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Autore: koigumi    28/08/2011    1 recensioni
Da dieci anni ormai aveva smesso di farsi chiamare Lizzy.
Così come accadde al piccolo conte Phantomhive, anche lei smise di sorridere.
Non indossò più abiti rosa. Dimenticò di amare le “cose carine”.
Genere: Dark, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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2. IN THE ARMS OF THE Devil

La carrozza si arrestò davanti ad una piccola villa poco distante dal centro di Londra.

Era la Town House della famiglia Phantomhive, dove molti anni prima si recava il conte assieme ad alcuni suoi conoscenti per poter servire più da vicino la regina Vittoria. Dalla morte di questi, la casa passò al presunto casato dei Phantom, fino ad allora nascosto nell’ombra. Ma stranamente la casa risultava essere abitata anche nel periodo che seguiva la chiusura della season.
Il conte scese dalla carrozza e, seguito dal suo maggiordomo, entrò nella villa.

L’interno era ben curato: la tappezzeria, cambiata da poco, risplendeva di un brillante color turchese; le tende pesanti di velluto, accostate ai lati delle finestre, lasciavano filtrare i raggi di un sole appena sorto.

In effetti erano ancora le prime ore del giorno. Quella notte si era rivelata più movimentata del previsto.

“Una volta trovata, il gioco è fatto!” gli aveva suggerito Sebastian poche ore prima della festa. Ma chi poteva mai immaginare che l’anima perfetta per Ciel fosse anche quella a lui più cara?

Ciel si accasciò su una grossa poltrona foderata di pelle rossa. Il suo maggiordomo si accomodò proprio di fronte a lui, poggiando su di un tavolino un vassoio con delle tazze da tè vuote.

-“Dannazione!”
-“Suvvia, non si abbatta signorino. Stiamo parlando dell’anima perfetta: è ovvio che vi si presenti qualche ostacolo di fronte!”
-“Non potrei semplicemente cercarne un’altra?”
-“La probabilità di trovare un’altra anima simile a quella di Lady Elizabeth è di una su … vediamo, un milione! Dovrebbe ritenersi fortunato del fatto che non ha dovuto faticare tanto per trovarla. In effetti dieci anni sono un’inezia in confronto ai secoli che occorrono a un demone qualunque per trovare la sua prima perfect soul.”
-“E tu la chiami fortuna questa? Il fatto che la mia prima perfect soul sia l’anima dell’unica persona a me cara rimasta su questo mondo … tu la chiami fortuna?!”
-“Signorino, non mi faccia la predica. Essere demoni non è una passeggiata: lei non sa ancora di quali atrocità si dovrà macchiare le mani una volta stipulato il suo primo contratto!”
-“Quello è l’ultimo dei miei pensieri: ho dovuto già passarne abbastanza quando ero in vita …” -“In ogni caso la sua decisione deve essere presa il più presto possibile. Ho notato che, durante la vostra conversazione, lo sguardo di Lady Elizabeth indugiava molto sul suo occhio destro. Adesso io non vorrei crearle altre paranoie, ma eviterei di perdere altro tempo qui alla Town House. C’è una grossa probabilità che la marchesina possa scoprire il significato del marchio e, a quel punto …”
-“ … possa invocare un demone?”
-“Esattamente. E in quel caso lei …”
-“… io perderei la mia anima perfetta.”
-“Purtroppo è così.”

Il piccolo conte si alzò di scatto dalla sua poltrona.
-“Se è così, Sebastian, allora ho deciso: prenderemo la sua anima, prima che qualcun altro possa precederci!”
-“Pardon, signorino: ma se, per caso, la remota possibilità che la marchesina abbia già stipulato un contratto fosse diventata realtà ancor prima del nostro arrivo, allora …?”
-“In quel caso il discorso non cambia: voglio quell’anima e la otterrò. Costi quel che costi!”
Così dicendo il conte lasciò la stanza, dirigendosi verso il corridoio della casa e lasciando il suo maggiordomo ancora accomodato sulla poltrona nel salotto.
Questi, con un’aria rassegnata, cominciò a riordinare le tazze nel vassoio. Dopo di che si portò una mano alla fronte ed emise un leggero sbuffo.

