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Autore: usagi_    25/08/2011    3 recensioni
Una storia che racconta di Ace e della sua avventura da ragazzo.
Come ha costruito la sua vita da pirata, subito dopo aver lasciato Rufy per seguire il suo sogno.
Con compagni strani e avventure al limite del normale.
Avverto: non sarà la solita storia -Ace incontra la perfettissima ‘b’ si innamorano e vivono felici e contenti-.
La trama gira principalmente sull’avventura!
I nuovi personaggi sono i Pirati della ciurma di Ace inventati da me.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi al capitolo quattro, un numero che avrà un piccolo ruolo sulla storia in sé.
Per chi non lo sapesse è giusto che faccia due precisazioni.
In Giappone il numero 4 è Shi che vuol dire morte, mentre il nove è dolore. Questi numeri sono evitati in Giappone, molto più del nostro venerdì 17!
Ho voluto basarmi sulla loro scaramanzia, anche se spesso One Piece non segue una precisa linea culturale, anzi è un minestrone di tutto!
Infine mi scuso per il ritardo ma questo capitolo è stato un po’ più complicato per via di tanti particolari che ho dovuto apprendere per continuare (non voglio scrivere nulla che non sia veritiero, preferisco informarmi su cosa voglio narrare), come quello della superstizione, appunto.
Spero vi piaccia, buona lettura e grazie a tutti voi che la seguite =)

____

“Avevo caricato nella dispensa provviste di cibo sufficienti per almeno tre settimane, mi spieghi perché ci è rimasta solo una misera focaccia?” Urlò Isabel tirando per la guancia Ace intento a scarabocchiare su un vecchio foglio giallastro.
Lo sguardo di lui era bloccato sul quel foglio e nonostante le tirate fossero sempre più forti, decise di non farci tanto caso.
“sei più simpatico quando dormi!” concluse lei andando a cercare nel suo zaino una cartina che potesse indicarle e descriverle l’isola più vicina.
Aveva compreso che era inutile discutere con lui quando pensava ad altro, anzi, lui aveva imparato ad ignorare o reagire ai colpi ricambiano pizzicotti e tirate di guancia, orecchie o quant’altro.

La cartina indicava proprio poco più a sud della loro attuale posizione una piccola isola, soprannominata come -isola sfortunata del mare orientale-, in cui anche i pirati più valorosi avevano paura di sostare.
Essa era delimitata da un enorme foresta di forma rotonda, come un serpente che si morde la coda.
Questa foresta proteggeva la parte abitata situata centro, perciò per arrivare alla parte abitata era necessario attraversare la foresta di quarantanove chilometri esatti, che per i più superstiziosi erano i numeri che portavano morte e sofferenza.
Molte leggende giravano attorno a questo posto, c’è chi narrava di aver perso parenti o amici che si fermarono nella foresta, ed altri che affermarono di aver perso arti, vista o altro affrontando un enorme mostro dalle sembianze demoniache.
La gola di Isabel si trovò improvvisamente secca, faticando così la respirazione che si faceva sempre più pesante.
Uno dei sui tanti difetti era l’essere una fifona e scaramantica di livelli sproporzionati, tanto da piangere ogni volta che sul suo cammino si imbatteva un gatto nero, o da festeggiare il suo compleanno un giorno dopo perché nata il quattro.
“cibo o vita?” chiese ad Ace che aveva momentaneamente lasciato da parte il suo disegno per curiosare sulla cartina.
Lui non rispose e diede le veci al suo stomaco che iniziò a lamentarsi fragorosamente.
“c’è un isola ad un ora da qui, questo posto però non è sicuro, anzi.. È probabile che sia pieno di mostri e bestie feroci ed è anche molto lungo da percorrere, dovremmo per forza passare attraverso una foresta pericolosa per entrare nella città..” Isabel gli spiegò la situazione, cercando di farla il più grave possibile.
Agitando le mani come ad ampliare il senso di pericolo che già si percepiva solo dal nome dell’isola, dentro di se iniziò a pregare che lui tirasse fuori la sua parte da gentiluomo stupendola con qualche frase ad effetto.
 
