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Autore: Mia Swatt    02/09/2011    10 recensioni
Isabella Marie Swan Cullen, ormai vampira da cento anni, non riesce ad accettare la sua trasformazione – per mano di Alice – avvenuta dopo la tragica morte di Edward. Tutto si svolge come scritto dalla Meyer: Edward lascia Bella dopo un diciottesimo compleanno disastroso, ma succede l’irreparabile. Bella non arriva in tempo a Volterra e vede il suo grande amore perire sotto la morsa di Felix. Tornata a Forks, insieme ai Cullen, la ragazza non riesce a superare la perdita, così tenta il suicidio. Alice, troppo scossa per la morte del fratello, non vuole perdere anche Bella – perciò la trasforma. Passano diversi decenni da quel giorno. Bella, a fatica, riesce a perdonare la piccola vampira trovando un macabro senso di poesia in quel gesto. Alice, secondo Isabella, le ha donato la forza per contrastare i Volturi, vendicando così Edward. Ma tutto cambia quando arrivati Londra, i Cullen fanno la conoscenza di uno studente particolare: Eric Hunter.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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Buon pomeriggio a tutti! Eccomi qui con il primo capitolo di questa piccola storia :) non so bene quanti capitoli posterò, forse una decina, ma non sarà una vera e proprio long. Questo per il semplice fatto ne ho già due long in corso, una nella sezione Originale/Fatnasy e l'altra qui, nel fandom di Twilight.
Prima di lasciarvi alla lettura ci tengo a fare pubblicamente le CONGRATULAZIONI ad una mia lettrice ma anche, e soprattutto, amica! Monica, per te questa giornata è bellissima, goditela! Tesoro, ti voglio benissimo <3 anche alla piccola Viola *-*
Adesso vi saluto, ci si legge in fondo! Buona lettura!


Primo Capitolo

« L'odio è cieco, la collera sorda.
E colui che vi mesce la vendetta, corre pericolo di bere una bevanda amara. »
Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo.


Inghilterra. Londra per l’esattezza.
Il quartiere di Kensington – uno dei più prestigiosi e lussuosi del capoluogo Britannico – era diventato il nostro nuovo indirizzo. Almeno per qualche tempo.
Allora Alice? domandò Jasper, appena rientrato dalla caccia ― Ci sono novità?
Ancora no. rispose sua moglie. Era sul divano a sfogliare – svogliatamente – qualche rivista di moda. Tutti i Cullen era cambiati molto negli ultimi anni – cento, per essere precisi. Carlisle ricopriva sempre incarichi di prestigio nei diversi ospedali che lo ospitavano, passando più tempo altrove che in famiglia. Esme, pur continuando a serbare quel senso materno che la distingueva, era più chiusa. Più triste. Emmett, nonostante tentasse di scherzare – come una volta – aveva perso il suo humor. Rosalie, la bellissima e vanitosa Rosalie, era completamente un’altra persona. Mi voleva bene. Davvero. Senza trabocchetti e senza inganni. Era per lei – soprattutto – per quello che mi aveva detto subito dopo la trasformazione, quando capii quello che ero diventata, che ero ancora “viva”. Jasper era sempre il solito. Tranquillo, posato – forse più del normale. Ma quella che stava peggio – forse quasi quanto me – era Alice. Era lei che, anche – e soprattutto – per colpa mia, aveva passato dei momenti infernali. Ricordavo ancora quel giorno…

