di mio padre solo perché si ricorda ancora di Ermes.
    -Cosa?- esclamai, sgranando gli occhi in preda alla sorpresa. -Ma non ha senso! Perché?
    -Lo sai, no? Per ricordargli che lui esiste e così via.- rispose Ade, con un gesto noncurante della mano. -Anche se in realtà Ermes non si è mai dimenticato né di lui né di May Castellan.
Tornai alle mie scarpe, riflettendo mentre osservavo con aria critica, la stessa che aveva mio padre fino a qualche secondo prima, tutti i difetti delle calzature. I lacci erano sporchi, ingrigiti e odoravano di fragole, le fragole del campo del Signor D. La suola era rigida e ancora umida, prima di incontrare Percy ero finito con i piedi nel lago. La tela era logora, scolorita e sporca, di solito era Bianca che mi lavava le scarpe: da quando era diventata una delle Cacciatrici di Artemide non le avevo mai nemmeno strofinate con un po' di sapone.
Non era una cosa molto da mezzosangue, ancor meno da figlio di Ade, ma mi veniva quasi da piangere ripensando a mia sorella. Prima, seppur soli, sapevamo di poter contare l'uno sull'altra, quindi almeno noi ci facevamo compagnia. Dopo la sua morte, invece, io ero veramente solo.
    -Però, alla fine...- mormorai, attirando su di me l'attenzione di mio padre.
    -Mh?
    -... alla fine tutti rimangono soli.- conclusi, con tono piatto.
Ade inarcò un sopracciglio, con un'aria confusa. -Che intendi dire?
Alzai lo sguardo fino ad incrociare i suoi occhi. L'espressione dipinta sul mio volto era la più convinta che riuscivo a sfoderare.
    -Tutti rimangono soli, alla fine!- ripetei. -Luke è rimasto solo, senza l'appoggio di Ermes. Tutti quei ragazzi indeterminati della casa 11 sono rimasti soli, mentre i loro divini genitori non si curano minimamente di riconoscerli e se ne fregano completamente. Io sono rimasto solo.
Strinsi le mani a pugno con così tanta forza da arrivare quasi a farmi sanguinare i palmi. Il ricordo di Bianca stava accompagnando le lacrime all'uscita dai miei occhi, ma non dovevo piangere. Non potevo piangere, non di fronte ad Ade.
Scostai bruscamente la testa, chinandola nuovamente verso il basso. Strizzai gli occhi, impedendo alle lacrime di sgorgare fuori. Io dovevo essere forte anche per Bianca, specialmente perché lei non c'era più.
    -Lei... lei era l'unica su cui avessi mai potuto contare!- urlai, in preda al rimorso. -L'unica volta che ho provato a fidarmi di un'altra persona, come conseguenza mia sorella è morta! Avrei potuto fare qualcosa per aiutarla!
    -Che cosa?- domandò Ade, secco.
Scossi la testa, mentre una lacrima mi rigava la guancia sinistra. -Non lo so. Mi sarei inventato qualcosa, ma l'avrei salvata!
    -Perché?
    -Perché è mia sorella!- urlai, con il dolore che mi lacerava l'anima. -Tu non daresti la vita per tua sorella?
Ade non avrebbe nemmeno dovuto fare quella domanda, era terribilmente stupida. Insomma, la risposta era ovvia: ogni fratello avrebbe sacrificato se stesso per la propria sorella!
Mio padre lasciò cadere di peso il capo su una mano, con aria pensierosa ed un po' annoiata.
    -Voi mezzosangue avete tutti uno strano modo di pensare.- constatò Ade. -Comunque, per rispondere al tuo quesito, credo proprio che sia impossibile che io dia la mia vita per un mio fratello o per una mia sorella.
    -Che?- lo guardai con occhi sgranati. Non riuscivo a credere che fosse così cinico. Se non sarebbe stato disposto a dare la vita per un familiare, allora per chi?
Ade annuì. -Ragazzino, io sono immortale!- osservò Ade.
Ritiro tutto, ecco svelato l'arcano.
    -Ma, in ogni caso, ci sarebbe qualcuno per cui valga la pena morire, secondo te?- gli domandai, con tranquillità, ignaro che quella fosse la domanda più dolorosa che avrei mai potuto porgli.
