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Autore: Something Rotten    01/09/2011    2 recensioni
« Is it still me that makes you sweat? »
Spencer rileggeva il messaggio da ormai dieci minuti cercandovi un senso. Conosceva benissimo quelle parole, non soltanto perché facevano parte di una loro canzone e di conseguenza le aveva ascoltate fino alla nausea nei loro concerti, ma anche perché era il loro codice segreto, era la parolina magica che li trascinava sotto le coperte - o dovunque capitasse- per avere il miglior amplesso della loro vita. Anche se il numero non era salvato nella rubrica avrebbe riconosciuto quell'insieme di cifre anche se avesse perso la memoria, le aveva composte così tante volte che le sue dita, ormai, andavano da sole senza il controllo cosciente della sua mente. Si erano aggiunte a tutte quelle cose che il cervello fa automaticamente.
Sapeva chi era il mittente, sapeva il significato di quella frase, sapeva tutto tranne quello che doveva - o voleva- rispondergli. Aveva riposto il telefonino nelle tasche posteriori dei pantaloncini che indossava in quella torrida giornata d'agosto.
Aveva preso un paio di cose alla rinfusa e le aveva risposte nel piccolo borsello che portava a tracolla. Aveva chiuso la porta della camera d'albergo per poi dirigersi verso il parcheggio
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Spencer Smith
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Okay, forse lo saprete già ma io A M O Spencer Smith da solo, ma con una persona che capirete mi piace ancora di più ù_ù Quindi eccovi la shot.

E comunque tutto quello - o almeno la gran parte- è ispirato a fatti realmente avvenuti tra un bagno, una bottiglia di vodka e un paio di messaggi equivoci. Ringrazio Taste per avermi dato il permesso di pubblicarla, visto che è lei la protagonista (buwahaha ), quindi, ecco,  mi scuso per la poca originalità dei fatti <3

Is it still me that makes you sweat? Am i who you think about in bed? 


