Prima di lasciarvi alla lettura ci tengo a fare pubblicamente le CONGRATULAZIONI ad una mia lettrice ma anche, e soprattutto, amica! Monica, per te questa giornata è bellissima, goditela! Tesoro, ti voglio benissimo <3 anche alla piccola Viola *-*
Adesso vi saluto, ci si legge in fondo! Buona lettura!
Primo
Capitolo
E colui che vi mesce la vendetta, corre pericolo di bere una bevanda
amara. »
Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo.
Inghilterra.
Londra per l’esattezza.
Il
quartiere di Kensington – uno dei più prestigiosi
e lussuosi del capoluogo
Britannico – era diventato il nostro nuovo indirizzo. Almeno
per qualche tempo.
― Allora
Alice? ― domandò Jasper, appena
rientrato dalla caccia ―
Ci sono
novità?
― Ancora no. ― rispose sua moglie. Era
sul divano a sfogliare – svogliatamente – qualche
rivista di moda. Tutti i
Cullen era cambiati molto negli ultimi anni – cento, per
essere precisi.
Carlisle ricopriva sempre incarichi di prestigio nei diversi ospedali
che lo
ospitavano, passando più tempo altrove che in famiglia.
Esme, pur continuando a
serbare quel senso materno che la distingueva, era più
chiusa. Più triste.
Emmett, nonostante tentasse di scherzare – come una volta
– aveva perso il suo
humor. Rosalie, la bellissima e vanitosa Rosalie, era completamente
un’altra
persona. Mi voleva bene. Davvero.
Senza trabocchetti e senza inganni. Era per lei – soprattutto
– per quello che
mi aveva detto subito dopo la trasformazione, quando capii quello che
ero
diventata, che ero ancora “viva”. Jasper era sempre
il solito. Tranquillo,
posato – forse più del normale. Ma quella che
stava peggio – forse quasi quanto
me – era Alice. Era lei che, anche – e soprattutto
– per colpa mia, aveva
passato dei momenti infernali. Ricordavo ancora quel giorno…
―
Si sta
svegliando. ― disse
Alice.
O almeno credevo. Era una voce così squillante e melodiosa
– non che la sua non
lo fosse – ma questa era più limpida,
più acuta.
― Bells… ― chiamò mio padre,
Charlie ― È
normale che non si svegli?
―
domandò a qualcuno.
― Credo si
stia solo abituando ai rumori, agli odori… ― rispose Carlisle.
― Caro, credi
sia opportuno per Charlie rimanere? ― chiese Esme.
― Io resto.
Punto.
― In caso ci
siamo noi. ― disse
quella
che somigliava così tanto alla voce di Emmett.
― Bella, apri
gli occhi. ― mi
incitò
Alice ―
È
ora.
Non ci pensai due volte e
spalancai gli occhi. Non avevo idea di dove mi trovassi. Sentivo di
tutto. Il
rumore della stoffa della camicia di Charlie che si strusciava contro
la sua
pelle, gli animali – non so di quale tipo –
zampettare sotto le assi di legno
del parquet, il grattarsi degli uccelli – fuori, sopra gli
alberi. Richiusi di
scatto gli occhi. La luce era abbagliante! Sentivo la gola in
fiamme… Avevo sete.
Sentivo attorno a me odori nuovi, mai conosciuti prima. Era troppo.
―
Cosa mi è
successo? ―
chiesi, ma
restai impietrita dalla mai stessa voce. Era musica…
― Bella,
tesoro, ascoltami bene… ― cominciò Alice,
prendendo le mie mani tra le sue, non più
gelide ―
Non odiarm,i ti prego. Non potevo
perdere anche te… ― fu allora che ricordai tutto. La
stremante corsa – inutile –
per salvare la vita di Edward, il ritorno a Forks, la depressione
– vera e
bruciante – e, infine, il tentato suicidio con i sonniferi.
