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Autore: apochan kenshiro    26/08/2011    0 recensioni
Diletta è una ragazzina normale, come tante: frequenta la seconda media, studia, si diverte, ha la sua prima cotta... ma basterà una giornata e vivrà un'avventura completamente fuori dal comune...
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Salve, sono apochan kenshiro... pubblico per la prima volta qui fra le storie comiche... spero che le premesse vi abbiano incuriosito...
Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paris, mon amour


 

Il folle inseguimento per i vari itinerari aurostradali e Télépage, riprese senza tanti complimenti dopo nemmeno una mezz'ora: il diversivo all'autogrill era stato sufficiente a staccare Diletta da Massimo per alcuni minuti; poco dopo lei lo aveva nuovamente intercettato fra lo sconforto dei Bellinzoni, ormai succubi della figlia, ed il panico dei Casoni, ormai pallidi e cianotici, dopo aver dato corpo ed anima per la guida nervosa e spericolata del familiare.

Ormai erano ore che si rincorrevano in modo estenuante nel cuore della Francia. Addirittura alle catastrofi ed agli incidenti che provocavano si aggiungevano nell'inseguimento frotte di auto della Polizia e della Gendarmeria, auto mediche ed ambulanze, furgoncini ed elicotteri di emittenti televisive, tutti alle loro costole.

"AHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!! O'Marunn'santissimannunziataverginepurissimabeatadonnasenzapeccato!!!!!!!!!!!! Che cosa abbiamo fatto di male!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!"; la signora Casoni era scoppiata all'improvviso in un pianto isterico, cominciando a snocciolare ad una velocità impressionante i grani di un rosario, mentre marito e figlia erano praticamente abbarbicati a lei, privi di vitalità, ormai smorti. Massimo, alla guida, non era di animo diverso da quello della madre:"Ma', ti prego finiscila!!!! Già ho voglia di suicidarmi, non ti ci mettere anche tu!!!!!!!!!!" "Ma figghiu meu!!!" "Dobbiamo trovare una soluzione, in fretta!!!!!!". E quando il turpiloquio con la madre arrivò al culmine, così, come una santa apparizione, talmente benedetta che la signora Casoni fu sicura di aver visto la Madonna, Massimo vide la salvezza: un cartello autostradale. Ma non un cartello qualsiasi, IL cartello. Su quella magnifica lastra di metallo catarifrangente, dipinta verde e bianco, stavano scritti i nomi di due città: Lion e Paris. La soluzione venne spontanea nel cervello disperato del primogenito di famiglia Casoni: avrebbero tagliato verso Parigi, eliminando la città della Loira dal loro itinerario.

Al bivio per la seguente autostrada, Massimo fece un'inchiodata pazzesca, facendo andare i familiare a salutare la tappezzeria della macchina. Mise senza pensarci la quinta e schizzò a tutta birra verso la capitale dell'amore. Quello che però non aveva calcolato, ancora una volta, era la prontezza di riflessi di Diletta. Alla ragazzina, infatti, non sfuggì la manovra frettolosa (ed anche rumorosa) della sua preda; ma ormai era fatta ... tanto valeva tentare la sorte ...

Dopo innumerevoli e tutti infruttuosi tentativi di depistaggio, inseguito ed inseguitrice arrivarono infine a Parigi. Attraversando a velocità folle gli Champs Elysées, si catapultarono oltre Place Charles De Gaulle, per poi fermarsi, dopo aver travolto folle di innocenti pedoni, proprio sotto la Tour Eiffel.

Massimo parcheggiò come meglio poté (leggasi: decisamente in mezzo alla strada), lasciando la sua famiglia ad una sorte sicuramente migliore, per poi lanciarsi a rotta di collo su per gli scalini dell'altissima torre di ferro. Diletta non tardò a raggiungerlo, parcheggiando l'auto in perfetto stile fantozziano (leggasi: decisamente sul tettuccio della station wagon dei Casoni). La scena che si presentava ai parigini ed ai molti turisti era completamente assurda: mentre Massimo trafelato e con il fiato corto saliva a stento i ripidi scalini dell'emblema francese, Diletta calma e tranquilla, dopo aver impedito ad una ben nutrita folla di ostacolarla ed avendola convinta con uno sguardo luciferino, saliva su su dentro il piccolo ascensore, fischiettando allegramente.