«
Is it still me that makes you sweat?
»
Spencer rileggeva il messaggio da ormai dieci minuti cercandovi un senso. Conosceva benissimo quelle parole, non soltanto perché facevano parte di una loro canzone e di conseguenza le aveva ascoltate fino alla nausea nei loro concerti, ma anche perché era il loro codice segreto, era la parolina magica che li trascinava sotto le coperte - o dovunque capitasse- per avere il miglior amplesso della loro vita. Anche se il numero non era salvato nella rubrica avrebbe riconosciuto quell'insieme di cifre anche se avesse perso la memoria, le aveva composte così tante volte che le sue dita, ormai, andavano da sole senza il controllo cosciente della sua mente. Si erano aggiunte a tutte quelle cose che il cervello fa automaticamente.
Sapeva chi era il mittente, sapeva il significato di quella frase, sapeva tutto tranne quello che doveva - o voleva- rispondergli. Aveva riposto il telefonino nelle tasche posteriori dei pantaloncini che indossava in quella torrida giornata d'agosto.
Aveva preso un paio di cose alla rinfusa e le aveva risposte nel piccolo borsello che portava a tracolla. Aveva chiuso la porta della camera d'albergo per poi dirigersi verso il parcheggio dove il resto della combriccola lo aspettava per passare quel giorno libero in mezzo alla natura.
« Sei sempre il più lento, Spence. » aveva commentato felice Brendon prima di montare nella macchina che avevano affittato per l'intera giornata.
Era una vecchia macchina blu fiammante, così piccola che Spencer non credeva fosse possibili entrarvi in cinque, soprattutto se nei cinque era compreso anche Zach. Ma quando si lasciavano organizzare le cose a quella mente poco evoluta di Brendon era normale che accadesse persino l'impensabile.
Sudava, già, solo al pensiero di dover entrare in quella scatola d'aringhe e di condividerla con Ian, non che quel ragazzino occupasse tanto spazio, ma la sua vicinanza lo rendeva sempre un po umidiccio, persino nelle giornate invernali, fredde e piovose.
« Tu Spence ti metti dietro. » aveva commentato trionfante Brendon prima di sedersi davanti al posto del passeggero, vicino a Zach che continuava a trafficare con il navigatore satellitare.
« Ma non puoi starci tu? Sei più secco e più ... »
« Non provare a dire basso, Spence, se ci tieni ai tuoi testicoli! » aveva commentato arcigno Brendon prima di battere le mani con fare gioioso e di dichiarare iniziata la loro scampagnata.
Spencer odiava i cambiamenti umorali del suo cantante, soprattutto quando passava dal "Voglio ucciderti lentamente per poi darti in pasto ai pescecani" al " Sei così carino che non ti farei mai del male", era qualcosa di estremamente spaventoso, oltre che patetico.
Si era seduto dietro a Brendon, così da avere lo spazio per stendere le sue gambe chilometriche.
« Ian forse è meglio che ti metti nel mezzo. » aveva commentato Dallon uscendo dall'abitacolo e facendo entrare il piccoletto che era troppo preso dalla musica che stava ascoltando per sentire quello che Dallon gli aveva appena detto.
Spencer non aveva minimamente notato il suo abbigliamento prima di vederselo comparire di fronte agli occhi stretto in un paio di pantaloncini grigi ed una maglietta bianca. Forse era il caldo, oppure l'astinenza prolungata dai piacere del sesso, ma era una visione estremamente gradita ai suoi occhi.
Ian lo aveva guardato sorpreso, forse perché aveva l'espressione da triglia appena pescata, o forse perché non aveva alcuna voglia di distogliere lo sguardo dal suo corpo. Gli aveva sorriso esclamando ad alta voce - forse un po troppo alta- il buongiorno. Spence aveva contraccambiato, anche se aveva la bocca così impastata da farsi uscire un "giorno" lapidario e vagamente incomprensibile.
Qualche minuto dopo, quando erano già in viaggio, Spencer boccheggiava. Forse la colpa era dei trenta e passa gradi che venivano segnalati sul cruscotto, o forse della poca aria fredda che proveniva dall'aria condizionata, ma sicuramente una buona parte di colpa era da affibbiare ad Ian che perso nella musica muoveva la testa così da solleticare la spalla nuda di Spencer con i suoi innumerevoli ricci. Quelle "carezze" appena accennate, quei riccioli che morbidi si muovevano sulla sua spalla provocandogli qualche brivido, l'espressione persa e bambinesca di Ian lo stavano mandando in paradiso. Inoltre i pochi centimetri che dividevano i due corpi erano annullati dall'altro che continuava a lasciarsi trasportare dalla musica. Stava per scoppiare, o per meglio dire, affogare.
« Brendon » aveva grugnito « la prossima fottuta volta che affitti una fottuta macchina vedi la fottuta anteprima su google prima di accettare, cazzo! »
Brendon si era voltato verso di lui con il suo solito ghigno alla "Ops, ne ho combinata una delle mie".
« Spence non c'è bisogno di scaldarsi tanto! » gli aveva risposto Zach sbuffando.
« Parli bene tu! Sei seduto lì davanti ed hai abbastanza aria da poter respirare normalmente! Io qui dietro non ho aria, non respiro e sono sudato come Brendon appena finito un concerto! »
« Spence, la stai prendendo troppo a male » aveva commentato tranquillo Dallon « Io sono nella tua stessa situazione e non sto soffrendo così tanto il caldo... »
Spencer si era voltato verso il bassista, incenerendolo con lo sguardo.
« Okay, forse un pochino lo soffro anche io il caldo. » aveva commentato velocemente prima di riprendere a trafficare con il suo telefonino.
Ian, nel frattempo, era troppo preso dalla musica per ascoltare gli sbraiti eccessivi di Spencer, così quando si era poggiato alla spalla del ragazzo non sapeva quanto quello fosse irritato ed accaldato.
Tutti nell'abitacolo avevano trattenuto il fiato temendo per la sfuriata che, sicuramente, Spencer avrebbe fatto al loro nuovo - e piccolo- chitarrista. Ma non era successo nulla, Spencer aveva sbuffato lievemente, prima di guardare il paesaggio che sfrecciava a grande velocità fuori dal finestrino.
Zach e Brendon si erano lanciati un'occhiata complice, ma avevano preferito non fare nessun tipo di battuta sarcastica. Giocare con uno Spencer incazzato era paragonabile allo sventolare un drappo di fronte agli occhi di un toro inferocito.
Spencer si era morso la lingua, cercando di controllarsi dal dire o dal fare qualcosa di compromettente.