― Tu… ― non riuscivo a parlare ― Tu mi hai salvata. Tu mi hai trasformata!
―
ringhiai, scagliandomi contro quella che, un tempo, era stata
la mia migliore amica.
― Come hai
potuto? Come?! ― la
gola mi
bruciava. Come aveva potuto farlo? Io volevo
l’eternità per stare con Edward,
ma se lui era morto cosa me ne facevo?
― Con che coraggio
lo hai fatto? ― ero
furibonda. Percepii le mani di qualcuno cercare di trattenermi, ma lo
scaraventai lontano da me. Rompendo un muro.
― Bella… Ti
prego… ― disse Alice,
tentando di togliersi le mie mani dal suo collo.
― TI ODIO! ― urlai, con rabbia cieca ― Non ne avevi il diritto! Tu non ne
avevi il diritto!
― Ragazzi,
siete già andati a fare un sopraluogo
alla London High? ― domandò Esme, scendendo
dal piano di sopra.
― Io sono
andato. ― rispose Emmett ―
È
squallida!
Cioè proprio orribile.
― Il mio
maritino non apprezza la nuova scuola? ― lo prese in giro Rose,
dandogli teneri colpi sotto il mento. Emmett, di tutta risposta, le
cinse la
vita, baciandola. Voltai lo sguardo, come facevo sempre. Vedere la
gente felice
– anche se si trattava dei miei fratelli – era
lacerante. Vedere le coppie
baciarsi era doloroso. Il mio cuore, ormai muto, non avrebbe retto
ancora a
lungo. Ma dovevo resistere, andare avanti. Per Edward. Per vendicare la
sua morte – la mia morte – e liberare il mondo
da creature tanto spregevoli e
meschine.
― Bella, hai
lo scudo alzato? ― mi domandò Alice. Mi
voltai verso di lei e abbassai lo scudo. Quello era il mio dono da
vampira, era
per quello che Edward non era mai riuscito a leggermi nella mente.
―
Sì, scusa. Non me n’ero accorta. ― mentii. Non volevo che
Alice avesse visioni su di me – almeno quando mi fermavo a
riflettere sulla mia
decisione. Ne sarebbe rimasta sconvolta e con lei, ne ero sicura, tutta
la
famiglia. Mi avrebbero fermata – legandomi, perfino, in una
cantina – affinché
quell’idea malsana mi fosse passata. Volevo bene ai Cullen.
Erano da sempre la
mia famiglia, e quando Charlie – dopo Renée
– morì, Carlisle ed Esme, si erano
dimostrati i genitori migliori del mondo. Ma io non volevo vivere in
eterno
senza il mio cuore, senza la mia anima. Senza il mio amore. Avrei
fermato i
Volturi, dopodiché mi sarei data fuoco.
― Ok Emmett. ― disse Jazz ― Avevi ragione.
― Visto? Non
mi credete mai.
― Io vorrei
ancora capire per quale motivo siamo
qui. ― disse Rose ― Non stavamo bene in Alaska?
Perché abbiamo dovuto approdare in questa scuola? Non
avevamo finito di fare i
giochetti? Niente più finti liceali, niente più
maschere o coperture.
― Siamo qui a
causa della visione di Alice. ― le risposi, senza staccare
gli occhi da quell’edificio.
― Non
cominciate. ― rispose quest’ultima ―
Io vi ho solo
riferito quello che ho visto. L’idea di venire qui
è stata di Carlisle ed Esme.
― Non abbiamo
mai ignorato le tue visioni, Alice. ― disse Rose, cingendole le
spalle ― Perciò
d’accordo. Proviamo e vediamo cosa ne viene
fuori.
― Grazie
mille, fratelli.
― Allora
entriamo? ― chiesi, impaziente che
quella pagliacciata iniziasse. Ma soprattutto, che finisse.
