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Autore: Yukisama    26/04/2006    0 recensioni
Traduzione dall'inglese della bellissima fic di Yuki 'A date with a Senpai'. Qualcuno sta corteggiando Kaoru...come reagirà Kenshin di fronte ad un più giovane ed inaspettato rivale?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un appuntamento con il Senpai

(A Date with a Senpai)

by Yuki

Traduzione by Quaenya





Nota :



Questo è il mio primo tentativo di postare una fanfic. Sono una pessima scrittrice, ma ho un’immaginazione piuttosto vivida. Sarei estremamente grata se qualcuno, anche uno solo, potesse almeno spedirmi un messaggio per il suo C&C.

Se, per caso, a qualcuno qui piacerà la mia fic e volesse chiedermi di scriverne un’altra (probabilmente per darmi l’opportunità di redimermi) comunque, per riassumere le cose…ho un cuoricino molto fragile…che si rompe facilmente…cercate di essere più gentili che potete. Ne verranno altre tra un pochino. Spero che nessuno si stufi con lunghe Note dell’Autore…ecco la fic…

Ah si, è applicata la nota legale standard.





Un appuntamento con il Senpai



Capitolo 1







Supplicanti occhi Blu

Non ti chiedono nient’altro che amore

Perché ti trattieni ? *



La brezza mattutina era calda sulla sua pelle chiara, aggiungendo un colore più rosato alle sue guance. Il cielo sopra di lei era quasi blu come i suoi occhi. Riusciva ad udire in distanza gli uccellini cantare gioiosamente, mentre salutavano un nuovo giorno.

Kamiya Kaoru adorava le mattinate di primavera. La rinascita intorno a lei, la fuggevole carezza del vento sui suoi capelli e sulle sue labbra. In giorni come quello diventava di buonumore.

Ma non oggi.

Borbottando sulla strada verso il dojo, si stava trattenendo dall’urlare e dall’imprecare, sfortunatamente non aveva energia per farlo. Era così dannatamente stanca!

Si fermò a metà strada, chiudendo gli occhi, cercando di calmare l’irritazione che lentamente le stava crescendo dentro…e non desiderò altro di essere a casa, dopo aver fatto un bagno, pulita, e di sorseggiare un tè verde bollente accanto a Kenshin, con gli occhi violetti di lui che ridevano…

Non funzionò. Di solito, quando era di pessimo umore, le bastava pensare al suo rurouni e tutto andava a posto. Era come se lui avesse il potere di portare via la pesantezza dalla sua mente, dal suo corpo e…dal suo cuore.

Invece il pensiero del suo rurouni fu accompagnato all’immagine del suo volto preoccupato, con gli occhi violetti offuscati come non mai e tinti leggermente con il selvaggio color oro. Rabbrividì al pensiero. A Kenshin verrà sicuramente un colpo di rabbia pensò riprendendo a camminare.

La pianta del piede le faceva male. Veramente tutto l’intero corpo le doleva. Tutte ragioni in più per lui per prendersela con me. Mou! Non che non apprezzasse le attenzioni extra, Kami-sama sapeva quanto le desiderasse. Ma non così. Non come se fosse stata una fragile porcellana cinese che si sarebbe rotta ad ogni soffio. Lei voleva attenzioni, ma più di tutto voleva rispetto. Ne aveva bisogno. Era la sua costante preoccupazione la cosa che la feriva di più.

Era la stessa preoccupazione che un uomo poteva avere per un bambino smarrito.

Non sono più una bambina! Quando se ne accorgerà? si chiese mentre girava l’angolo ed arrivava davanti al cancello del dojo. E decisamente non ho bisogno che lui faccia la parte di un padre o di un fratello, e nemmeno del mio protettore.

Si fermò sul cancello ; un lieve sorriso le apparve sulle labbra quando vide i suoi tre uomini rannicchiati insieme sulla soglia della sua casa. Yahiko, sdraiato tra Kenshin e Sanosuke, stava russando, dormendo come un ragazzino e non come il ‘Tokyo Samurai’ che spesso dichiarava di essere. Sia l’ex gangster che l’ex hitokiri erano ben svegli.

Sano fu il primo a salutarla come lei mise piede nella casa, lanciando via i suoi geta. I suoi occhi stanchi la fissarono, ma nella morbida luce del mattino, sembrava quasi un fratello maggiore pronto a rimproverare sua sorella per essere stata fuori così a lungo.

Vorrei che fosse stato così. Sarebbe stato molto meglio di quello che è successo pensò quando Sano si alzò e incrociò le braccia sul petto.

