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Autore: Lilith82    31/08/2011    10 recensioni
Questa storia ha partecipato al contest "La loro prima volta" di Jakefan e Kagome_86.
E' la prima volta di Leah.
"La porta era socchiusa ma la sua sagoma evidente, distesa, su un talamo decisamente sovradimensionato.
Il respiro cadenzato e pesante di chi dormiva già da un pezzo.
Le membra rilassate, rivolte verso l’alto.
L’unico indumento era il piccolo pezzo di spugna candida, slacciato ma ancora arrotolato ai suoi fianchi.
Quasi illuminato al contrasto con la pelle abbronzata.
Sentii un’inaspettata morsa allo stomaco.
Istintivamente indietreggiai.
Poi inalai il suo odore.
Profumo
Profumo di salsedine
Profumo di acqua di colonia
Profumo di uomo
Quell’uomo... odorava di uomo!"
Non è una ONE SHOT solo perché penso che darò a Eric il legittimo "diritto di replica".
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate.
Genere: Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Intact world'
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Note dell'autrice ^_^

I protagonisti


Il personaggio di Eric Dane è una mia creatura, ispirata al Dott. Mark Sloan di Grey’s Anatomy, a cui ho lasciato il nome originale del suo interprete.

I fatti narrati si collocano a 12 anni da Breaking Dawn. Tutto quello che dovete sapere è che Leah ha trascorso i primi otto assieme a Jacob e Seth ed i Cullen, stringendo amicizia con Renesmee. Come potrete leggere nella mia longfiction sulla Saga.
Imprinting

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=725030&i=1
Il resto è (e resterà) oscuro a voi (ma non alla mia mente :-P ) fino a che non lo scriverò.

Sulla vita sentimentale di Leah: nella guida alla saga di zia Steph (pag.330-333) si legge che Leah ha avuto una storia "molto seria" di tre anni con Sam, conclusasi bruscamente al terzo anno di scuola superiore di lei a causa della trasformazione di lui.
Non si accenna alla loro "intimità".
Ho immaginato che, essendo un personaggio meyeriano (e per questo incline alla castità :-P ) e avendo avuto una relazione così complicata con la sua "femminilità" (prima Sam la molla per la cugina, poi lei stessa subisce la trasformazione e tutte le sue conseguenze) la nostra potrebbe benissimo non essere "mai stata donna" fino al tempo di questa storia.

"Trovatella" ha partecipato al concorso "La loro prima volta" di Jakefan e Kagome_86

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9808149&p=1

Come ho già scritto nella trama, penso di dare a Eric Dane il legittimo "diritto di replica", cioé di fargli raccontare quello che succede dopo questa notte fra di loro. Ci sarà anche un piccolo "intervento" di Jacob, ma non in questa prima parte.

Ringrazio Jakefan e Kagome_86 dei loro giudizi, delle critiche, dei consigli, delle correzioni e dedico a loro questa prima parte.
^_^

Io ho ormai il fumo alle orecchie a furia di correggere e modificare... :-S
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio
Lilla ;-)


