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Autore: dirtytrenchcoat    23/08/2011    8 recensioni
Mi sforzai per leggere quelle lettere minute e in qualche modo raffinate:
Se stai leggendo questo messaggio, ti prego, rispondimi qua sotto. Basta un ‘sì’, un ‘okay’, ma ho bisogno di una risposta, ho bisogno di qualcuno. Ti prego, chiunque tu sia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4.

Quel sabato non ero andato a scuola. Mi sentivo malissimo, fisicamente e psicologicamente.
Io… non so perché l’avessi fatto. Non ne ho idea. So solo che mi ero svegliato che stavo uno schifo e volevo scomparire, senza tornare più. Così quella mattina ero corso ad aprire non so quale cassetto del comodino di mia madre e avevo ingurgitato non so quante delle sue pillole per non so cosa.
Il resto non lo ricordo bene, però mi sono svegliato a letto, con mia madre in lacrime seduta di fianco a me. Mi aveva chiesto minimo ottocento volte cosa avessi fatto e perché l’avessi fatto, mi aveva chiesto di parlarle, di dirle cosa non andava, poi mi aveva accarezzato la guancia, ma non c’era ombra di vero dispiacere in lei. Era come se si aspettasse quel gesto da tempo.
“Oh, Gerard!” aveva detto, “Mikey ed io ci siamo presi un bello spavento…” Ma il suo tono era così freddo che mi aveva gelato il sangue nelle vene.
Non proferii parola fino a quando non mi allungò una busta.
«C-cos’è?» chiesi con voce strozzata, mordendomi il labbro.
«Ma una lettera, tesoro, ovvio.»
«L’hai letta?»
«No, stai tranquillo» disse, irritata. «Devo andare al lavoro. Ti ho già preparato il pranzo, devi solo scaldarlo nel caso volessi mangiare. Ciao.» E si diresse velocemente verso la porta, chiudendola dietro di sé.
Io ero totalmente preso dall’ansia e dal panico. Tutto ciò, ovviamente, contribuiva al mio pessimo stato di salute.
Presi un profondo respiro e lessi il nome del mittente: un perfetto sconosciuto. Così, cercando di darmi una calmata, aprii la busta e ne estrassi un foglio bianco macchiato da una scrittura disordinata a spigolosa, in un certo modo simile a quella dell’incisione nel bagno.
Il mio cuore fece una capriola. Non era una lettera, era la lettera. Sperando di non trovarci qualche insulto scritto sopra, iniziai a leggere.
 
Ciao, Gerard.
Okay, devo ammettere che non so bene cosa scrivere. Sinceramente, questa storia mi ha inquietato e anche spaventato un po’, ma ora sono curioso e, da quel che ho capito, hai davvero bisogno di aiuto, e chi sono io per negartelo? Capisci cosa intendo, no? Okay, forse no, ma non sono bravo a spiegarmi.
Volevo, innanzitutto, dirti che accetto. Sì, voglio dire, questa cosa delle lettere. Puoi scrivermi tutto quello che vuoi, ti ascolterò e cercherò di aiutarti. Puoi fidarti di me. Anche perché non sono uno che parla con le persone, quindi non saprei proprio a chi cazzo raccontare le tue cose. Diciamo che non ho molti amici, ecco. Be’, non ne ho proprio. E non li voglio neanche. Ma questo è un mio problema, non voglio annoiarti con le mie cazzate da ragazzino-contro-il-mondo.
Allora, uhm. Mi chiamo Frank, ho diciassette anni, suono la chitarra e mi fa schifo tutto. Okay, sembra strano detto così, ma non saprei in che altro modo esprimere il concetto. Ah, dico ‘okay’ un po’ troppo. E impreco un sacco, spero non sia un problema.
Odio la scuola e tutto ciò che è collegato ad essa. Professori, aule, corridoi, studenti chiassosi, bidelli, teste di cazzo, studio, compiti eccetera. Tutto, insomma.
Odio la mia famiglia. I miei hanno divorziato molti anni fa, mio padre non si fa sentire mai e mia madre è una rincoglionita cronica. Il peggio comunque è mia zia, non sto nemmeno a dirti com’è.
Odio uscire. Odio stare a casa. Odio il cibo cinese nonostante io mi ostini a mangiarlo. Odio le persone, quasi tutte. Spero di non arrivare ad odiare te, comunque. Anche se penso sarà un po’ impossibile dato che non ci vedremo di persona, suppongo.
Be’, insomma, tutto questo non è importante. Quindi, parlami di te, del perché hai deciso di fare questa, uhm, cosa. Vorrei davvero esserti utile.
Dovrei farti delle domande io? Scusa, non so come funzionino queste cose.
Quindi, ehm, cosa ti piace fare? E cos’hai fatto oggi di interessante? Ti piace la tua vita? No, suppongo di no, altrimenti non saremmo qui… ma perché non ti piace?
Okay, sto straparlando.
Sentiti libero di dirmi ciò che ti pare.
Solo una cosa vorrei chiederti: niente date. Niente date nelle lettere, per favore.
E scusa per questa schifo di lettera, okay? È inutile, insensata e boh, non avevo proprio idea di cosa fare!
Frank Iero.
 
