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Autore: luceterea    28/08/2011    4 recensioni
Avanzava leggero, splendente nella divisa celeste e i suoi piedi, calzanti solidi stivali neri, parevano non toccare il terreno.
Quando giunse davanti a Madamigella Oscar si fermò e le fece il saluto militare, portando rapidamente alla fronte la mano destra e sbattendo i tacchi con la maestria di un ballerino.
Alzati gli occhi verso il comandante, sorrise.
“Marcel de Lemaire, ai vostri ordini, Comandante”.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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15
Maschere (Credete forse…?)

 
Andrè fronteggiava gli alti cancelli dorati del Palazzo Reale, accigliato.
Scavalcarli sarebbe stato impossibile, e anche passare attraverso le sbarre.
Non posso di certo passare dalla porta d’ingresso pensava, irritato, lanciando un’occhiata verso quella parte in cui i cancelli erano spalancati, invitanti.
Quel che però vide lo lasciò perplesso.
Gruppi numerosi di persone, uomini, donne e bambini, varcavano i cancelli. Erano tutti vestiti in modo più che bizzarro, anzi!, vi erano alcuni unicorni, qualche fata ed bambini abbigliati come tanti piccoli paggetti.
Ma cosa sta succedendo?si chiese, confuso.
All’improvviso sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Spaventato, si voltò di scatto e il trovarsi faccia a faccia con un orso polare non fece che accrescere la sua confusione.
“Ma guarda un po’!” esclamò una voce dall’interno della folta pelliccia candida “Che bel costume, signore! Molto realistico! Interpretate il ruolo di stalliere con una vera e propria maestria! Sembra quasi che non siate travestito!”
“Oh…ehm, grazie” riuscì a dire Andrè.
“Siete davvero calato nel personaggio, Monsieur! Permettetemi però di dirvi che vi manca una maschera da mettere sul viso.” proseguì l’orso.
“Davvero? Oh che disdetta! Devo avere smarrito la mia!” esclamò Andrè, fingendosi preoccupato.
“Non temete! Ecco, prendete questa!”
Lo strano personaggio rovistò per un po’ all’interno del costume e, infine, estrasse una piccola maschera nera.
“Ne porto sempre una di scorta!” disse allegramente “Ve la regalo! Ecco, ora siete proprio perfetto! Adoro le feste in maschera del duca d’Orleans! Si ha sempre l’occasione di conoscere gente nuova! Beh, ci rivedremo dentro, immagino!”
Dopo avergli stretto calorosamente la mano, l’enorme plantigrado, barcollando, varcò l’ingresso del palazzo.
Andrè lo seguì con lo sguardo, attonito. Fissò la maschera che aveva in mano e la indossò.
Beh, tentar non nuoce…si disse fra sé e sé, mescolandosi tra la folla.
Con sua somma felicità, passò inosservato agli occhi delle guardie ed entrò senza problemi all’interno del Palazzo Reale.
 
