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Autore: eclissirossa    02/09/2011    1 recensioni
Hamarikyu Gardens, è il piccolo polmone verde di Tokyo. Dove una serie di amori prendono e perdono vita.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tornando a vederli
i fiori di ciliegio, la sera,
son divenuti frutti.

 

( kite mierba yūbe no sakura mi to narinu )


Avvertiva quel profumo, tanto caro quanto doloroso per la sua mente, che gli arrivava alla mente e la mandava in corto circuito. Ricordava, come se non fossero affatto passati tutti quegli anni, ogni momento passato in ogni angolo della casa. Ricordava perfettamente quella cucina, ricordava che nel primo cassetto c'erano delle posate, sotto le tovaglie. Nella credenza in alto a destra, Kagome, nascondeva i biscotti per non farglieli divorare prima di cena. Diceva che poi si rovinava l'appetito, e che doveva essere paziente ed aspettare. Si comportava come se dimenticasse la sua vera natura. Gli bastava seguire la scia di mirtilli fino alla credenza per trovarli, ma gliela dava sempre vinta. Come poteva sopportare quel visino imbronciato? Non poteva, e quindi faceva finta di niente. Rimase alzato davanti a quella figura sottile e tanto simile a lei, simile, non uguale, quella donna non gli piaceva, fin dall'inizio, aveva intuito che gli nascondeva qualcosa. Afferrò lo schienale di una sedia, trascinandola fin davanti a lei, e osservandola furioso. Ringraziò di avere un minimo di autocontrollo, e che il suo sangue umano, avesse per la meglio su quello demoniaco, che l'intimava di ucciderla ora, lì, quella donna. Le fece un segno, col capo, come a intimarla di iniziare. Di certo non accettava capricci, doveva parlare, ora, quella donna.

‹ Va bene. Parlerò. › Aveva mormorato flebile quella donna, stropicciandosi le mani tra loro e tenendo lo sguardo chino, a fissarsi le ginocchia bianche e ossute. ‹ Ma devi sapere che, mi pento.. di ciò che ho fatto, e l'ho fatto solo.. per amore. › Aveva mormorato, dopo aver preso un profondo respiro, arrossendo e stringendo con più forza le mani. Le osservo, e notò i palmi farsi bianchi e le nocche sporgere tirando la pelle. Era davvero gracile, per un momento, ebbe il dubbio di averle fatto male, quando l'aveva malamente afferrata. Rimase silenzioso, non parlò alla sua premessa, e la studiò riordinare le idee con fare calmo e assorto. Ringhiò sommessamente, mettendole fretta, notando come fosse sobbalzata e avesse annuito.

‹ Quando tu aveva saputo del trasferimento, quel giorno bhè.. › Si fermò, un momento, ispirando profondamente, e portando le mani sulle gambe, massaggiandole piano. Fissò lo sguardo sul suo viso, e gli sembrò che stesse vivendo tutto.. come un ricordo, un ricordo tremendamente vicino e pesante. ‹ Kagome, aveva ricevuto un importante proposta di lavoro, a Londra. La ragazza che doveva suonare aveva avuto un incidente, e avevano chiamato Kagome su due piedi. Sarebbe dovuta partire stesso quel giorno, se avesse accettato. E lei accettò. Era un'importantissima occasione di lavoro, ne andava del suo futuro. E quindi, accettò. › Lo guardò, quella donna, e nel suo sguardo non vi trovò sorpresa. Inuyasha ricordava perfettamente il tuffo al cuore che aveva avuto quando, il giorno dopo era andato a cercarla alla scuola, e gli avevano detto che lei, non c'era. Era partita. Stringe le mani artigliate, grugnendo e facendole segno di andare avanti, proseguire. Non era andato lì, per ascoltare una storia che già conosceva. Ci aveva ripensato tante di quelle volte, che era sicuro, di aver iniziato a vedere cose che non esistevano. Si domandò come fosse finito fidanzato con Yumi, una donna che non amava. L'aveva solo presa in giro, e si sentì un verme, per questo, un vero e proprio verme.

