Il
professor Snape passò l’intera notte a leggere
ripetutamente il pezzo di
pergamena stropicciato, le parole ogni volta nuove, sorprendenti ed
impossibili.
Non
poteva essere vero. No. Era un brutto scherzo di chissà
quale mente malata.
Quando
avrebbe scoperto il colpevole lì’avrebbe pagata, e
cara. Bastava fare qualche
ricerca, qualche domanda, e l’indirizzo di quella Jenson
sarebbe spuntato
fuori.
Faceva
la spia per Silente da quasi vent’anni. In confronto a
ciò era come andare a
comprare il latte.
La
stazione di King’s Cross era piena di bambini, adolescenti ed
adulti. Bauli,
gufi, gatti, persone… Era come camminare in un mercato,
pieno di urla, dove
ogni persona ti strattonava e spingeva da ogni parte.
Il
binario 9 ¾ era descritto da tutti come un
“ritrovo felice”, un grande treno
rosso e nero diretto nel posto dove tutti i giovani maghi sognavano di
andare.
I
genitori, man mano che i loro figli salivano sul treno, salutavano
felici e,
per coloro che accompagnavano i pargoli per la prima volta, qualche
lacrima
felice faceva capolino dagli occhi.
Passò
mezz’ora ed il treno iniziò a sbuffare per
l’impazienza per poi partire piano
piano verso Hogwarts.
Guardando
dal finestrino la stazione allontanarsi sempre più una
leggera angoscia
prendeva lo stomaco. Sembrava come se tutto il colore e
l’allegria avesse
lasciato quel posto, con persone simili a fiammiferi immobili e
solitari che
scomparivano nel vapore.
Il
Ragazzo che è Sopravvissuto, Hermione Granger e Ronald
Weasley, erano rintanati
nel solito scompartimento che per ben sei anni li accompagnava in quel
viaggio.
Hermione raccontava felice delle vacanze passate con i suoi genitori
babbani
senza dimenticare, però, la nostalgia per i suoi migliori
amici. Ron guardava
speranzoso la ragazza, intromettendosi ogni tanto per fare quelle
domande
idioti che solo i maghi purosangue che non hanno mai avuto a che fare
con i
babbani sanno fare. Harry raccontò, invece, delle sue
meravigliose avventure a
casa degli zii: la paura di sua zia e suo zio dopo aver saputo del
padrino
ricercato, i regali che facevano a suo cugino e le maree di volte che
avrebbe
preferito essere baciato da un Dissennatore piuttosto che passare un
altro
giorno in quelle mura.
Raccontò
loro anche dei gufi che si scambiava con Felpato; il suo unico
“parente”
rimasto. Sirius Black viveva in ogni parte dell’Inghilterra,
troppo ricercato
per permettersi di sostare a lungo in qualche posto, persino a
Grimmauld Place
Numero 12.
Continuarono
a parlare a lungo, mentre le distese verdi fuori dal finestrino
annunciavano l’avvicinarsi
dei confini della scuola.
Non
si voltarono quando la porta dello scompartimento si aprì,
credendo di trovare
i grossi occhiali colorati di Luna o il faccione di Neville.
Invece
una ragazza prese posto nel sedile libero, accanto a Harry, trascinando
il suo
baule, lo zaino ed il cane ai suoi piedi.
Nessuno
parlò; almeno per i primi trenta secondi.
Non
avevano mai visto quella ragazza, ed i tre ne avevano passate tante a
scuola
per considerarsi degli esperti.
Restarono
semplicemente a guardarsi negli occhi, in silenzio, quando Hermione
proferì:
-Il
posto per i bagagli è sopra le cuccette.-
La
giovane alzò un sopracciglio scuro ben curato ed ai due
ragazzi ghiacchiò il
sangue nelle vene.
-Ed
a me cosa dovrebbe importare?-
Hermione
rimase a bocca aperta. Non voleva essere scontrosa, soprattutto con
qualcuno
che non conosceva ma, nello stesso tempo, si sentiva stupidamente quasi
“padrona”
di quel piccolo pezzo di locomotiva.