Ade ci pensò su, ma il suo sguardo aveva perso un po' della luce infuocata che gli brillava negli occhi sino a poco prima.
    -Di sicuro io sarei stato disposto a morire per tua madre.- rispose alla fine, concludendo con un sospiro quasi impercettibile. -Ma dimmi, perché questa domanda?
    -Volevo sapere se ci fosse mai stato qualcuno di importante per te.
    -Ti ho già detto che volevo bene a te, a Maria e a Bianca.- ripeté Ade. -Se solo quello stupido fulmine non avesse portato via vostra madre...- mormorò, serrando la mano sinistra a pugno.
    -Tenevi tanto a lei, vero?- gli domandai, senza rifletterci più di tanto.
Per tutta la risposta, mio padre strinse le mani ancora più forte. Capii che quella domanda era destinata a non ricevere alcuna risposta da parte del Signore dei Morti.
    -Nico.- borbottò Ade.
    -Sì?
    -Hai detto che avresti sacrificato te stesso per salvare Bianca, giusto?
    -Sì.
    -Perché avresti fatto una cosa del genere?
    -Ho già risposto a questa domanda.
    -Sì, d'accordo.- borbottò Ade, cercando di farmi capire dove volesse arrivare. -Ma non dirmi solo “perché è mia sorella”! Cosa rappresentava lei per te, oltre che una sorella?
Onestamente dovetti rifletterci con attenzione. Possibile che considerassi Bianca solo come una sorella? No, decisamente no. Ma allora che cosa rappresentava Bianca e tutta la sua esistenza per me?
    -Bianca avrebbe potuto lasciarmi in disparte, anche se sono suo fratello, e frequentare ben altra gente con una buona posizione nella società eccetera eccetera. Però ha preferito starmi accanto, difendendomi da chiunque tentasse di farmi del male, anche se non ho mai saputo ripagarla in alcun modo.- riflettei, senza rendermi conto di star parlando ad alta voce. -Mi ha sempre aiutato quando ne avevo bisogno, anche quando era lampante che pure lei aveva una fifa blu. Lei ha preso il posto della mamma quando è morta. Lei...- esitai, abbassando nuovamente lo sguardo, mentre sentivo lo sguardo di mio padre ancora fisso su di me. -Lei era l'unica che sapesse chi ero e chi sarei diventato! Lo diceva che avevo la stoffa dell'eroe!- conclusi, con le lacrime che lottavano contro la mia forza di volontà per uscire dai miei occhi e rigarmi le guance.
    -Beh, aveva visto giusto, no?
Io annuii, senza rivolgere la benché minima occhiata all'uomo seduto alla mia destra.
Ade fece un piccolo movimento con il capo, come se stesse soppesando la mia affermazione e non sapesse come porre la sua critica in merito.
    -Diciamo che aveva ragione sulla parte dell'eroe, ma nemmeno lei avrebbe potuto intuire chi fosse vostro padre.- puntualizzò Ade.
    -Questo perché non ce n'è stato il tempo!- la giustificai. -Lo avrebbe scoperto stando con le Cacciatrici o rimanendo al Campo Mezzosangue anche solo per un altro po'!
Credevo fermamente in Bianca. Lei era perspicace, coraggiosa, intrepida, sagace e con un ottimo spirito d'osservazione: avrebbe di sicuro capito il nostro rapporto con l'Oltretomba se fosse rimasta in vita e non avesse gettato la sua vita per una stupida statuina.
    -Probabile.- constatò Ade.
    -Però...- esordii, prima di essere bloccato da un singhiozzo giunto nel momento meno opportuno che soppressi a fatica. -... non sapevo che sarebbe rimasta con me solo per così poco... non potevo averne alcuna idea...
Imprecai sui denti cariati di Cerbero, ma non mi sentii affatto meglio. In quel momento avrei voluto soltanto che Bianca fosse stata lì con me, a consolarmi e a dirmi che sarebbe andato tutto bene. D'altro canto, non avevo nemmeno preso in considerazione di poter ricevere una consolazione da mio padre: avevo fatto bene a non illudermi, perché si limitò a distogliere lo sguardo da me con l'aria di essere un po' a disagio ed a puntarlo verso il cielo ancora scuro.


