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Autore: Lady Alexandra    24/08/2011    8 recensioni
Ghiaccio. Oscurità. Vuoti crepati all'interno, dove rigagnoli di sangue caldo scorrono così lentamente da riempire solo un decimo delle mie arterie.
Quanto mi resta prima che perda il controllo?
Ho visto coloro che chiami tuoi figli massacrare gli uomini. Succhiare la loro linfa e bere persino il loro midollo. Saziarsi ed avere fame di nuovo. Ricominciare nonostante avessero appena finito.
Mi rifiuto di imitarli, anche se aspetti da oltre un secolo che sia proprio io a rendere giustizia al tuo esecrabile dono d'amore.
Posso intuirlo dal tuo respiro affrettato, quando vieni da me e immergi la bocca nel mio collo. O quando infili le dita gelide fra i capelli, baciandomi le ciocche con la devozione di una pudica vestale. O quando te ne vai stizzita, in una nuvola di vapori, lanciandomi anatemi che somigliano a coltellate imbevute di petrolio e fuoco.
Per questo torno quassù ogni volta che la fame, la sete e l'impazienza grugniscono ferocemente dal mio stomaco.
L'Alaska é la prigione di tutti gli istinti. Grazie alle sue lande desolate ed alle sue fiere passive, sono in grado di equilibrare quel poco di razionalità che mi é rimasta dal giorno in cui ho smesso di essere Edward Anthony Masen....
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Into the Hell

bella edward kiss

Nessuno dei due avrebbe dimenticato quel giorno di festa a Volterra.
Jane e Demitri ci avevano sorpreso nello spiazzo, ordinandoci di seguirli nella Stanza Reale. Avevo cercato di rimandare Bella fuori, ma ai Volturi non era sfuggita la piccola umana fragrante che conviveva con i vampiri, infrangendo le regole.
Soltanto l'intervento di Alice era riuscito a salvarci entrambi dalla punizione mortale. Mia sorella aveva mostrato ad Aro la visione di Bella trasformata in immortale ed ora lui attendeva assiso sul suo trono nero che il processo si completasse, dando l'opportunità al clan di arricchirsi con una nuova fonte di potere.
Volevano Bella. Volevano me. Una coppia di vampiri succhiasangue al prezzo di uno.
Illusi.
Avrei tentato l'impossibile per salvare l'anima di Bella dalla dannazione, a costo d'inimicarmi i Volturi e creare disagio in famiglia.
Ormai avevo deciso.
Mai più lontano da lei. A meno che non me l'avesse chiesto, guardandomi negli occhi, fino a convincermi che noi insieme eravamo sbagliati e che il dolore fisico superava di gran lunga quel barlume di felicità che spesso c'illudevamo di raggiungere senza però riuscire a trattenerlo.
Eppure, l'amavo talmente che se fosse accaduto l'irreparabile, avrei continuato a pedinarla a scuola, con gli sguardi, leggendo nella mente dei suoi amici, cercando di attirare l'attenzione in ogni maniera, giocando con la mia bellezza ultraterrena e la sua debolezza mortale.
Ne ero capace.
Ogni notte, mi sarei seduto sul ramo più vicino alla sua stanza, ad aspettare che rientrasse. E sarei rimasto lì, a guardarla, a mordermi le unghie mentre si spogliava distrattamente e si buttava stanca sulle coperte, dopo una giornata trascorsa a studiare con le amiche.
Fintanto non si fosse innamorata di un altro, l'avrei seguita, mi sarei consumato per lei.
Cercai di scacciare quel pensiero dalla mia testa e mi rilassai contro la spalliera del letto.
Un altro.
Un altro, nella sua vita. Un intruso che la mia parte bestiale avrebbe tentato di schiacciare e che la mia parte nobile invece, avrebbe cercato di salvaguardare.
Fissai la schiena di Bella, il busto leggermente curvato sulla scrivania e mi concentrai sulla massa dei capelli castani che aveva raccolto e annodato sulla nuca, infilandoci dentro una matita.
Diteggiava velocemente, ma solo di rado gettava un'occhiata al libro di testo che teneva aperto accanto a sé.
Probabile che chattasse con Reneé o le scrivesse una mail riguardo agli ultimi preparativi sul nostro matrimonio.