Trovatella

“Sei solo una cagna...” bofonchiò a mezza voce, mentre già gli avevo voltato le spalle.
“CHE COSA?”
Istantaneamente mi volsi nella sua direzione.
Il piccolo uomo indietreggiò, riportandosi frettolosamente nella zona del locale dove stavano cenando gli avventori.
Quasi nessuno risultò indifferente al nostro ingresso in scena.
E la cosa non mi sorprese affatto...
“CHE COSA HAI DETTO?!” incalzai, stringendo i denti ed i pugni.
Il mio -definitivamente ex- datore di lavoro lanciò un’occhiata intorno a sé.
Era riuscito a catturare l’attenzione di ognuno dei presenti!
Sembrò congratularsi con se stesso.
Prese fiato e, racimolando persino il coraggio di guardarmi negli occhi, ripeté:
“Sei solo... una cagna bastarda!”
Dall’uditorio provenne un urlo di sostegno.
E d’incoraggiamento.
Evidentemente, tanti porci rifiutati, seppure singolarmente liquidabili come conigli codardi, se uniti, possono produrre un formidabile coro da stadio... considerai.
“Cagna! Cagna! Cagna!”
Quella che gli aveva dato il benservito, per tutta la serata.
“Cagna! Cagna! Cagna!”
Quella che non sapeva che, negli oneri di una cameriera, fossero comprese le molestie.
Di superiori, colleghi e commensali!
“Cagna! Cagna! Cagna!”
Quella che non immaginava neppure che un paio di lunghe gambe scoperte fossero, di per sé, una “chiara provocazione” .
“Cagna! Cagna...”
Ma la massa di polli in batteria s’interruppe nell’esatto istante in cui iniziai a ringhiare.
Ed a tremare.
5...
“Ehi! Che le prende adesso...?! E' impazzita!”
“Ah! Ah! Ah! E’ una squilibrata!”
Lo sguardo, rosso di rabbia, li fece zittire.
4...
“Ascolta... ehm... Laura... noi... ci siamo fraintesi”
La spinta leggera lo scaraventò fuori dal locale, attraverso la porta di legno che sembrava rubata al set di un film western.
3...
“Ascolta... ascolta... stavamo scherzando... senti...”
Sotto la pioggia battente, fitta come se non fossimo a Los Angeles ma a La Push, sulla scogliera, sotto i colpi di un vento sferzante.
2...
“Ehi... ehi... non ti avvicinare, ok?! Sei... sei... spaventosa!”
“Oh... perciò sono una cagna e pure spaventosa, eh?!”
Preso per il bavero della giacca.
La trasformazione già nelle mie vene.
Inarrestabile
1...

“Si è fatto tardi, non trovi?”
Che cos...?!
D’un tratto, non ero più sotto la pioggia.
Non ero più sotto la pioggia, con il corpo di quel lurido verme tra le mani.
D’un tratto... c’era lui!
Gli occhi piccoli e cristallini.
Alto quasi come un licantropo e grosso, decisamente grosso.
Ma umano, totalmente!

Con un grande ombrello, stava riparando se stesso e me dalle intemperie.
Sembrava del tutto noncurante dell’omuncolo che tenevo ancora sollevato dal suolo ed al quale l’acqua scrosciava direttamente in viso, raccolta e riversata dalla cupola scura che costituiva la nostra protezione.
“Non ho bisogno di aiuto!” sbottai lanciando il malcapitato come un sacco di patate.
L’uomo davanti a me non batté ciglio.
Il suo battito cardiaco risuonava regolare.
“Non ne dubito, davvero... ma ci sono troppi testimoni qui, non ti pare?”
L’ultima parte la sussurrò al mio orecchio.
Ad una distanza dalla mia pelle ben al di là della soglia oltre la quale chiunque sarebbe stato scaraventato via.
Chiunque
Ma quell’uomo lo fece sembrare un atto naturale, spontaneo.
Quell’uomo non aveva traccia di paura nel suo odore.
Un odore intenso... e umano!
Mi scostai bruscamente e ritornai all’interno del locale.
Sfrecciai verso il retro, recuperando la sacca coi miei cambi, qualche libro.
Le poche cose che avevo lì.
Le poche cose che avevo.
Attraversai nuovamente la tavola calda, circondata da un silenzio surreale.
“Buon appetito” augurai prima di uscire.
Definitivamente

Maledetta Università della California!
Se non avessero controllato così accuratamente i miei dati, scoprendoli -naturalmente- falsi e non avessero -di conseguenza- ritirato la mia borsa di studio, non avrei dovuto trovare una occupazione così indecente!
E non sarei stata cacciata via dal padrone di casa -proprio stamattina...-
Perché... “qui di studenti ce n’è tanti, ed io la camera la devo affittare!”
“Posso pagare” avevo provato.
Ma sapevamo entrambi che, dopo il salasso della mia retta, (ero e) sarei stata in bolletta per ancora molti molti mesi!
Il vecchietto aveva sospirato: “Senti, Laura... terrò qui le tue cose per un po’, ok? Le metto in cantina... finché non verrai a prenderle, va bene?”
Ma non c’era niente che andasse bene!