The early morning, the city breaks
And I've been calling for years and years and years
And you never left me no messages
You never sent me no letters
You got some kind of nerve taking all I want.


Era passato un bel po' di tempo, ma non saprei dire esattamente quanto. Sapevo solo che il mattino stava per giungere anche a Quemado. La città si stava aprendo al sorgere del Sole, apparendomi sotto tutt'altra luce e tutt'altra prospettiva. Tuttavia, senza Bianca quel mondo non assumeva alcun significato per la mia esistenza. L'ho detto, no? Senza di lei io non sapevo chi fossi e che cosa rappresentassi per la Terra. Ma, se non altro, quell'oggi avevo scoperto di essere figlio di Ade.
    -Sono certo che Bianca l'avrebbe capito!- esclamai. -Avrebbe scoperto di sicuro che siamo figli tuoi anche continuando in quel modo.
    -Di che modo parli?- mi chiese Ade.
    -Senza che tu ci dessi un minimo segno della tua presenza.- risposi. -Insomma, continuando a vivere con un padre dal volto nell'ombra, per farla breve.
Avevo la certezza di starmi spingendo un po' troppo in là: dopotutto era pur sempre mio padre e, oltre a questo, era pure il Signore dei Morti. Non sarebbe stato un granché saggio mettersi a discutere con lui, altrimenti avrei rischiato di fare veramente una gran brutta fine. Tuttavia, era più che logico che reagissi così, dopo aver visto mio padre per la prima volta in dieci anni.
    -Ti ho detto che non è dipeso da me, se non erro.- replicò Ade, sbuffando. -Ma guai a chi contesta il mio caro fratellino, a dargli contro si rischia di venire fulminati, altroché...- borbottò con aria cupa.
    -Ehm... sì...- decisi di sorvolare sulla sua ultima frase, era meglio che non ci dessi troppo peso.
    -Nico.- mi chiamò.
    -Mh?
Che voi ci crediate o meno, in quel momento Ade, il potente Signore degli Inferi, si trovava in difficoltà nel formulare una frase. Il che lo faceva risultare ancora più spaventoso, dato che ad ogni tentativo che non andava in porto si arrabbiava e malediceva lo stipendio di Caronte.
    -Senti... io...- ritentò, farfugliando qualche parola difficilmente comprensibile.
Avrei voluto aiutarlo ad esprimersi, ma non avevo la più pallida idea di quello che stesse cercando di dire. Malgrado tutta la mia volontà, tutto quello che recepivo erano dei borbottii poco chiari e ben confusi.
    -Non vorrei che mi giudicassi troppo male, ecco.- sbottò Ade.
    -Per che cosa?- gli domandai, non capendo.
    -Per non esservi stato presente materialmente in tutti questi anni.- rispose, girandosi i pollici. Pareva sinceramente dispiaciuto di non aver potuto trascorrere con me e Bianca il periodo della nostra infanzia.
Io scossi la testa, cambiando argomento. -Però sono felice.
Ade si accigliò. -Perché?
    -Per aver scoperto che mio padre è il Signore degli Inferi!- esclamai. -Minosse³ diceva la verità! Ora potrò riportare indietro Bianca e...
    -Mi dispiace, ma questo non è possibile.- replicò Ade, secco.
Sbarrai gli occhi. La mia ultima speranza stava per essere annientata senza alcuna pietà.
    -In che senso?
Ade scosse il capo, desolato. -Mi dispiace, Nico, ma per Bianca non posso fare più nulla.
    -Com'è possibile?- mi alterai, non capendo. O, per meglio dire, non volendo capire. -Tu sei il Signore dei Morti! Devi poter fare qualcosa!
    -Se fosse possibile, Maria sarebbe nuovamente qui. Ed anche Bianca.- rispose, piatto.
    -No... no!- esclamai, furioso. -Non può finire così! Deve esserci qualcosa che puoi fare per riportarle in vita!
Ade scosse la testa. Non accettavo di vedere le mie speranze distruggersi così, in modo tanto crudele quanto inesorabile.
    -Non ci credo! Non può finire così! Io rivoglio Bianca e la mamma!- protestai. Non m'importava se stessi dando l'impressione di un bambino viziato a cui hanno appena negato qualcosa, sinceramente era l'ultimo dei miei pensieri. Mio padre mi stava dicendo che non c'era più alcuna speranza che Bianca e mia madre tornassero a vivere con me, ma che avrebbero dovuto starsene buone buone nel sottosuolo di Los Angeles per l'eternità.
    -Nico, ora calmati...- tentò di calmarmi mio padre. Se avesse voluto mi avrebbe tappato la bocca con un solo gesto della mano, ma forse sarebbe stato controproducente.
    -Calmarmi?- urlai, saltando in piedi. -Come faccio a calmarmi? Hai appena distrutto le mie ultime speranze di riavere mia madre e mia sorella! Invece no, dovranno stare lì sotto con te per tutto il tempo! Hai una bella faccia tosta a prenderti tutto quello che mi è caro, sai? Non è giusto!
    -Datti una calmata!- urlò Ade, perdendo quella maschera di pazienza che aveva avuto sino a poco prima.
Mi paralizzai sul posto, improvvisamente incapace di muovermi. Vedere Ade perdere la pazienza era un evento a dir poco spaventoso. Anzi, terrificante. Ripetere l'esperienza non sarebbe stato in cima alla lista delle mie priorità.


Lost and insecure, you found me, you found me
Lying on the floor, surrounded, surrounded
Why'd you have to wait? Where were you? Where were you?
Just a little late, you found me, you found me.