Procedevano a meraviglia, grazie alla supervisione di Alice. Mia sorella si stava occupando del rinfresco, degli addobbi, della cerimonia, degli inviti e coglieva i dettagli meglio di quanto avesse potuto fare un esperto del settore.
Sorrisi automaticamente.
Fra due giorni, Bella Swan sarebbe stata mia moglie. E non ci sarebbero stati i mutaforma a impedirmi di portarla all'altare.
Perché farmi delle paranoie inutili?
Lei aveva preso una decisione. Quella di vivere accanto a me e diventare una vampira a tempo debito.
Intanto, stavo componendo una nuova melodia.
Un notturno delicato, con inflessioni irruente, che raccontava del nostro primo incontro a scuola, di quell'amore pericoloso, che ci aveva condotti spesso e volentieri sul ciglio dell'abisso.
Mancavano giusto gli ultimi accordi e gliel'avrei regalata in tempo per le nozze, una volta atterrati col jet privato sull'Isola Esme.
Uno squarcio di Paradiso, immerso nell'acqua vitrea e il fogliame lussureggiante. Una mèta che Bella ignorava, reperibile solo sulla mappa satellitare.
Magari l'avrei suonata al chiar’ di luna, prima di farci l'amore.
O dopo.
Se fosse sopravvissuta.
Strinsi i denti e istintivamente li sfregai nell'immaginarla nuda tra le mie braccia, con i canini che le si piantavano nel collo contro la mia volontà.
Non era desiderio.
Era paura di strafare, di non sapere incanalare gli eccessi, di lasciarmi guidare dal mio istinto.
Non ero certo che la bestia sarebbe rimasta a bada.
Non quando sarei entrato dentro di lei, rompendo la sua verginità.
Dovevo studiare un modo per evitare che l'odore del suo sangue mi disinibisse del tutto e che il mostro facesse irruzione nel mio mondo apparentemente controllato.
Lui mi avrebbe chiesto di ucciderla, come al solito.
Era la prima delle urgenze che reclamava quando la fame mi faceva diventare neri gli occhi e lei mi sbottonava la camicia, seduta sul mio bacino, dicendomi maliziosamente che avremmo dovuto fare le prove generali.
Dio! Quanto la desideravo...
Volevo allungare le mani su di lei ogni volta che si avvicinava troppo e le fantasie delle ragazzine della scuola tornavano a ronzarmi nel cervello. Anche se non conoscevo i pensieri di Bella, ero convinto che non fossero poi così diversi da quelli delle sue coetanee. E anch'io mi scoprivo molto più umano nelle sere in cui, accoccolati sul letto, il suo profumo di shampoo e sangue caldo occupava gradatamente gli spazi e s'infiltrava nelle mie narici.
Per quanto ci conoscessimo, Bella s'imbarazzava se restavo a contemplarla in silenzio.

- Perché mi guardi cosi?
- Perché non dovrei guardarti? - e con l'indice le percorrevo la curva della guancia.
- Perché mi fai sentire....come se non fossi di questo mondo...- rispondeva dolcemente, arrossendo. - Invece sono solamente...
- Bellissima, ecco cosa sei....- la interrompevo io, scivolando con la bocca dietro al suo collo e annusandola, mentre lei rideva appena, quasi non mi credesse.

Ma per me, lo era.
Bella. Bellissima. Unica. E terribilmente profumata di sangue e sensazioni.
Così, la leccavo appena, sulla vena che batteva alla base della giugulare e che il fiato incalzante rizzava contro le mie labbra.
Allora lei smetteva di respirare. E quando smetteva di respirare, la mia voglia di lei si tramutava in veleno. E il veleno in eccitazione. E l'eccitazione in calore.
E l'eccitazione in fame. E la fame...in sete.
Tutto di me, cambiava. A partire dalle arterie, dal fondo della pietra che mi componeva.
Era come avere un focolare dentro.
Mi alzai dal letto, attento a non sollevare l'aria e a non fare rumore.
Sapevo che mi avrebbe sentito comunque, che il mio odore da vampiro era percepibile alle sue narici tanto quanto lo era il suo alle mie.
In questo ci assomigliavamo io e lei.
Potevamo avvertirci a distanza, anche se l'atmosfera restava rarefatta e le quattro mura di una stanza ci si chiudevano attorno.
Mi avvicinai, a passi radi e felpati.
Non ero ben conscio di ciò che spingesse il mio corpo a muoversi a due centimetri da terra né della strana tensione che di colpo aveva intirizzito i miei muscoli.