― Certo! ― risposero in coro. Notai
le loro mani intrecciate e tentai di mantenere il contegno. Avevo una
strana
sensazione addosso, non riuscivo a capirla. Ero irrequieta, ansiosa. Ma
non sapevo
il perché. Non era la prima volta che mi fingevo
un’adolescente al penultimo
anno di liceo. Da quando ero un vampiro avevo preso già
dieci diplomi e tre
lauree. Decidemmo di smettere – e ritirarci in Alaska, dove
io avrei messo a
punto il mio piano – qualche decennio fa.
Troppo
presa dai miei pensieri, non mi accorsi dell’umana che mi si
schiantò addosso.
― Ahia! ― urlò, cadendo a terra
di
sedere ― Ma di cosa sei fatta, cemento?
― Ehm scusami,
non ti avevo vista. ― dissi, cercando di eludere
la sua domanda ―
Tutto apposto?
― le chiesi, recuperando i
suoi appunti. L’anno era già cominciato. Ci
trovavamo a Novembre.
―
Sì, grazie. ― rispose la ragazza ―
È
stata colpa
mia, ero di fretta. ― a prima vista sembrava una persona
molto semplice.
Carnagione chiara, capelli lunghi – lisci – castano
scuro, occhi dello stesso
colore.
― Tieni. ― le dissi, porgendole il suo
materiale ― E non scusarti. Avrei dovuto
sentirti o perlomeno
vederti arrivare. ― le sorrisi ― Io sono Isabella Cullen.
― Piacere mio,
Isabella! ― rispose ―
Il mio nome
è
Lidia. Lidia Winston.
― Molto
piacere.
― Siete i
nuovi arrivati, giusto? ― domandò Lidia, notando
i
miei fratelli.
― Esatto. ― rispose Alice
― Io sono
Rosalie, lei è Alice Cullen.
― E loro sono
Jasper ed Emmett Cullen. ― conclusi io, indicandoli.
Emmett fecce un cenno con la mano, mentre Jasper ricambiò il
saluto in modo
formale, facendo un piccolo cenno col capo.
― Siete tutti
fratelli? ― domandò Lidia, annuii.
La campanella interruppe la
nostra breve presentazione e la giovane corse via.
― Scusate, non
posso arrivare in ritardo o Eric mi
ammazzerà! ― urlò, mentre correva
all’ingresso scolastico ―
Ci si vede in
giro! Ah e benvenuti a Londra!
Quella
ragazza mi stava già simpatica. Forse perché la
sua goffaggine mi ricordava me.
Una me diversa, la me umana.
― Andiamo
anche noi? ― mi chiese Jasper, notando
– probabilmente – le mie emozioni stralunate.
Annuii decisa, o per lo meno,
glielo feci credere.
Più
ci addentravamo in quell’edificio e più il senso
di inquietudine si faceva
strada lungo la mia gelida schiena. Non sapevo se esistesse davvero un
Paradiso
o un Inferno. Non sapevo più neppure se esistesse un Dio.
L’unica mia certezza,
al momento, era che la scuola era una prigione.
Quel posto – da quando divenni vampira – si era
trasformato in un Purgatorio. Il mio Purgatorio
personale.
Ecco qui il primo capitolo di questa storia, allora cosa ve ne pare? Alice ha trasformato Isabella perchè non voleva perdere anche lei, il suo gesto è stato puramente egoistico, ma chi può biasimarla? Ha perso suo fratello e poche settimane dopo stava per perdere anche sua sorella, la sua migliore amica. Bella, dal canto suo, ha passato grandissima parte della sua nuova esistenza a odiare Alice, ma poi le è passata. Ha trovato nel suo gesto una macabra poesia: la vendetta. Ma porterà a termine questo pensiero? Davvero Bella ucciderà i Volturi e poi si darà fuoco, per tornare insieme al suo amato Edward? Lei pensa di sì, ma il destino è sempre dietro l'angolo...
Un bacione a tutti, e alla prossima! :)