    -Non sai quello che stai dicendo!- tuonò Ade. -Perciò, stai zitto e non dire più simili assurdità in mia presenza!
Mi ripresi dallo shock dovuto alla sua reazione. Lo fissai, con un'espressione tra la truce e la dispiaciuta, restando in piedi. Non sapevo più cosa pensare, ormai.
    -Che cosa credi, che abbia fatto morire apposta tua madre e tua sorella perché stessero negli Inferi con me?- mi domandò, arrabbiato.
    -No, io...- farfugliai. Non credevo affatto che Ade fosse quel genere di persona, non avrebbe mai fatto morire la mamma e Bianca.
    -Non hai idea di quanto abbia sofferto per tua madre e per Bianca.
    -Papà... avresti potuto fare qualcosa per loro?
    -No, Nico. No.- rispose Ade. -Il fulmine contro il vostro hotel non è stato affatto casuale.
Sbarrai gli occhi. -Vuoi dire che... è stato Zeus?
Ade annuì. -Voleva uccidere te e Bianca, ma l'unica a pagarne le conseguenze è stata Maria.
    -Ma come mai noi...?- iniziai, ma Ade intuì cosa stavo per chiedergli e mi precedette.
    -Vedi, Nico, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Oracolo di Delphi emise una profezia.
    -Quella secondo cui il figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi avrebbe avuto nelle mani la sorte degli dèi ed il potere di decidere se questi dovessero continuare o meno ad esistere?
    -Esatto.- confermò mio padre, annuendo. -Così io, Zeus e Poseidone giurammo di non generare più figli al fine di non far scoppiare un'altra guerra mondiale e di evitare la distruzione dell'Olimpo.
Fino a lì conoscevo anch'io la storia, me l'avevano raccontata in molti al Campo Mezzosangue. Perciò, stando alla profezia, né Percy, né Talia che io e Bianca saremmo mai dovuti nascere. Ma, stando a sentire mio papà, c'era dell'altro.
    -Tuttavia, quando giurammo, tu e Bianca eravate già nati.- disse Ade. -Anzi, per dirla tutta, voi siete nati il giorno stesso in cui l'Oracolo si è pronunciato.
In quel momento ero certo che stesse dicendo la verità. Ma perché mi suonava come una realtà talmente reale da non sembrarlo nemmeno? Un piccolo particolare di quanto aveva detto mio padre iniziò a lampeggiarmi in testa, sovrastando qualunque altro pensiero.
    -Ehi, aspetta un attimo!- esclamai, arrestando il suo racconto. -Avrai pure cinquecento punti di attacco se il tuo nemico attacca per primo, ma mi stai dicendo che io sono nato appena dopo la Seconda Guerra Mondiale?
    -Sì, esatto.- rispose Ade, sbalordendomi ancora di più. -E che cosa avrei io?
Non iniziai nemmeno a spiegargli vita, morte e miracoli della Mitomagia, ero sotto shock! Quindi, facendo quattro calcoli, arrivai alla folle conclusione di avere più di settant'anni o giù di lì.
    -Cioè io avrei settant'anni e più?- domandai, a dir poco incredulo. -Com'è possibile?
Ade sospirò. -Immagino di doverti raccontare tutto... spero di non metterci troppo.- disse, schiarendosi la voce. -Allora, per farla breve, dopo che il fulmine di Zeus colpì il vostro hotel, tu e Bianca andaste a vivere al Casinò Lotus, il covo dei Lotofagi. All'interno dell'edificio il tempo scorre più lentamente rispetto al mondo esterno, quindi, anche se hai vissuto settant'anni convenzionali, tu ne dimostri dieci proprio per questo motivo.
Misi a fuoco piano piano ognuna di quelle informazioni. Alla fine, l'unica cosa che riuscii a dire fu un: -Oh...- parecchio stupito.
    -Già, nessun altro mezzosangue potrà raccontarti una cosa del genere, te lo assicuro.- disse Ade. -Ti conviene credermi.
Annuii convinto. -Sì, non fa una grinza. Anche se mi riesce un po' difficile credere di avere settant'anni...- aggiunsi, guardandomi le mani.
    -Beh, tu e Bianca siete un po' come Talia: è diventata un pino a dodici anni, ma i suoi tempi di crescita erano diversi da quelli degli altri mezzosangue. In pratica lei, che dovrebbe avere diciannove anni o giù di lì, ne ha in realtà solo quindici proprio per la sua crescita rallentata nella forma arborea.- proseguì Ade, mentre io lo ascoltavo rapito. -Perciò rimane la possibilità che tu sia il mezzosangue in grado di spodestare l'Olimpo citato nella profezia.
    -Oh!- fu l'unica cosa che riuscii a dire. Tutto sembrava così perfetto da sembrare quasi fantascienza. Ogni particolare andava al suo posto. Nessuna azione precedente era stata compiuta invano.
    -E perché Zeus non ha cercato di uccidermi, una volta uscito dal Casinò Lotus?
    -Perché lui ti crede già morto dal giorno in cui ha scagliato quella folgore.- rispose Ade. -Così crede di dover tenere sotto controllo solo il più stupido dei mezzosangue.
    -Percy?
    -Esatto.
È estremamente strano quando vieni a sapere di poter distruggere l'Olimpo, e lo è ancor più se hai dieci anni. Mi sentivo parecchio frastornato: ci credevo, ovvio, ma quello che non capivo era che cosa dovessi fare. Dalla mia decisione sarebbe dipesa la sorte dell'Olimpo e, conseguentemente, quella della Terra.
Non ero affatto dalla parte dei Titani, non dopo l'imboscata del dottor Thorn, ma nemmeno gli Olimpi mi stavano tanto simpatici allora come allora. Certo, mio padre era il Dio degli Inferi, ma era stato bandito a vita dall'Olimpo; inoltre, per colpa della paranoia di Zeus, mia madre era morta; se Percy non avesse fatto il codardo, Bianca sarebbe ancora viva.
    -Però io non so da che parte stare.- ammisi.
    -Non sta a me deciderlo al tuo posto, Nico.- disse Ade. -Ma, sempre che t'interessi saperlo, io combatterò al fianco dei miei fratelli.
    -Come puoi ancora stare dalla loro parte dopo che hanno fatto questo a Bianca e alla mamma?- sbottai, aspro. -Ti hanno pure segregato negli Inferi!
    -Onestamente, non m'interessa. Forse stai pensando che mi abbiano emarginato, dato che non c'è una casa per te al Campo Mezzosangue, ma pensandoci bene non ci sono nemmeno quelle di Eolo, Ecate, Nike, Dike, Tiche... molte divinità non hanno una casa.- mi spiegò Ade. -Nemmeno Melinoe, Iris, Hypnos, Morfeo...
    -Questo non cambia le cose.- replicai. -Non hai mai voluto vendicarti per la morte di mia madre?
Ade si gettò la testa tra le mani con quella che doveva essere frustrazione. Non l'avrei mai ritenuto possibile, ma nei suoi occhi c'era dolore puro. Doveva amare molto mia madre per soffrire in quel modo della sua perdita.
    -Mi sono già vendicato.- disse mio padre. -Ho maledetto l'Oracolo di Apollo, la cui profezia ha avuto come risultato solo la morte di tua madre.
    -Perché l'hai fatto?- gli domandai, non capendo.
    -Perché lo spirito dell'Oracolo di Delfi risiede nel corpo di una donna mortale.- disse, come se questo spiegasse tutto. -Siccome la donna che ospitava l'Oracolo è morta, questo mi dà una sorta di vantaggio sugli altri dèi. Capisci?