“Che. Pensavo che avessi deciso di scappare e diventare una rurouni anche tu”

Non il caldo ‘bentornata’ a braccia aperte, che si era aspettata. Almeno, non dalla cresta di gallo. Ignorando Sano, si girò verso Kenshin, che si era già alzato in piedi.

Non sembrarono accorgersi che Yahiko era caduto sul pavimento, russando e sbavando.

I loro occhi si incontrarono e restarono incatenati, sebbene lei non riuscisse ad indovinare quello che si agitava nei suoi occhi violetti. “Tadaima” lo salutò dolcemente.

“Okaerinasai Kaoru-dono” rispose lui altrettanto dolcemente.

“Mi stai ignorando, eh?” borbottò Sano, sputando per terra e poi tornando a guardare Kenshin e Kaoru. Entro tre secondi Kenshin dirà ‘Daijobu Kaoru-dono? Sessha è stato molto preoccupato per te la scorsa notte’. E Kaoru darà di matto dopo circa quindici minuti di ‘Sto bene, davvero…non preoccuparti…ho detto che sto bene…’

Uno.

Due.

Tre.

“Daijobu Kaoru-dono? Sessha era davvero preoccupato per te”.

Ho ragione o no? si chiese silenziosamente Sano.

“Hai. Sono solo un po’ stanca” rispose lei un po’ senza fiato. Quell’espressione sul viso di Kenshin…

“Hontou ni?” chiese Kenshin, sapendo che stava iniziando un altro round di ‘sto bene’ e ‘Sei ferita de gozaru yo’. Nonostante questo, aveva bisogno di sapere che indubbiamente non era ferita. E che la sua assenza la scorsa notte non aveva niente a che fare con il suo passato o con qualche suo nemico che cercava di intrappolarlo usando Kaoru. Ma più di ogni cosa, aveva solo bisogno della sua presenza. La sua assenza la scorsa notte gli aveva causato un enorme spazio vuoto nella mente, nel cuore e anche nella sua anima, a quanto sembrava, che lo aveva distrutto. In quel breve lasso di tempo, gli era mancata davvero tantissimo.

Kuso! Non voglio assistere a questo prima di colazione! pensò Sano. Prima che Kaoru potesse rispondere li interruppe, anche in modo un po’ rude quando si sovrappose tra i due. “Dove diavolo sei stata la notte scorsa?” ruggì.

Yahiko russò pacificamente e più forte di prima, ignaro della tempesta che si stava per scatenare.

“Abbiamo quasi rivoltato questa fottuta città sottosopra per cercarti. Avevamo pensato che probabilmente eri da Tae-chan, ma quando non ti sei presentata per cena, abbiamo dovuto bussare ad ogni fottuta porta chiedendo se qualcuno aveva visto una ragazza-tanuki. Siamo anche andati al dojo di Yaminobu-sensei dove si suppone che tu debba insegnare kenjutsu. Ed indovina un po’, te ne eri andata tre fottute ore prima. Allora, dove sei stata Jou-chan?”

“Ragazzi, ti sei davvero alzato male oggi Sano” rispose Kaoru quasi ottusamente.

“Rispondi a questa dannata domanda Jou-chan, o dovremo stare a sentire questo qui” disse facendo un passo indietro e indicando Kenshin, che li stava guardando con occhi oro-sbarrati “scusarsi fino al prossimo mese sul perché ‘sessha non è venuto ad aiutarti’”

“Humph!” disse Kaoru facendo un passo in avanti sulla stuoia, ignorando la fitta di dolore che risultò dal colpire il pavimento. “Non ti devo nessuna spiegazione! Idiota!”

“Oi, essere trascinato via da una mano vincente alla bisca solo per girare la città fino alle quattro del mattino, senza sosta, cercandoti, non è propriamente la mia idea di divertimento. Potresti almeno dirci perché abbiamo dovuto continuare a fare una stupida ricerca quando tu eri al sicuro mentre noi ci preoccupavamo inutilmente”

“Onegai Kaoru-dono. Sano ha ragione. Sessha vuole solo essere sicuro che tu stia bene”. Pregandola gentilmente, Kenshin dovette frenarsi dallo spostare di lato Sano e stringere Kaoru tra le sue braccia. Un compito niente affatto facile quando lei sembrava così vulnerabile e carina.