**
Dorian trascinò Oscar per le scale, sempre più su finché non arrivarono al secondo piano, dove si trovavano le stanze padronali.
Aprì una porta e la spinse dentro.
Dopo essere entrato dietro di lei sbatté l’uscio e chiuse a chiave.
La stanza era molto spaziosa, anche se scarsamente illuminata, dato che le finestre erano sbarrate. La mobilia era molto semplice e ricercata: un letto a baldacchino, un guardaroba in legno massiccio, una specchiera che occupava tutta la parete e, in un angolo, un pianoforte bianco. Una perfetta stanza per gli ospiti.
Dorian, giratosi verso la ragazza, sfoderò di nuovo quel suo smagliante sorriso.
“Mettetevi pure comoda, mia cara” disse, indicando il letto.
Oscar, dopo avergli lanciato un’occhiata sprezzante,  si sedette su una poltrona di velluto rosso, collocata in un angolo, vicino alla finestra.
“Non c’è motivo per cui dobbiate fare l’offesa con me” disse Dorian, infilandosi le mani in tasca.
Oscar lo fissò con uno sguardo omicida.
“Come? Come potete affermare una cosa del genere?” ringhiò.
Dorian la guardò, inespressivo.
“Siete un bugiardo!” continuò la ragazza.
“Il mondo ne è pieno…” mormorò il russo.
“E con questo? Io mi fidavo di voi. E siete una persona del tutto diversa da quella che mi avete fatto credere di essere!”
“Beh, mi stupisce molto che un colonnello delle guardie reali abbia riposto la sua fiducia in un uomo che conosceva da nemmeno un giorno. E poi…non ho fatto nulla che voi non desideravate, o sbaglio?” disse.
Oscar arrossì per un istante.
 “Voi…voi mi avete ingannato!”
Il volto di Dorian fu attraversato da un lampo d’ira. Strinse i pugni, tanto forte che le sue nocche, già candide, sbiancarono.
“E CREDETE CHE MI ABBIA FATTO PIACERE FARLO?” ruggì inaspettatamente, rovesciando un tavolino con un calcio.
Oscar ammutolì di colpo, spiazzata.
“Credete che abbia provato gioia nel puntarvi un pugnale alla gola, sapendo che alla minima pressione vi avrei ucciso? Credete che mi abbia fatto felice picchiarvi senza ritegno poco fa? Credete che mi sia divertito ad ascoltare le ignominiose storie che i cortigiani di Versailles tessono sul vostro conto? Pensate forse che io non abbia tremato d’orrore quando il duca mi ordinò di uccidervi, non appena Maria Antonietta gli avesse consegnato la lettera per il re? Credete forse che sia stato facile, per me, portare sul volto la maschera del freddo assassino?” proseguì imperterrito Dorian, incollerito.
“Credete che non mi sia costato dolore portarvi qui, stasera?” il russo si avvicinò a grandi passi alla ragazza e, poggiando le mani sui braccioli della poltrona su cui era seduta, bloccandole i movimenti.
“Siete davvero convinta di tutto questo?” sussurrò, a ridosso delle sue labbra.
Oscar ancora non parlava. Le parole parevano aver perso ogni forma nella sua mente. I pensieri si accavallavano, furiosi, alla ricerca di una possibile risposta a quella valanga di domande che il ragazzo le aveva vomitato addosso.
Corrugò la fronte, confusa. Non riusciva a ragionare lucidamente: sentiva il respiro di Dorian sul viso e sul collo, le sue ginocchia sfioravano quelle di lui.
I capelli castano chiaro del russo le solleticavano il volto, la camicia, leggermente sbottonata, gli scopriva il collo bianco. La sua pelle profumava di pesca.
E i suoi occhi zecchini la fissavano e sembravano frugarle l’anima.
Oscar rimase immobile, inchiodata allo schienale della poltrona, incapace di compiere qualsiasi movimento, avendo paura quasi di respirare.
Dopo averla osservata per qualche attimo, Dorian si rimise dritto e si allontanò di qualche passo, dandole le spalle.
“Vorrei che voi ascoltaste una storia, Oscar. La mia.”
 