E’ pericolo per una donna, andrò da solo.
..
Ti porterò carne da quel posto maledetto e partiremo per la prossima isola, non voglio che tu ti prenda questo enorme rischio.


“che figata! È da tanto che non mi avventuro in una foresta, è molto nostalgico! Non vedo l’ora di arrivare!” esclamò Ace correndo verso la prua cercando di intravedere l’isola con i suoi occhi.
Isabel si arrese, ripiegando la cartina e riponendola nel suo zaino.

Preparò tutto quello che sarebbe servito per tentare la sopravvivenza: Quel pezzo di pane che era rimasto, dell’acqua, tutte le armi che in quelle due settimane in mare era riuscita a costruire, come bastoni e reti, ed infine raccolse tutti i medicinali e le erbe che sarebbero servite per curarsi e per proteggersi dagli insetti.
Tirò da una corda improvvisata come stendi abiti tutti i vestiti che aveva messo a lavare compresa l’unica camicia di Ace e piegò tutto dentro uno zaino che era diventato un’enorme sasso.
“Ace ho preparato lo zaino, vieni a prenderlo che siamo quasi arrivati!” esclamò lei iniziando a trascinare come poteva lo zaino.
Lui affacciato verso il mare, non sembrava dare ascolto alle parole della compagna, così Isabel corse verso di lui per avvisarlo che a minuti sarebbero sbarcati e che non era il momento di incantarsi, ma a pochi metri dalla prua vide Ace cadere all’indietro come un sasso, senza lamentarsi della botta.
“trovi sempre il momento giusto per addormentarti!”.
Era disperata, sembrava che lui tramasse in ogni maniera possibile pur di metterla in difficoltà.
A malincuore prese dall’enorme zaino il pezzo di pane che era rimasto custodito in cucina e lo sventolò sul volto di Ace che inizialmente non sembrava avere alcuna reazione, ma che poi allargò spontaneamente la bocca cercando di addentare il cibo di cui poteva solo sentire l’odore.
Piano Piano la sua schiena iniziò a flettersi in avanti per afferrare il pezzo di pane che si spostava sempre più fino ad arrivare vicino a Isabel che prontamente gli mollò un ceffone per impedirgli di mangiare l’unica provvista rimasta.
“cibo!” strillò Ace buttandosi sopra alla ragazza che intanto cercò di mettersi in piedi e fuggire da lì.
Sfortunatamente però, Una mano di Ace la prese per la gamba facendola rovinosamente scivolare fuori dall’imbarcazione, finendo quasi in mare con le sole mani strette sul bordo della nave a reggerla in aria.
“non so nuotare, tirami su!” ordinò lei utilizzando il tono di voce più alto che madre natura le avesse donato, ma con una faticaccia che le costò un grosso mal di gola.
“che ci fai là? È pericoloso!” rispose Ace affacciandosi fuori dalla nave afferrando le braccia di Isabel ormai sfinita.
Ignorò la sua domanda cercando di tirarsi su ma perse l’equilibrio finendo con solo un braccio stretto da Ace a tenerla in aria.
Ace la guardò un po’  confuso, non aveva capito nulla e non sapeva che fare, ma notando che la spiaggia era a pochi metri da loro, con la mano ancora stretta sul braccio di Isabel, la fece leggermente dondolare fino a tirarla di forza verso la spiaggia.
Lei dopo la pericolosa acrobazia a cui era stata costretta a forza e con un volo assassino era caduta sulla sabbia finendoci distesa e priva di sensi.

‘forse sono stato troppo violento!’ ripensò Ace mettendosi le mani sopra il suo cappello arancione.