-Lo
spazio è ristretto e credo staresti più comoda
senza tutti quei bagagli ai
piedi.-
Se
c’era una cosa che stupiva sempre Ron e Harry era
l’assoluta capacità di
Hermione di mantenere il sangue freddo nelle situazioni complicatie.
La
ragazza sembrò pensarci su, carezzando la testa del cane
seduto ai suoi piedi.
Non aveva voglia di parlare, non aveva voglia di conoscere persone che
avrebbe
dovuto salutare forse entro un anno. Sbuffò, alzando lo
sguardo alle griglie
stracolme sopra le loro teste.
-Se
metto anche il mio baule il quelle griglie arrugginite
rischierò di uccidere
qualcuno. Santa manna se reggono quel peso e, credetemi, non sono
dell’umore
per scegliere a chi dovrà cadere in testa-
La
voce della ragazza era… Adorabile.
Fu
così che il trio la definì quando ella ebbe
elaborato la frase. Era armoniosa,
come una cantante.
-E
poi tra poco dovremo essere arrivati al castello.
Nell’opuscolo che rilasciano
alla stazione c’è scritto che il treno impiega tre
ore, circa, per raggiungere
la meta. Dovrebbe mancare poco.-
La
giovane si voltò a guardare i compagni occasionali di
cuccetta.
Sorrise,
gli occhi scuri come la notte che cercavano di trasmettere un qualche
briciolo
di sentimento positivo.
Ma
non ci riusciva. Si sforzava con tutta se stessa ma non ci riusciva.
Era
la decima scuola in soli sei anni e conosceva così tanti
nomi da poter scrivere
un libro a riguardo. Aveva passato un anno a studiare un intero
progetto
scolastico da sola, su libri comprati con i suoi soldi,
perché in quell’indecifrabile
anno avrebbe studiato ciò che già aveva imparato
l’anno precedente in un'altra scuola.
Era
stufa.
Era
arrivata persino a minacciare sua madre se non l’avesse
mandata in una scuola
per conseguire un attestato. Le mancavano solo due anni, due, e
l’Inghilterra
era la sua terra natale. Era altrettanto stufa di dover studiare con
vari
dizionari e traduttori da uno stato all’altro.
Perché sua madre non poteva
scegliere un altro lavoro? Perché non l’aveva
abbandonata? Perché non l’aveva
semplicemente data in custodia a qualche prozio, prononno,
pro-chi-le-pare,
purchè studiasse decentemente l’arte della magia
senza dover fare il baule ogni
anno e, alle volte, dover lasciare la scuola entro la sua fine?
Si
passò una mano sulla fronte per poi scendere sui lunghi
capelli corvini che le
arrivavano fino a metà spalle.
Era
stufa, certo, ma quei tre ragazzi non avevano colpa della sua sfortuna.
Tornò
a puntare i suoi occhi scuri sulle tre figure rinaste pietrificate, con
strane
espressioni, a guardarla.
Alzò
di nuovo un sopracciglio.
-Beh,
che sono quelle facce?-
Subito
i tre si ripresero e si scambiarono dei falsi sorrisi.
“Si
inizia bene” Pensò la giovane mentre tornava ad
accarezzare la testa morbida
del cane.
-Che
carino… Cos’è?- Domandò
Hermione curiosa, tentando un altro approccio.
-Un
cane-
-Si,
certo, dicevo di che razza si trattava- Ron mimò le parole
“Si è sbagliata!” ad
Harry con occhi sgranati.
-E’
un Border Collie, ha un anno.- La ragazza alzò lo sguardo
posandolo sulla
riccia, facendo un sorriso. –Scusate, non mi sono presentata.
Purtroppo è la mia
decima scuola e non sono mai dell’umore giusto il primo
giorno. Mi chiamo Rose.
LilyRose Jenson.-
La
giovane tese la mano al gruppo, stringendo con vigore e sorridendo a
tutti.
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Salve
a tutti. Ero partita volendo scrivere l’ingresso a Hogwarts
ma alla fine mi
sono soffermata troppo sul treno.
E’
un capitolo un po’ corto, spero sia di vostro gradimento.
Ringrazio
in anticipo chi ha la pazienza di leggere la fan fiction e, se vuole,
di
commentare, e per tutti coloro che l’hanno inserita nelle
seguite/preferite.
Alla
prossima.