OATH
Giorno
ordinario
2 Luglio 2009
Osservava da un angolo del cortile ciò che stava accadendo, e che aveva visto e provato già troppe volte.
Tre ragazzi idioti, tra cui suo cugino, si dilettavano a dare il tormento a un novellino, un ragazzetto dall’ossuto viso pallido e gli occhi di un azzurro spento. Guardava la scena che si ripeteva sempre uguale: un tipo alto il cui nome non ricordava mai teneva fermo il bambino, mentre Wrong si divertiva a umiliarlo abbassandogli i pantaloni di fronte a tutti, e il terzo che distruggeva i suoi quaderni pagina per pagina.
Ricordava quando era toccato a lei, essere il bersaglio degli scherzi di quel trio di mostri. Rammentava bene gli occhi blu di suo cugino –i suoi stessi occhi- guardarla, divertito della vergogna che in quei momenti l’animava. Eppure non capiva: tempo addietro si volevano bene, stavano sempre insieme, quasi come fratelli. Ma ora era tutto diverso, lui la offendeva continuamente, e lei non poteva far altro che piangere impotente dalla rabbia.
Ora, aveva capito che per evitare di essere di nuovo molestata doveva stare lontano e, anche se il suo istinto le diceva di aiutare il ragazzino, rimase nel proprio angolo a rimuginare.
Il grande orologio sul muro della Wammy’s segnò le cinque di pomeriggio, ossia la fine della pausa, così che tutti e ventitre si allontanarono per andare a lezione col proprio insegnante privato.
Oath attese un po’ prima di seguire il gruppo, poi si raddrizzò e si diresse verso la sala dedicata alle sue lezioni.
Prima di varcare la soglia, si tolse le scarpe: la sua insegnante le imponeva sempre quell’obbligo, prima di entrare.
Poggiò i piedi sulla moquette azzurrina, che le diede il solito senso di solletico che provava ogni volta, mentre faceva qualche passo per poi sedersi a terra, di fronte al tavolino basso al quale sedeva una donna.
-Bentornata, Oath. Pronta a continuare la lezione a proposito dei naturalisti greci?Ti vorrei spiegare Parmenuide. – la professoressa rivolse un occhiolino alla ragazza, mettendo bene in mostra le sue lunghe ciglia piene di mascara.
Oath la guardò, sospirando: odiava le persone che si atteggiavano a amiche dei giovani, e quella che le stava davanti apparteneva a quella categoria.
-Vuoi un po’ di tè, cara? Però attenta a non bagnare il tavolino.- La donna, mentre pronunziava quelle parole, inorridì al pensiero della bevanda versata sulla superficie di legno lucidato ad arte e, alzandosi, prese una tovaglietta, che spiegò sul tavolo, e vi aggiunse un sottobicchiere per scongiurare ulteriormente il rischio. Infine, vi poggiò una tazza di te, che risplendeva dalla pulizia.
-Grazie, signora.-
-Oh, Oath, sono quattro anni che stiamo insieme, e ancora insisti a non chiamarmi Spigot?- Disse la professoressa, ridendo in modo controllato.
La ragazza, ignorando le parole della donna, avvicinò le mani alla ciotola per prenderla, quando quella squittì scandalizzata. –Oath, hai lavato le mani prima di venire?-
Oath fece segno di diniego con la testa e Spigot la guardò con rimprovero, spalmandole le mani del disinfettante che teneva costantemente a portata di mano.
La ragazzina si avvicinò per l’ennesima volta alla tazza, ma la sua insegnante le spinse via la testa con un dito, e inserì nel tè una cannuccia. –Per non sporcare troppo la tazza, sai.- aggiunse.
Oath
sospirò di nuovo,
rinunciando a bere il tè, e iniziò ad
ascoltare Spigot che le spiegava la Fenomenologia dello spirito.
-Ad
Elea, il più noto degli eleatici fu Parmenide, 500 a.C. che
sostiene che tutto
ciò che esiste è sempre esistito.
Intendeva dire che niente può essere creato dal niente e, di
conseguenza, che qualsiasi cosa esistente non
può scomparire
nel nulla. Inoltre,la sua idea… - La ragazzina
perse il filo del discorso,
mentre, invece, si abbandonava ai suoi pensieri. Niente può
scomparire nel
nulla? Allora, forse, i suoi genitori potevano essere…
***
Spigot la fissò di sfuggita, massaggiandosi il collo e agitando i suoi capelli biondo sporco perennemente legati in una coda di cavallo. Erano state due ore spossanti, però gli occhi luccicanti di Oath indicavano che la lezione le era piaciuta.