Ecco qua. Lo stava facendo di nuovo. E non c’era niente che potesse fare se non sciogliersi ogni volta che usava quel tono con lei. “Gomen. Io, uh, stavo…” fece una pausa per scegliere con cura le parole. Non erano notizie particolarmente belle. “Un amico di mio padre ha un dojo nella città vicina e sono venuta a sapere tramite Yaminobu-sensei che un piccolo yakuza lo aveva assalito per farsi consegnare il dojo. Così sono andata là per parlare con lui perché, sapete, la stessa cosa era successa anche a me e volevo solo dargli qualche consiglio, qualcosa che potesse aiutarlo. Lui è già anziano, Tomizawa-sensei, questo è il suo nome. In ogni modo, è stato così carino con me quando morì mio padre…” le sue parole si affievolirono.

Non le piaceva menzionare la morte di suo padre, apriva vecchie ferite. Non era passato molto tempo e non si era ancora ripresa completamente, ma non lo avrebbe mai ammesso, sebbene sapesse che i suoi amici certe volte riuscivano leggerla come un libro aperto. Sospirò di nuovo. “Comunque, non avevo intenzione di restare a lungo, solo una visita, ma poi…”

“Per riassumere la cosa, i malviventi sono arrivati e ti sei unita alla rissa. Hai spaccato qualche schiena e ti hanno restituito qualche botta. Ho ragione?” chiese Sano. La sua voce era tornata normale : infatti suonava preoccupata soltanto un poco.

“Non è andata affatto così!” protestò Kaoru.

Sano inarcò un sopracciglio.

Lei bofonchiò qualcosa e fissò il terreno. “La parte della rissa è decisamente esagerata Sano” rispose in un soffio.

“Sei ferita Kaoru?” chiese Kenshin dimenticando la sua consueta formalità.

Kaoru sorrise, notando il passo falso. “Iie, solo un po’ indolenzita. Con quei perdenti non ho neanche dovuto tirare fuori il meglio di me stessa”

“Che, Jou-chan, il tuo spirito indomabile mi commuove. Non sei ferita, hai l’orgoglio ammaccato ma non è niente di serio, no? Possiamo andare avanti con le nostre vite?” chiese, non sentendo altro che il brontolio del suo stomaco.

Kaoru annuì con vigore, felice di non dover raccontare del resto.

“Cosa è successo agli uomini che hanno attaccato il dojo?” chiese Kenshin, non ancora pronto a lasciar cadere l’argomento. ‘Un po’ indolenzita’ aveva detto Kaoru, ma probabilmente stava minimizzando la cosa, poteva avere qualche ferita. Un’immagine mentale di Kaoru che veniva attaccata da uomini della Yakuza gli filtrò nel cervello, e in qualche modo gli fece venire voglia di…forse anche di colpire uno di loro per aver toccato la sua Kaoru. Pensieri così possessivi erano chiari ed ugualmente pericolosi, perché il muro che aveva costruito tra loro stava lentamente, ma inesorabilmente cedendo. Una cosa a cui non lui non era preparato. Non ancora.

“Abbiamo chiamato la polizia di quella città per farli arrestare ed alcuni poliziotti sono anche venuti da qua per dare una mano. Grazie a Dio, il Lupo non era qui, sarei morta dall’imbarazzo se mi avesse chiamato Tanuki davanti agli studenti di Tomizawa-sensei” spiegò lei cercando di cancellare il senso di colpa negli occhi di Kenshin. Perché devi fare questo a te stesso? chiese silenziosamente Ti accusi sempre di tutto…non sai che capisco? Che tu non puoi essere sempre con me. Per proteggermi. Voleva dirgli quelle cose, ad alta voce. Ma cosa avrebbe fatto se lui non avesse voluto ascoltarla? Mou Kenshin! Per uno della tua età sei davvero troppo testardo!

“Sei sicura di non essere ferita Kaoru-dono? Se vuoi posso andare a prendere Megumi-dono per farti dare un’occhiata” si offrì Kenshin.

Kaoru aggrottò le sopracciglia. “Sto bene” disse brevemente.

“Forse dovresti stenderti un attimo, de gozaru. Solo per essere…”

“Ho detto che sto bene! Devo tatuarmelo sulla fronte?” disse stringendo i denti in pura frustrazione.

“Hey! Non essere così brusca con Kenshin. E’ solo preoccupato per te”. Sorridendo scherzosamente Sano aggiunse “Maa, maa, futari-tomo”

Quando i due lo fissarono con un’espressione sorpresa, lui scrollò le spalle. “Bè? Non sono mai riuscito a dirlo. Comunque certe volte voi due vi comportate peggio di me e Yahiko-chan”

Da qualche parte dietro di loro, giunse una flebile protesta “Non chiamarmi CHAN, idiota!” seguita da un breve sbuffo che sembrava più un sospiro.

