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Autore: Astrea_    30/08/2011    0 recensioni
Ali è una ragazza solare, allegra, vivace, fidanzata da una vita ed oltre con il suo primo grande vero amore, ma non disposta ancora a credere nei “per sempre”.
Cam, invece, è studiosa, diligente, seria, innamorata dell’amore che non ha mai conosciuto ma che aspetta e cerca con pazienza e devozione.
Poi c’è Mimi, quella bella, seducente, attraente, troppo convinta che l’amore sia soltanto una scusa per chi non ha il coraggio di affrontare la realtà.
Ed infine c’è Aria, intelligente, acida, perfezionista, troppo occupata a fuggire dall’amore stesso per essere davvero in grado di riconoscerlo.
Cosa lega queste quattro ragazze? Semplice, un’amicizia che di normale non ha proprio nulla, o forse tutto, ma è per questo che ve la racconterò…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WALL

-What A Lovely Life-

Capitolo 2: What you wouldn’t think about me

CAMILLA’s pov
8 ottobre 2011

La conoscenza formale, prettamente legata allo studio dei libri e alle ricerche attendibili sviluppate su manuali cartacei grandi quanto un palazzo di Manhattan, sarebbe stata sufficiente a rendermi una delle persone più sagge tra i miei coetanei? Perché un libro e un paio di occhiali da riposo sortivano sugli adolescenti lo stesso effetto di una mela marcia in un negozio pieno di leccornie su un bambino? Perché l’arte di dare una definizione specifica per ogni cosa era divenuta uno squallido diversivo per pretendere di conoscere ciò che non rientrava nel nostro giro d’azione?
Mi rigirai, mentre ero ancora stesa sul letto. Spesso mi capitava di perdermi tra i mille pensieri e ragionamenti che la mia mente si trovava a formulare senza neppure il mio esplicito consenso. Io, Camilla Discriva, ero per definizione una secchiona. Io, Camilla Discriva, odiavo le definizioni e la conoscenza nozionistica. Io, Camilla Discriva, ero davvero stanca dell’insulso e falso mondo di cui gli altri continuavano a circondarmi. 
Alzai leggermente il volume della musica le cui note si propagavano per tutta la stanza. Socchiusi gli occhi, lasciandomi trasportare dalla crude e dolce verità raccontata in modo così semplice e diretto dal mio adorato Ligabue. In quel momento era come se intorno a me si creasse una bolla di sapone, o meglio una meno fragile e più resistente campana di vetro, la cui funzione non era quella di isolarmi dal resto del mondo, ma di proteggermi, di accogliermi, di offrirmi un posto sicuro al riparo da intemperie e problemi, lontano da tutto e da tutti.
Sobbalzai lievemente quando il cellulare vibrò all’improvviso contro la mia gamba. Subito ricordai dell’appuntamento che avevo con le altre e d’istinto controllai l’orologio: erano esattamente le cinque e mezzo di sabato pomeriggio.
Presi il cellulare e svogliatamente sbloccai la tastiera e mi decisi a leggere il messaggio. In poche chiare e concise righe Arianna mi rendeva nota la loro posizione, lontana da me esattamente una rampa di scale e pochi metri.
Scesi all’ingresso per aprire il cancello e il portone.
“Camilla, tesoro, sono le tue amiche?”, domandò mia madre sbucando dalla cucina.
“Si.”, risposi frettolosamente senza prestarle troppa attenzione.
“Stasera andrete alla festa?”, chiese mio padre intromettendosi in quella che pensavo fosse una conversazione già chiusa.
“Si.”, confermai anche questa volta per nulla interessata.
Mi fissarono per un po’, mentre io, sulla soglia della porta, evitavo accuratamente di voltarmi verso di loro.
“Ciao Cam!”, mi salutarono varcando la porta, ma immediatamente notarono la presenza dei miei.
“Salve!”, salutò Alice con un sorriso a trentadue denti, subito imitata anche da Arianna e Noemi, la quale teneva uno strano e voluminoso borsone stretto tra le mani e a giudicare da come lo portava doveva essere anche piuttosto pesante.
Decisi di troncare immediatamente quella scena quasi patetica in cui i miei squadravano come fossero radar o investigatori me e le mie amiche per carpire informazioni.
“Noi andiamo su a prepararci!”, annunciai trascinando al piano superiore le mie amiche.
“Allora Cam, hai già deciso cosa indossare?”, mi chiese Mimi lanciando un eloquente sguardo al borsone che trascinava sulle scale.
“Si, pantaloni neri, tacchi e camicia.”, annunciai senza entusiasmo buttandomi a peso morto sul mio letto.
“Sapevo che avresti risposto così!”, disse entrando con le altre nella mia stanza.
Aveva gli occhi fissi su di me, con uno sguardo a metà tra il divertito e il maligno.
“Ed è per questo che ci sono qua io!”, trillò con una voce che mi penetrò dritta nel cervello. Si, io, Camilla Discriva, temevo terribilmente le idee spaventosamente poco razionali e radicali di Noemi Acrirubi, soprattutto quando aveva a disposizione ben quattro ore ed un’unica cavia: io. 