Il senso di intorpidimento era passato. Erano giorni, forse mesi o perfino anni, che soffrivo. Era un dolore lacerante. Lo sentivo nelle vene, nel cervello. Lo percepivo nel cuore. Quel cuore spezzato dalla sua perdita, dalla sua morte.
Si sta svegliando. disse Alice. O almeno credevo. Era una voce così squillante e melodiosa – non che la sua non lo fosse – ma questa era più limpida, più acuta.
Bells… chiamò mio padre, Charlie ― È normale che non si svegli? domandò a qualcuno.
Credo si stia solo abituando ai rumori, agli odori… rispose Carlisle.
Caro, credi sia opportuno per Charlie rimanere? chiese Esme.
Io resto. Punto.
In caso ci siamo noi. disse quella che somigliava così tanto alla voce di Emmett.
Bella, apri gli occhi. mi incitò Alice È ora.
Non ci pensai due volte e spalancai gli occhi. Non avevo idea di dove mi trovassi. Sentivo di tutto. Il rumore della stoffa della camicia di Charlie che si strusciava contro la sua pelle, gli animali – non so di quale tipo – zampettare sotto le assi di legno del parquet, il grattarsi degli uccelli – fuori, sopra gli alberi. Richiusi di scatto gli occhi. La luce era abbagliante! Sentivo la gola in fiamme… Avevo
sete. Sentivo attorno a me odori nuovi, mai conosciuti prima. Era troppo.
Cosa mi è successo? chiesi, ma restai impietrita dalla mai stessa voce. Era musica…
Bella, tesoro, ascoltami bene… cominciò Alice, prendendo le mie mani tra le sue, non più gelide Non odiarm,i ti prego. Non potevo perdere anche te… fu allora che ricordai tutto. La stremante corsa – inutile – per salvare la vita di Edward, il ritorno a Forks, la depressione – vera e bruciante – e, infine, il tentato suicidio con i sonniferi.
Tu… non riuscivo a parlare Tu mi hai salvata. Tu mi hai trasformata! ringhiai, scagliandomi contro quella che, un tempo, era stata la mia migliore amica.
Come hai potuto? Come?! la gola mi bruciava. Come aveva potuto farlo? Io volevo l’eternità per stare con Edward, ma se lui era morto cosa me ne facevo?
Con che coraggio lo hai fatto? ero furibonda. Percepii le mani di qualcuno cercare di trattenermi, ma lo scaraventai lontano da me. Rompendo un muro.
Bella… Ti prego… disse Alice, tentando di togliersi le mie mani dal suo collo.
TI ODIO! urlai, con rabbia cieca Non ne avevi il diritto! Tu non ne avevi il diritto!

Per anni ignorai Alice. Odiandola, fino alla punta dei capelli. Odiandola, con ogni fibra del mio essere. Ma poi capii. Lei – forse – mi aveva fatto un favore. Mi aveva donato quello che, da umana, non avevo: potere, forza. Capacità abbastanza forti per vendicarmi. Era quella l’unica cosa che mi spingeva ad andare a caccia – per non morire di fame – per fingere un’età non mia, per andare a scuola… La vendetta. Quella con la V maiuscola. Alice, involontariamente, mi aveva dato l’opportunità di liberare il mondo dalla casata reale più antica e potente mai esistita: quella dei Volturi.
Ragazzi, siete già andati a fare un sopraluogo alla London High? domandò Esme, scendendo dal piano di sopra.
Io sono andato. rispose Emmett ― È squallida! Cioè proprio orribile.
Il mio maritino non apprezza la nuova scuola? lo prese in giro Rose, dandogli teneri colpi sotto il mento. Emmett, di tutta risposta, le cinse la vita, baciandola. Voltai lo sguardo, come facevo sempre. Vedere la gente felice – anche se si trattava dei miei fratelli – era lacerante. Vedere le coppie baciarsi era doloroso. Il mio cuore, ormai muto, non avrebbe retto ancora a lungo. Ma dovevo resistere, andare avanti. Per Edward. Per vendicare la sua morte – la mia morte – e liberare il mondo da creature tanto spregevoli e meschine.
Bella, hai lo scudo alzato? mi domandò Alice. Mi voltai verso di lei e abbassai lo scudo. Quello era il mio dono da vampira, era per quello che Edward non era mai riuscito a leggermi nella mente.
Sì, scusa. Non me n’ero accorta. mentii. Non volevo che Alice avesse visioni su di me – almeno quando mi fermavo a riflettere sulla mia decisione. Ne sarebbe rimasta sconvolta e con lei, ne ero sicura, tutta la famiglia. Mi avrebbero fermata – legandomi, perfino, in una cantina – affinché quell’idea malsana mi fosse passata. Volevo bene ai Cullen. Erano da sempre la mia famiglia, e quando Charlie – dopo Renée – morì, Carlisle ed Esme, si erano dimostrati i genitori migliori del mondo. Ma io non volevo vivere in eterno senza il mio cuore, senza la mia anima. Senza il mio amore. Avrei fermato i Volturi, dopodiché mi sarei data fuoco.