__

“perché devo portare oltre a questo zaino dieci volte più pensante di me, anche te sopra?” domandò Ace che teneva sulle spalle l’enorme borsone delle emergenze creato da Isabel, che si trovava proprio sopra di esso muovendosi per accentuare il più possibile il peso che il ragazzo portava sulle spalle.
La sua caviglia sinistra era fasciata proprio come la fronte e la schiena, ferite dal volo di poco fa.
“E’ colpa tua se mi sono fatta male! Questo sarà un esercizio per rinforzare i muscoli” rispose lei mentre controllava con circospezione la folta foresta in cui si erano addentrati.
La vegetazione era così folta da lasciare poco o nulla ai raggi solari che illuminavano a mala pena il tanto necessario per non inciampare sui numerosi ostacoli.
Il terreno infatti era instabile pieno di sassi e pozzanghere, radici di alberi che sbucavano formando dei piccoli ponticelli ovunque rendendo molto pericoloso, soprattutto, il passaggio di notte.
Nonostante la flora insidiosa, non si poteva dire lo stesso della fauna, infatti in quattro ore di cammino non avevano avvertito nulla di sospetto, ne tanto meno visto un animale in tutto il tragitto.
“io sono forte anche senza allenamento! Quando troveremo il One Piece dovrai ricrederti!” affermò lui spostando l’ennesima liana che penzolava sul loro cammino.
“ti ho detto che appena trovi un compagno me ne vado!” rispose lei tirandogli un piccolo pugno sulla testa.
Ace rise, non era mai stato d’accordo con la sua idea e non l’avrebbe mai accettata, anche se questo voleva dire obbligarla a stare con lui.
“e se prima che trovo un compagno ti mettono una taglia sulla testa?” domandò lui fermandosi ad osservare un albero con dei frutti che però non ispiravano altro che morte, infatti Isabel cogliendone uno, notò che era fatto di una sostanza viscida e dall’odore pessimo.
“non ci ho mai pensato! Però dubito di essere così idiota da prendermela!” disse lei mentre ragionava su come non farsi notare in questo piccolo viaggio.
Se per qualche maledizione fosse riuscita a prendersi una taglia la sua vita avrebbe avuto le ore contate, suo nonno sarebbe tornato in servizio per la marina pur di prenderla e portarla in prigione.
Isabel rabbrividì.
“Io scommetto che avrai una taglia!” ribatté lui ancora ridacchiando.
“e allora scommettiamo che se mi becco una taglia prima che tu ti trovi un compagno, io resto! Però quando arriverà mio nonno dovrai vedertela tu! Ti giuro che in caso manterrò la promessa, ma se non dovesse accadere tu dovrai lasciarmi andare come avevamo detto sin dall‘inizio!“ controbatté lei intuendo le intenzioni tutt’altro che comprensive di Ace riguardo al suo lasciare la ciurma.
“ci sto!” confermò lui, iniziando a confabulare con se stesso sul come farle avere una taglia.
“Ace fermati è quasi notte, è ora di cercare del cibo o morirai di fame!” disse lei facendo fermare il ragazzo che la poggiò per terra con la schiena contro l’enorme borsone.
Lei lo aprì e tirò fuori tutto quello che aveva portato per difendersi: reti, coltelli bastoni e quant’altro.
“portali con te e non provare ad usare il fuoco in mezzo alla foresta, sono stata chiara? Basta un scintilla ad appiccare fuoco a questo posto! Ace? Hai capito? Esclamò lei tirandolo per i pantaloni, ma lui guardava davanti a sé con gli occhi spalancati e sorpresi.