‹ Kagome.. ti cercò, venne a casa tua, provò a chiamarti, venne al negozio.. ma tu.. non c'eri. Non ti trovava. Quindi.. venne da me. › La voce s'incrino a quel punto, la sentì iniziare a respirare pesantemente. Rivelazioni di quel tipo, immaginò, non dovevano essere facili. Ma non provava pena, non era rattristato, quasi soddisfatto dal vederla in quello stato, che non era minimamente paragonabile a tutto ciò che lui aveva passato, ma era un inizio. ‹ Mi diede una lettera. E le chiavi del tuo.. appartamento. Mi aveva chiesto di.. venire da te e darti questa lettera. › Lo guardò, fissò lo sguardo del ragazzo che aveva amato, e che aveva ferito e di cui aveva distrutto la vita. Per la prima volta dopo due anni, lei, ebbe la totale e piena consapevolezza di ciò che aveva fatto. Gli occhi, ambrati erano lustri, erano tristi, erano spenti e doloranti. Si accorse di quanto dolore avesse provato a quelle due persone. Lui di cui si era innamorata al solo vederlo, e lei, un'amica che si era sempre dimostrata vera, non l'aveva mai, tradita. Sentì le lacrime spingere per uscire, ma le ricaccio indietro, decisa a terminare il suo racconto. Si alzò, lentamente, sotto gli occhi inquisitori di lui, si voltò di schiena e arrivo a un cassetto della cucina. Sentiva i suoi occhi sulla schiena, incenerirla, bruciarla, trapassarla. Recuperò una lettera, tra alcune scartoffie, appena maltrattate, e a passo lento, tornò verso di lui, riprendendo posto su quella sedia, passandogli silenziosa la lettera. Gli occhi lucidi e pieni di lacrime, non gli mostravano bene la figura del mezzo-demone che aveva davanti, il viso e gli occhi erano sfocati, cosi come i capelli, apparivano una massa bianca deforme.

‹ Arrivata a casa tua.. vidi alle pareti le vostre foto, le sue cose sparse in giro per casa, un paio di stivali suoi e i suoi orecchini. Ti aveva lasciato.. trentadue messaggi sulla segreteria telefonica. Ascoltai il primo.› Sussurrò, con voce incrinata e le lacrime che iniziavano a scivolare lungo il viso, provò a ricacciarle dietro, fermare la loro caduta, ma fu tutto inutile. Scendevano, copiose, colpevoli. Un respiro profondo e riprese a parlare, Inuyasha era immobile davanti a lei, muto, non parlava ne fiatava, non si era scomposto davanti alle sue lacrime, ne davanti al suo discorso. Impassibile, come una statua, un dio greco davanti a un colpevole mortale.

‹ Io non lo sapevo. Lei non me ne aveva parlato. Le avevi chiesto di andare via insieme, a Pechino. E lei aveva accettato. Ti spiegava che sarebbe tornata in due settimane, ma che lei voleva, desiderava, stare con te. Lei ti amava. › Sussurrò, portando le mani al viso, dopo che lui ebbe recuperato la lettera dalle sue mani. Asciugò le gote arrossate e bagnate, rendendo le dita umide e strofinandole sopra la vestaglia. ‹ Trentadue messaggi, ripetevano tutti la stessa cosa. L'ultimo , ti lasciava il numero del suo albergo. Li cancellati tutti, ero.. arrabbiata, gelosa, furiosa. Non sapevo cosa mi avesse preso. Presi la lettera, e andai via. Tu non dovevi sapere nulla. Appena arrivai a casa, la chiamai. Le dissi che.. tu .. l'avevi tradita. › Bisbigliò le ultime parole, portandosi le mani alle labbra, sentendo il peso sulle spalle farsi sempre più pesante, assieme al peso sul cuore. La sua coscienza scalpitava e gioiva, aveva avuto la meglio alla fine, sapeva che tutto sarebbe venuto a galla, prima o poi, ma aveva sempre sperato che non succedesse.


‹ Esci subito da questa casa. › Furono le uniche parole, che dopo un tempo che le parve infinito, Inuyasha proferì, stringendo tra le mani quella lettera, e tenendo lo sguardo ambra basso, calato sui suoi piedi. Fece per ribattere lei, ma lo sguardo furioso e fiammeggiante che lui le lanciò, la fecero alzare di corsa. Si vestì velocemente, e nel minor tempo possibile radunò le sue cose. Avrebbe voluto dire qualcos'altro, scusarsi, spiegarsi, andare oltre il semplice racconto, rivelargli che lei, l'aveva sempre amato dalla prima volta che l'aveva visto, che non voleva far del male a nessuno, ma che era stata mossa semplicemente dalla gelosia e dall'invidia. Sulla porta di casa, trovò la figura altezzosa di Inuyasha. Mai, come in quel momento, gli era parsa tanto fragile e distrutta. Pareva che sulle spalle, appena inclinate in avanti, facesse peso il mondo intero, e lo sguardo perso era basso e dolorante. Cosa aveva fatto?