Volevo intrufolarmi nel suo piccolo cosmo sovraccarico di energie, scoprire anche i recessi più insignificanti che rendevano i suoi segreti inviolabili alla lettura del pensiero.
Le fui alle spalle, giganteggiando sopra la figura minuta.
Osservai metodicamente le sue dita pallide diteggiare sulla tastiera e lanciai istintivamente uno sguardo al monitor.

- Jake...so che vuoi essere lasciato in pace ma...non ce la faccio. Dove sei, Jake? Sei sparito senza dire una parola. Sento la tua mancanza. Ho bisogno di parlarti. Jake, dimmi che la tua ferità si rimarginerà...che la nostra amicizia non finirà così...

Punti. Virgole. Sospensioni. E quel nome che avrei voluto non leggere, in mezzo a righe tanto appasionate.
Jacob Black...
Non ero sicuro di odiarlo. Tuttavia, la voglia di spappolargli la mascella rientrava nella categoria dei sentimenti riprovevoli. Potevo farmela scivolare addosso quella sensazione ostile e mutarla in gratitudine. Lui aveva salvato Bella dalle acque di La Push. L'aveva aiutata a superare lo sconforto. L'aveva tenuta accesa e in vita, meglio di quanto avessi fatto io, in quell'esilio forzato.
Era normale che lei ci tenesse. Era normale che lui ...l'amasse.
Mentivo.
Semplicemente....mentivo.
Niente era normale, con Jacob che avanzava arbitrariamente tra i miei spazi ed occupava la metà dei pensieri di Bella.
Un grugnito di gelosia mi salì dallo stomaco.
Bella sussultò, voltandosi di scatto.
Una vibrazione leggera nelle sue mani mi fece intuire che sarebbe voluta uscire dalla sua casella postale con un click.
Inutile solo provarci.
I suoi clik, con me, funzionavano come punture di chiodi nel polso vivo.
E lei...lo sapeva.
Non sarebbe stata abbastanza veloce per i miei occhi che saettavano ovunque nel raggio di un secondo, sdoganando anche le trappole nascoste sotto a quel tappeto di emozioni umane che lei usava come cervello.
- Edward...- La sua voce s'interruppe.
Per un attimo, mi fece piacere sentire il brivido percorrerle la spina dorsale, la paura triplicarle i battiti.
Doveva capire che non sarei rimasto a guardare, isolato dal mio bozzolo di marmo, come la statua che ero stato e che lei aveva riportato a nuova vita nonostante le prime ritrosie.
Basta aspettare.
Volevo una riposta.
Volevo che mi dicesse fino a che punto era disposta a sacrificare le sue ossa fragili, il suo amore fragile, i suoi occhioni grandi e scuri, il suo rossore umano...in mio nome.
Serrai la mascella.
Stornai di nuovo lo sguardo sull'ultima frase rimasta incompiuta, quella in cui lo pregava di ritornare, di farsi vedere prima della cerimonia nuziale.
Tornai a guardarla.
- Ancora Jacob...
- Per...per favore, Edward...cerca di capire...
- Cosa devo capire? - Alzai la voce, piccato. - Fra due giorni ci sposiamo...e tu sei impegnata a scrivergli come se fosse un amico lontano che non vedi da anni e che vuoi rendere partecipe della tua "gioia"?
- Lui...E' mio AMICO...- precisò lei, dopo una pausa, restituendomi uno sguardo più serio. Mi coprì la mano che avevo distrattamente poggiato sulla superficie dello scrittoio, accanto alla tastiera.
Calda e tremante, la sua mano.
Avrei potuto stritolargliela in qualunque momento, salvo pentirmene domani e pregarle il perdono in ginocchio.
Era in trappola, stretta fra le mie maglie. Non poteva scappare né liquidarmi con il solito discorso da umana incompresa, in pena per la sorte del suo cagnolino speciale.
- Tu lo ami. Non quanto me...ma lo ami. - Mi accorsi all'improvviso che quelle parole avevano il sapore rugginoso di una vecchia tagliola in mezzo ai denti. Da predatore a preda. L'amore che nutrivo, assieme alla rabbia che covavo, avevano la prontezza di ribaltare la situazione, facendomi sentire inappropriato al suo contesto. - Secondo te dovrei tornarmene sul tuo letto mentre tu sei qui che mandi una mail in cui gli dici che hai bisogno di lui?