“Ehi... sali in macchina”
“Che cos... Oh... ancora tu?! Ti ho già detto che non ho bisogno di niente!”
Mi seguiva a passo d’uomo con un’automobile sportiva, nera e bassissima.
Il finestrino del passeggero era abbassato.
“Non si direbbe, sai?”
“Ma che stai...?”
“Sembri una che ha bisogno almeno di un bagno caldo, di vestiti asciutti... e di un posto dove passare la notte, a giudicare dalle direzione in cui ti stai dirigendo.”
“Che vuoi dire?”
“Che in quella zona della città ci sono solo magazzini e capannoni. E’ lì che pensavi di andare?!”
Tana!
“Non t’interessa!”
“Andiamo, trovatella, non mordo mica!” insisté, facendo scattare lo sportello.
“Come mi hai...?”
“Non farti trascinare dentro”
Ma era esattamente quello che stava già facendo, allungandosi con la mano fino ad afferrare il mio polso.
“Ehi!”
Ero allibita.
Allibita e seduta
Nell’abitacolo della sua super-mega-stra-fig^ auto di lusso.
“Non ti piace?”
Dovette captare il mio disgusto.
“Sembra Super Car!”
Sorrise.
“Non è quella che uso di solito”
“Non verrò a casa tua!”
“Non hai molta scelta, ormai”
“Dì un po’... è un’attività a tempo pieno la tua: raccattare ragazze per strada?!”
Rise.
In una tonalità chiara, bassa e tonante.
Come la sua voce
“Non raccatto ragazze per strada, solo... trovatelle!” mi canzonò.
“Smettila di chiamarmi così!” gli intimai.
“Allora, dimmi il tuo nome” sospirò mentre spegneva il motore.
Eravamo all’interno di un garage.
“Laura” pronunciai, abbassando lo sguardo.
“Non è vero” disse, prima di uscire dall’autovettura.
“E’ vero!” m’indignai.
“Io sono Eric Dane, comunque” si presentò, senza voltarsi, imboccando delle scale.
Lo seguii fino a che non sbucammo in un gigantesco salotto.
Un divano enorme campeggiava proprio al centro della stanza.
Dinanzi ad esso, un grande schermo al plasma.
A destra, si vedeva l’Oceano infuriare, in tempesta, poco oltre le grandi vetrate.
A sinistra, la zona cucina era separata dal resto esclusivamente dalla penisola che si allungava in fuori fino a trovarsi a soli pochi passi da noi.
Mi fermai, storcendo il naso.
“Sei un dottore, per caso?”
Si stupì, ma solo per un attimo.
“Sono un chirurgo plastico e... sì: come vedi, guadagno bene” disse, sparendo lungo il corridoio.
“Quindi... mi hai portata qui per potermi utilizzare per i tuoi esperimenti di chirurgia frankensteiniana?!”
Lo sentii ridere di cuore, mentre mi raggiungeva.
“No...” sospirò, paziente “ e, comunque, per quello che ho visto, non credo riuscirei a farti neppure un graffio, mi sbaglio?”
M’irrigidii.
Finse di non notarlo.
“Questo è un accappatoio pulito, il bagno è la prima porta a destra. Se mi lasci i tuoi vestiti, li metterò a lavare e, fra qualche ora, saranno anche asciutti”
“Chi sei tu?” mi ritrovai a sussurrare.
Sorrise, guardando in basso.
Ma non riuscì a nascondere l’increspatura sorniona che aveva sul volto.
“Sono il tuo salvatore, trovatella” dichiarò, infine.
“Piantala di chiamarmi così!”
“Dimmi il tuo nome” mi sfidò apertamente, occhi negli occhi.
Presi la spugna dalle sue mani e mi rifugiai in bagno.
Era un idiota, ecco chi era!