«Wow.»
Un piccolo sorriso mi si dipinse sulle labbra.
Finalmente. Finalmente avevo qualcuno con cui parlare. E, be’, quel qualcuno non sembrava neanche così pessimo. Anzi, mi pareva avesse un bel po’ di problemi anche lui. Avremmo potuto aiutarci a vicenda.
Continuando a sorridere, posai la lettera sul comodini e mi rimisi a dormire perché le forze mi stavano abbandonando.
 
Quando mi svegliai, era pomeriggio inoltrato.
Faticai ad alzarmi, mi sentivo davvero debole, ma avevo bisogno di mangiare qualcosa.
Scesi in cucina. La casa era deserta. Mikey probabilmente si era fermato a casa di qualche suo amico o era stato coinvolto in una rissa. Cose da Mikey, insomma.
Con uno sforzo quasi immane, afferrai il piatto di pasta che mi aveva preparato mia madre e lo infilai nel microonde.
Attesi due minuti e lo tirai fuori. Fumava. Solo l’odore mi fece rivoltare lo stomaco, ma sapevo che avevo seriamente bisogno di mangiare qualcosa. Così mi feci forza e riuscii a non vomitare.
Improvvisamente, la porta si aprì di scatto, e quasi mi strozzai con gli spaghetti per lo spavento.
«Sei un emerito coglione!» Mikey apparve in cucina, il viso corrugato da un’espressione d’ira, gesticolando come un pazzo.
Lo guardai con gli occhi sbarrati. «Mikey…»
«Mikey un cazzo! Cristo, ma ti rendi conto di quello che fai? Sei un idiota, Gerard, un completo imbecille! Sei una testa di cazzo, santo Dio!» urlando, mi si avvicinò e mi posò le mani sulle spalle, prima di scuotermi con violenza. «Fallo un’altra volta, Gerard, e ti uccido io, altro che pasticche!»
«Io… io volevo solo sparire» sussurrai, continuando a guardarlo negli occhi.
«Sei una merda, Gerard» disse, il tono di voce appena incrinato, «una merda…» I suoi occhi si inumidirono e mi abbracciò con una forza che non avrei mai creduto possedesse.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e piansi, stringendogli convulsamente la t-shirt con le mani. «Scusami, Mikes, scusami…» continuavo a ripetere tra i singhiozzi.
«Vaffanculo, Gee.» E mi abbracciò più forte.
 
Rilessi la lettera di Frank più e più volte prima di decidermi a rispondere. Non volevo sembrare subito disperato – anche se ormai era fatta. Intanto, un sacco di domande mi vorticavano in testa. Perché niente date? Perché odiava tutto? E, soprattutto, perché mi stava aiutando?
Quando finalmente riuscii a trovare la forza, dovetti riscrivere la lettera dieci volte perché, per l’emozione, sbagliavo sempre qualcosa o macchiavo il foglio o esprimevo concetti troppo confusi.
Dopo ben due ore, però, la lettera era pronta.
Non ero ancora in grado di uscire per imbucarla, così tornai a sdraiarmi, leggendo qualche fumetto.
 