8 ottobre 2011

Eravamo appena arrivate alla festa con un leggero voluto ritardo, secondo le precise direttive di Noemi.
La musica già invadeva forte e prorompente tra le quattro mura del locale, mentre le luci psichedeliche ruotavano senza sosta. Qualcuno già si scatenava in pista, strusciando i corpi l’uno sull’altro, mentre la maggior parte dei presenti era intenta a fare conversazione, alias tempo di rimorchiare. I più audaci erano già in prossimità del bar, mentre sorseggiavano drink che di lì a poco gli avrebbero fatto perdere la completa lucidità.
“Salve ragazze!”, ci aveva salutate Davide non appena ci aveva viste prendere posto su dei divanetti.
Mimi sorrise alla sua vista, mentre il ragazzo calò leggermente il capo per poterle lasciare un bacio tutt’altro che puro e casto. Si, la storia con Leonardo, come previsto, non era durata molto, così dopo pochi giorni di fidanzamento e uno di lutto, la mia cara amica aveva deciso di trovarsi già un altro ragazzo: Dave, come lo chiamava lei.
Li guardai e involontariamente sentì il mio volto piegarsi in una smorfia di disgusto per quei due che pomiciavano così, sui divanetti di una discoteca, conoscendosi da solo pochi giorni, davanti a tutte noi.
Anche Arianna non sembrava soddisfatta, ma di certo lei era più tollerante a riguardo rispetto alla sottoscritta.
L’attenzione di Alice, invece, era stata catturata dall’arrivo del suo fantastico fidanzato, il quale le aveva immediatamente proposto di andare a ballare e lei, senza pensarci troppo, aveva accettato.
Guardai Arianna negli occhi e, con uno sguardo d’intesa, decidemmo di spostarci da lì.
Ci alzammo contemporaneamente, ma Noemi non parve neppure accorgersene, e ci dirigemmo ai margini della pista. Indecise sul da farsi, iniziammo ad ondeggiare, muovendoci lievemente a ritmo di musica.
“Ciao Arianna!”, esclamò Matteo avvicinandosi a noi con un sorriso stampato in faccia.
“Ciao Teo!”, rispose ricambiando il saluto. “Lei è Camilla, una delle mie migliori amiche!”, dichiarò presentandoci.
Matteo allungò la mano, sorridendomi, ed io lo imitai, stringendogliela.
“Sono felice di conoscerti! Arianna mi ha parlato tanto di voi, di te!”, disse sempre sorridendo.
A quel ragazzo doveva piacere davvero molto la mia amica! I suoi occhi avevano iniziato a luccicare nell’esatto momento in cui l’aveva vista ed ora non la smetteva più di sorridere. L’ostentazione dei suoi sentimenti era talmente palese da risultare irritante, o almeno lo era per me che in quel momento morivo dall’invidia. Cercai di piegare le labbra in quello che sarebbe potuto sembrare un sorriso sincero, ma non fui certa di riuscirci.
“Ti dispiace se te la rubo per un ballo?”, chiese, incrociando il suo sguardo con quello di Arianna.
Immediatamente lei si voltò verso di me, interrompendo il contatto visivo con quel ragazzo. Sapeva che se lei avesse accettato io sarei rimasta sola ed era palesemente contraria a ciò.
“Certo che no, vai pure Aria!”, dissi cercando di convincerla con gli occhi.
La vidi completamente restia alle mie parole, ma ormai avevo deciso: Arianna doveva godersi la sua serata.
“E poi io ho da fare una cosa!”, aggiunsi facendole l’occhiolino.
Sapevamo entrambe che non c’era nulla che dovessi fare, ma lei non poteva rimanere incollata a me tutta la serata solo per farmi compagnia, non sarebbe stato giusto. Mi voltai con un falso sorriso e ancora sorridendo mi diressi verso il bancone, sedendomi sul primo sgabello.
Non avevo intenzione di bere, ma rimanere in piedi a guardare non era certo tra le mie prerogative.