Lanciai i miei abiti, zuppi, sulla sacca.
E, poco dopo, lo sentii raccogliere tutto e scendere le scale da cui eravamo arrivati.
Sbuffai.
Perché mi trovavo lì?
Perché mi aveva... trovata?
Perché mi aveva... trovata lui?

Lasciai i pensieri e m’immersi nelle sensazioni.
Il box doccia era immenso -naturalmente- ed i getti erano regolabili in cinque modalità differenti.
Alla fine, mi decisi per “l’opzione vapore”.
Mmm... niente male!
Poi... le mie narici furono richiamate da un segnale inconfondibile.
Cibo

Lasciai la cabina avvolgendomi nell’accappatoio.
Mi diressi verso la cucina, prendendo in esame i vari aromi.
Uova al bacon
Pane tostato
Formaggi fuso
Burro d’arachidi

“Mmm... hai fame?” domandò scorgendomi.
“Io...? No!” scossi il capo.
Ma il mio stomaco si premurò di smentirmi.
Clamorosamente
E rumorosamente...

Gli spuntò di nuovo quella espressione che lo faceva assomigliare ad un gatto.
Un gatto che sorrideva.
Un gatto che sorrideva sornione
“Bene... ho bisogno anch’io di una doccia” disse, sbrigativo.
“Se ci ripensi” sorrise, ammiccando nella mia direzione, prima di allontanarsi.
Un completo idiota... ecco chi era!

Spazzolai quello che c’era senza potermi trattenere.
Era tutto troppo invitante!
Ed abbondante...
Quell’uomo doveva conoscere l’appetito dei licantropi!
Un momento...
Oh... sono proprio una stupida! Una stupida!
E’ una trappola!
Deve essere...

“Mmm... mi sembra tu abbia... gradito...” commentò ricomparendo alle mie spalle.
Con un asciugamano intorno alla vita.
E basta
Deglutii.
Maledicendomi perché avevo appena inghiottito saliva inesistente davanti ad un uomo a petto nudo.
Un uomo molto...UOMO... ecco!
E con un torso molto... come dire... maschile...?!
Maledizione!
Dovevo aver esagerato col burro di arachidi, tutto qui!

“Ok... io vado a dormire, trovatella, domattina lavoro. Tu puoi fare quello che vuoi. Lì c’è la tv e...  puoi dormire sul divano”
“Mi fai dormire sul divano?!”
Ma che razza di uomo era?!
Non voleva approfittare di me.
Ma nemmeno passare la notte a parlare della mia vita sfortunata.
Mi sfamava.
Mi lasciava libera in casa sua.
E, soprattutto... mi faceva dormire sul divano?!
“Beh... non mi sembra un giaciglio risicato, non ti pare?” si giustificò sollevando una spalla.
“E, comunque, ho un letto molto grande di là. Se vuoi farmi compagnia...”
“Scordatelo!”
“Bene... buonanotte, allora”
Non ebbi nemmeno la forza di rispondere.
Che razza d’idiota era?!

Girovagai per la casa.
La furia del temporale non accennava a placarsi.
Scoprii che la costruzione era più piccola di quello che avevo immaginato.
Nel garage, oltre alla macchina nera, c’era un furgoncino anni 60, di quelli che fanno tanto “figli dei fiori”, con all’interno, ben assicurate, due tavole da surf oversize.
Di fianco, un piccolo bagno con lavanderia.
Al piano superiore, invece, al di là delle vetrate, un terrazzino.
Lungo il corridoio, dopo il bagno in cui ricordai di aver già notato una muta da surf nera con delle “fiamme” rosse diagonali, c’era uno studio zeppo di tomi di Medicina e Chirurgia.
Niente scheletri...
Beh... nessun armadio fino a...