    -È tutta colpa dell'Oracolo, quindi?
Dovevo trovare qualcuno da incolpare per la morte di mia sorella. Non potevo lasciar correre e perdonare il mondo intero per la sua fine.
    -Il Fato si diverte a giocare con dèi e mezzosangue. Le Parche sono molto crudeli ed il futuro lo è ancor più.- disse Ade.
Gli occhi di mio padre s'illuminarono, come se del fuoco vivo vi danzasse dentro.
    -So cosa stai cercando di fare, Nico.- disse, cogliendomi in contropiede. -Anche se troverai Dedalo, il tuo piano non funzionerà.
Io aggrottai le sopracciglia, sentendomi ribollire dentro. -E perché no, scusa? Bianca tornerà in vita!
    -Io, Poseidone e Zeus dobbiamo giocare ad armi pari.- spiegò, scuotendo la testa con disappunto. -Solo un figlio per ciascuno di noi potrà concorrere per essere l'eroe della Profezia.
    -E solo per questa stupidaggine Bianca è dovuta morire?- tuonai, più in collera che mai. -Era già diventata una Cacciatrice, non avrebbe raggiunto comunque i sedici anni!
    -Immagino che le Parche non si siano soffermate tanto su questi dettagli.- suppose Ade. -Però ormai quel che è accaduto a Bianca non si può cambiare. Lascia perdere il piano di Minosse ed esci dal Labirinto.
Quella richiesta era estremamente folle. Era la mia ultima speranza. Io dovevo tentare di salvarla.
    -No.
    -No?- Ade inarcò un sopracciglio.
    -No.- ripetei. -Minosse mi ha assicurato che avrei potuto fare uno scambio.
Ade scosse la testa. -Mai fidarsi dei fantasmi. Sono esseri imprevedibili, suscettibili, infami e doppiogiochisti. Un po' come le profezie.
    -Ma Minosse mi ha promesso che Bianca avrebbe potuto tornare in vita. Il piano può funzionare.
    -Ho detto che non funzionerà.- ripeté Ade, secco. -Dedalo è scappato dalla morte da troppo tempo, e Minosse questa se l'è legata al dito. Ecco perché lui si aggira sotto forma di fantasma, non potendo entrare nelle Praterie degli Asfodeli: ha un conto in sospeso con Dedalo per la morte che, per mano sua e di Aelia, gli è toccata.
Iniziai a capire, ma scacciai da subito quel pensiero. Non volevo che finisse così. Bianca non poteva finire così.
    -Mai fidarti dei fantasmi.- continuò. -Presto incontrerai Melinoe, dea dei fantasmi, e capirai quanto la morte possa giocare brutti scherzi. Smetti di fidarti di Minosse ora, prima che il suo piano si compia.
    -Io...- iniziai, ma un groppo in gola m'impedì di continuare.
    -E non serbare rancore per il figlio di Poseidone, per quanto anche io possa detestare quell'individuo.- aggiunse. -Gioca dalla parte vincente della battaglia ed onora tuo padre, il dio degli Inferi.
A quelle parole, tutto attorno a me cominciò a roteare vorticosamente, risucchiandomi nel buio.


***

Lost and insecure, you found me, you found me
Lying on the floor, surrounded, surrounded
Why'd you have to wait? Where were you? Where were you?
Just a little late, you found me, you found me.