- Edward...io....
Sfilai la mano da sotto alla sua. La presi per le braccia e la feci drizzare in piedi.
- Bella, io ti amo...lo capisci? Vorrei essere al centro del tuo mondo ora e per sempre...ma non puoi illuderti che possa comprenderti, fingere di non vedere, di non sentire...quando ti allontani da me e vai da lui. Ogni momento che gli riservi, è una porta aperta per Jake ed una cancellata di ferro sbattuta sulla mia faccia.
- Ti stai arrabbiando...
- Era questo che volevi? Che mi arrabbiassi?
- Si...- ammise lei in tono quasi convincente.
Le sorrisi, freddo.
Intensificai la stretta.
Lei gemette ma non era del suo dolore che mi preoccupavo. Sapevo che l'avrebbe sopportato benissimo. - Non m'importa di apparirti meno nobile di quanto dovrei essere. Sono stufo di essere nobile, Bella...
- Edward...credimi...- Lei mi cercò con i suoi occhi tremanti. - Ho solo paura per Jake...da quando è sparito...nessuno sa niente...neanche la sua gente! E se avesse commesso una pazzia?
- Tu cosa faresti? - La bloccai nuovamente. - Piangeresti sulle sue spoglie e mi diresti che col suo cadavere ai piedi ti sembrerebbe più giusto rinunciare al resto?
L'avvicinai al mio torace.
Il calore provocato dal veleno che agiva nel corpo stava cumulandosi nelle mie arterie siderali.
- Non essere crudele! - avvampò lei, come se avessi appena pronunciato una bestemmia.
- Dimmi. Lo faresti? Rinunceresti a me nonostante lui ti abbia detto chiaramente che avrebbe preferito saperti morta piuttosto che trasformata nel mostro che sono io???
- Edward...lasciami...mi stai facendo male! - si lamentò, arricciando le labbra in una smorfia.
- Sei tu che mi fai male....- recalcitrai. - E se conosco Jake la metà di quanto tu lo conosca, direi che è troppo furbo e troppo attaccato alla vita per buttarsi in un burrone...
La mia voce si abbassò, lasciando sul terreno una pozzanghera brulicante di punti di sospensione.
Stringerla. Provocarle dolore. Destarla da quell'apatia con la quale si strusciava, tanto forte da poterla toccare con le mani. Rivoltarla come una coperta e scoprirci sopra le zannate di un pulcioso che odorava di fogna. Ecco ciò che avrei dovuto fare sin dall'inizio.
Notai lo sguardo di Bella offuscarsi, quasi l'avessi schiaffeggiata a sorpresa e non sapesse decidersi se avercela a morte col sottoscritto o affrettarsi a mettere ordine nei propri cassetti cigolanti.
- E'la prima volta...che me lo dici...- mormorò piano, sconvolta dalla mia espressione, magari da quello stesso dolore che in tanti momenti tra noi avrei dovuto mostrarle, senza fingere che l'erba alta e le viole della radura limitassero la mascherata, aiutandomi a non colpirla laddove la mia bestia interiore voleva.
Al cuore.
Restammo in silenzio, in un buio sospeso che sarebbe stato soltanto nostro anche nei mesi in avvenire, anche se fosse andata a finire male, col matrimonio saltato in aria e il viaggio sull'isola abbozzato su un cartoncino in pergamena.
Non le staccai gli occhi di dosso.
Il crepuscolo che affossava Forks dietro le campagne gettò un'ombra arancione sulla finestra che si affacciava ai piedi del letto e indorò la figura di lei, artigliata alle dita di un innamorato assassino.
Mi atterrì la sua fragilità.
Era soffice come un cumulo di lenzuola stropicciate. Come un piumone nelle sere d'inverno gelido. Come il fuoco dentro ad un camino.
Abbassai il volto nel suo collo. Sfregai la punta del naso nella mascella. Con le labbra le sussurrai nell'incavo dell'orecchio: - Bella....Bella... Bella...lo so che ti mancano mille cose di me...- Avevo la voce roca, imperfetta, emozionata. La udii sospirare, poi trattenere il fiato per meglio ascoltarmi e subire il mio assalto. Le picchiettai di baci la cartilagine calda, percorsi il perimetro di ossa sottilissime che conduceva fino al lobo. Sentii la sua paura abbassarsi e la sua eccitazione elevarsi. - So che avrei dovuto darti ciò che lui ti avrebbe dato senza alcun problema. So di essere la causa scatenante della tua confusione. Come so di aver permesso che ti avvicinassi a quel modo a lui...