-“Ah … ‘costi quel che costi!’, eh conte? Come se non sapessi già che il lavoro sporco toccherà tutto a me.”


*************


Come al solito, qualche istante dopo la fuga in carrozza di Ciel e Sebastian, alla festa sopraggiunse Scotland Yard. Stranamente nessuno degli invitati ricordava niente dell’accaduto, eccetto Elizabeth, la quale però non confessò nulla alla polizia, ma si limitò ad informare gli agenti che si trovava in giardino per via della polvere che la soffocava.

Dopo esser stata riaccompagnata alla sua residenza da una carrozza di Yard, Elizabeth fu accolta da un vigoroso abbraccio della madre, la quale era stata in ansia per tutta la notte.
Dopo aver spiegato alla famiglia l’accaduto, tralasciando ovviamente la descrizione dell’incontro con Ciel e Sebastian, Elizabeth si diresse in camera sua e lì si accasciò pesantemente sul suo voluminoso letto a baldacchino, decorato con pizzi e fodere di un delicato color panna.

Chiuse gli occhi per un istante: nella sua testa giravano mille pensieri, a volte un po’ sfuocati, altre volte molto più nitidi. Non si sarebbe aspettata di rincontrare il suo Ciel tanto facilmente, ma sapeva in cuor suo che doveva comunque provarci.
Quale dei tanti particolari le sarebbe servito per poter rivedere il suo amato? Forse il nome del casato? Ma no: ‘Phantom’ era un nome troppo comune. E poi, conoscendo Ciel, avrebbe di sicuro fatto in modo tale da rimanere nell’anonimato.

Poi Elizabeth si ricordò di un particolare. Un particolare che aveva attirato la sua attenzione qualche istante prima che il maggiordomo comparisse: era uno strano disegno nell’occhio destro del conte. Lo ricordava nei minimi particolari: il disegno geometrico di una stella che, con le sue cinque punte, toccava il cerchio che la circondava, a sua volta inserito in un cerchio spinato.

-“Non sarebbe possibile attribuirlo ad un gioco di luce” disse “molto probabilmente questa è la chiave per arrivare al mio Ciel!”

Cominciò a disegnare quello strano simbolo su alcuni fogli della sua camera, sperando di poter trarre qualche risposta. Il disegno era quello giusto, ma Elizabeth non era in grado di ricollegarlo a nessun significato in particolare.
Con le mani ancora sporche di inchiostro si accasciò nuovamente sul letto.

In quel preciso istante entrò nella camera la sua cameriera Paula, portando con sé un vassoio stracolmo di dolci come colazione per la marchesina appena tornata.

-“Buongiorno signorina Elizabeth: la signora marchesa mi ha detto che sarà sicuramente stanca ed affamata, quindi mi ha ordinato di portarle un’abbondante colazione a letto.”
-“Grazie Paula. Lascia pure il vassoio sulla scrivania: mangerò appena mi sarò ripresa.”
Elizabeth fece segno alla sua cameriera di poggiare il vassoio.

Paula si avvicinò alla scrivania della sua signorina e notò con stupore le macchie di inchiostrò su tutto il legno. Poggiò il vassoio e fece per voltarsi, quando con il piede sinistro colpì un piccolo foglio accartocciato per terra. Aprendolo notò il disegno che qualche istante prima Elizabeth aveva fatto e, con aria preoccupata, si diresse verso il letto dove era distesa la sua signorina.

-“Signorina, cos’è questo disegno?!”
-“D-Dove l’hai preso? Pensavo di averlo gettato via!?”
-“La prego, signorina: dimentichi qualsiasi cosa abbia a che fare con simboli del genere! Sua madre non glielo perdonerebbe mai!”
-“Aspetta! Tu sai cosa significa quel simbolo?!”
-“Signorina, non sono nata ieri. So per certo che questo è un pentacolo!”
-“Ascoltami Paula: ho bisogno che tu mi dica cosa significa questo simbolo. Non fraintendermi, io non c’entro nulla con tutto ciò, ma questo potrebbe essere l’unico indizio concreto per risanare definitivamente una ferita aperta oramai da dieci anni!”