Mi voltai, dando le spalle al barista e cercai tra la folla le mie amiche. Ormai la sala era piena di gente che danzava maliziosamente a ritmo di musica sotto i riflettori colorati. Intravidi Mimi letteralmente avvinghiata a Davide, mentre Alice ballava adorabilmente con Christian. Arianna, dall’altro lato del locale, si muoveva a ritmo di musica affiancata da Matteo. Tra la folla scorsi anche Luca, il fratello maggiore di Alice, intendo a strusciare o farsi strusciare, questo dettaglio era poco chiaro, da una bionda con un seno prorompente e un vestito davvero poco coprente. Ecco: tutto come da definizione. Alice con il suo storico fidanzato, Luca, con un’altra estroversa e intraprendete gallina senza cervello, Noemi con il ragazzo di turno, Arianna con un amico innamorato di lei ed io con la mia più completa e totale solitudine.
Chiusi gli occhi. Ero stufa di essere me stessa, lo ero completamente, davvero. 
Presa da un istinto incontrollabile mi girai verso il barman e lo scrutai bene in faccia. Lui si accorse di essere osservato e si voltò nella mia direzione. Ancora non avevo smesso di fissarlo. Corrugò la fronte e si avvicinò.
“Posso fare qualcosa per te?”, mi chiese piegando le labbra in un mezzo sorriso.
“Qualcosa di forte, subito.”, ordinai senza pensarci due volte, altrimenti di certo me ne sarei pentita e tirata immediatamente indietro.
Mi porse un bicchiere, uno di quello piccoli e bassi. Dentro c’era del liquido di uno strano colore marroncino. Non feci domande. Presi il bicchiere di vetro e lo osservai per qualche secondo, ancora non completamente sicura di ciò che stavo per fare, ma bastò poco a convincermi. 
Io, Camilla Discriva, volevo un’altra definizione, ora. 
Sorrisi malignamente e con un solo sorso lo buttai giù.
“Un altro.”, ordinai con sguardo vacuo.
Dopo il terzo bicchiere persi completamente il conto. La testa mi scoppiava, la gola era in fiamme, ma mi sentivo stranamente leggera e felice.
“Hai intenzione di berne ancora molti?”, chiese una voce stranamente dolce e sensuale al contempo.
“Non credo questo possa interessarti.”, bofonchiai senza neppure voltarmi verso colui che aveva parlato.
“Invece mi interessa, eccome se mi interessa!”, ribatté alle mie spalle.
“Si può sapere chi diavolo sei e cosa diamine vuoi da me?”, sbottai girandomi in direzione della voce.
Un ragazzo alto, magro, con dei jeans stretti e una camicia di seta, si parò davanti ai miei occhi. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, due profonde pozze d’acqua in cui ebbi la sensazione di annegare.
“Sono Francesco e voglio ballare con te. Ti bastano come risposte?”, mi chiese avvicinandosi pericolosamente al mio viso.
“Diciamo che possono essere sufficienti.”, mormorai, completamente spiazzata dalla situazione.
 In condizioni normali di certo sarei stata più che in imbarazzo, ma l’alcol probabilmente aveva contribuito in modo eccessivo ad eliminare del tutto questa sensazione.
“Era un si o un no?”, domandò a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Forse.”, soffiai sul suo viso.
“Come faccio a convincerti?”, mi chiese, mentre nei suoi occhi si accendeva una strana luce.
Per un attimo mi mancò il respiro, sentivo il cuore battere frenetico e una voglia matta di baciarlo.
Ormai il cervello aveva smesso di funzionare e nonostante fosse quello l’effetto che volevo produrre, in quel momento mi pentii di aver bevuto così tanto.
“No”, sentì urlare una voce dentro di me, come per impedirmi di dire ciò che stavo per dire. Ma stasera io ero fuori definizione e lo avrei dimostrato fino in fondo.
“Baciami.”, sussurrai con quella che alle mie orecchie sembrò voce seducente.
Francesco non ci mise molto ad accontentarmi ed in pochi secondi sentì le sue calde e morbide labbra poggiarsi sulle mie: il mio primo bacio.
Da quel momento non ricordai più nulla di quella serata.


