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Autore: alucard90    25/08/2011    1 recensioni
Questo è il prologo di una storia che scrivo da diversi mesi, anzi, quasi un anno. I capitoli per ora disponibili sono 6 e li pubblicherò appena posso. Iniziamo con il Prologo, e vediamo se piace^^
La storia parla di un ragazzo di campagna, che scopre che la sua famiglia ha origini affondate nella notte dei tempi, e la nonna, madre di suo padre, è una maga leggendaria. Inoltre scopre di avere dei poteri magici che vanno oltre ogni immaginazione, e che purtroppo per lui, lo obbligheranno a fare delle scelte dettate dalla sua figura di Guardiano dell'Equilibrio.
Spero che sia di vostro gradimento^^
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo I

Conoscenze

 

Amos Pendary era un normale ragazzo di campagna, che abitava con i suoi genitori e la nonna ,in una casa nel villaggio La Foglia, nella regione della Terra di Ithil chiamata Ascarion, che ospitava la capitale dell'intera Ithil, Ithilia. Amos aveva un’età indefinita a causa del suo faccino sempre simile a quello di un bimbo, anche se ormai era vicino all’essere dichiarato un uomo. Purtroppo era talmente magro che a prima vista poteva sembrare anoressico, ma che, a detta di chi lo conosceva bene, il suo fisico magrolino lo rendeva estremamente agile. Amos aveva passione sfrenata per la lettura, come solo poche persone hanno. Lui adorava leggere qualsiasi libro, dai manuali di giardinaggio ai romanzi horror con più di duemila pagine. Per lui leggere era diventato facile come respirare, e questo lo aveva portato ad assumere un modo di parlare che rendeva quasi antico il suo modo di parlare; la sua abitudine di leggere tutto ciò che vedeva aveva acuito la sua vista ed era diventato un grande osservatore. Riusciva ad individuare i dettagli più minuti e trascurabili di qualsiasi cosa, cose che nessuno avrebbe notato, meravigliandosi come un bambino per ogni minima cosa. Il padre aveva insegnato a leggere anche ad Amos, poiché lui lavorava con i libri, come suo padre, e suo padre prima di lui. Così Amos aveva iniziato a leggere prima qualche manuale sui fiori, poi, una volta affinata la tecnica di lettura, era passato a leggere libri importanti, come Storia delle Terre di Ithil.

A parte questo, Amos era un semplice ragazzo di campagna, che abitava in una piccola casa fuori città, fatta di pietra che il nonno di suo padre aveva costruito tempo addietro con le proprie mani. Nei pressi della casetta aveva inizio una grande foresta che ricopriva l’intera montagna e che proteggeva il villaggio vicino al quale la casa era stata costruita.

Lui adorava la foresta dietro casa, tanto che si sentiva più sicuro là dentro che in casa; infatti, aveva un posto segreto in quella foresta, che nessuno conosceva. Lo aveva scoperto per caso un giorno mentre faceva una passeggiata esplorativa, per trovare un posto tranquillo dove leggere in tranquillità lontano dal trambusto dei suoi fratelli più piccoli, Lea e Andres.

Era un posto favoloso: circondata da altissimi e altrettanto fitti abeti secolari, una radura ricolma di fiori di campo di mille sfumature di colori. Amos aveva cercato a lungo notizie su quell’albero bellissimo, ma non ebbe alcun risultato, nonostante avesse cercato nella più che fornita biblioteca del padre. Il padre di Amos, Ron Pendary, era un bibliotecario che amava collezionare libri e specialmente quelli antichi di cui poi si prendeva cura, per esempio, sostituendo la rilegatura ormai rovinata o trascrivendo parti illeggibili. Dai compaesani era stato scherzosamente il “Dottore dei Libri”ed era piuttosto famoso nella provincia, tanto che talvolta usciva di casa il mattino, per recarsi nei paesi limitrofi il confine, e rientrava la sera tardi.