“Baka! Ma è sveglio o cosa?” borbottò Sano cupamente, allontanandosi. Se il ragazzino era davvero sveglio, ci si sarebbe aspettato una rappresaglia. Il ragazzino rimase immobile. Sano imprecò di nuovo, alzò la testa e osservò Kaoru scusarsi. Heh, questa è una cosa che non capita spesso.

“Gomen, Kenshin. Non volevo essere scortese con te. Sono solo stanca e tu sei sempre troppo preoccupato per me…e… e…” la sua voce era un misto tra un leggero rimprovero e una velata confusione. Arrossì sapendo che stava quasi dicendo cose senza senso. “Comunque, il concetto è : sto bene, per favore non preoccuparti” disse con un piccolo sorriso, cercando di cancellare la preoccupazione dagli occhi violetti di Kenshin.

“Daijobu Kaoru-dono. Non c’è bisogno di scusarsi. Wakatta”. Fece un leggero inchino e i suoi chiari capelli rossi gli schermarono il volto. Era l’unica cosa a cui era riuscito a pensare per mascherare l’espressione di puro desiderio del suo viso. Il desiderio di stringerla tra le sue braccia, di prenderla in braccio, portarla a letto ed assicurarsi che nessun altro provasse ancora a farle del male. Ma si negò quel desiderio profondo. Sarebbe stato troppo presto. Per lei, per lui. Per entrambi.

Tornando al suo allegro ma educato ruolo di rurouni chiese con una punta di divertimento, anche un po’ timidamente, se Kaoru voleva che le preparasse un bagno, suggerendo che l’acqua calda avrebbe alleviato l’indolenzimento.

Sbattendo gli occhi per l’improvviso cambiamento del suo comportamento, Kaoru accettò con gratitudine. “Sarebbe perfetto. Arigato Kenshin. Vado solo a cambiarmi i vestiti. Preparalo tra cinque minuti” e con questo si affrettò verso la sua camera. Pensò assentemente al significato nascosto nel tono che Kenshin aveva usato con lei. Sembrava che si fosse lasciato andare un pochino. Bè, tanto meglio. Questo significava che non avrebbe dovuto usare Ichiro-san…

Arrossì immediatamente al pensiero del giovanotto che le aveva fatto una proposta solo poche ore prima. Detto, fatto! Se solo Kenshin avesse applicato questo principio nella sua vita privata, non avrebbe dovuto accettare di uscire con Ichiro-san. Non che fosse interessata ma….

Bè, non importa, ho ancora un intero giorno per decidere se accettare o meno la sua proposta. Per il momento un bel bagno caldo la stava aspettando.

All’esterno, Kenshin aggiunse altri ciocchi, per essere sicuro che il fuoco rimanesse vivo. Kaoru adorava fare lunghi bagni. Qualche volta mentre lui era lì fuori, lasciava che il profumo di gelsomino gli inebriasse i sensi ed era contento di ascoltare il suo dolce canticchiare. Si chiese come doveva essere condividere un momento così privato con lei.

Lavandole la schiena, baciandole il collo, con i suoi lunghi capelli neri che le scendevano graziosamente sul petto…

“Eccoti qui!”. La voce di Sano lo fece tornare alla realtà. Dolorosamente.

Kenshin diventò di brace. Che diavolo stava pensando? Non era possibile che avesse immaginato…

“Oi! Che diavolo ti succede?” disse Sano, sciabattando fino a lui, e osservando la faccia di Kenshin. Sembrava che il rurouni stesse arrossendo. “Perché sembra che tu abbia appena visto Jou-chan nuda?”

Kenshin biascicò una protesta che in qualche modo gli si bloccò nella gola, e risultò con un colpo di tosse.

Sano diede a Kenshin una pacca sulla schiena che fece quasi cadere il rossino. Rise di cuore “Atta, ragazzi Kenshin, non avrei mai pensato che ne avessi il fegato!” disse congratulandosi con il rurouni che stava ancora tossendo, biascicando e arrossendo. “Bè, ha delle tette più grosse ora?” aggiunse per scherzo.

Un pessimo scherzo, realizzò istantaneamente quando Kenshin gli lanciò un’occhiata assassina. Con gli occhi color ambra, Sano avrebbe dovuto correre più veloce di quanto una persona ci avrebbe messo a dire ‘oro’.

