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Autore: BlackLilium    31/08/2011    0 recensioni
“Hai una scia di morte dietro di te, Tom, ricordatelo bene. William non si può sconfiggere. Accettalo. Vuoi andare da quella maledetta vampira rossa? Vai. Buttati. Trasformati se necessario… ma non tornare indietro!” urlò la ragazza, sentendo il sangue ribollirle nelle vene.
“Perché mi vuoi qui con te, Ada?” le chiese lui, cercando di farle dire quello che da tempo doveva ammettere a se stessa.
“Non ti voglio qui con me, stupido… ti voglio qui con noi. Nel nostro branco. Siamo lupi, diamine, è il branco la nostra famiglia!”
“Una parte della mia famiglia è là dentro, e ho intenzione di riprendermela.”
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le alte mura slanciate sovrastavano i cortili incupiti dalla notte. Non c’era luna e il cielo scuro era attraversato da banchi di nuvole, rapide e silenziose. La fortezza nascosta dalla fitta foresta appariva come una sagoma nera invalicabile. Non per tutti.
Dal Cortile Sacrificale si aprì una porticina nel muro e in un lampo ne uscì una lunga veste bianca e fluttuante, sulla cui schiena cadevano lisci capelli neri. La donna corse in fretta attraverso il cortile, raggiungendo il portone principale che avrebbe portato alle scale laterali.
Non si era accorta dei due cupi individui che la seguivano furtivamente arrampicandosi sui muri di mattoni grigi.
Si tuffò sul portone e lo spinse con tutta la forza che aveva in corpo, aprendolo di una manciata di spanne, sufficienti per sgusciare via. Raccolse alla meno peggio la lunga veste candida e capitolò giù per la scalinata, quasi librandosi in aria dalla fretta.
Non fece in tempo a raggiungerne la fine, perché uno dei due uomini le si piazzò davanti con un balzo. Lei si bloccò spaventata e cercò di saltare giù dal corrimano, ma lui le prese il collo, bloccandola.
“Fermo, Nidar. Dobbiamo solo riportarla da Lui.” Lo fermò il compare.
“Sì, ma è così frustrante inseguirla ogni notte… sei una topolina, stupida! Una topolina nella tana dei serpenti… non puoi scappare!”
“Nidar!” Esclamò una voce alle loro spalle.
Era Rose, il nuovo braccio destro del Capo.
“Riportala indietro. La vuole vedere.”
Nidar si rivolse a lei: “Non puoi scappare, piccolina…”
Lei non ebbe la forza di ribattere e si fece prendere di peso e trascinare su per i muri umidi di pioggia.
La mollarono a terra nel Cortile Sacrificale, abbandonandola al freddo della notte. Loro non lo percepivano.
Non tentò nemmeno di singhiozzare. Se ne rimase lì, triste e muta, a guardare il pavimento di pietre.
Rose le si avvicinò, i folti capelli ramati scendevano fino a terra piegandosi verso di lei: “Madame, Sir Trumper vuole vederla.”
Lei annuì, alzandosi piano. Una folata di vento si rannicchiò nel cortile, facendo svolazzare la lunga veste bianca in un vortice attorno alla donna. I vampiri si allontanarono con un passo, spaventati da quello scatto improvviso di Madame.
“Vi prego, Madame, Sir Trumper attende. Ne va della vostra vita…” insistette Rose, cercando di avvicinarsi a lei.
La folata di vento svanì in un istante e la donna tornò a terra, stremata.
Rose la raccolse da terra e la aiutò ad avanzare: “Non potete usare la magia a questo modo, lo sapete. Vi punirà.”
Nidar fece strada e rientrò al castello, illuminando la via con una torcia.
Lei si fece trascinare fino alla porta del Salone e, appoggiandosi al muro, cercò di sistemarsi. Mentre Nidar apriva la porta per annunciarla, Rose gli passò davanti, rivendicando il suo diritto di precedenza e fulminando il vampiro con lo sguardo. L’altro compare si era già dileguato.