 

Il ragazzo aveva trovato, vicino a casa sua, una radura nella foresta dove c’era un albero altissimo alla cui base le radici si sollevavano da terra e creavano una sorta di rifugio, nel quale Amos riuscì a costruirsi la sua piccola reggia. Li si rifugiava quando voleva leggere o quando voleva stare un po’ da solo. In quella piccola casetta ci teneva di tutto: la sua collezione di cristalli che aveva trovato durante le varie perlustrazioni nella foresta; tutte le piante in pericolo di vita della mamma, di cui lui si prendeva sempre cura; la sua collezione di rametti dalle forme strane; i suoi libri preferiti (anche se la mamma gli aveva detto che fuori venivano rovinati dall’umidità, anche se non era mai successo); e infine la sua collezione di spade e bastoni di legno che aveva trovato girando quella piccola radura.

Questo era l’Amos che tutti conoscevano. Quello che nessuno conosceva, lo si poteva trovare solo quando Amos entrava nella casetta nella radura. La passione di Amos era la magia: lui collezionava tutti i libri di magia che riusciva a trovare nella vecchia biblioteca di famiglia. Molti di quei libri erano romanzi su maghi e stregoni, altri veri e propri manuali di magia. Ogni tanto sperimentava le cose che erano scritte sui suoi manuali, ma senza risultati.

Nessuno conosceva i suoi segreti. Nessuno tranne lui. O almeno così credeva.

Un giorno la nonna, vedendolo uscire di corsa dalla stanza del padre con dei libri in mano, lo seguì: la nonna di Amos, era sull’ottantina, ma era una “nonnetta molto energica”, come la definivano i compaesani; era la donna più anziana del villaggio. I ragazzini del villaggio costruivano intere leggende sulla povera vecchina, dicendo che prima era nata lei e poi venne costruito il villaggio di La Foglia. Lo seguì fin dentro la foresta, dove ne perse le tracce. Per fortuna, ad Amos piaceva molto quella casetta e faceva sempre la stessa strada, tanto che si era formato un sentiero che portava direttamente alla radura. Quando la nonna raggiunse la radura, rimase di sasso nel vedere il gigantesco albero che svettava al centro della radura. Individuò subito il rifugio di Amos, e vi si avvicinò con cautela, facendo attenzione a non fare rumore e ascoltando i rumori provenienti dall’interno della casa. Quando realizzò che Amos stava solo leggendo, se ne andò senza fare il minimo rumore, cercando di non distrarre il ragazzo dalla lettura. Il ragazzo non se ne era mai accorto. 

Un giorno, che a giudizio di Amos era come gli altri, successe qualcosa di particolare. Quel giorno, mentre era nella sua casetta, la nonna venne a trovarlo.
<< Nonna?! Che ci fai qua? Come facevi a sapere del mio rifugio? Come ci sei arrivata? La mamma sa che sei uscita? Oddio e ora che faccio?!>> Amos sparò tutte queste domande alla velocità della luce,mentre, con le mani nei capelli, faceva avanti e indietro nell’angusta casetta.
<< Tranquillo nipote, da sempre so che venivi qua per leggere nella tua casetta.>> disse la nonna, tranquillizzando Amos.
<< Ma come facevi a sapere che venivo qua?>> chiese incuriosito Amos.
<< Quando io ero piccola, venivo qua a raccogliere i fiori per mia madre. Tra qualche settimana arriverà la stagione dell’Aria, e vedrai quanti fiori sbocceranno in questa piccola radura.>> rispose la nonna sorridendo. << E poi ti ho seguito, l’altra volta, quando sei scappato con i libri di magia di tuo padre in mano.>> confessò la nonna sorridendo, lasciando esterrefatto il povero ragazzo. Fecero questo discorso mentre tornavano a casa, perché Amos aveva insistito per riportare la nonna a casa. Una volta arrivati, la nonna chiese ad Amos se la poteva accompagnare fino in camera. Quando entrò la vecchia si sedette sulla sua sedia a dondolo, regalatagli dal falegname vicino casa.