Mi svegliai di soprassalto, madido di sudore. Minosse era al mio fianco e strillava “Padrone!” come una calandra. Sarebbe stato comunque impossibile non svegliarsi con un frastuono del genere.
Mi stropicciai gli occhi, cercando di tornare alla realtà e capire dove mi trovassi. Avevo utilizzato il mio zaino come cuscino e vicino a me c'era un mucchietto di cenere, tutto ciò che restava delle figurine di Mitomagia. Ciò mi riportò alla mente anche il tentativo – fallito miseramente – di contattare Bianca evocandola dal mondo dei morti.
Minosse svolazzava sopra i resti del Cheeseburger di McHale e dell'Happy Meal, gurdandosi intorno con nervosismo.
    -Che vuoi?- gli domandai, dato che poco prima stava strillando come una femminuccia isterica.
    -Nulla, ero solo preoccupato per voi, Padrone.- rispose zelante lo spettro.
    -Perché?- chiesi, un po' seccato.
    -Vi muovevate nel sonno come se aveste avuto una tarantola sulla schiena e continuavate e bofonchiare frasi senza senso a ruota libera.- spiegò Minosse.
Mi passai una mano tra i capelli neri, asciugandomi del sudore dalla fronte. Alla fine era solo un sogno.
    -Che sognavate, Padrone?- domandò Minosse, curioso.
    -Non ricordo.- mentii spudoratamente. -E non sono affari in cui devi impicciarti, Minosse.
Mi ricordavo eccome di quel sogno, ma non mi fidavo di Minosse. Già la mia fiducia nei suoi confronti vacillava, dopo il sogno di mio padre ero ancora meno convinto di lui. Gli davo retta solo perché aveva promesso di aiutarmi a far tornare in vita mia sorella, non per altro.
    -Era un brutto sogno, comunque?- m'incalzò, deluso e risentito dalla mia precedente risposta.
Questa domanda non me l'aspettavo.
    -Non lo so... penso di sì, però...- bofonchiai, riflettendo.
Quella volta ero sincero. In sogno, mio padre mi aveva detto di smettere d'incolpare Percy per la morte di Bianca e di abbandonare la ricerca di Dedalo, gettando al vento tutte le sperane di riportarla in vita. Le sue argomentazioni erano forti, certo, e poi avevo bisogno di Minosse per portare a compimento il mio piano, il che non m'entusiasmava particolarmente.
D'altra parte, però, avevo bisogno di riportare i vita mia sorella, ed un sogno che mi dissuadeva dal mio intento poteva benissimo essere definito un incubo.
    -Ah.- fece Minosse, ancora più deluso di prima. -Beh, muoviamoci. Prima troviamo Dedalo, meglio è.- disse.
Un sorriso pericolosamente sadico gli illuminò il volto. -Un'anima per un'anima, no?
Un baratto. Uno scambio.
Annuii. Mi sistemai lo zaino su una spalla e battei le mani sui jeans per rimuovere la polvere del corridoio dal tessuto.
    -Da che parte?- gli chiesi.
Minosse si guardò attorno e puntò l'indice verso il cunicolo che si diramava a sinistra.
    -Di là, ne sono certo!- esclamò.
    -Bene.- dissi, imbracciando lo zaino anche sull'altra spalla.
Mossi qualche passo nella direzione indicatami da Minosse e mi trovai davanti una sorta di fattoria di mucche rosse. Un'insegna in legno probabilmente recitava il nome di quel luogo a dir poco bizzarro e puzzolente, ma non riuscii a decifrare la scritta per via della dislessia, una delle belle seccature dell'essere mezzosangue.
Due tizi stavano in piedi davanti al cancello dello steccato che dava nella fattoria. Era buffo vederli l'uno accanto all'altro, erano uno l'opposto dell'altro: il primo era alto più di due metri e mezzo, con il fisico del giocatore di football. I capelli bianchi erano spettinati e la barba bianca intrecciata, perciò somigliava a Padre Tempo o a qualcosa del genere. Indossava un paio di jeans, una maglietta con una scritta che non decifrai benissimo, ma era una sorta di NON DAR ROGNE AL TEXANOcosa che mi riportò alla mente il mio sogno – ed una giacca in denim con le maniche strappate, in modo da far vedere i muscoli. Sul bicipite destro erano tatuate due spade incrociate, l'emblema del duello, per intenderci. Stava accarezzando un simpatico cagnolone a due teste, probabilmente cercando di dissuaderlo dall'idea di azzannarmi le gambe.
L'altro tizio, invece, era ancora più strano: fortunatamente aveva solo una testa, ma questa era la sola cosa normale. Aveva tre corpi. No, sul serio, era tre persone complete! Il collo teneva collegata la testa al busto centrale come sarebbe normale, ma aveva altri due busti, uno a destra ed uno a sinistra, attaccati per le spalle. Indossava tre camicie, ognuna di colore diverso, cosa che lo faceva assomigliare ad un semaforo vivente. Era abbronzato dagli anni passati al sole, ma questo stonava con i capelli scuri impomatati con la brillantina e con i baffi tipo quelli dei Villani nei vecchi film. Sorrideva, ma più che amichevole sembrava divertito, cosa che mi parve ben poco rassicurante.
    -Benvenuto al Ranch Tripla G, signor Di Angelo!- mi salutò il tipo a tre corpi, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
    -Chi siete?- chiesi con diffidenza.
    -Io sono Gerione, mentre lui è Eurizione, figlio di Ares.- esclamò il tipo, presentando anche lo spilungone. -Invece il cane, qui, si chiama Ortro.
Ortro ringhiò, pronto a balzarmi addosso in qualunque momento.
    -Ah, posso chiamarti Nico?
    -No.
Gerione sembrò deluso, ma il sorriso non scomparve dalla sual faccia.
    -Che ci faccio qui?- domandai, rivolto più a Minosse che a Gerione. Con mia sorpresa, non era più accanto a me. Diceva che la luce solare gli fosse nociva, ma avevo l'impressione che utilizzasse questa scusa per darsela a gambe ogni qualvolta fiutava pericolo in vista. In più, era notte fonda, quindi altro che “luce solare”!
    -Vieni, Nico!- esclamò Gerione, lisciandosi i baffi compiaciuto. -Vorrei parlarti d'affari.
Esitai qualche istante. Potevo veramente fidarmi? Inutile tentare di negarlo, quell'incubo mi aveva insinuato una pulce nell'orecchio. Ma io dovevo riportare indietro Bianca.
Lanciai un'ultima occhiata al Labirinto dietro di me e seguii Gerione, gettando alle ortiche tutti i buoni propositi formulati in sogno.
Morfeo si era divertito un po' troppo con me.