Dopo aver fatto esaminare alla professoressa i propri appunti, Oath si congedò con la scusa di doversi preparare per la cena. Si rinfilò le scarpe, e si unì al resto dei ragazzini che si dirigevano come lei verso le proprie camere. La tredicenne dai capelli rossi salì di corsa per le scale che conducevano al secondo piano e infilò la chiave della sua stanza nella serratura. La porta si aprì, rivelando una stanza dalle pareti verde pastello e il parquet di legno chiaro. Posò il quaderno sulla scrivania, e si stese sul letto, mentre accendeva la televisione.
Sentì le solite idiozie di cronaca rosa del telegiornale circa vari pettegolezzi sulle star del momento, in attesa delle notizie serie che la incuriosivano. Voleva sapere che si diceva a proposito del caso Kira. Era da tanto che quella storia andava avanti, e sperava di vederne presto la fine. Confidava molto nelle capacità di Near, suo ex compagno della Wammy’s che aveva deciso di indagare sul caso, in quanto legittimo successore di L … non come quello che, l’aveva capito anche lei, era semplicemente un burattino guidato dai giapponesi per evitare il caos nel mondo.
Si stropicciò gli occhi, nel tentativo di schiarire la sua visuale, che ultimamente si offuscava spesso. Sapeva di doverlo dire a qualcuno, ma era troppo pigra e orgogliosa per farlo: attendeva con pazienza che qualcuno se ne accorgesse per conto proprio, piuttosto che doversi muovere e abbassarsi a chiedere aiuto a qualcuno. Si girò su se stessa e affondò il viso nel cuscino candido e profumato di vaniglia -come tutto il bucato della Wammy’s-, e si godette la fantastica sensazione che provava ogni qualvolta che lo faceva. Poi si girò, per seguire il resto del telegiornale.
«Del
caso Kira non si hanno nuove informazioni, le ultime notizie
risalgono allo scorso marzo, in cui, si è detto,
è stata fondata in negli Stati
Uniti una squadra speciale per la cattura del pericoloso criminale. Nel
frattempo, nel mondo i seguaci di quello che è stato
ridefinito “il Dio della
giustizia” continuano ad aumentare, con il benestare di molti
stati.» Mostrando
un grafico rappresentativo, l’annunciatore della televisione
riportava i dati
con un sorriso smagliante sulle labbra, quasi stesse parlando del nuovo
cult
dell’estate.
Oath
voltò lievemente la testa, posando le dita sulla carta da
parati scolorite e graffiate -segni di tutte le volte che la ragazza vi
si era
accanita sopra-, facendole scivolare sul muro con leggerezza, fino a
che le
unghie, sin troppo lunghe, si arrestassero su una piccola fessura fra
una
copertura e l’altra. Con
l’altra mano
tastò tutto il lato del letto alla ricerca del telecomando
per spegnere il
piccolo schermo rumoroso che ora mandava in onda un servizio su paio di
delinquenti
che avevano tentato di rapinare una banca.
Ecco i
prossimi idioti a morire per mano di quel pazzo di Kira. Pensò la
tredicenne.
Una
volta trovato si
apprestò a premere il pulsante rosso, quando
l’improvvisa sospensione della
cronaca la fermò.
«Una
curiosa comunicazione ci è giunta in redazione pochi secondi
fa: la quantità di persone morte per incidenti in casa e per
strada tra la fine
di aprile e oggi è arrivata a quota seicentosessanta, tutte
concentrate per la
maggior parte tra l’Europa e l’America. Nessuna
delle vittime erano sotto
effetti di droghe o alcol al momento della morte, né
soffrivano di particolari
disturbi che avrebbero potuto causare le disgrazie. La causa? Forse la
sicurezza delle nostre città caduta così in basso
ultimamente? Vi terremo
aggiornati nei prossimi giorni! Continuate a seguirci per sapere
altro!»
Oath
sgranò gli occhi di fronte a quella cifra inconcepibile per
degli incidenti accaduti in casa o in strada in soli due mesi. Era
semplicemente assurdo!
La
campana delle otto e mezza segnò l’inizio della
cena, così la
ragazza si alzò, con un forte senso d’inquietudine
addosso, lo stesso che di
solito l’avvertiva di tenere gli occhi ben’aperti,
ma scosse la testa e uscì
dalla stanza.