La camera della nonna era un posto dove era sempre voluto entrare: non vi era mai stato perché la mamma, quando lui voleva farle visita, lo sgridava dicendogli di non disturbare la povera vecchia. Amos trovò che la stanza della nonna era molto simile alla sua, ma allo stesso tempo molto diversa: si, era grande come la sua, e c’era il letto con il comodino al fianco, ma aveva le tende di un rosa scuro e pieno che davano alla stanza un’atmosfera particolare, quasi magica.
<< Scusa nonna,toglimi una curiosità, prima hai detto di conoscere già quel posto. Ma come? Quando sono arrivato là per la prima volta, la radura era nascosta da un muro alto di cespugli. Da quanto conosci quel posto?>> chiese il nipote preoccupato alla nonna, come sempre, tranquilla.
<< Caro nipotino, conosco quel posto da quando avevo la tua età. Sai anch’io avevo la passione delle passeggiate in mezzo alla natura. E ho tuttora la passione per le piante e le gemme. E ho anche un’altra grande passione. >> disse la nonna, stuzzicando il nipote.
<< Quale altra passione? >> chiese curioso Amos.
<< Seguimi.>> disse la nonna, alzandosi dalla sua sedia a dondolo e dirigendosi verso una parete.
Amos seguì la nonna con lo sguardo, incuriosito, e la vide andare al centro della stanza e sollevare il vecchio tappeto viola, che lei stessa aveva fatto.A un certo punto, la vecchia signora si chinò come a cercare qualcosa. << Hai perduto qualcosa nonna?>> chiese Amos, preoccupato. Senza dar segno di aver sentito,la nonna gli fece cenno di avvicinarsi. << Scusa, Amos, potrebbe tirare su questa tavola? Grazie, io non ho più la forza per certe cose.>> chiese la nonna al nipote.
Amos guardò la nonna e, stupito, si accorse che nel pavimento di legno c’era un piccolo foro, giusto per farci passare un dito. Strano, si disse Amos, non l’avevo mai notato. Non che ci sia salito spesso quassù, però è curioso. Amos si avvicinò, e, curioso, iniziò ad esaminare quel piccolo forellino: provando a guardarci attraverso non si vedeva nulla, solo buio. Poi vide una linea sottile, quasi invisibile, che tagliava sei assi del pavimento tutte alla stessa altezza; poi seguendo la linea con lo sguardo vide che si congiungeva con un’altra linea, e questa con un’altra ancora.
<< Nonna che ci fa una botola in camera tua?>> chiese stupito Amos alla nonna.
<< Ma come… fa niente, lascia perdere. Ora solleva il coperchio.>> disse la nonna, interrompendo subito la discussione.

Amos fece spallucce e obbedì. Infilo il dito nel piccolo foro, puntò i piedi per terra, e tirò. Con suo enorme stupore sentì scricchiolare le assi del pavimento, per poi sentire una sorta di risucchio, come se la botola fosse stata chiusa per molto tempo.
<< Hai visto? Non era poi così difficile. >> puntualizzò la nonna. << Ora spostati, Amos>>disse e, poggiando la mano sul petto del ragazzo e lo spinse delicatamente indietro.
La nonna esaminò il corridoio, poi disse: << Bene si può ancora passare. >> e terminò la frase con un sorriso.