Poco dopo i cento metri di altezza, scale ed ascensore si incrociarono e Diletta salutò agitando la mano Massimo, che alla vista della coetanea lanciò un urlo belluino. Massimo prese in sè una scarica di adrenalina talmente forte che riuscì a colmare le distanze che c'erano fra lui e la vetta della torre, dove svettava il tricolore blu, bianco e rosso. Arrivò paonazzo in cima, dove si aggrappò alla piccola antenna di ferro, per cercare di prendere fiato. Piano piano riprese un colorito decente e la sua mente cominciò a ragionare in modo più lucido. Lui si trovava a Parigi. Sulla Tour Eiffel. In cima. All'asta della bandiera. In uno spazio minuscolo. Senza via d'uscita. Ricominciò improvvisamente a sudare freddo comprendendo l'inutilità della sua mossa; capì che in ogni caso era la morte: o Diletta o il suolo. Si guardò nervosamente intorno cercando di scorgere una miracolosa via d'uscita, magari segnalata da un grosso cartello al neon ... Ma ancora niente: solo le nuvole, il suolo e qualche piccione di passaggio ... Il nervosismo aumentò, quando alle sue orecchie giunse attutito, ma nitido, il rumore del campanello di apertura delle porte dell'ascensore; pochi metri più sotto Diletta era giunta all'utlimo piano. Quando poi vide sbucare una riccia capigliatura castana, Massimo capì che la ragazzina lo stava raggiungendo.

In pieno attacco di panico, l'apparentemente insensata ricerca di salvezza del ragazzo ricominciò: doveva pur esserci qualcosa, no?!?! Pensò che non avrebbe disdegnato niente, neanche un passaggio da un piccione ... La frenetica ricerca continuava, mentre nella sua visuale era già entrata la vista completa della ragazza, che ora sfoggiava due enormi occhi a cuoricino; vagò ancora un po' con lo sguardo, quando infine vide qualcosa di giallo sotto i suoi piedi. Velocemente si sporse dalla cima aggrappandosi all'asta, come King Kong sul Crysler Building, e quello che poté osservare gli fece riaccendere la speranza: un bunji – jumping stava lì appeso all'intelaiatura di ferro.

Facendo la mossa più avventata e fulminea del secolo, afferrò la striscia in gomma e la fermò alle sue caviglie con una mano, poi, sportosi per qualche millesimo si secondo a gambe unite e a braccia aperte e tese, prese il respiro e si lanciò:"Geronimo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!". Dopo qualche secondo che lui rimbalzava già, attaccato alla corda elastica, a pochi metri da terra, Diletta raggiunse la bandiera. "No, amore mio, ora ti raggiungero!!!!!!!!!!!!!!!!", e la ragazzina fece la cosa più assurda ed impensabile: cominciò smanettare con le mani sotto la sua maglietta, per poi estrarre un reggiseno di pizzo rosa taglia 4. "Arrivo!!!!!!!!", e detto ciò si lanciò anche lei nel vuoto, utilizzando il suo indumento intimo come paracadute.

Massimo nel frattempo era riuscito a sganciarsi, impattando violentemente proprio sulla berlina dei Bellinzoni, ancora sopra la station wagon di famiglia. Si liberò in fretta del bunji – jumping, poi saltò giù dalle macchine massaggiandosi l'enorme bernoccolo che aveva in fronte. Non perse però tempo, catapultandosi fuori dai vialetti e dalle aiuole erbose intorno alla torre; si lanciò dunque in una strada attigua, alla ricerca di un luogo in cui nascondersi. Percorsi pochi metri avvistò un elegante bistrot, in cui fulmineo entrò correndo. "Monsieur, posso ...", il maître non fece in tempo a spiegarsi, che già Massimo occupava un piccolo tavolo in disparte, nascosto dietro un alto menù.