Gli occhi di Elizabeth si riempivano di lacrime ad ogni parola che pronunciava. Così Paula abbassò lo sguardo e ripose il foglio, prese un fazzoletto di seta e asciugò le lacrime della sua signorina. Poi si sedette sul letto, al fianco di Elizabeth.

-“Signorina, davvero lei non sa cosa significhi questo simbolo?”
-“Non ne ho la più pallida idea …”
-“Beh, allora credo che non la rallegrerà sapere …”
-“Sapere cosa?”
-“… sapere che questo è uno dei più famosi simboli per riti satanici.”

Un’espressione di sconcerto apparve sul volto di Elizabeth: cosa c’entrava Ciel Phantomhive con i riti satanici? Ma soprattutto: perché quel simbolo era stampato sul suo occhio? Il fatto che portasse la benda anche prima di dieci anni fa stava a significare che faceva parte di una setta satanica ancor prima di scomparire? Forse fu la perdita dei suoi genitori che lo portò a fare delle scelte sbagliate?
Molte erano le domande che affliggevano la povera Elizabeth, ma una sola era la certezza: per poter rincontrare il suo amato Ciel avrebbe dovuto affrontare le sue paure e cadere tra le braccia del demonio.

La sola idea le faceva accapponare la pelle, ma oramai non era più una bambina. Poteva decidere di dimenticare tutta questa faccenda, sposare Lord Alley e lasciare che la sua vita le scivolasse addosso, dicendo addio ai suoi sogni e alle sue speranze di ragazza.

Oppure poteva decidere di saltare nel vuoto, seguire l’unica ed incerta strada per arrivare alla felicità e abbandonare i suoi fantasmi del passato. Il percorso si sarebbe rivelato più arduo del previsto perché, arrivati a quel punto, nulla si ottiene senza prima sacrificare qualcosa.

-“Paula, ho bisogno di documentarmi su questa faccenda: portami tutti i testi che riesci a trovare riguardanti riti e sette sataniche.”
-“M-Ma, signorina: quel genere di testi sono vietati!”
-“… se non l’hai capito, quello era un ordine.”
-“Farò del mio meglio, signorina.”

Così dicendo la cameriera si congedò da Elizabeth, lasciandola nuovamente da sola nella sua camera. L’adrenalina era a mille: avrebbe attraversato le porte dell’inferno solo per Ciel. Oramai ne era più che convinta e niente le avrebbe fatto cambiare idea. Quando Ciel era “in vita” si era sempre adagiata sugli allori, consapevole che nulla avrebbe distrutto quella tranquillità. Dopo, il dolore le ha impedito di provare emozioni. Adesso, invece, aveva un obiettivo da raggiungere e nulla da perdere.

-“Riti satanici … Certo che sei davvero bravo a metterti nei guai, eh Ciel?”




NELLA CAMERETTA DELL'AUTORE
Salve, gente! Grazie ancora per aver trovato il tempo da dedicare alla mia fan fiction!
Come promesso, ecco a voi il secondo capitolo!
L’ho postato velocemente perché lo avevo già preparato un mese fa, assieme ad altri 4 capitoli seguenti, per un totale di 6 capitoli già pronti!
Non potete immaginare quanto mi venga difficile scrivere questa storia:
ogni momento libero della giornata lo impiego per pensare a cosa scrivere nel capitolo seguente ma, quando mi ritrovo davanti al pc … PUFF! Tutto svanito!

Io me lo dico sempre: la mia musa mi odia! XD

In ogni caso spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento (anche se come capitolo non è il massimo, visto che alla fin fine è solo informativo).
Ma vi prometto che nel prossimo ci sarà molta più “azione” (non inteso come “combattimenti”, ma come “scene fondamentali nella storia”).

Alla prossima, miei cari!

   
 
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