Amos fece per entrare nella botola, ma la nonna lo fermò.
<< Fermo, nipotino mio caro. Non vedi che c’è buio?>> fece notare la Nonna Angela ad Amos.
<< Nonna, guarda che non ho più paura del buio. >> rispose Amos.
<< Non è il normale buio che conosci, questo, nipotino mio caro. È, comunque, ho bisogno di un poco di luce in più. >> disse la nonna, sorridendo all’espressione che colorava il volto di Amos, che in quel momento non sapeva se essere sorpreso della scoperta del corridoio segreto o chiedersi per quale motivo la nonna avesse detto una cosa così ovvia. Si guardò intorno.
<< Nonna, come accendo la luce se non ci sono le torce?>> chiese Amos, notando la mancanza di interruttori in quel corridoio così buio.
<< Mio caro Amos, sei così abituato alle comodità delle torce da non poterne fare più a meno. >> disse la nonna tirando fuori da una tasca interna della sua vestaglia porpora, un piccolissimo oggetto d’argento.
<< Questo, mio caro nipotino, è una scatola d’argento, ma non una qualunque, perché è speciale. >> spiegò la nonna. La piccola scatolina d’argento somigliava ad un’ accendino vecchio stile, e presentava, in rilievo, un disegno di una stella a cinque punte, inscritta in un cerchio e circondata un rametto di edera, le cui foglie erano state decorate con dello smeraldo
<< Nonna! Ma è bellissimo! Dove lo hai preso?>> disse il ragazzo meravigliato da quel piccolo oggettino argentato.
<< Questo, nipotino mio, è un regalo che mi è stato dato in dono da alcuni amici molto speciali. >> rivelò la donna, e finì la frase con un breve sorriso, quasi stesse ricordando qualcosa di bello accaduto in passato. Amos guardò curioso la nonna, ma non osò chiedere.
<< Ora guarda. >> disse la nonna.
Nonna Angela tolse il coperchio alla piccola scatolina, poi pigiò le tre foglioline verdi una dopo l’altra, in senso orario. Ma non successe nulla
La nonna riprovò, ma invano. << Mmmmh. >> disse la nonna con sguardo contrariato. << Che succede, perché non funziona?>> supplicò la nonna.
<> disse Amos.
<< Speriamo di no! >> esclamò la nonna, così improvvisamente da far sobbalzare Amos.
<< Sarebbe un peccato. >> disse Amos.
<< Oh, Amos. Sarebbe molto peggio.>> disse la nonna, senza accorgersi dello sguardo contrariato di Amos, come se avesse detto una cosa troppo strana.
Mentre la nonna provava un altro paio di volte ad accendere il piccolo acciarino, Amos rifletté sul perché quell’affarino si rifiutasse di accendersi. Gli balenò in mente un’idea.
<< Nonna, è possibile che sia bloccato?>> azzardò Amos.
<< No, non potrebbe essere bloccato, perché… Sai che forse hai ragione, ma ci hai preso solo in parte.>> disse la nonna. Improvvisamente, Nonna Angela si illuminò in viso, come se gli fosse arrivata la risposta al loro problema. La nonna strinse in mano l’accendino, poi chiuse gli occhi. Amos guardò la nonna come se si aspettasse di sentirla russare da un momento all’altro.
Ma, fortunatamente non avvenne.
La donna, aprì lentamente gli occhi, e Amos si accorse che avevano cambiato colore, divenendo quasi viola. Poi vide la nonna lasciare andare pian piano l’accendino, prenderlo con l’altra mano e passere l’indice della mano destra sulle tre foglie smeraldine. Ad Amos parvero brillare per un momento, mentre la nonna passava il dito sopra le loro numerose sfaccettature. Poi la nonna, guardò il nipote che la fissava, e gli sorrise. Amos notò che il colore degli occhi della nonna era cambiato nuovamente, tornando a quel castano originale a cui lui era tanto affezionato.

<< Ora, mio piccolo Amos, sono sicura che si accenderà. Sta tranquillo. >> disse la nonna, con la voce piena di sicurezza.
Fece scorrere nuovamente il dito sulle tre foglioline, che restarono illuminate per un periodo leggermente più lungo, e una piccola cascata di scintille dorate e luminose al buio del corridoio. Poi la nonna guardò contrariata, il piccolo affarino, e con rabbia batté le mani una contro l’altra, tenendo la scatolina fra le mani. << Funziona stupido maledettissimo affarino! >> imprecò la nonna, attirandosi lo sguardo scioccato del nipote che non l’aveva mai sentita parlare in quel modo. La donna provò una terza volta: passò nuovamente il dito sulle tre foglioline, di nuovo quelle rimasero accese un’istante, di nuovo le piccole scintille.
La nonna, sotto lo sguardo scioccato del ragazzo, in un accesso d’ira gridò improvvisamente di rabbia dicendo << Dannazione, ACCENDITI!! >>, e dalla piccola scatola d’argento si sprigiono una fiamma viola e luminosa alta un palmo, che gettando la sua luce violacea sulle pareti, illuminava gran parte del corridoio.

Amos si chiese come un affarino piccolo come quello potesse produrre tanta luce.
<< Ah-Ha! Funziona!>> esclamò improvvisamente di gioia la nonna, facendo trasalire il ragazzo.
Dopo essersi ripreso dal piccolo spavento, Amos si complimentò con la nonna per esser riuscita ad accendere il piccolo accendino d’argento. Ma c’era una domanda che gli bussava tra i denti, e Amos non poteva trattenerla, perché doveva soddisfare la sua sete di curiosità.
<< Nonna, ma come mai la fiamma del piccolo accendino non è gialla, ma ha questo curioso colore viola?>> chiese, anche se le sue parole erano state accelerate dalla curiosità.
<< Ti avevo detto o no che questo accendino era speciale.>> rispose la nonna sorridendo maliziosa, e cominciò a percorrere il corridoio, ora illuminato dalla luce viola ametista dell’acciarino speciale d’argento, seguito a ruota da Amos.

   
 
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