***


Lost and insecure, you found me, you found me
Lying on the floor, surrounded, surrounded
Why'd you have to wait? Where were you? Where were you?
Just a little late, you found me, you found me.


Nel medesimo istante, solo qualche centinaio di metri più sotto, Ade si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore. Scostò le coperte ricamate in malomodo, mettendosi a sedere sul letto, ansimando.
Persefone, la dea della primavera nonché sua moglie, non era al suo fianco poiché era estate: durante quel periodo, Persefone andava a trovare sua madre Demetra e suo padre Zeus sull'Olimpo, lasciando il Signore dei Morti preda della sua solitudine. Ade si guardò attorno, senza dare a vedere il senso di smarrimento che quel sogno aveva lasciato dentro di lui.
Schioccò le dita e le candele del lampadario che pendeva sulla sua testa s'accesero. Sbuffò.
Quel sogno lo aveva letteralmente scombussolato: aveva cercato Nico in tutta segretezza, ed era certo che suo figlio non si trovasse a Quemado, Texas. Se fosse stato così lo avrebbe saputo.
    -Ma che accidenti significa?- protestò Ade, battendo il piede a terra con frustrazione.
Il suo “me stesso” del sogno aveva fatto molte promesse a Nico ed aveva mostrato la situazione sotto un'altra prospettiva, una che nemmeno Ade in persona aveva mai considerato.
Sapeva che non avrebbe potuto mantenere la parola data. Non avrebbe mai pensato di combattere al fianco egli altri dèi, coloro che lo avevano esiliato negli Inferi. Nessuno credeva in lui e a nessuno importava di lui.
Aveano problemi con Crono e Tifone? Affari loro, non era un suo problema. Lui se ne sarebbe stato buono buono negli Inferi con Persefone e Demetra, anche se questo avrebbe significato ingozzarsi di cereali ogni giorno.
Perciò cos'era quel sogno? Un incubo? Ade non ne aveva la minima idea.
TOC TOC! Qualcuno bussò alla porta in ossidiana della camera.
    -Mh?- grugnì Ade, chiedendosi chi mai gli rompesse del divine scatole a quell'ora di notte.
    -È permesso, mio signore?- chiese una voce di donna oltre la porta.
Ade la riconobbe all'istante. -Vieni avanti, Melinoe.- borbottò.
La dea dei fantasmi aprì la porta e mosse qualche passo verso Ade, senza curarsi più di tanto dello strascico del suo vestito dorato che segnava i suoi passi dietro di lei.
La metà destra del suo corpo era pallidissima, circa del colore del gesso, come se il sangue avesse smesso di circolare. La metà sinistra, invece, ricordava la mummia rinsecchita del Campo Mezzosangue. Le orbite erano vuote, ma Melinoe riusciva comunque a vedere tutto come se avesse avuto gli occhi. Teneva le labbra ben chiuse, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
    -State bene, mio signore?- chiese Melinoe. -Poco fa un terremoto ha scosso una città del Texas ed ha iniziato a tuonare.
    “Quemado, è chiaro.” rifletté Ade.
Melinoe rimase a fissarlo per qualche secondo.
    -Sì, Melinoe, sto bene.- tagliò corto Ade.
Conosceva da tempo Melinoe, ma non sapeva quanto potersi fidare di lei: i fantasmi sono esseri imprevedibili, suscettibili, infami e doppiogiochisti. Un po' come le profezie. E così era la loro dea.
Inoltre, tutte le divinità minori stavano passando dalla parte di Crono, ed Ade non riusciva a trovare un solo motivo per cui Melinoe non dovesse seguire l'esempio di Morfeo, Ecate e compagnia bella.
    -Siete sicuro, mio signore?- lo incalzò Melinoe, chiaramente incuriosita dal suo atteggiamento evasivo e scostante. -Non mi pare che...
    -Ho detto che sto bene!- ripeté Ade, secco.
Melinoe indietreggiò e fece un inchino. -Certo, mio signore.
Ade rifletté. In sogno diceva a Nico che presto avrebbe conosciuto Melinoe, ma se Melinoe fosse passata dalla parte di Crono, Nico si sarebbe trovato in guai seri.
E, per quanto bene riuscisse a nasconderlo, il Signore dei Morti teneva a suo figlio.
Perciò, Ade avrebbe dovuto tenere Melinoe il più possibile vicino a sé, sperando che questo non suscitasse gelosia alcuna in Persefone. Tuttavia, Ade avrebbe dovuto sapere che il destino non può essere manipolato.
    -Melinoe.- la chiamò.
La dea, che aveva già una mano sulla maniglia d'oro della porta, si voltò.
    -Sì, mio signore?
    -Ehm...- Ade non riusciva a formulare la frase. -Torna a riposare.
Avrebbe voluto dire “grazie”, ma non era nel suo stile. Non era nemmeno certo di aver mai ringraziato qualcuno in temila e passa anni di vita.
Tuttavia Melinoe conosceva bene Ade e sapeva che quello era il suo modo di dire grazie a qualcuno.
    -Di nulla, mio signore.- rispose la dea.
Facendo bene attenzione allo strascico del vestito, Melinoe uscì dalla stanza e si chiuse delicatamente la porta alle spalle.
Quando il suono dei passi della dea si perse nel corridoio, Ade si gettò di peso sul letto, restando a fissare le fiammesse che bruciavano sul candelabro.
Continuava a pensare a quel sogno e a tutte le vane promesse che il suo io aveva fatto a Nico e a se stesso. Che cosa poteva voler significare?
A furia di pensare e rimuginarci sopra, per poco non diede fuoco al libro che Persefone leggeva la sera prima di addormentarsi e che aveva lasciato sul proprio comodino. S'intitolava Le mie prigioni o qualcosa del genere.
Al che, Ade perse la pazienza ed imprecò contro i sogni, le profezie, gli oracoli, il futuro & affini. Scelse di non pensar più a quell'incubo, gettando alle ortiche tutte le promesse ed i buoni propositi formulati quella notte.
Morfeo si era divertito un po' troppo con lui.