‹ Dov'è ora Kagome? › Aveva bisbigliato, aprendole la porta e strattonandola per un braccio fin fuori dall'appartamento, aspettando che lei rispondesse. Gli occhi ambrati, doloranti e cupi la scrutavano preganti. La stava pregando, pregava di sapere dove lei fosse. Dopo due anni, quegli occhi, cercavano ancora lei. Dopo due anni, il suo cuore, batteva ancora per lei. Dopo due anni, lui l'amava ancora. Schiuse piano le labbra, la ragazza, davanti a quella visione che le distrusse il cuore, si senti come se fosse stato di vetro, e ora tutte le schegge fossero finite con l'incastrarsi nella pelle, dall'interno. Bruciore. ‹ Io.. non posso.› Aveva squittito stupita e frastornata. Non poteva. Non poteva. Kagome non sapeva nulla, non poteva, dirgli dov'era. Lo vide sorridere, in maniera triste e rassegnata, annuendo e afferrando la porta per chiuderla. Fece un passo avanti, fissandolo con aria implorante. Doveva dirlo, almeno quello.

‹ L'amore.. alle volte.. fa fare cose stupide.. e .. sbagliate. › Mormorò. Lo vide alzare gli occhi verso di lei, vuoti, privi di rabbia o dolore. C'era il vuoto in quello sguardo, il nulla, un abisso dorato nel quale affogare. Un mare di sabbie mobili nelle quali si poteva affondare. Lo vide scuotere il capo, prima di chiudere la porta, con un tonfo sordo, ritrovandosi davanti il legno scuro. Tutte le sue opportunità, tutto ciò che aveva fatto, si era appena sgretolato tra le sue mani, come un vaso di terracotta ancora fresco. Tutto si era schiantato, e lei, ora, era sola, senza nulla. Senza nessuno. Vuoto, il vuoto di quegli occhi lo sentiva addosso, lo sentiva dentro. Si volto, avviandosi verso le scale per abbandonare, definitivamente quella casa, quell'appartamento, quei ricordi, quella figura. Arrivata all'auto, immaginò, che ora, le toccava la prova più difficile. Parlare con Kagome. Una volta nella vettura, fisso l'orario sull'orologio, e si stupì di quanto tempo fosse passato, e quanto velocemente. Tra quei ricordi e quei dolori. Erano le 13.17. Kagome sarebbe partita quel pomeriggio.



Una figura sottile e snella abbandonava un appartamento che non era il suo. Dietro di sé, due valigie, per un viaggio che sperava di non dover fare. Scese lentamente le scale, trascinandosele dietro con qualche fatica, e la fronte aggrottata. Se Inuyasha fosse stato lì, tutto sarebbe stato più facile. Sorrise a quel pensiero. L'avrebbe rivisto, tra meno di trenta minuti, o almeno sperava. Sperava che lui venisse. Non le importava che l'avesse tradita. Non le importava nulla. L'amava, era sparita, era tornato e la cercava. L'amava, e voleva vederlo, voleva guardare i suoi occhi ancora una volta e sentirsi dire la verità. L'aveva realmente tradita? Perchè? Continuò a trascinare le borse fino al taxi, nel quale entrò e diede come indirizzo l'aeroporto, avrebbe dovuto come prima cosa posare e liberarsi di quelle dannate borse. Pregò l'autista di aspettarla, mentre di corsa richiudeva le due borse in una cassaforte dell'aeroporto, prima di saettare, nuovamente verso il taxi di poco prima, dando un nuovo indirizzo all'autista, che la guardava più confuso che altro. Infilò nella borsa a tracolla le chiavi della cassaforte e sorrise dolcemente. Aveva indossata il cappottino rosso. E un paio di jeans scuri, stivaletti per evitare di bagnarsi i piedi nella neve e un cappellino di lana sul capo. Voleva vedere Inuyasha. Desiderava ardentemente incontrarlo. Erano passati due anni. Due lunghissimi anni, due anni nei quali aveva provato, Kami se ci aveva provato a dimenticarlo! Koga era stato un buon diversivo per qualche tempo, ma alla fine si era accorta che in lui, non vedeva altro che il riflesso scolorito di Inuyasha. Il tradimento l'aveva distrutta, talmente tanto che non l'aveva più cercato. Kikyo, lei li aveva visti con i suoi occhi. Inuyasha l'aveva tradita, e lei aveva bisogno di risposte, ora. Aveva il coraggio giusto per affrontarlo e ascoltare le sue spiegazioni. Aveva la forza giusta per ricominciare. La vettura gialla si fermò davanti l'entrata del
l'Hamarikyu Gardens. Esitò, davanti quell'immensa distesa di verde. E se lui non la volesse più? Strinse gli occhi con forza, scacciando di forza quel pensiero e lasciando i soldi all'autista, si decise a lasciare la vettura. Avrebbe affrontato il suo futuro, la sua vita, il suo passato. Avrebbe affrontato Inuyasha, a costo di sentirsi derisa. Si avviò verso il piccolo ponte di mattoni, sul quale si erano incontrati la prima volta, la prima di molte altre. Si appoggiò alla ringhiera in attesa. Erano le 14.03. Era in orario, non le restava altro che aspettare. Aspettarlo, aspettare lui.




