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Autore: Ale HP    25/08/2011    2 recensioni
E se Hermione fosse morta, il giorno in cui il Troll, al primo anno, entrò a scuola? È questa la domanda che mi sono posta, prima di scrivere questa FanFiction.
Classificata 8° su 13 al contest Bianca come il latte, rossa come il sangue di Gra Gra 96.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Buonasera popolo di EFP!
Eccomi qui a postare questa FF che ha partecipato al Contest "Bianca come il latte, rossa come il sangue" di Gra Gra 96, classificatasi 8° su 13.
Nonostante non sia un grandioso posto ne sono molto molto molto orgogliosa, per la fatica che ho impiegato a scriverla.
La storia, in più, è stata corretta, dopo aver ricevuto il perfetto giudizio della GiudiciA.
Ho messo l’avvertimento “Incompiuta” in quanto gli avvenimenti successivi, che non ho descritto e non descriverò mai, come gli anni a venire sono diversi, senza Hermione, quindi non avrebbe una fine precisa, e comunque secondo me non finirebbe col settimo libro, anche perché Ron? Ecco, ho detto tutto!
Buona lettura,
Ale HP


Una fine diversa.

 
Quel bagno non mi è mai piaciuto, non che i bagni possano piacere, ma, in questo momento, è l’unica cosa sensata che riesco a pensare.
Osservo distrattamente le mattonelle compiere i lori uguali e perfetti quadrati, mentre una lacrima riga il mio viso.
Già, perfetti.
Non come me: non come la saputella Hermione Granger che si rinchiude in un bagno a piangere e nemmeno come la sola Hermione Granger, che non ha nemmeno un amico.
Sei sola Hermione, nessuno, ora, è qui a consolarti, te ne rendi conto?
Cerco di liberare la mente, di scacciare via quegli inutili e dolorosi pensieri, guardando, stavolta, il soffitto.
È verde.
Perché un soffitto verde per un bagno, che senso ha?
Verde: il colore della speranza, il colore che tuttavia non avevo mai apprezzato; forse perché io non avevo mai avuto la speranza, non ho mai sperato che qualcuno mi diventasse amico, perlomeno non sono mai cambiata per averne uno.
Troverai i tuoi amici essendo te stessa, non devi cambiare, mi diceva la mamma, ma forse si sbaglia.
Come posso essere amica di qualcuno se sono così? Chi mai lo vorrebbe?
Di certo io non vorrei mai avere un amico che mi corregge sempre tutto, che mi fa sempre sembrare un’idiota. E, allora, perché sono così?
E, specialmente, perché devo soffrire in questo modo?
Il dolore è necessario perché il mondo diventi realtà, mi aveva detto un giorno la McGranitt.
Io non l’avevo creduta, come non la credo tutt’ora. Provare dolore non significa vivere, significa solo provare dolore.
Poi, un rumore improvviso mi riporta alla realtà, e un po’ impaurita esco dal tanto sicuro gabinetto.
Alzo la testa lentamente, restando sconvolta da quello che vedo: un Troll, un gigantesco e puzzolente Troll.
Osservo attentamente la faccia verdognola ricoperta di pustole e tagli vari che mi guarda con aria assorta, per quanto tempo rimarremo così? Per quanto ancora potrò ritenermi salva? Poco, direi.
E, infatti, ho ragione.
Il Troll, dopo i pochi secondi in cui era rimasto a meditare, scaglia la sua clava contro di me, che, di scatto, mi nascondo sotto la fila regolare di lavandini.
È strano, sto qui a cercare di salvarmi, perché poi? Per continuare ad essere presa in giro?
Per cercare di realizzare il mio impossibile sogno?
No, grazie.
Avere amici non fa proprio per me, non è nei miei geni socializzare. Sono brava con lo studio, sono intelligente, ma socializzare no.
Così, mi fermo, aspettando che la clava arrivi pesante sulla mia testa.
È una morte veloce, lo so.
Chiudo gli occhi, accasciandomi a terra: è finita, finita per sempre.
Non dovrò continuare a sperare più che un giorno qualcuno mi venga vicino dicendomi “Vuoi essere mia amica?”
Ora sono morta, il mio corpo è vuoto, privo di ogni cosa, e io sto bene.
Niente più dolore, è finalmente finita.
 



 
   
 
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