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Autore: _hurricane    29/08/2011    15 recensioni
Kurt Hummel è un ragazzo molto particolare, di quelli che forse incontri una sola volta nella vita. E’ fiero di sé stesso ma mai spavaldo, pungente ma mai arrogante, e tremendamente impacciato nelle questioni di cuore.
Kurt Hummel è un ragazzo speciale, così speciale che difficilmente potresti trovare un altro come lui… ma quando Blaine, solista dei Warblers della Dalton Academy, incrocia il suo sguardo in un negozio di dischi, non sa che dentro quegli occhi azzurri si nasconde una bugia.
"E intanto Kurt sentiva il suo profumo, e il cuore di Blaine che batteva proprio sotto il suo orecchio, che sembrava chiamarlo e ipnotizzarlo.
Come se battesse per lui.
Cercò di ignorarlo, perché un cuore, un organo fatto di tessuti, carne, vene e sangue, non batte per nessuno se non per il corpo a cui appartiene. Non batte per nessun motivo, se non per assicurare la vita a colui che lo possiede.
Eppure quel battito regolare, più accelerato a tratti – che strano, sembrava più veloce proprio quando Blaine inspirava tra i suoi capelli – alle sue orecchie non appariva meccanico e ripetitivo. A lui sembrava musica."
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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6 That light in your eyes

 

 

“Stai scherzando?!” esplose Colin quella sera a cena, davanti alla sua coscia di pollo con patatine.

“Non è che a forza di vivere con me sei diventato un po’ melodrammatico, Colin?” rispose Kurt con sufficienza, alzando un sopracciglio.

“Melodrammatico? Melodrammatico?! Mi stai chiedendo di trasferirmi dal McKinley soltanto per evitare che il tuo fidanzato mi veda con te! Oh, aspetta, non è nemmeno il tuo fidanzato!” sbottò Colin alzando una mano al cielo.

“Diciamo che avrei preferito dalla città, o dall’Ohio, ma forse è un po’ eccessivo.”

“Oh beh, grazie! E tu non dici niente?!”

I due fratelli si voltarono verso Burt, intento a masticare un pezzo di pollo strappato coi denti dalla coscia che teneva tra le mani unte.

L’uomo sgranò gli occhi e deglutì, sentendosi come penetrato da quei due sguardi chiarissimi. Già il doverne reggere uno era quasi impossibile, figurarsi tutti e due contemporaneamente.

“Uhm, beh, ecco… Kurt, credo che tuo fratello abbia ragione.”

Kurt alzò un sopracciglio e agitò le mani in segno di disapprovazione, prima di tornare ad infilzare con la forchetta la sua insalata.

“Forse…” - azzardò suo padre, con l’aria di chi si aspetta di ricevere un piatto addosso da un momento all’altro – “…dovresti dire la verità a questo ragazzo.”

“Oh si, certo, perché non ci ho pensato prima? Sai Blaine, il ragazzo che hai visto al negozio di CD e che hai squadrato dalla testa ai piedi, e quello che poi hai incontrato in caffetteria e hai invitato alla Dalton, beh, indovina? Non sono la stessa persona! Della serie: come azzerare le proprie possibilità con un ragazzo in cinque minuti o meno.”

“Magari la cosa gli farebbe piacere. Magari è una specie di… fantasia gay, immaginare due gemelli, sai” disse Colin trattenendo una risata.

Kurt sbattè i palmi sul tavolo.

“Ma quanto sei stupido?!” gridò prima di alzarsi e dirigersi a grandi passi verso la sua stanza.

Quando ci arrivò, si chiuse la porta alle spalle e vi si accasciò contro, lasciandosi sfuggire un profondo sospiro.

Aveva fatto un casino. Un vero e proprio casino.

Forse suo padre aveva ragione, sarebbe stato meglio dire la verità sin dall’inizio. In fondo Blaine aveva notato tante differenze, lo aveva quasi fatto sentire scelto, proprio come lui desiderava. Ma che cosa avrebbe fatto, se avesse scoperto di avere opzioni, possibilità?

Colin non era gay, certo, ma questo non cambiava le cose. Non avrebbe impedito a Kurt di pensare costantemente al fatto che Blaine, in tutta probabilità, si sarebbe chiesto come sarebbero andate le cose se lo fosse stato. Perché era inutile negare che anche lui se lo stava chiedendo.

Colin era carino. Beh, ovvio, era uguale a lui.

Era intelligente, nonostante andasse male in buona parte delle materie semplicemente per mancanza di interesse.

Era simpatico, ironico, certe volte molto irritante in realtà, ma era certo che a Blaine piacessero i tipi sfacciati e aperti come lui piuttosto che le persone timide e riservate.

Si vestiva malissimo, o almeno era così per Kurt, che sin da piccolo desiderava organizzare un falò con le magliette hardcore di suo fratello. Ma quella era una cosa facilmente rimediabile, e Blaine di sicuro non era un tipo così superficiale.

