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Autore: daisichain    01/09/2011    3 recensioni
Era il nostro continuo sfiorarci con le braccia, il modo in cui intrappolava i miei capelli tra le dita, o quello in cui ci battevamo il cinque; erano gli sguardi che gli lanciavo mentre lui strimpellava con la chitarra, e quelli che mi mandava lui con la coda dell’occhio; era il nostro continuo cercarci, anche solo con un sorriso. Era quell’alchimia che c’era sempre stata, che c’era ancora, e che dubitavo si sarebbe mai sciolta. Tutto ciò era l’unica certezza che avevo: mi apparteneva nello stesso modo in cui io appartenevo a lui.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi Tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forse mi sto sbagliando, ma sembra proprio che Jeremy mi stia portando in un parco giochi per bambini. Mentre camminiamo mi cinge i fianchi con un braccio, e io gli sono grata, perché stargli così vicina mi fa stare bene. M’impedisce anche di sentirmi costantemente in bilico, come se dovessi sbriciolarmi da un momento all’altro. È una specie di attacca tutto, solo che teneva unita me.

Varchiamo la soglia del parco, e mi blocco. «Perché mi porti in un parco giochi?».

«Ti sono sempre piaciute le altalene», dice dolce. Mi prendee per mano, e mi trascina davanti ad un’altalena nera, poi mi invita a sedermi. Lui si siede accanto a me, guardando dritto davanti a sé, pensieroso.

«Ci pensi ancora tanto, eh Hayley? E non dirmi di no, vedo le occhiate che vi scambiate».

Ovvio che le vede, sono all’odine del giorno. Dell’ora, del minuto.

Annuisco. «Non so che fare. Abbiamo deciso tutto assieme, ma sembra che siamo incapaci di stare lontani, di mancarci. Oh sì, perché lui mi manca. Mi manca anche se ci vivo assieme, Jerm». Mi manca tanto che sembra impossibile. Dormiamo su quei letti a castello, e vivo con lui ventiquattro ore su ventiquattro in quel minuscolo bus, però sembra sempre troppo distante, come se solo lo spazio tra le sue braccia potesse essere casa.

«E a Chad, a lui non ci pensi?».

«Costantemente. No, forse non penso proprio a lui, ma al modo in cui continuo a ferirlo, perché per quando bene gli voglia, Josh rimane Josh, e non so come togliermelo dalla testa».

Improvvisamente Jeremy mi guarda, e nel suo volto vidi il mio dolore. «Devi provare a dimenticarlo, e so che non ce la farai, lo ami così tanto, ma devi provarci, perché lui non è il solo che ti vuole bene, che vuole vederti star bene soprattutto, e tu non stai bene, è così evidente». Mi sfiora le occhiaie scure sotto gli occhi, ed io appoggio la guancia al suo palmo.

Rimaniamo così un po’, occhi chiusi, pensieri che si mescolano nell’aria assieme ai nostri fiati.

«Chiudilo in un cassetto per un po’, okay? Fin tanto che non ricordi come si fa a sorridere veramente, poi potrai anche ripensarci. Un pochino». Mi guarda stanco, spossato da quella conversazione – e situazione – quanto me. «Me lo prometti, tesoro?».

«Te lo prometto», dico, e faccio qualcosa che sembra solo lo spettro di un sorriso, ma almeno è un passo avanti.

 

Sento bussare alla porta del camerino, ma non ho voglia di parlare con nessuno, quindi lascio che il toc toc scandisca il ritmo dell’ultima passata di mascara, quella che considero una specie di portafortuna.

Improvvisamente, però, la porta si apre. «Ti costava tropppo aprire la porta?», dice Chad, il mio ragazzo. Il tuo ragazzo, il tuo ragazzo. Quello che ami.

Mi fisso un’espressione felice in viso, e di slancio lo abbraccio stretto. Annuso il suo solito profumo, che era un misto di Chad e dopobarba.

Sussurro un «Mmh» al suo orecchio che può voler dire tutto o niente, poi mi stacco.

«Mi sei mancata», dice con una voce malinconica, sfiorandomi la guancia con il pollice. Disegna strani cerchi, lo fa spesso. D’un tratto, si avvicina, e mi bacia, ma con così tanto ardore da farmi girare la testa. È come se bramasse il mio respiro, e volesse intrappolarlo per sempre in esso. Lo fa, e rimango senza fiato.

«Anche tu», sussurro, ed ho la certezza sia vero. È stato in tour per alcuni mesi con la sua band, i New Found Glory, e sebbene mi sia intrufolata nel suo camerino prima di un concerto parecche volte, non si può dire che ci vediamo tutti i giorni. Tante volte mi sono unita al pubblico, con un cappuccio in testa per non farmi riconoscere, e lo guardavo da lì.

Piego la testa di lato per guardalo meglio. «Ti sono cresciuti i capelli», dico passandoci la mano attraverso. Sono ancora corti, ma decisamente più lunghi dall’ultima volta che l’avevo osservato bene. «Ti donano».

Sospira.

Apoggio le mie labbra alle sue, restituendo il bacio di poco prima. È sempre il mio ragazzo-orso. È un bacio più dolce, quelli che preferisco

«Hayley vo… ops, scusate».

Chiudo gli occhi, e sospiro. Chad si sposta al mio fianco e mi prende per mano. «Non fa nulla, Josh, me ne stavo andando», dice con un sorriso un po’ forzato, poi, dopo avermi baciato la guancia, se ne va.

«Non era mia intenzione disturbare». Se ne sta dritto come una scopa vicino alla porta aperta, e non so perché ma mi sembra che nella sua espressiane ci sia parecchia irritazione.

Faccio una faccia che dice “cosa dovrei farmene delle tue scuse?”, e lui alza gli occhi al cielo.

Si avvicina un poco, ma rimane ancora a distanza. Meno male. «Oggi ho buttato giù qualcosa, e ha l’aria di essere una specie di canzone. Volevo lavorarci un po’ assieme, se per te va bene».

«Certo», e dicendolo continuo a fissare le sue labbra. Voglio baciarlo, e invece sorrido, lo prendo per mano, e lo trascino con me.

  
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