- Edward...- Pronunciò il mio nome in un soffio.
Me ne beai.
Le baciai l'interno del timpano. La sentii rabbrividire di piacere. I suoi avambracci si rilassarono fra le mie dita. Le sue ginocchia scricchiolarono.
La tenni allineata al mio petto, in maniera tale che toccasse il pavimento con la punta delle scarpe.
- Ti ho chiesto di scegliere...ti ho detto che mi sarei rassegnato se avessi cercato con Jake una felicità più umana rispetto a quell'eternità che vuoi e che io disprezzo...ma mentivo. Ti ho sempre voluta per me. Sempre. E ci saresti stata sempre, fino alla fine, come un chiodo fisso, incassato in una parete che nessuno si preoccuperà di abbattere o di riverniciare...- Con la bocca, mi spostai sulla sua guancia sinistra. Sfregai la mia su quel tratto di pelle morbida. Godetti del sangue che la stava facendo abbrustolire da dentro e la gioia di sapere che la scaldavo con le parole, col mio profumo, col mio amore mi accartocciò i sensi, svettandoli in alto, in una matassa di fiamme rovinose e piacevoli da sopportare.
Le arrivai alle labbra.
Le cercai gli occhi.
Bella aveva abbassato le palpebre ed aveva un'espressione da bambina angelica, che dondola pacificamente sull'amaca dell'oblio. Le riaprì, rispose al mio sguardo, divise la labbra quando con la bocca mi appoggiai su di loro e cominciai a sfiorargliele in circolo, come solevo fare quando volevo ghermire le sue difese ed abbattergliele. - Voglio che tu sappia che anch'io...posso essere come lui...- le dissi, in tono arrochito. Le succhiai il labbro superiore, poi quello inferiore, gustandomi la pellicola di saliva che glieli inumidiva. - Caldo come lui...e che ti desidero come lui...anzi...più di lui...pazzamente, Bella Swan...tanto da sentirmi spezzare...tanto sentirmi annullare...
Lei provò a parlare, ma era nel mio mondo ormai.
Precipitata nei miei buchi neri, nelle mie pleiadi luminose e ghiacciate, tra le mie catene forgiate dal fuoco e dal veleno.
Mi lasciai sopraffare dal battito del suo cuore.
Musica idilliaca.
In quella stanza angusta, nella piena fiorescenza del tramonto, suonava in un ritornello tribale, privo di pause. Un tum tum gutturale e sordo che le gonfiava i piccoli seni e sollevava la sua cassa toracica contro la mia.
Con una mano, le presi la nuca.
Tra le dita, avvertii il suo sangue pulsare freneticamente nei capillari.
Tirai via la matita, gettandola lontano.
Captai la punta dell'oggetto urtare sul pavimento e spezzarsi con un leggero crak.
La mia eccitazione crebbe.
Ai vampiri, serve un segno. Un rumore di legnetti che si frantumano, di cuori tumultuosi, di respiri ansanti...e la fame aumenta di botto.
Le sciolsi le ciocche, le afferrai nel mio palmo, in un pugno da padrone e le feci inarcare la testa all'indietro.
Bella annaspò. Era sconnessa, mentre mi lasciavo andare in lei, dicendole cose che mai le avrei detto se non fossi stato così disperato e bisogno di saperla mia.
Provava a chiamarmi, ma non per tenermi a bada.
Le sue mani calde mi avevano raggiunto le spalle, le sue unghie si erano conficcate nel tessuto della maglietta.
Aprì la bocca in un singulto che sembrava un orgasmo latente e senza rendermene conto entrai con la lingua nel suo palato.
La leccai dolcemente, frizionandomi al contatto di quella saliva piena di terminazioni nervose e quando anche la sua minuscola lingua mi venne incontro qualcosa si spense nella testa.
Premetti la bocca. Chiusi tutti i minuscoli spazi aperti intorno agli angoli e benedissi le fiamme. L'inferno. Il ghiaccio. Il fuoco. Ogni cosa che provenisse da me, da lei, e si avvitasse in un'unica spirale.
Bella gemette.
Si avvinghiò alle mie spalle.