“Sano”

Quello era tutto l’avvertimento di cui aveva bisogno. “Che, Kenshin, stavo solo scherzando” disse Sano con un gesto ondeggiante della mano, la sua unica maniera di scusarsi.

“Lo so Sano. Solo cerca di non parlare di Kaoru-dono in questo modo. Sarebbe molto arrabbiata se ti sentisse”

Si, davvero Kenshin. Sono sicuro che si arrabbierebbe proprio come tu lo sei adesso pensò. “Hai, hai”

Kenshin si alzò in piedi, reclutante ad andare via, notando mentalmente il profumo di gelsomino nell’aria che segnalava che Kaoru si era immersa nella vasca. Udì ancora il suo lieve sospiro di piacere quando l’acqua calda le lambì la pelle nuda. Arrossì di nuovo. “Comunque Sano, cosa stai facendo qui? Pensavo che fossi andato alla clinica di Megumi-dono per dirle che Kaoru-dono è tornata sana e salva”

“Bè, mi sono dimenticato di chiederti una cosa dopo che hai chiesto a Kaoru se voleva un bagno” disse Sano, seguendo Kenshin quando lui entrò nel portico del dojo.

Nessuno dei due notò Yahiko, che stava ancora sognando sulla stuoia del tatami.

“Che cosa hai dimenticato di chiedermi, Sano?” chiese Kenshin, confuso.

“Dov’è finita la commovente e strappalacrime riunione che stavo così ardentemente aspettando? L’abbraccio appassionato? I focosi baci? La promessa d’amore?” chiese con un esagerato sospiro.

“Oro?” fece Kenshin, se non altro perso nello sfoggio di drammaticità di Sanosuke.

“Non provare a dirmi ‘oro’! Kenshin, idiota! Ti sei fatto scappare un’altra grandiosa opportunità! Come hai potuto?” domandò Sano, disgustato dall’eccessiva timidezza di Kenshin.

“Non so di cosa stai parlando!” protestò Kenshin, in un certo modo flebilmente.

“Sai dannatamente bene di cosa sto parlando!” sbuffò Sano.

“No, non lo so” rispose con calma Kenshin. Sperava di evitare la predica che stava arrivando, che al momento aveva parzialmente imparato a memoria.

“Jou-chan! Sto parlando di Jou-chan!”

“Davvero?” chiese Kenshin ostentando un’aria innocente.

Sano scavalcò il dormiente Yahiko ed afferrò il gi di Kenshin. Lo scosse senza pietà. Che, questo è compito di Jou-chan, ma se è l’unico sistema per farglielo entrare in quella testaccia dura…

“Che diavolo ti prende?! Lei torna a casa dopo essere stata aggredita da una massa di cretini e invece di prenderla tra le tue braccia e confortarla, te ne sei uscito con la recita della Perfetta Casalinga del Giappone e le hai preparato il bagno!” il respiro di Sano era rovente contro la faccia di Kenshin. “Ora spiegami che diavolo volevi fare?”

Con gli occhi a spirale, Kenshin allontanò la mano di Sano dal suo gi. “Prepararle il bagno?” chiese dopo che le mucche e le stelline sparirono dalla sua vista.

“Kuso! Kenshin! Sei assolutamente senza speranza! E non venirmi a dire che non volevi stringerla tra le tue braccia. Ho visto l’espressione che avevi. Che cosa ti ha fermato da ammettere finalmente quello che provi ?”

“Kenshiiiiin! L’acqua è fredda! Stai cercando di congelarmi o cosa?”

“Sto arrivando Kaoru-dono” replicò Kenshin, ringraziando silenziosamente qualunque dio lo stesse proteggendo. Non era davvero pronto a rispondere alla domanda di Sano.

“Kaoru-dono!” lo scimmiottò Sano, allontanandosi.

“Hey Sano, dove vai?” chiese Kenshin osservando la figura di Sano che si allontanava.

“Ti direi che questa è un’altra opportunità per sfondare quella porta e scaldarla tu stesso, ma credo che mi diresti solo ‘oro’. A che scopo? Non è che deciderai mai di farti avanti e capire cosa ti stai perdendo. Forse non lo saprai mai”. Sano fece una pausa e si girò. “Un giorno lo capirai e sarà un po’ troppo tardi. Ci sono un sacco di ragazzi qua fuori, e la maggior parte di loro ha anche buoni occhi e il coraggio di chiedere a Jou-chan un appuntamento. Non sto dicendo che lei si concederebbe al primo ragazzo che vede, ma al passo con cui state andando non la biasimerei nemmeno se lo facesse”. Con questo Sano si girò e continuò ad andare via. La parola ‘Aku’ catturava i primi raggi del sole nascente.