[,,,]

Il viaggio si era concluso venti minuti più tardi, venti minuti nei quali Ian non si era mosso dalla spalla di Spencer, il quale aveva sospettato che il sudore si fosse trasformato in collante.
« Scendete dalla macchina. » aveva commentato Brendon, prima di zompettare fuori e di sedersi sul prato con il telefono tra le mani per twettare chissà quale stronzata colossale.
Spencer aveva mosso leggermente Ian.
« Ian, dobbiamo scendere. » aveva commentato ad alta voce, prima di sfilargli una cuffietta dall'orecchio « Ian! »
Il ragazzino aveva aperto gli occhi, stropicciandoseli poco dopo con le mani, così da sembrare ancora più bambino di quello che era realmente.
« Mi sono addormentato. » aveva commentato prima di sbadigliare.
« Sono così comodo? » aveva chiesto Spencer ironico, mentre l'altro gli pizzicottava la spalla.
« Sai, questi rotoli coprono l'osso, quindi si sei comodissimo! »
Spencer gli aveva sorriso, prima di scappare fuori dalla vettura e di seguire l'esempio di Brendon gettandosi sul prato.
Aveva preso il telefonino tra le mani, componendo velocemente quel numero ed inviando un semplice "No" come risposta. Un no così secco ed arido da fargli persino male.
Aveva sbuffato non appena aveva premuto il tasto d'invio, sotto agli occhi perplessi di Ian.
« Con chi stavi messaggiando? » gli aveva chiesto buttandosi di peso sull'erba, a pochi passi da lui.
« Con nessuno in particolare. » aveva risposto laconico, contando approssimativamente i pochi fili d'erba che li dividevano.
Quel prato era enorme, così sconfinato da contenere un centinaio di persone, perché quel ragazzino doveva sedersi così vicino a lui?
« Ah, si? Perché quel nessuno in particolare ti ha appena risposto. » aveva commentato indicando la bustina chiusa che lampeggiava sullo schermo del telefonino.
Spencer aveva letto il messaggio.
Spencer guardava inebetito lo schermo del telefono da parecchi minuti durante i quali Ian aveva cercato in tutti i modi di attirare la sua attenzione
o comunque di cercare di leggere quello che vi era scritto. Alla fine si era tolto la maglietta dichiarando di avere troppo caldo. Spencer non ci aveva fatto caso, troppo preso a cercare una motivazione a quel messaggio, così da lasciare l'altro nella più desolata sconsolazione.
« But  am i who you think about in bed? »
Quella frase era priva d'alcun senso logico, soprattutto se si prendeva in esame il contesto più ampio nel quale si trovava. Erano mesi che non si faceva sentire, mesi nei quali era riuscito - con enorme sforzo- a fare i conti con la sua assenza, nei quali aveva combattuto contro il pensiero di non riuscire più ad amare completamente una persona. Mesi nei quali l'unica persona alla quale pensava quando si trovava nel suo letto a due piazze - troppo grande per contenere una sola persona- era lui, almeno fino a quando non aveva visto - o per meglio dire, notato- per bene Ian. Non sapeva bene quando era cominciato, ma insieme al nome di Jon era comparso anche quello del piccolo chitarrista, fino al punto che il nome di Jon era diventato una presenza opaca ed indelebile, una presenza che si percepiva solo in determinati momenti, come le vecchie scritte sui vetri che si notano soltanto nelle giornate di sole e con molta fatica.
Solo ora, che era quasi andato via, era ricomparso con le sue domande prive di alcuna logica.
« Non rispondi? » gli aveva chiesto Ian quasi scocciato « No, perché avevo intenzione di fare qualcosa con te. Ma se non rispondi a Jon e non la fai finita, non credo che possiamo fare altro. »
Spence lo aveva guardato inebetito.
« Si, lo so, non avrei dovuto impicciarmi dei tuoi fatti, ma te ne stavi lì inebetito e non sapevo perché... »
Spence continuava a non muovere un muscolo.
« E si lo so, sono uno stronzo che si fa gli affari tuoi e che chiede conferma a Brendon dei numeri dei tuoi amici. »
« Stai facendo tutto da solo Crawford. Ora, che volevi fare? »
« Una passeggiata, Spence, tutto qui. »
« Allora andiamo, no? »

[..]

Se qualcuno glielo avesse raccontato lui non ci avrebbe creduto, minimamente. Ma visto che lo aveva provato sulla sua pelle non poteva far altro che crederci e compiacersene.
Quello che Ian aveva chiamato "passeggiata" si era rivelato ben altro. Nulla di che, solo qualche bacio e qualche carezza, niente di troppo spinto e procace.
Il ragazzino era sdraiato al suo fianco, con gli occhi persi in chissà quale parte del cielo, mentre lui combatteva ancora con la voglia di rispondere a quel maledetto messaggio.
Percepiva la tasca dei jeans, che conteneva il telefonino, scottare, quasi che quel coso fremesse  dalla voglia di vedere quelle magiche paroline scritte ed inviate.
« Si, ti ho pensato più volte. Ma no, non sei più tu quello che infesta i miei sogni. »
Come nei peggior film romantici si era voltato verso di Ian, sorridendo con la consapevolezza di avere ancora quell'espressione da triglia dipinta sul volto.



   
 
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