Fino alla sua camera da letto.
La porta era socchiusa ma la sua sagoma evidente, distesa, su un talamo decisamente sovradimensionato.
Il respiro cadenzato e pesante di chi dormiva già da un pezzo.
Le membra rilassate, rivolte verso l’alto.
L’unico indumento era il piccolo pezzo di spugna candida, slacciato ma ancora arrotolato ai suoi fianchi.
Quasi illuminato al contrasto con la pelle abbronzata.
Sentii un’inaspettata morsa allo stomaco.
Istintivamente indietreggiai.
Poi inalai il suo odore.
Profumo
Profumo di salsedine
Profumo di acqua di colonia
Profumo di uomo

Quell’uomo... odorava di uomo!
E, in un istante lucido -od allucinato- registrai che era tanto tanto tempo che non avevo più a che fare con un... uomo...
Una volta, c’era stato un ragazzo.
IL ragazzo
Poi il ragazzo era divenuto il ragazzo licantropo ed il ragazzo ( e l’uomo) ed il licantropo di un’altra.
Non mio.
Non più
Mai più!

Poi c’erano stati... tutti i licantropi.
Persino un fratello.
Anzi, più di uno!
E poi i vampiri...
Ed i mezzosangue...
Con i quali pareva piacesse tanto mischiarsi, ai fratelli licantropi!
E poi c’era stato LUI.
E LUI non era né un ragazzo, né un uomo, né un licantropo.
LUI era solo uno sguardo.
Ed una prigione.
Eterna
Ed ero scappata.
Erano quasi cinque anni che fuggivo.
Fuggivo da loro.
Ma, più di tutti quanti gli altri, fuggivo LUI.
E lei.
...lei...
Mai più!

Insomma... a conti fatti, e scartando quella sottospecie di feccia umana che si era frapposta al mio cammino in sere spiacevoli, del tutto simili a quella sera; del tutto simili se non che per il fatto che... quella sera... d’un tratto, c’era un uomo!
Dicevo..
. a conti fatti... realizzai di non aver mai avuto a che fare, con un uomo!
...un uomo...
Che profumava di uomo!

E di mare...

Mi ritrovai nella sua stanza.
Sospinta fino al suo letto da una forza che non aveva nulla a che fare con la volontà.
E molto... con l’istinto.
UOMO

Del suo odore, mi rimproverai mentalmente.. avevo già abbastanza blaterato!
Ed il suo corpo...
Maledizione!
Era come se non ci fosse una cellula del suo corpo -quasi completamente esposto- che non dicesse...
UOMO
Un uomo col corpo... da uomo!

E la sua pelle...
...lucida ed imbrunita dal sole...
Mi ritrovai, nonostante me, a scivolare coi polpastrelli lungo il suo braccio.
Dal polso alla spalla... nei rivoli di un fiume immaginario che scorreva fra le forme dei suoi muscoli.
UOMO
Un uomo con la pelle da... uomo!

Mi scoprii curiosa... più del necessario... -più di quello che fosse sensato essere...-
Curiosa

Di quel corpo.
Di quella pelle.
Di quell’odore.
Di quel sapore...
Acquolina
Avevo l’acquolina in bocca!
Sapore di uomo

Trattenni un urlo.
Ma quello uscì lo stesso, col suono di un verso strozzato.
In gola
“Ehi... trovat... AHI!”
Non avevo ancora realizzato e quell’uomo... solo un uomo... aveva impattato contro il gigantesco armadio che campeggiava nella stanza, di fronte al letto.
“Accidenti...” si lamentò, rimettendosi in piedi, a fatica.
“OH DIO!”
Mi precipitai verso l’uscita.
Di quella casa, di quella vita, di quella sera... spiacevole... -come molte altre-  e sbagliata... come me!
“Trovatella... ehi...”
Era riuscito a sfiorarmi un braccio.
Mi voltai, sgranando gli occhi.
Come poteva...?
“Sei ancora... calda! Stai bene?”
Un altro passo, nella mia direzione.
“No! No... non...”
“Sh....” sussurrò, allungando le dita sulla mia guancia.
Mi scostai, ma non si ritrasse.
Distese la mano sulla parete alle mie spalle, approssimandosi.
“Non mi farai del male, non è vero?” bisbigliò mentre mi costringeva, tra il suo corpo ed il muro.
UOMO
Nudo