non dirmi che c’è qualcosa dietro di me!” bisbigliò lei tirando sempre di più i pantaloni di lui nella speranza di non essere trascinata via da quella cosa che aveva dietro di lei e di cui aveva iniziato a sentire i passi.
Dei passi  lenti, che sembravano quasi meccanici per via dello strano suono che producevano.
Tutto ad un tratto quello strano essere prese con la bocca lo zaino, e con le mani afferrò Isabel cercando di staccarla dalla presa sui pantaloni di Ace, che si era ancorato ad un albero con una mano, tentando con l’altra di tirare verso di se la compagna.
“lo sapevo che c’erano dei mostri, aiuto!”.
Le urla della ragazza si facevano sempre più intense come gli strappi di quello strano essere di cui Ace riuscì a scorgere solamente gli occhi di un rosso intenso, come se fossero due fari sempre accesi.
“ecco il mostro Shin” esclamò una voce sconosciuta.
Da un cespuglio sbucarono fuori due ragazzi vestiti con delle tute e proprio in quell’istante Ace ed Isabel svennero, aiutando il mostro a scappare via con la ragazza.
“te l’avevo detto che il tuo potere non serve a nulla!” dichiarò il ragazzo con la tuta arancione mentre scuoteva per le spalle il suo interlocutore con la stessa identica tuta ma blu.
I due ragazzi erano della stessa altezza e della stessa corporatura robusta, avevano gli stessi capelli scuri e apparentemente corti.
“sei solo invidioso perchè il diavolo l’ho mangiato io!” rispose l’altro ragazzo liberandosi dalla presa e andando a guardare Ace che dormiva con lo stomaco brontolante e con un braccio ancora ancorato al tronco dell’albero.
“mi dispiace rovinare i tuoi sogni, ma non vorrei essere un uomo puzzola come te!” affermò il ragazzo seguendo l’amico con la tuta blu che tirava su Ace.
“non sono ancora capace di usare altri profumi, e quindi? Se il mostro fosse stato più  vicino, sarei senz’altro riuscito a far svenire anche lui!” smentì lui iniziando a camminare con Ace a peso morto sulla sua spalla.
“in realtà non vuoi ammettere che sei un misero uomo puzzola!” disse il ragazzo dalla tuta arancione mentre ridacchiando,  si avvicinava ad una strana vettura con le ruote.
Era fatta di uno strano metallo nero, non aveva nessun tettuccio ne sportello.
Era dotata solo di un piccolo volante,un sedile il freno ed i pedali, dietro di esso c’era un piano un po’ concavo su cui il ragazzo col potere del frutto del diavolo si sedette poggiando Ace che dormiva beatamente bisbigliando delle frasi confuse, in cui pareva prendersela col mostro che cercava di rapire la compagna, minacciando che l’avrebbe mangiato crudo.
“che strano ragazzo, invece di svenire dorme beato!” ironizzò il ragazzo al volante, mentre si faceva strada tra le piante che rendevano il percorso pericoloso.
“Shin prova a svegliarlo con la puzza!” suggerì subito dopo, prendendo una curva tanto velocemente, quasi da buttare i due ragazzi di dietro fuori dal veicolo.
I due amici erano ormai abituati ad attraversare la foresta e non ci facevano ormai molto caso, anche se Ace per un filo non finì fuori dalla vettura.