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Diletta aveva visto schizzare via il suo adorato tesoro, mentre leggiadra come un elefante in una cristalleria atterrava anche lei sul tettuccio dell'auto dei suoi. Saltò giù agile come uno struzzo e seguì la scia di polvere che il ragazzo aveva sollevato. Vagò imbronciata per alcuni minuti, finché, una volta addentratasi in una stradina, i suoi occhi si illuminarono come di fronte alle porte del Paradiso, con S.Pietro davanti: un lussuoso bistrot parigino! Udendo la sua pancia brontolare e reclamare a gran voce il cibo, non si fece pregare due volte ed entrò travolgendo il povero maître. Occupò il primo tavolo che trovò, cominciando a chiamare a gran voce il cameriere:"Garçon!!!!!!!!!! Il menù!!!!!!!!" e fu la fine ...

Un piccolo cameriere si avvicinò a lei portando quanto richiesto, poi, dopo che ebbe ispezionato da cima a fondo la vasta gamma di cibi, arrivò inevitabile la domanda dell'ometto:"Allora, mademoiselle, cosa desidera?" "Tutto." "Come prego?" "Tutto quello che c'è sul menù! Il mio pancino brontola!" "Come desidera lei, mademoiselle ...". Il cameriere sconcertato si recò in cucina a riferire; lei fu sicura di udire un ovattato "Sacre bleu!", ma poi fece correre, non facendoci caso e non capendo perché il blu doveva essere sacro.

Passò circa una mezz'ora, poi, tutte insieme, arrivarono le portate, che occuparono per intero il tavolo rotondo. Gli occhi della ragazzina brillarono e l'abbuffata cominciò. Nel frattempo un'ombra sgusciò via ...

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La famiglia Cirilli era da poco atterrata all'aeroporto di Parigi e Samuele era sinceramente contento. Quando era tornato a casa da scuola i suoi genitori gli avevano detto che dovevano partire immediatamente per la capitale francese, perchè il padre aveva erroneamente prenotato in quei giorni quella che doveva essere la loro vacanza pasquale. Era veramente irritato dal fatto che il suo amico Massimo fosse partito, lasciandolo in balia di Diletta: la ragazza infatti non era solo infatuata di Casoni, ma aveva una cotta per entrambi gli amici. Quella partenza inaspettata, quindi, si era proprio rivelata come il classico "due piccioni con una fava".

Samuele, dunque, fatti i dovuti controlli e recuperati i bagagli, si diresse all'uscita con i genitori. Arrivato sotto l'entrata dell'aeroporto, notò uno schermo gigante postò sopra le porte scorrevoli, che recava scritto sul margine superiore "Benvenuti! I luoghi più belli di Parigi in tempo reale". Gettò incuriosito uno sguardo proprio mentre in sequenza venivano mostrate le immagini della Tour Eiffel. Impietrì, sperando di avere le allucinazioni.

Il signor Cirilli si avvicinò al figlio, toccandogli leggermente la spalla. "Tutto bene, figliolo?".


 

To be continued ...


 


 


 


 


 

Eccomi ancora qua! Le cose cominciano ad essere seriamente demenziali: inseguimenti da polizieschi fatti da dodicenni senza neanche un patentino, bunji – jumping, reggiseni – paracadute e bistrot saccheggiati ... Chi avrà la meglio in tutto ciò? È cos'avrà visto di così terrificante Samuele? I Cirilli saranno indenni dal massacro genitoriale? Finirò di parlare da sola come se di fronte a me ci fosse un'immensa platea? Le risposte a tutto ciò nel prossimo capitolo ...

Colgo l'occasione per ringraziare i pochi coraggiosi che hanno intrapreso la lettura, non restando altro che augurarvi buona fortuna (spero che manteniate la sanità mentale dopo aver letto questa roba ...).

Alla prossima! 

  
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