Il suo corpo...
Freddo
Il tanto che bastava a farmi rabbrividire.
A rinfrescarmi
Caldo

Il tanto che bastava a farmi infiammare.
A riscaldarmi
“Non avere paura” mormorò sfiorandomi la fronte.
Il sopracciglio, lo zigomo, la linea del naso, le labbra.
Freddo
Caldo
Freddo

Poi...
Uno schiocco.
Le sue labbra sulle mie labbra
Il suo respiro mentre s’allontanava.
Freddo
Il suo respiro mentre s’avvicinava.
Caldo
Un altro schiocco.
Il suo sguardo.
Freddo e caldo
E poi solo le labbra.
Premute
Circondate
Istigate
Istigate ad aprirsi
Istigate a scoprirsi
Istigate a donarsi

Le nostre labbra ed i loro codici sonori.
E la sua pelle che pian piano si faceva spazio sulla mia.
La cintura dell’accappatoio che veniva slacciata.
Le dita, lunghe e grandi...
Fredde e calde
...che accompagnavano la spugna lungo le mie spalle.
E lui..
I suoi occhi
Sinceri
Il sorriso
Sornione
La mano che raggiunse la mia.
Lo sguardo che percorse il mio corpo.
UOMO

DONNA
Nudi

Non c’era nient’altro al mondo.

Mi condusse verso il letto.
Lentamente
Sembrava registrare con lo sguardo ogni singola cellula del mio corpo.
E quanto fossi...
DONNA
... in quel momento, non avrei saputo dirlo.
Perché nessuno, prima, mi aveva fatta sentire davvero...
DONNA
Eppure lui...

Mi distese sulle lenzuola bianche.
Così piano che quasi non me ne accorsi.
Scivolò con le dita tra i miei capelli, distendendoli sul cuscino.
Con l’altra mano, volò sul mio corpo, quasi senza sfiorarmi.
Il mento, il collo, lo sterno, l’ombelico, più giù...
Freddo e caldo

“Chi sei tu?” mi citò.
Scoppiai a ridere.
Per quella espressione incredula e un po’ adorante con cui l’aveva detto.
“Ehi... no! No! Non smettere... è la prima volta che lo fai!”
“Che cosa?”
“Sorridere” pronunciò.
L’afferrai per la nuca, come non ricordavo di saper fare.
L’afferrai per la nuca e lo portai su di me.
Accogliendo il suo corpo sul mio.
Accogliendo le sue carezze sul mio corpo.
Accogliendolo
Come non ricordavo di saper fare!

Per la prima volta dopo tanti tanti anni... -per la prima volta in assoluto- stavo facendo spazio... ad un uomo... nella mia vita.
E fra le mie gambe.
“Trovatella... cos’hai da ridere, ora?”
Strinsi le labbra, per trattenermi, ma non funzionò.
Si scostò leggermente, sollevandosi su di un gomito ed aspettando che mi calmassi.
“E’ che... è che pensavo che tutto questo arredamento... oversize... compensasse una... carenza dimensionale... diciamo...”
“Carenza...?!”
“Invece...”
“Invece?” mi sfidò, inarcando un sopracciglio e spingendo la nient’affatto carente sua dimensione sul mio bacino.
“Beh...” inghiottii a vuoto “è tutto... proporzionato...”
“Proporzionato, eh?!” domandò un istante prima di tuffarsi sulla mia bocca.
Freddo e caldo
Era la temperatura ideale.
Né fredda né calda
Perfetta

Come la sua lingua che scivolava... tra le mie labbra, sulle mie labbra, attorno alle mie labbra.
Pennellando