Il ragazzo di nome Shin mise una mano sul volto di Ace, che subito reagì alla puzza stendendo il ragazzo con un pugno.
“dov’è il mostro? Lo farò alla brace!” sbraitò Ace contro il nulla, mentre ogni centimetro del suo corpo si era infiammato.
“merda Taichi lo strano tipo ha preso fuoco!” disse il ragazzo intontito dal pugno, ma capace di  prendere degli stracci e sbatterli su di Ace per cercare di far calmare le fiamme.
“cosa gli hai fatto? Hai tirato una puzza esplosiva?” rispose l’altro fermando il veicolo e avvicinandosi anche lui ad Ace, buttandolo a terra per non rischiare di infiammare il suo mezzo di trasporto.
“ora che lo vedo, non mi pare soffrire, anzi sembra solo infuriato!” commentò Shin guardando attentamente l’espressione di Ace che si dimenava al suolo, rotolando tra fiamme e terra.
“calmati tu! Il mostro è andato via con la tua compagna, ma se non ti calmi non possiamo andare a salvarla!” spiegò il ragazzo dalla tuta arancione, urlando a più non posso di fronte ad Ace che finalmente spense le fiamme.
I due ragazzi lo guardarono spaventati, non era di certo una cosa normale vedere qualcuno che prendeva fuoco e si spegneva a comando.
“dov’è Isabel?” domandò Ace mettendosi seduto per terra e guardando i ragazzi.
I due sospirarono, avevano capito che con lui sarebbe stato impossibile discutere in maniera normale, così il ragazzo dalla tuta arancione si addentrò nella parte più fitta della foresta alla ricerca di cibo, così da calmare Ace e spiegargli la situazione.
“La tua compagna è stata portata via da quel mostro, o almeno tutti dicono sia un mostro con le fattezze da demone, ma io e mio fratello pensiamo sia solo un robot comandato dalla ciurma della ‘divina’ Yuu. Sono ben sette anni che si sono insediati in quest’isola e rapiscono maschi e femmine a loro piacimento per obbligarli a fare svariati lavori, probabilmente questo enorme demone è un robot creato da loro.
Nessuno ha il coraggio di venire in quest’isola per via della stupida maledizione che tutti raccontano.
Comunque piacere io sono Shin, io e mio fratello Taichi siamo due costruttori dell’isola” spiegò il ragazzo levandosi la spessa tuta blu, rimanendo con un pantalone ed una maglietta bianca.
“Io sono Ace, e sono un pirata” si presentò lui rimettendosi in testa il cappello che era sceso sulla schiena.
Il ragazzo lo guardò divertito, non sembrava proprio un pirata, anzi era proprio il contrario.
“dove posso trovare Isabel?” continuò a chiedere Ace alzandosi in piedi e guardandosi intorno, dove però vide solo e soltanto natura.
“se è carina e single ti aiutiamo a salvarla!” rispose il ragazzo dalla tuta arancione, tornando con un enorme coccodrillo morto sulla spalla.
Ace concentrato più sul cibo che sulla domanda posta dal ragazzo, accese per terra un fuoco e ci mise dei legnetti preparando velocemente un fuoco dove arrostire la carne, prima che l’istinto lo prendesse in velocità, facendoglielo mangiare crudo.
“sei fatto di fuoco!” constatò Shin indicando il corpo di Ace. “io purtroppo sono in grado di creare odori, ancora non ne ho capito l’utilità” ammise lui mettendosi le mani sulla testa disperato.
“anche mio fratello, che è fatto di gomma, non trovava un modo utile di usare il suo potere! Una volta da piccolo si era gonfiato ed io l’ho usato come palla! Comunque penso che prima o poi troverai il motivo per cui hai questo potere! Però figo puoi coprire la puzza di quando vai al wc! Sai quante tirate d‘orecchia mi prendo da Isabel quando esco dal bagno!”  rispose Ace accarezzandosi l’orecchio che provocò dolore al solo ricordo.
“Ma allora questa tua compagna è bella e single?” continuò a chiedere Taichi intento a cuocere la carne davanti allo sguardo rapito di Ace.
“si lo è, però bisogna stare attenti è un pò pazza!” affermò Ace mentre nella sua testa galleggiavano i ricordi di tutti i momenti in cui la sua compagna dava l’aria di avere qualche problema.
“Non si parla così ad una dolce donzella! Comunque dato che è single e carina ti aiuteremo, vero Shin?” domandò il ragazzo, anche se il fratello sapeva che niente gli avrebbe fatto cambiare idea, quando si trattava di ragazze lui buttava all’aria la serietà ed il suo lato pervertito prendeva le redini della situazione.