Con l'altra mano, seguii la curva della sua schiena, mi fermai sul suo gluteo, glielo palpai dolcemente.
Poi, glielo strinsi, braccandola in modo che restasse incollata a me, distante da ogni via di fuga.
Non badai al caro prezzo che avrei dovuto pagare se il mostro avesse rotto la chiave, pretendendo la morte della ragazza che amavo.
Ero concentrato sul desiderio che induriva il mio sesso, sulle papille mie e sue che interagivano, sulla saliva di lei che mi bagnava la bocca dentro e fuori. Sul veleno che setacciavo nel suo palato e che Bella leccava come un minuscolo cucciolo affamato.
La feci girare di spalle al monitor. Con la mano premuta sul gluteo la issai contro il mio bacino e la trascinai di peso sulla tastiera.
Cadde il collegamento internet e lo schermo andò in stand by, emettendo un lieve sfiatare dai fori di ventilazione.
Iniziai a respirare forte.
La baciai con un trasporto che credevo di possedere.
Con le mani libere, afferrai il mouse, i libri di testo e le penne disposti accanto alla tastiera e li rastrellai bruscamente finché toccarono terra in una serie di tonfi di diversa intensità.
Ansimava Bella, fra le mie braccia nodose e riscaldate.
Era mia.
Era infuocata per me.
Ed io...ero infuocato di lei. Dal petto all'inguine, nelle ginocchia, nei femori, nelle piante dei piedi. nelle mani, nei polpastrelli, nelle gengive che formicolavano di veleno, nella lingua che la cercava e la leccava occupando il territorio con frustrate umide e letali.
Fame.
Fuoco.
Fame.
Diventarono entrambi ingestibili.
Mi pizzicavano nei jeans, nella maglietta, nelle scapole a cui le unghie di Bella erano abbarbicate.
Qualcuno bussò alla porta.
In quell'istante, mi resi conto di aver cominciato a grattare i canini sulla polpa del suo bordo gengivale e che una stilla di sangue era finita tra le nostre lingue.
Mi staccai immediatamente, con un ringhio d'insoddisfazione.
Charlie bussò nuovamente. - Bella...tutto bene? Stai pensando di rimodernare la stanza oppure è solo un modo per sfogare le tue ansie da futura sposa?
La battuta venne intervallata da un sommesso sghignazzare.
Bella sbatté le palpebre.
Aveva le guance arrossate, il fiato che s'interrompeva a scatti e riprendeva velocemente.
Alle sue spalle, lo schermo nero del pc somigliava ad una grossa macchia da 17 pollici sul nome di Jacob Black.
Era sparito in un colpo, come bramavo sparisse il suo contorno di mutaforma spocchiosi, sempre in vena di piantare le tende su pendii scoscesi che portavano il cognome dei Cullen.
Charlie bussò di nuovo. - Bella? Tutto ok?
Lei si riebbe quel tanto per rispondergli: - Si...Charlie...ehm....- Si accorse della poltiglia di penne, temperini e libri finiti sul pavimento e il rossore le arrivò in cima agli occhi. - Ho fatto un pò di casino, in effetti...ehm...niente di così terribile...
Mi osservò, stranita.
Cercai di rilassarmi, ma le sue labbra bagnate non mi rendevano facile l'impresa.
- Meno male. Ti va di parlare? Una chiacchierata veloce magari. Per allentare la tensione...
Bella scosse la testa.
Aveva intuito dal colore abbrustolito dei miei occhi che mi sarei fiondato nei boschi, a cacciare.
- No, Charlie. Non te la prendere...- Mi arpionò le mani sulle spalle, impedendomi di muovermi come se davvero fosse stata in grado di farlo. - Vorrei riposare...- mentì.
Dai suoi occhioni nocciola, trasudavano le emozioni.
Io, sentivo soltanto fame.
Dolore.
E fame.
Voglia di aprire le fauci e ingoiare una creatura appetitosa.
- Ok ok! Messaggio recepito! - fece Charlie allontanandosi dalla porta. - Vado a guardarmi la partita...ma cerca di legarti le mani al letto. Vorrei trovarmi con un tetto sulla testa domattina...ehehheheh...
Quando l'uomo se ne andò, tornammo soli al centro di una stanza che fibrillava di veleno e saliva. Di corde sensoriali che avevamo rischiato di allungare allo stremo e rompere.
- Devo uscire di qui. Immediatamente. - le comunicai sbrigativamente, torturato dalla sua succosità.