Mia mamma rincasò all’ora di cena come al solito.
Salì in camera mia, si accomodò sul mio letto, mi chiese come stessi e ripeté le domande di quella mattina, irritandosi sempre di più per il mio silenzio. Non la guardavo nemmeno negli occhi.
Dopo mezz’ora di inutili tentativi, si alzò e aprì la porta, fermandosi per sospirare.
«Mamma?» la chiamai flebilmente.
Lei si girò, speranzosa. «Sì, tesoro?»
«La imbucheresti, per favore?» Le allungai la busta diretta a Frank. «Però, per favore… non leggerla. Prometti?»
Lei strinse gli occhi e afferrò la lettera. «Prometto.» Mi rivolse uno sguardo gelido e uscì senza aggiungere altro.
 
Non ero andato a cenare, non me la sentivo. Però, verso le dieci e mezza, il mio stomaco aveva iniziato a brontolare.
Scesi le scale cercando di fare meno rumore possibile, sapevo che mio fratello era andato a letto presto perché il giorno dopo, di prima mattina, sarebbe andato con i suoi amici a pescare.
La luce del soggiorno era accesa. Mi avvicinai lentamente: mia madre era seduta sul divano, intenta a leggere qualcosa che nascose subito dietro alla schiena quando si accorse di me. Mi sorrise, amabile.
«Gerard, caro, hai fame?»
La guardai, avvicinandomi. Tesi una mano. «Dammi.»
«Darti cosa?» Il suo sorriso si allargò ancora di più, diventando intollerabile.
La spostai con violenza e afferrai il foglio che aveva nascosto dietro di sé. Come avevo pensato, era la mia lettera.
«Avevi promesso» sputai, velenoso.
«Ma Gerard, io dovevo sapere, sono tua madre!» esclamò lei, sconvolta. «Tu non mi dici mai nulla, caro. Dovevo sapere… Dovevo, capisci?» Mi accarezzò un braccio, ma io mi scostai non appena avvertii il suo tocco.
Presi la busta dal divano e ci infilai dentro la lettera, poi corsi ad infilarmi velocemente il cappotto e uscii.
Ero arrabbiato come poche volte nella mia vita. Avevo voglia di spaccare qualcosa, picchiare qualcuno, avevo voglia di urlare. Avevo voglia di una persona che mi ascoltasse, che mi capisse.
Il francobollo era già applicato sulla busta, così la imbucai, cercando di trattenere le lacrime.
Avevo sonno e, nonostante la rabbia, volevo tornarmene a casa e rimettermi a letto. Così, dopo aver fatto un giretto per il quartiere, mi avviai verso la via dove abitavo.
Entrai dalla porta sul retro, evidentemente mia mamma era ancora in piedi e quindi non l’aveva chiusa.
Mi diressi a passo spedito verso le scale, ignorando i suoi richiami. Entrai in camera, chiusi la porta a chiave e mi buttai sul letto, aspettando solamente che mia madre smettesse di urlare.
Per la prima volta, nemmeno in camera mia mi sentivo al sicuro.

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Eccomi! D: Allora, nell'ansia di aggiornare presto perché fra poco parto, nemmeno questo capitolo è venuto come avevo previsto. Ho fatto una faticaccia a scriverlo perché sto letteralmente morendo di caldo.
Però, insomma, spero piaccia almeno un po'. ç_ç Vi lascio a ponderare su questi interrogativi:
- Perché Frank non vuole le date nelle lettere?
- Cosa farà Gerard per sentirsi al sicuro?
- Ce la farò a scrivere un capitolo che mi soddisfi, prima o poi?
Ah, so che in realtà Frank adora i suoi genitori, soprattutto suo padre, ma mi sono presa un po' di libertà.
Chiedo scusa per eventuali errori, ma l'ho riletta solo una volta dato che sto crollando dal sonno.
Tanto amore,
Vale.

PS: niente email di benvenuto da Pottermore ancora. *va a soffocarsi con il cuscino*
   
 
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