“Vieni avanti, Rose.” La voce di William era gelida.
“Mio Signore, l’abbiamo trovata. Si era persa tra le mura del castello, era in uno dei suoi momenti di trance.”
“È lodevole, Rose, la tua totale devozione verso Madame, ma sai meglio di me che questa è una bugia. Falla entrare.”
“Subito, Sir…”
La vampira prese sottobraccio la donna e la scortò per qualche passo nella stanza. Dopodiché li lasciò soli.
William, longilineo e più cupo che mai, si stava versando del vino in un calice di cristallo.
Lo prese tra le mani e lo ammirò alla luce del lampadario sopra le loro teste.
“Ha un colore talmente intenso che è quasi un peccato berlo…” commentò, abbassando lentamente il bicchiere.
Lo annusò, cogliendo ogni sfumatura di sapori e odori.
Madame se ne stava ferma immobile al suo posto, lo sguardo ora fiero dritto davanti a sé, fissando il vuoto.
William abbassò il calice e glielo lanciò contro, sporcandole la candida veste di un rosso rubino intenso e via via più chiaro lungo le gambe.
Lei ebbe un sussulto ma rimase immobile.
William le si avvicinò e iniziò a girarle intorno: “Credi davvero di essere la padrona, qui? Ti chiamano Madame, ma sono io che comando. Se vuoi andartene, puoi farlo, ma dove andresti? E poi cosa c’è qui che non ti aggrada? Cosa ti ho fatto mancare…?”
Madame aveva il viso segnato non dagli anni, ma dalla fatica e dalle sofferenze patite in quel luogo.
“Sei venuta tu di tua spontanea volontà, non ricordi?”
Ancora nessuna risposta.
“Credi di trovarlo, una volta uscita di qui? Credi davvero che lui sia ancora in giro a cercarti? Folle!” Urlò lui, mollandole uno schiaffo in pieno viso, facendola barcollare di qualche passo. Madame inciampò nella lunga veste e cadde a terra, storcendosi un braccio.
“Forse qualche altro giorno nelle segrete ti farà rinsavire…”
“Non m’interessa di vivere o morire, William. Per me non c’è niente qui, e nemmeno fuori di qui. Ovunque io vada ormai non c’è più nulla e nessuno ad attendermi… ma quello che hai fatto di me, quello in cui mi hai trasformata…”
“Cosa..? Cos’hai ora da lamentare? Non l’hai forse voluto tu? Non eri tu a volere una via di fuga? Ti ho trasformata in una via di fuga!”
“Bugie… non mi hai dato le forze per esserlo, e ora sono più debole di prima…”
“Preferisci essere una corvina? Non mi ci vuole nulla!”
“No, tu non mi vuoi corvina… sono il tuo giocattolo, e ti piaccio così come sono: effimera, sfuggente, incapace di reagire. E così sia.”
“Maledetta. Non mi farai sentire in colpa, stupida strega! Credi sia un piacere per me averti qui?”
Madame si guardò fugacemente allo specchio che giaceva in un angolo della stanza. Rabbrividì.
“…no, io sono un’esca per un pesce molto più grosso, lo so.”
“Sbagli. Due pesci. Due squali che ancora non hanno trovato questa fortezza, o forse non osano avvicinarsi.”
Madame si voltò e fece per andarsene.
“Scappa, Andy, e li porterai da me…”
La donna si bloccò sull’uscio: “Non chiamarmi Andy.”
Un’ultima svolazzata di veste fece chiudere la porta dietro di sé.
Vagò per i corridoi cupi fino alle sue stanze. Nel buio. Nella tristezza. Nella rassegnazione.
Diede un ultimo sguardo al suo specchio sul comò: “Quindici anni. Buona notte Tom, ovunque tu sia.”
 
  
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