Ho sempre pensato che
nella vita i problemi li avevo soltanto io. Con l’andare degli anni, mi sono
accorto che i problemi ce li hanno tutti, veri o immaginari che siano, e che
ogni giorno ci combattiamo, perché è quello che dobbiamo fare se vogliamo vivere.
Francesco, ad
esempio, (che in questo momento potevo vedere in bagno mentre si lavava i
denti, con indosso le braghe a righe del pigiama, a torso nudo come un rude
soldato) era ossessionato dall’apparire. Quando si andava in giro insieme, le
poche volte che ancora uscivo con lui, si cercava nel riflesso delle vetrine,
stava sempre ad aggiustarsi i capelli, a controllare il bianco dei suoi denti,
i fianchi sopra la vita dei pantaloni… Capirete da soli che averlo vicino mi
procurava un leggerissimo fastidio, più o meno pari al fastidio che si ha
quando ti schiacciano i pollici con un martello.
Altri invece, come i
vari fidanzatini di Francesco, erano ossessionati ciascuno dalle manie più
diverse. La più comune era quella della pelle, che per loro doveva essere
sempre perfettamente in ordine e liscia come quella di un bebè. In secondo
posto nella hit parade delle preoccupazioni c’era l’esigenza di fare sesso
tutte le sere con qualcuno diverso, oppure con sempre lo stesso, che
puntualmente non inviava il tanto sospirato sms.
Insomma, ognuno nella
vita ha la sua croce. Per i giovani obesi come me, la nostra croce era tutto
ciò che avesse avuto a che vedere col cibo. Cibo, mangiare, bilancia, dieta… ed
una di queste preoccupazioni era proprio lì, sempre ai piedi del mio letto,
come una silenziosa guardiana.
- D’accordo, te lo
ripeterò ancora una volta. Io non piaccio a te, tu non piaci a me. Ma se
dobbiamo convivere in questo piccolo strano mondo, vediamo di rispettarci
reciprocamente – le dissi, guardandola dall’alto in basso, anche se l’inversione
dei ruoli era palese. – Coraggio – dissi di nuovo, salendo sulla pedana – Dammi
buone notizie. –
Dopo un breve
tentennamento, che nella mia testa suonava sempre come il bip ripetuto di un gioco televisivo a premi dove si faceva girare
una ruota e doveva uscire il numero più alto, la bilancia finalmente diede il
suo responso.
Centonove chili e
trenta grammi.
Mitico, per un giorno
sono sotto i centodieci!
Fate
largo, arriva sua maestà il principe dei belli! Ciambellano, inizi ad
organizzare i cartellini con il turno, uscirò con ognuno di questi baldi giovani
a cui piaccio tanto pensai, ridendo amaramente.
Dal bagno, ancora con
lo spazzolino ficcato in bocca ed un rivolo di dentifricio liquido che colava
da un angolo della bocca, Francesco mi guardava sghignazzare. Arrossii
istantaneamente e mi precipitai a chiudere la porta, togliendo a Francesco il
gusto dello spettacolo che quasi ogni mattina si godeva.
Mi guardai intorno.
La mattinata si prospettava interessante, e dato il mio abbigliamento (portavo
solo il mio paio di boxer neri con il teschio bianco sulla patta), avevo già in
mente quale sarebbe stato il programma. I miei programmi furono però
brillantemente sconvolti dalle tavole che avevo imbrattato ieri. Dandy Landy ed
i suoi amici erano praticamente diventati blu, irrimediabilmente macchiati. Con
un dito carezzai l’immagine del bel ragazzo che io stesso avevo creato, allo
stesso modo in cui una madre carezzerebbe il suo bambino che si è sporcato… e
lo guardai. Ancora una volta, anche se macchiato, Dandy riusciva ad essere
splendido come quando usciva dalla mia matita. Tempo fa avevo letto un romanzo,
di cui non ricordo il nome dell’autore, in cui c’era uno scrittore che aveva
creato questo personaggio talmente bene, ma talmente bene… che se ne innamorò. Nel
libro era anche descritto come lo scrittore fosse stato talmente abile nel
caratterizzare il personaggio, che ogni volta che pensava a lui, lo vedeva come
una persona vera. Ora, non pensate che io sia pazzo o cosa, e nemmeno che sia
così bravo a caratterizzare i miei personaggi… però, diamine, devo dire che
quel Dandy sembrava vero anch’egli. Talmente vero che… che…
Un momento.
Guardai meglio le
tavole imbrattate di colore blu.
Avrei messo la mano
sul fuoco che ieri avevo disegnato una sequenza che li vedeva in una specie di
foresta amazzonica, mentre oggi la foresta amazzonica sembrava essersi dissolta
nel nulla. Guardai anche le pagine precedenti. C’erano soltanto gli amici di
Dandy, che scherzavano e giocavano, ma dello sfondo… nessuna traccia.
Distorsi le labbra in
una smorfia di incertezza, poi mi voltai verso la porta, pensando a Francesco.
Immediatamente scartai l’ipotesi.
Ma
no, che cosa vai a pensare. Ti sembrerebbe possibile che entrasse in camera tua
solo per cancellare i tuoi disegni? E poi come cavolo ha fatto a cancellare
così bene il background senza intaccare i personaggi? Per fare una cosa del
genere ci vuole Photoshop, e tu lo sai benissimo…
- In più, era con me
ieri sera… - mormorai, quasi senza accorgermene. Quei fogli erano stati
defraudati del background, quindi i soli personaggi in quel contesto non erano
altro che delle mere fotografie, come quelle che si fanno quando si intraprende
la carriera fumettistica, lo studio del corpo umano e delle proporzioni.
E c’era dell’altro.
Guardai meglio anche
Dandy Landy, per non tralasciare nulla.
La sua espressione
era cambiata. Non era più sorridente come lo era stata ieri.
Ora era più sul
preoccupato.
Incredulo, mollai
lentamente i disegni sul tavolo inclinato, spensi la luce della stanza e
afferrai due stracci da mettermi addosso. Quella mattina non sarei rimasto in
casa.