Perché il punto non era l’aspetto fisico. Non poteva esserlo: non c’era niente che li distinguesse. Blaine aveva notato Colin al negozio di CD soltanto perché c’era Colin in quel negozio. Era solo una coincidenza, e Kurt non era così stupido e insicuro da non capirlo.

Il punto era un altro: lui sarebbe sempre stato il secondo. Quello scelto perché beh, era lui il gemello gay. Tutto qui.

Il che derivava, più che altro, da una scarsa se non inesistente autostima di Kurt. Quando si trattava di vestiti o di canzoni, Kurt per se stesso era il migliore, sempre. Ma quando si trattava di ragazzi, improvvisamente si trasformava nella persona più insicura del mondo, e il senso di inferiorità che provava nei confronti di Colin di certo non aiutava.

Così prese una decisione, mentre se ne stava lì seduto sul pavimento, contro la porta. In un modo o nell’altro, avrebbe impedito a Blaine di scoprire dell’esistenza del suo gemello. Così Blaine avrebbe continuato a frequentarlo, ignaro di tutto, e chissà, magari si sarebbe innamorato di lui, di lui e basta.

E poi, se e quando sarebbe successo, Kurt gli avrebbe presentato Colin, e a quel punto Blaine sarebbe stato troppo innamorato di lui per arrabbiarsi più di tanto, avrebbe capito le sue paure ed insicurezze, e non avrebbe corso il rischio di avere dubbi tra loro due.

Kurt odiava mentire, ma in fondo sarebbe bastato non nominare Colin affatto e le sue bugie non sarebbero aumentate ulteriormente.

Il problema era che Colin non sembrava intenzionato ad assecondarlo, e non potendo rinchiuderlo in un bunker in Estremo Oriente per il resto dei suoi giorni, l’unica cosa da fare era tenere Blaine lontano da Lima, e soprattutto dal McKinley.

Ma c’era una cosa che Kurt non sapeva, perché se l’avesse saputa, di certo non avrebbe messo in piedi un piano del genere.

Kurt non sapeva che Blaine non aveva fatto altro che pensare a lui da quando si erano separati. Non ai suoi pantaloni attillati, né alla lacca dei suoi capelli. Pensava a lui.

Non avrebbe fatto alcuna differenza sapere che quello del negozio era un altro, perché Blaine si era innamorato di qualcosa di impalpabile e impossibile da spiegare, qualcosa che era certo di non aver visto in quel negozio, perché altrimenti se ne sarebbe già innamorato quel giorno.

Si era innamorato della luce negli occhi di Kurt. Aveva passato un’ora buona a domandarsi come avesse fatto a non vederla la prima volta. Forse non l’aveva notata proprio perché era la prima volta, ed era troppo preso dal suo aspetto per carpire qualcosa di così profondo e intenso?

No, impossibile. Quando lo aveva visto seduto al Lima Bean, l’aveva trovata così accecante che non c’era la più piccola possibilità che passasse inosservata, persino nel locale più affollato.

Forse semplicemente non c’era? Forse Kurt non era minimamente interessato la prima volta, e quella luce derivava dal fatto che avesse cambiato idea nei suoi confronti?

Forse. Ma a Blaine i conti non tornavano comunque. Era fin troppo pretenzioso credere che un bagliore del genere dipendesse da lui. Credere che non fosse semplicemente insito nel suo essere. Era troppo… bello, e speciale, e Blaine non si credeva così speciale da poter provocare qualcosa del genere in un’altra persona.

E infatti, c’era una cosa che lui non sapeva.

Non sapeva che quella luce non c’era la prima volta, semplicemente perché quello non era Kurt. Ovviamente non poteva saperlo.

E forse non lo avrebbe saputo per molto altro tempo.

 

* * *

 

Kurt odiava la frase “Ci sentiamo”. Era banale, terribilmente generica, specialmente se poi significava passare le giornate ad aspettare che l’altra persona si facesse effettivamente sentire.

Dopo più o meno tre giorni, si rese conto che forse Blaine era in attesa della stessa identica cosa. In fondo, era stato Blaine a chiedergli il numero di cellulare, ad invitarlo alla Dalton e poi a prendere un caffè. Forse glielo doveva.

Guardò il suo i-Phone in silenzio per quasi mezz’ora prima di afferrarlo con fin troppa convinzione e iniziare a digitare sullo schermo “Ciao Blaine, come va?”

Anche quello era banale, e terribilmente generico. Ma era il massimo a cui era riuscito a pensare per non sembrare già innamorato perso.

Blaine rispose poco dopo con un altrettanto generico “Tutto bene, e tu?”

Era evidente che la prima mossa toccava a lui. Inspirò profondamente.

“Bene, grazie… ti andrebbe di mangiare qualcosa insieme? Se non hai da fare, ovviamente.”

“Certo! Breadstix alle 8?”

Kurt si illuminò.

“Ok, ci vediamo lì, a più tardi!”

Posò l’i-Phone sul comodino e voltò lo sguardo verso l’armadio.

“E adesso, che cavolo mi metto?”

 

 

   
 
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