- No...- rispose lei, tirandomi il colletto della t-shirt verso di sè. - Non lasciarmi. Stanotte ho bisogno di te...
Deglutii. - Bella...per il tuo bene, non provare a convincermi del contrario.
Lei sfregò il suo naso sulle mie labbra calde e pulsanti. - Dio, Edward...! La tua passione...il tuo calore...
- Ssshhh...- l'azzittii. Le presi il volto tra le mani. - Tu mi rendi vivo, Bella. Fai battere il mio cuore anche se l'eternità l'ha ucciso da secoli...ma questo calore devo imparare a gestirlo...subito...se voglio darti TUTTO ciò di cui necessiti e di cui necessito io...- La baciai appena. Inalai a boccate il suo odore. Fu come se un'arpia mi azzannasse al petto, penetrando i denti nella mia pelle doppia. - Fammi andare...- ripetei in una preghiera. - Starò via poco. Nemmeno te ne accorgerai...
- Me ne accorgo sempre...- confessò lei, baciandomi a sua volta con la stessa delicatezza. Sgregò nuovamente il naso nell'incavo minuscolo in mezzo alle mie labbra, mi leccò un canino, timidamente. - Ogni minuto senza di te...mi riempie di terrore...
Mi appropriai delle sue mani che tremavano. Le sfiorai le nocche con altri baci. Le sprofondai negli occhi affinché cogliesse la fame tormentosa che li investiva e m'invitasse a sfogarmi nei boschi di Forks, prima di tornare nel suo letto,c he poi era anche il mio letto. - Non ti lascio un'altra volta, Bella...- le promisi. - Non dopo che la devastazione di questo amore mi ha reso perfettamente consapevole di quel che sarei disposto a fare pur di averti per sempre al mio fianco...
- Edward....- Le si riempirono le pupille di lacrime. - Ti amo...io amo te! Solo te...te lo giuro!
Potevo anche bruciare nel riflusso di quelle parole bellissime, cariche di elettricità. Ma era più grande il desiderio di restare in vita e arraffare tutti i tesori che la dolce ed umana Bella Marie Swan era disposta a regalare ad un vampiro senz'anima, dimostrandogli che quando due supernove s'incrociano nello spazio e urtano all'unisono, vale la pena di assistere all'esplosione prendendovi parte direttamente.
- Ti amo anch'io, Bella...- le dissi, mentre lei allentava la presa sul colletto della t-shirt e mi lasciava andare, rassegnata. Raggiunsi la finestra, pronto a scavalcarla. - Tornerò prima che si faccia notte e resterò con te fino all'alba...per poi uscire nuovamente da qui alle prime ore del mattino e rientrare dalla porta principale come se mi fossi mancata per un giorno intero....

My Darkness Poetry
Quella fu la mia notte.
Balzai nel bosco, fiutai i puma più profumati, li rincorsi, li acciuffai uno dopo l’altro.
Combattei contro di loro, gettandomi nel branco. Li afferrai ai colli, tesi la pelliccia fino a far irrigidire il muscolo che stava alla basa della nuca.
Dal primo all’ultimo li udii gemere di terrore tra le mie mani che tenevano ferma la preda e tra i miei canini che s’infilavano rudemente nella carne selvatica e muschiata.

edward

Dilatando le narici al massimo, inoculai in me l'effluvio saporito del sangue che schizzava fuori e bevvi.
Come un loro pari. Come un animale che aveva smarrito i propri connotati da uomo.
Non mi sentii un vampiro. Neanche un mortale.
Ero totalmente asservito all’istinto. Libero dalla legge. Libero da me stesso.
Coinvolto da quella fame smaniosa che mi contorceva lo stomaco e mi faceva ruggire anche solo respirando.
Svuotai un puma. Mi avventai sul secondo. Svuotai il secondo. Mi gettai sul terzo. Svuotai il terzo.
Riservai la stessa sorte agli altri del gruppo che ronzavano sinuosamente intorno a me, a zampate leggere sul terreno frollo, studiandomi come la bianca creatura venuta dal bulbo della notte ad estinguere la loro superba razza.
Mi nutrii, desiderando lei dentro di me, al posto del loro sangue rovente e rabbioso. Immaginando il suo giovane corpo piegarsi tra le mie braccia e abbandonarsi alla mia sete.
Bella.
Il mio amore.