“Sano!” chiamò Kenshin, cercando disperatamente che il suo amico gli dicesse che stava scherzando, che Kaoru lo avrebbe aspettato, che apparteneva solo a lui.

Sano non si girò più, scrollò le spalle e gli disse con tutto il sarcasmo che riuscì a radunare “Me ne vado alla clinica della Volpe…dove potrò giocare alla casalinga pulendo le sue siringhe” la sua ombra svanì quando voltò l’angolo.

Lasciando Kenshin da solo. E lui si sentiva solo. Sospirò, lasciando che le parole di Sano si facessero strada dentro di sé. Sapeva bene che quella era la verità, ma se un altro e più meritevole ragazzo avesse colpito l’attenzione di Kaoru, sarebbe stato in grado di farsi da parte e guardarla andare via? Non era più sicuro di nulla.





Nota dell’Autore

Ok , non è poi così male, no? Ma in effetti, quante fic avete letto con la stessa trama? Ugh! Odio quando capisco cosa non va nella mia storia. C&C (commenti e critiche) sono largamente apprezzate.

Vai al capitolo 2 (è questo il momento giusto per supplicare?)

* Adoro gli haiku. Ho scritto l’haiku pensando (ovviamente) a Kaoru. Spero che suoni bene.



Traduzione dei termini giapponesi :




Rurouni : vagabondo

Senpai : termine onorifico usato per rivolgersi a persone di livello superiore, come un compagno di classe o un collega più anziano.

Mou : la tipica espressione di irritazione di Kaoru

Che : espressione di irritazione di Sano. Traducibile con un ‘tks’

Hitokiri : assassino

Tadaima : espressione usata quando qualcuno ritorna a casa. Vuol dire letteralmente ‘sono a casa’

Okaeri-nasai : risposta alla prededente espressione. Vuol dire ‘bentornato’

-dono : suffisso onorifico più antico di –sama ed indicante un notevole rispetto. Kaoru-dono si può tradurre con un ‘signorina Kaoru’

Daijobu : è tutto a posto, va bene

Sessha : in giapponese ci sono molti modi per dire io e sono diversi a seconda della persona che li usa. Il termine neutro è watashi, ma le ragazze dicono atashi (considerato più raffinato e, appunto, femminile) mentre i ragazzi possono dire boku (considerato un po’ rozzo) oppure ore (ancora più rozzo e informale di boku). In questo caso sessha vuol dire ‘questa indegna persona’ e viene usato in modo da lasciar intendere che chi lo usa si mette automaticamente su un gradino più basso della persona a cui si rivolge. In pratica è un modo di dire io umile e sottomesso.

Hontou ni : davvero ?

De gozaru yo : formula grammaticale giapponese che indica un’estrema cortesia e beneducazione, nonché formalità. Kenshin parla in un modo anche eccessivamente educato, come se si stesse rivolgendo a delle persone sconosciute, invece che a dei suoi amici.

Kuso : merda

Sensei : maestro. Termine onorifico riservato solo a coloro che insegnano una disciplina.

Jou-chan : nomignolo con cui Sano chiama Kaoru. Vuol dire ‘signorina’ ed è la forma contratta ed informale di o-jou-san.

Onegai : per favore

Gomen : scusa

Iie : no

Tanuki : i tanuki, ossia procioni, sono degli animali molto presenti nelle leggende giapponesi e si credeva che avessero il potere di trasformarsi, come le volpi. E’ stato Saito ad affibbiare questo nomignolo a Kaoru.

Maa, maa : espressione usata per calmare qualcuno. Si può tradurre ‘su…su’ oppure ‘ehi…ehi’

Futaritomo : voi due

Baka : stupido

Wakatta : capisco, ho capito

Arigato : grazie

Atta : espressione di stupore/gioia. Forse traducibile con un ‘ma dai!”

Hai : si

Tatami : stuoia di paglia intrecciata che funge da pavimento nelle abitazioni tradizionali giapponesi.

Gi : casacca indossata dagli uomini sopra gli hakama (pantaloni)

Aku : cattivo.

Haiku : brevi componimenti in versi sciolti. Fu un genere poetico che fiorì in Giappone nel 17°-18° secolo.



  
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