Where were you?


N.d.A
:
1 - Maria Di Angelo è la madre di Nico e Bianca ed era l'amante di Ade. Nata a Venezia, andò a vivere a Washington D.C. a causa del lavoro di suo padre in politica. Fu proprio lì dove Ade e Maria s'incontrarono. Maria morì colpita da un fulmine scagliato da Zeus. Il personaggio compare per la prima volta nella storia Percy Jackson e la Spada di Ade, contenuta nel libro "The Demigod Files", quando Melinoe assume le sembianze di Maria agli occhi di Nico. Viene menzionata anche nel quinto libro.

2 - Melinoe è la dea dei fantasmi. Vive in una caverna negli Inferi e vi esce di tanto in tanto per confondere i mezzosangue che si avventurano nel regno di Ade mostrando loro i fantasmi di coloro con i quali non trovano pace. Passa dalla parte dei Titani e rallenta Percy, Nico e Talia nell'inseguimento di Ethan Nakamura alla ricerca della Spada di Ade, contente una delle Chiavi di Ade, mostrando a Nico e a Talia le loro madri, morte entrambe. Non riesce invece a confondere Percy, poiché lui non aveva fantasmi nel suo passato. Melinoe compare per la prima volta nella storia "Percy Jackson e la Spada di Ade", contenuta nel volume "The Demigod Files", un intermezzo tra il quarto ed il quinto libro.

3 - Minosse, figlio di Zeus ed Europa e re di Creta, compare nel quarto libro sotto forma di fantasma. Offre a Nico un baratto: l'anima di Dedalo, per il quale nutre rancore, per quella di Bianca. Cerca di servirsi di Nico per risorgere.


My little corner:
Salve a tutti, rieccomi qua!
Ultimamente scrivo song-fiction a raffica, ci sto prendendo gusto! ^^
Non potevo non scrivere qualcosa su Nico: è un personaggio troppo interessante, così ho provato a ricamare una vicenda con lui ed il caro Ade come protagonisti sulle note di "You Found Me". Originariamente, questa canzone è cantata dai The Fray, ma vi propongo quella di Matt Giraud (cliccate sulla scritta play in alto per il reindirizzamento alla pagina di YouTube), perché a parer mio calza meglio.
Non credevo di poterla utilizzare per una fanfiction, dato che l'ho scoperta solo quando la mia insegnante mi ha dato lo spartito per pianoforte, invece ci ho provato e questo è il risultato... spero che non sia proprio così male.
C'è parecchio spoiler, lo so, ma mi sono letta il quarto libro in un'ora e mezza e l'ispirazione ha risposto alla mia chiamata. Tanto per darvi un'idea, ho iniziato a scrivere alle quattro di notte... °-°"
Vi ringrazio tanto per essere giunti fin qui (meritereste una medaglia d'oro alla tenacia!) e mi piacerebbe ricevere qualche opinione su questa storiella.
Io ora la smetto di cianciare e tolgo le tende.
Grazie ancora!
Aly.

Credits:
Characters © Rick Riordan
Song © The Fray, "You Found Me"

Il materiale utilizzato appartiene ai leggittimi proprietari sopracitati: nulla mi appartiene se non la storia. Tutti i personaggi appartengono a Rick Riordan e questa storia è ispirata alla sua saga di libri, Percy Jackson. La canzone non è opera mia: s'intitola "You Found Me" ed è cantata dai The Fray. Non ho scritto questa fanfiction a scopi di lucro.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: CatchingLightning