Eccoci finalmente arrivati alla famigerata London High School. L’edificio non era male, ma non era neppure spettacolare. Un enorme stabile fatto di mattoni di colore marrone chiaro, posto – da quello che capivo – su un unico, immenso, piano. Ma forse mi sbagliavo e quella era solo la facciata. Ci sperai.
Ok Emmett. disse Jazz Avevi ragione.
Visto? Non mi credete mai.
Io vorrei ancora capire per quale motivo siamo qui. disse Rose ― Non stavamo bene in Alaska? Perché abbiamo dovuto approdare in questa scuola? Non avevamo finito di fare i giochetti? Niente più finti liceali, niente più maschere o coperture.
Siamo qui a causa della visione di Alice. le risposi, senza staccare gli occhi da quell’edificio.
Non cominciate. rispose quest’ultima ― Io vi ho solo riferito quello che ho visto. L’idea di venire qui è stata di Carlisle ed Esme.
Non abbiamo mai ignorato le tue visioni, Alice. disse Rose, cingendole le spalle ― Perciò d’accordo. Proviamo e vediamo cosa ne viene fuori.
Grazie mille, fratelli.
Allora entriamo? chiesi, impaziente che quella pagliacciata iniziasse. Ma soprattutto, che finisse.
Certo! risposero in coro. Notai le loro mani intrecciate e tentai di mantenere il contegno. Avevo una strana sensazione addosso, non riuscivo a capirla. Ero irrequieta, ansiosa. Ma non sapevo il perché. Non era la prima volta che mi fingevo un’adolescente al penultimo anno di liceo. Da quando ero un vampiro avevo preso già dieci diplomi e tre lauree. Decidemmo di smettere – e ritirarci in Alaska, dove io avrei messo a punto il mio piano – qualche decennio fa.
Troppo presa dai miei pensieri, non mi accorsi dell’umana che mi si schiantò addosso.
Ahia! urlò, cadendo a terra di sedere ― Ma di cosa sei fatta, cemento?
Ehm scusami, non ti avevo vista. dissi, cercando di eludere la sua domanda Tutto apposto? le chiesi, recuperando i suoi appunti. L’anno era già cominciato. Ci trovavamo a Novembre.
Sì, grazie. rispose la ragazza ― È stata colpa mia, ero di fretta. a prima vista sembrava una persona molto semplice. Carnagione chiara, capelli lunghi – lisci – castano scuro, occhi dello stesso colore.
Tieni. le dissi, porgendole il suo materiale ― E non scusarti. Avrei dovuto sentirti o perlomeno vederti arrivare. le sorrisi ― Io sono Isabella Cullen.
Piacere mio, Isabella! rispose ― Il mio nome è Lidia. Lidia Winston.
Molto piacere.
Siete i nuovi arrivati, giusto? domandò Lidia, notando i miei fratelli.
Esatto. rispose Alice
Io sono Rosalie, lei è Alice Cullen.
E loro sono Jasper ed Emmett Cullen. conclusi io, indicandoli. Emmett fecce un cenno con la mano, mentre Jasper ricambiò il saluto in modo formale, facendo un piccolo cenno col capo.
Siete tutti fratelli? domandò Lidia, annuii. La campanella interruppe la nostra breve presentazione e la giovane corse via.
Scusate, non posso arrivare in ritardo o Eric mi ammazzerà! urlò, mentre correva all’ingresso scolastico ― Ci si vede in giro! Ah e benvenuti a Londra!
Quella ragazza mi stava già simpatica. Forse perché la sua goffaggine mi ricordava me. Una me diversa, la me umana.
Andiamo anche noi? mi chiese Jasper, notando – probabilmente – le mie emozioni stralunate. Annuii decisa, o per lo meno, glielo feci credere.
Più ci addentravamo in quell’edificio e più il senso di inquietudine si faceva strada lungo la mia gelida schiena. Non sapevo se esistesse davvero un Paradiso o un Inferno. Non sapevo più neppure se esistesse un Dio. L’unica mia certezza, al momento, era che la scuola era una prigione. Quel posto – da quando divenni vampira – si era trasformato in un Purgatorio. Il mio Purgatorio personale.

Ecco qui il primo capitolo di questa storia, allora cosa ve ne pare? Alice ha trasformato Isabella perchè non voleva perdere anche lei, il suo gesto è stato puramente egoistico, ma chi può biasimarla? Ha perso suo fratello e poche settimane dopo stava per perdere anche sua sorella, la sua migliore amica. Bella, dal canto suo, ha passato grandissima parte della sua nuova esistenza a odiare Alice, ma poi le è passata. Ha trovato nel suo gesto una macabra poesia: la vendetta. Ma porterà a termine questo pensiero? Davvero Bella ucciderà i Volturi e poi si darà fuoco, per tornare insieme al suo amato Edward? Lei pensa di sì, ma il destino è sempre dietro l'angolo...

Un bacione a tutti, e alla prossima! :)

  
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