Lungo la linea della mandibola, del collo, della clavicola.
Risalendo
AVIDA

Sulle mie forme.
Fino a raggiungere l’apice.
-Rosa
Ritto-
Succhiando
Ed inspirando

Tra i miei seni.
Ed i miei capezzoli...
Tra i suoi denti
Tra le sue dita

Ed ancora baci.
Freddi e caldi
UMIDI

Lungo la linea dell’ombelico.
Circondando la pancia.
E scendendo... -più giù- su quelle rive dove le acque erano state talmente agitate che già stillavano di spuma... e di marea.
Bagnata

DONNA
“Oh...”
Mai stata... donna!
Mi cercò di nuovo, con la bocca.
Poi con le dita.
Come per assicurarsi di ciò che aveva appena scoperto.
“Io... io...” mi piegai di lato, per sfuggirgli.
Ma la mia forza doveva essere andata a fare un giro fuori, insieme alla lucidità.
“Ehi... ehi guardami, trovatella!”
Era risalito fino al mio viso, richiamandomi anche con lo sguardo.
Mi prese il volto con le dita, costringendolo verso il suo.
“Non ti farò del male” mormorò.
Disarmandomi
Era così che avrei dovuto sentirmi, mentre quell’uomo mi faceva... donna?!
“Non ti farò del male, lo sai” ripeté baciandomi una guancia.
“Io...”
Solo sguardi
Nient’altro al mondo.
UOMO

DONNA
Nudi

Non c’era nient’altro al mondo.

E poi... gli feci spazio.
Dentro di me.
Ed Eric si spinse piano.
Gradualmente
Fino al limite...
-all’ultima barriera-
...che superò guardandomi negli occhi.

“Ah!”
Strizzai gli occhi e strinsi i pugni.
Lui s’immobilizzò, carezzandomi e baciandomi la fronte.
E poi... gli feci spazio.
Il mio corpo si rilassò.
Ammorbidendosi e modellandosi attorno al suo.
Che riprese a muoversi quasi subito.
Ma con cautela.
I nostri sospiri cominciarono a rincorrersi nell’aria.
Le carezze sulla pelle
I sessi tra le lenzuola

Le spinte crebbero d’intensità e di potenza.
Come le onde, in una mareggiata.
Raggiungendo una specie di zona stazionaria.
La temperatura ideale
Né fredda né calda
In cui il mio bacino ed il suo potessero interagire.
Affrontarsi senza scontrarsi
E le cosce aprirsi
E le sue mani puntarsi

Sul materasso, ai lati del cuscino.
“AH!”
E poi afferrarmi le ginocchia.
Per poterle premere verso l’alto.
Per poter premere
“Ah... sì!”
Ed affondare.
Affondare nella mia carne.
Bagnata
Affondare nel suo sguardo.
Profondo
Affondare

Nient’altro al mondo.
UOMO
DONNA
Nudi

Non c’era nient’altro al mondo.

E d’un tratto... il piacere!
IL piacere

Quello solo fantasticato.
Quello mai sperimentato.
...con un uomo...
Quello che ti rende, definitivamente...
DONNA

Nient’altro.
Solo le urla...
Le mie
...seppure strozzate.
In gola
Ed un ruggito...
Il suo
...verso l’alto.
Come un leone.

Caldo
Sudato
Ansante
Sul mio corpo

Restammo così.
Per un tempo brevissimo ed eterno

Si rialzò.
“Vado nel bagno di servizio” disse.
“Tu puoi usare questo” aggiunse, prima di allontanarsi.

Qualche minuto dopo, rientravo in quella camera, trovandolo già nel letto.
Disteso su un fianco.
Aprì gli occhi  -azzurri e scintillanti- sorridendo appena.
Sornione
Mi distesi accanto, con il viso rivolto verso di lui.
“Buonanotte, trovatella”
“Leah...”
“Eh...?!”
“Mi chiamo Leah”
Sorrise.
“Buonanotte, Leah!”

  
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