9 ottobre 2011

Sentivo la testa stranamente pesante scoppiarmi, mentre i raggi del sole iniziavano a filtrare nella stanza, costringendomi ad aprire gli occhi. Mi voltai alla mia destra, come alla ricerca di qualcosa, o forse qualcuno, ma non c’era nessuno. Mi sentì inspiegabilmente delusa dal non aver trovato nulla al mio fianco. Stropicciai per l’ultima volta gli occhi, prima di aprirli definitivamente. Ciò che vidi mi sorprese: quella non era la mia camera. Cercai di cogliere qualche indizio, senza alcun risultato. Un brivido percosse la mia schiena. 
Ero nuda. Ero nuda, su un letto di cui non conoscevo il proprietario e in una stanza che non avevo mai visto prima, ed ero sola. All’improvviso ricordai della festa, dell’alcol, di Francesco, del bacio e poi il nulla.
Una lacrima scese sulla mia guancia. Sul comodino, accanto al letto, c’era un biglietto.
“Per Camilla”, indicava la scritta.
Con una vaga speranza lo presi tra le mani ed iniziai a leggere quelle poche righe, ma subito la luce che per qualche secondo si era accesa nei miei occhi, morì alla vista di quelle parole.
“È stato bello, ma come tutte le belle cose finisce. Ciao Camilla, Francesco.”
Strinsi quel pezzo di carta tra le mani, stropicciandolo, mentre fiumi di lacrime scendevano dai miei occhi.
Presi la mia borsa e ne estrassi il cellulare. Non sapevo chi chiamare, né cosa fare, né dove mi trovassi, né dove andare. Cercai di ragionare con lucida e calma freddezza, senza lasciarmi trasportare dalla disperazione. Forse l’unica che avrebbe potuto trovarmi era Alice, del resto Francesco frequentava la nostra scuola e Luca, popolare com’era, avrebbe dovuto conoscerlo e mi avrebbero potuta trovare. Forse, invece, sarebbe stato più semplice uscire fuori e vedere dove mi trovassi , per poi decidere sul da farsi. D’istinto scartai questa opzione: avevo paura, troppa paura. Senza pensarci oltre, composi frettolosamente il numero.
“Cam!”, esclamò lei come sollevata, evidentemente le avevo fatte davvero preoccupare molto.
“Vienimi a prendere Ali.”, la supplicai tra i singhiozzi, senza neppure cercare di nascondere il pianto, sarebbe stato inutile.
“Dove sei?”, disse lei agitandosi.
“Non lo so… io… io… ero qui con Francesco e ora…”, balbettai, senza riuscire né a calmarmi né a fermare le lacrime che scorrevano imperterrite.  
“Ok, non fa niente, ora chiedo a Luca e vediamo un po’ di capirci qualcosa! Tu rimani tranquilla, stiamo arrivando!”, esclamò chiudendo la chiamata.
D’impulso scoppiai in quella che sembrava avere tutta l’aria di una crisi nervosa. Mi raggomitolai, avvicinando le gambe al petto e cingendole con le gambe. Volevo uscire fuori dalle righe? L’avevo fatto ed anche nel peggiore dei modi. Restai lì per qualche minuto, commiserandomi inutilmente, poi mi decisi a vestirmi e a raccogliere le mie cose.
Quando sentì il campanello suonare ebbi un sussulto: e se non fosse stata Alice? Scossi la testa, non poteva che essere lei. Aprì la porta e senza neppure rendermene conto venni circondata da sei braccia calde e familiari, le mie amiche. Un sorriso amaro si dipinse sulle mie labbra: la principessa aveva appena distrutto la sua fiaba. Io che aspettavo l’amore, quello vero, io che ancora non avevo dato il primo bacio perché aspettavo il principe azzurro, avevo smesso di aspettare e non sarei più potuta tornare indietro.

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A
ngolo Autrice
Salve a tutti! Anche se con molto ritardo ecco il secondo capitolo.
Spero che la storia vi piaccia, in ogni caso se avete consigli o suggerimenti non pensateci due volte a dirmelo! :)
Alla prossima!
                              
                                                                                                                                                      A
strea_
  
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