____

Isabel non si trovava dentro lo stomaco del demone né in paradiso, per fortuna.
Non sapeva dove fosse andata a finire, però poteva capire dalla stanza che era di certo a casa di qualche riccone.
Si trovava in un lussuosissimo letto a baldacchino dai veli rosa, dello stesso colore delle coperte, delle fodere dei muri e dei tappeti. In tutto quel rosa che le faceva maledettamente venire il mal di testa, c’erano dei piccoli accostamenti di bianco come nei mobili e nelle piastrelle del pavimento.
Notò che anche lei era in tinta con la stanza, portando un leggero vestito rosa scollato e lungo fino alle caviglie, con dei pizzi bianchi.
Disgustata da tale abbigliamento la ragazza si alzò dal letto per andare a cercare i suoi vestiti, che potevano essere vecchi, sporchi strappati e ruvidi dalla lavata senza ammorbidente che non si era portata in nave, ma erano senz’altro più sobri di quelli che portava.

‘quando becco chi mi ha messo questo schifo addosso lo faccio diventare una polpetta di riso’

Cercò ovunque persino sotto il letto e sopra i mobili ma nulla, non trovò altro che pupazzi rosa e fiori del medesimo colore.

“oh, si è svegliata!” esclamò una voce maschile che Isabel poteva giurare di non aver sentito aprire la porta.
Era un uomo sulla trentina, alto e biondo con due grandi occhi azzurri, insomma il prototipo del tipico principe delle fiabe.
Indossava un completo nero su cui risaltava dentro la giacca, una camicia rosa pallido parecchio sbottonata.
Isabel storse disgustata il naso, non aveva mai visto un abbinamento così pessimo in vita sua, e non aveva intenzione di rimanere a lungo ad ammirare tale orrore.
“ehi tu dimmi dove sono i miei vestiti prima che metta fuoco a questa casa dell’orrore!” intimò lei facendo segno ai suoi vestiti ma senza toccarli, come se per lei avessero qualche orrendo virus maledetto e incurabile.
“Non vestivo di rosa da quando avevo tre anni, e non ho intenzione di indossare ancora queste orrende vesti” inveì lei strappandosi un lato della lunga e stretta gonna che non la faceva camminare bene.
L’uomo la guardò stupito e con uno sguardo tra l’incredulo e lo spavaldo, come se sapesse già che l’avrebbe vinta lui.
“Non ti piaccio?” domandò lui indicandosi il volto.
Lei scosse la testa schifata “non mi piacciono i biondi!” rispose indicandogli la folta chioma d’orata.
Tutto ad un tratto l’uomo che prima era biondo, diventò moro lasciando senza parole Isabel.
“ma io non sono biondo!” ribatté lui indicandosi i capelli che infatti erano scuri.
Lei lo guardò, era sicura che fosse biondo.. Anzi ne era certa.
“non mi piacciono neanche gli occhi chiari” ammise cercando di capire se magicamente anche gli occhi si sarebbero trasformati.
Ed infatti divennero neri, lasciando di stucco la ragazza che era ancora più intenzionata a fuggire.
“non mi piace neanche la pelle troppo chiara! E la fronte stretta! E sei troppo vecchio!” continuò a dire lei a casaccio, anche se non aveva un vero modello di bellezza voleva accertarsi di non avere un’allucinazione perenne.
“basta su, non elencare i dettagli che non ti piacciono quando non li ho! Vieni con me, dobbiamo provare gli abiti” asserì l’uomo aprendo la porta a punta di piedi e con il braccio alzato, anche se la maniglia era almeno 30 centimetri più bassa di lui, ed a Isabel parve invece di vedere un’altra mano stringere la maniglia.
“vestito per cosa? Ehi così non va bene però, sei Ace senza lentiggini!” urlò lei mettendosi le mani tra i capelli e correndo verso la finestra che però trovò sigillata da un lucchetto.
“come cosa? Sarai la mia ventesima sposa, non sei contenta?” domandò lui mentre sul suo viso apparvero delle lentiggini.
Isabel svenne.
   
 
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