Inuyasha, nell'appartamento di Kagome, girava come se fosse un fantasma, toccava i muri, sfiorava mobili, annusava l'aria e le lenzuola. Aveva addirittura affondato il viso nel suo cuscino per qualche attimo, prima di decidersi ad alzarsi, e recuperare il telefono dell'appartamento. Era proprio lì, dove lo ricordava. Sul mobile vicino la televisione. Recuperò il cordless e compose un numero. Portò l'apparecchio all'orecchio canino, e aspetto silente che qualcuno dall'altra parte rispondesse.


‹Salve, qui è il Kazaana, e io sono Miroku.. come posso aiutarla? › Sorrise, quando sentì la voce dell'amico all'altro capo, e si lasciò andare sul divano, affondando e affogando nel suo profumo. Ispirò profondamente e si schiarì piano la voce, turbato.

‹ Miroku.. › Bisbigliò Inuyasha. Perchè l'aveva chiamato? Che poteva fare Miroku? Poteva tirarlo su di morale? Poteva dargli questo peso nuovamente? Tirarlo via, tirarlo fuori dal dolore per l'ennesima volta? No, non voleva, Non voleva che Miroku fosse nuovamente tirato in causa in quella storia.


‹ Inuyasha! Devo dirti una cosa importantissima! › Aveva urlato l'altro dall'altra parte del telefono. Avvertì la voce di Sango al suo fianco, che parlava di qualcosa riguardante il caffè, con aria ansiosa. ‹ Inuyasha! Dove sei?! Devi muoverti! La divina Kagome mi ha chiamato questa mattina! › Aveva pronunciato in maniera veloce, come se fosse una raffica di parole, un attacco. Si tirò a sedere immediatamente il mezzo-demone, aspettando che l'amico continuasse e riprendesse a parlare. Kagome, Kagome, Kagome. Aveva chiamato. Aveva avuto il suo biglietto. Kagome l'aveva cercato.

‹ Non ci ho capito molto. Mi ha detto che voleva incontrarti al solito posto, alle due, e non aveva molto tempo. Alle sedici ha un aereo. E Inuyasha se poss-.. Inuyasha? Pronto?! Inuyasha!. › Continuava a parlare Miroku, a vuoto. Il tu-tuu dell'apparecchio gli fece capire che l'altro aveva già interrotto la telefonata e che non aveva voglia di sentire altro. Aveva avuto le informazioni necessarie e con tutte le probabilità era già in strada a correre e a dannarsi. Nel suo bar, Miroku, alzò lo sguardo verso l'orologio e fisso l'orario. Le 15.13 . Prego che Inuyasha la trovasse ancora lì, pregò che se non era lì, la trovasse in aeroporto. Pregò affinché quei due si rincontrassero.






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ok! anche questo capitolo è andato!
il penultimo! siamo arrivati alla fine!
fiuuuu!
allora. Com'è?! :)

  
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