**
 
Andrè si guardava intorno, spaesato.
L’enorme sala da ballo del Palazzo Reale era gremita di ospiti, indossanti i più svariati e buffi costumi. La musica era assordante e il ragazzo si rese conto di trovarsi proprio accanto all’orchestra. Decise di spostarsi, dirigendosi verso la parte opposta della sala, in un angolino buio e vuoto.
Vide il signore vestito da orso che si avvicinava a lui.
Doveva assolutamente evitare qualsiasi conversazione e cercare il luogo dove erano rinchiuse Oscar e la regina.
Troppo tardi.
“Oh! Ecco il nostro stalliere! Come va signore? Vi divertite?”
Andrè cercò di assumere un’aria serena e disinvolta.
“Oh certo Monsieur! La festa è davvero splendida, quasi quanto i balli di Versailles!”
“A quanto ne so, però, a Versailles è da molto tempo che non si danno balli” disse, pensieroso, l’enorme mammifero.
“Ehm…già. E’ a causa del viaggio in Spagna di sua Maestà la Regina…di solito è a lei che piacciono molto le feste danzanti, mentre suo marito il Re predilige ambienti più tranquilli..” Andrè sudava freddo. Il discorso si stava spingendo verso un argomento pericoloso.
“Capisco. Ma la Regina dovrebbe tornare presto credo. E’ passato quasi un mese dalla sua partenza. Sarebbe ora che rientrasse alla Reggia, non pare anche a voi?”
Andrè deglutì.
“Sono sicuro che sua Maestà tenga molto al suo Paese e al suo popolo, Monsieur e credo che presto ritornerà a Versailles, non sopportando di lasciarlo orfano della sua sovrana”
L’orso rise. Una risata bassa e terribile.
“Ah si? E anche Madamigella Oscar la pensa così?”
Andrè sbiancò.
“Non rispondete? Eppure come suo attendente dovreste conoscere il suo punto di vista sulla questione, Andrè Grandier. Oh, che sbadato! Molto probabilmente non vi siete mai posti il problema, dato che la Regina alloggiava a Palazzo Jarjayes, e voi eravate troppo fiduciosi nella buona riuscita della sua messinscena per preoccuparvi di cosa avreste fatto in caso contrario, non è così?”
Andrè era come paralizzato, spalle al muro.
Dopo un’altra breve risata lo sconosciuto rimosse la testa irsuta dell’orso dalla sua.
Il Duca d’Orleans sogghignò di fronte all’espressione atterrita di Andrè.
“E ora seguimi, damerino! E senza fiatare, se non vuoi che sveli il vostro prezioso segreto a tutti i presenti”.
Andrè, con le spalle al muro, obbedì, e precedette il duca verso una porta, lungo delle scale, fino ai sotterranei.
 
**
 
Dorian passeggiava, su e giù per la stanza, in silenzio.
Sembrava cercare le parole adatte per cominciare.
 
“Dovete sapere, Oscar, che io nacqui in uno squallido quartiere di Mosca. Mia madre era tornata nella sua patria dopo aver lasciato il servizio di una delle più prestigiose famiglie francesi. Mi raccontava sempre molte storie sulla casa in cui lavorava e sulla famiglia che serviva. Mi diceva di aver abitato in un grande palazzo dai cancelli dorati, con stanze enormi e soffitti altissimi. Mi diceva che molto spesso si organizzavano grandi balli, in quel palazzo, e che la gente che vi partecipava indossava abiti sontuosissimi. Quando ricordava quel periodo della sua vita, le brillavano sempre gli occhi. Non mi disse mai per quale motivo avesse lasciato la Francia fino al giorno in cui morì. Eravamo molto poveri, i posti di lavoro erano molto pochi. Mia madre guadagnava qualche soldo pulendo i pavimenti dell’ospedale e io ero affidato alle cure di una vecchia vicina. Inevitabilmente, data la scarsissima igiene del luogo in cui lavorava, la penuria di cibo e il rigido clima, mia madre si ammalò gravemente. Ma, sul letto di morte, accarezzandomi piano la testa, mi rivelò, finalmente, il segreto del mio passato. Così scoprii di essere il figlio di un nobile francese, il suo giovane padrone, che, nonostante fosse sposato, si divertiva a frequentare i letti di alcune cameriere. Mia madre rimase incinta e, per evitare lo scandalo, mio padre la scacciò immediatamente  da quella casa e la rimandò in Russia. Poco prima di morire riuscì a sussurrarmi nell’orecchio il nome del mio nobile genitore” Dorian si interruppe.
Oscar lo aveva ascoltato, paralizzata, fino a quel punto. Dato che il silenzio dell’uomo si prolungava e con un orribile presentimento che le gravava sul capo come una spada di Damocle, chiese: “E…qual era il suo nome?”
Lo sguardo di Dorian, che fino ad allora era rimasto fisso sul pavimento, tornò a posarsi su di lei.
“Mi disse: tuo padre si chiama…Philippe, Philippe d’Orleans
 
 
 
Continua…

oook! lasciatemi dire che non sono molto sicura di questo capitolo.
spero che possiate comunque apprezzarlo (anche se un po' breve) ;)
fatemi sapere, come sempre!
albazzurra
  
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