Bella.
La mia ossessione.
Bella.
La mia rovina.
Bella.
La mia…Redenzione.
Ce l’avrei fatta a salvarla da me quando saremmo stati nudi in un letto? Lontani dalla barricate della mia e della sua famiglia? In un’isola che era un gioiello della Natura e che in meno di un secondo avrei potuto trasformare in una tomba di sangue?
Mangiai. Divorai. Non ebbi pietà per quelle povere bestie che si accasciavano ai miei piedi e concludevano i loro ciclo vitale con un miagolio stanco o un ruggito tanto debole da mescolarsi allo sciabordio dell’acqua.
Solo a luna alta, la fame trovò il proprio sfiatatoio e l’ultimo puma, il più giovane di un’intera famiglia, morì dopo una lenta agonia.
Mi ripulii giù al lago.
Avevo la bocca lorda di rosso, i denti sporchi di brandelli di carne e sangue, il fiato appesantito dalla battaglia.
Spiai il mio riflesso sul pelo dell'acqua, prima di raccoglierla nei palmi e buttarmela sulla faccia.
Da quanto non m’impiastricciarsi così, l’avevo quasi scordato.
Ma quella notte, punterellata di stelle e scavata dalla luna, sarebbe stata la notte d’addio a l’essere animale che ero e che avevo rifiutato a prescindere, dal giorno in cui l’inferno mi aveva riportato a galla, su una lettiga di scintille, obbligandomi a sopravvivere da mostro.
Tornai da Bella, arrampicandomi sull’albero che si affacciava alla sua finestra e con uno scatto fulmineo m’introdussi nella stanza.
Aveva lasciato le imposte aperte.
Il venticello fresco penetrava dall’esterno, smuovendo delicatamente le tendine viola.
Mi colse un’immane tenerezza.

edward occhi

Lei dormiva.
Accucciata in posizione fetale, con le ginocchia al petto, le braccia avvolte al cuscino alla sua sinistra, quello che usavo per appoggiarmi una volta che arrivavo da lei ed aspettavo che uscisse dalla doccia o sbrigasse le sue faccende umane.
Lo sprimacciava indolentemente contro una guancia, il naso dentro la stoffa che rubava scaglie del mio odore in sniffate che solo le mie orecchie potevano recepire.
La raggiunsi.
M’inginocchiai al capezzale.
Le scostai una ciocca dalla fronte. Le sfiorai con un dito la curva della guancia.
Dall’alto, la Luna pennellava sfiziosi arabeschi sul lenzuolo ed il suo lucore tubolare si appoggiava sul mio dito, seguendo i minuscoli cerchi concentrici che stavo disegnando sulla pelle della donna che amavo.
Iniziai a filtrare nel mondo di Bella, a voce bassissima, come un ladro di merendine o di stelle, o di ponti o di navi fatiscenti, certo che ovunque si trovasse mi avrebbe ascoltato.

“Non sei sola. Non lo sarai più. Sono qui. Sposami, Bella…anche da mostro. Sposami.
Odio e rancore, mestizia e gelosia li manderò a spazzare lontano.
Dimmelo e ne avrò la forza.
Sposami.
Perché oltre Te, altro non esiste.
Perché sei seduta in me da tempo e ti ho fatta Regina di un ostello prima ancora di sapere che saresti giunta nella mia vita maledetta.
Sposami. Oggi. Per sempre. Per l’eternità che dovrà venire.
Sposami e nessuno varcherà la soglia di questa sgangherata caverna arida che è il mio cuore e che lascio volentieri vuota perché a riempire tutti gli anfratti ci sei tu. Tu nelle serate d’estate.
Tu nelle notti d’inverno.
Tu nei solstizi di neve e in quelli d’erba fresca.
Tu nella schiuma che sale dal ventre dei boschi.
Tu nella rugiada che mette a bagno le foglie.
Sposami, Bella Swan.
E sarò Tuo finché Dio terrà in piedi la Notte e le mie dita saranno le tue dita, così come i miei occhi saranno i tuoi occhi.
Nel Bene e nel Male.
In Ricchezza e Povertà.
In Salute e Malattia.
Al di là dell'umanità che ci divide e ci avvicina.
...
Non temere di nulla.
Da vampiro, ti amo di un amore struggente.
Ma da umano…ora lo so…
T’avrei amata di un altrettanto struggente amore.”

  
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