Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Knuckster    02/09/2011    3 recensioni
Sonic the Hedgehog, nella sua giovane vita, ha affrontato innumerevoli sfide, a volte al di là della sua portata e quasi sempre scatenate dal dottor Eggman. Questa volta, però, si ritroverà a combattere un avversario molto più oscuro, disposto a sterminare tutta la razza mobiana senza alcuna pietà. Basterà avere al suo fianco tutti i suoi amici di sempre per sventare la pericolosa minaccia? [contiene "Sins of Purity Saga", "Chaos Millennium Saga", "Pieces of Eternity Saga", "Solo noi e nessun altro", "Ciak, si canta!"]
ATTENZIONE: Full Speed Ahead contiene storie terminate e aggiornate al 2011. Personaggi e ambientazioni hanno subito un REBOOT nella successiva storia della serie, "Sonic the Hedgehog: Legacy of Argus". Buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sonic the Hedgehog: A Blue Bolt Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sonic The Hedgehog Full Speed Ahead #16

SONIC THE HEDGEHOG:

FULL SPEED AHEAD

#16

----------

PIECES OF ETERNITY Saga

Scritto e ideato da: Knuckster

“Consideriamo la parola amore con la definizione di sentimento intenso e totalizzante rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto o un ideale. Racchiudere in queste poche parole il significato di un qualcosa che ci distingue e ci identifica così tanto nella vastità di questo mondo è a dir poco riduttivo. Esistono così tante sfaccettature, tanti modi in cui il sentimento si può manifestare che l’assurda pretesa di quantificarlo e incanalarlo nella parola scritta fallisce già in partenza. Possiamo amare la famiglia, gli amici, la vita, l’anima gemella ed è proprio la facoltà di farlo che ci rende immuni dall’essere semplici mucchi di ossa e muscoli che calpestano la terra vagando in solitudine. Possediamo nel petto una scintilla, una semplice e innocua scintilla che in determinati momenti della nostra esistenza può divampare e dare vita ad un incendio fatto di dolci e calde fiamme. Il buio ha tentato di oscurare questa luce, di soffocare tutte le nostre scintille, ma quella che si è estinta per permettere alle altre di continuare a bruciare, è stata l’unica a brillare più vivida di tutte nel momento del bisogno... anche se il petto in cui splendeva apparteneva ad una creatura macchiata di tenebra. In definitiva, è davvero il passato che hai alle spalle a condizionare l’amore che puoi provare?”
                                                   
    Dagli scritti dello Storico

LIBRO DIAMANTE

a.k.a.

Conflitti d'amore

     Non c’è perdono per i corrotti. L’eco di queste parole perentorie si insinuò con prepotenza nel suo inconscio, perforandone le pareti e riempiendole di una gelida e rassegnata consapevolezza. Voleva liberarsi del suono opprimente di quell’affermazione, scappare dal senso di disagio misto a vergogna che essa gli provocava. Correva a più non posso nel buio, tentando di frapporre quanto più terreno possibile tra di lui e quella voce cavernosa. Per quanto si sforzasse però, l’eco del suo turbamento riusciva comunque a raggiungerlo, affermandosi con tono imperioso come se non si fosse mai allontanato. La vittima tentò di attenuare il rimbombo tappandosi le orecchie, ma la voce filtrava come acqua attraverso le sue dita, facendosi strada nei suoi padiglioni auricolari fino a raggiungere la parte più conscia e sensibile del suo cervello. Era intorno a lui, in ogni particella d’aria che lo circondava, avvolgendolo con i sinuosi tentacoli delle sue vibrazioni, non lasciandogli alcuna via di scampo. Tutto quello di cui aveva bisogno era di silenzio, un solo secondo di tranquillità per poter distogliere la mente da quel terrificante frastuono e razionalizzare la realtà circostante, ma il rumore si faceva sempre più intenso. Rimbalzava nel suo cranio, martellava i suoi timpani ed era vicino a condurlo sull’orlo delle lacrime.

     Sarebbe morto di lì a poco se non avesse realizzato che l’unico modo per contrastare il “non c’è perdono per i corrotti” era produrre ancora più rumore, quel tanto che bastava a sovrastare l’eco che gli stava infiammando i nervi. Il suo petto si dilatò nel contempo in cui raccolse tutta l’aria presente nei polmoni, i suoi occhi si serrarono ermeticamente e un urlo di frustrazione serpeggiò nel suo ventre fino a prorompere con forza inaudita dalle sue labbra. Le due onde distorte si fusero in una sola, producendo un sibilo talmente acuto da fargli scoppiare le tempie. Si accasciò al suolo, tenendosi la testa tra le mani, desiderando che tutto quel dolore cessasse all’istante. Proprio nel momento in cui le prime lacrime di disperazione colarono sulle sue guance, il raggelante boato smorzò la sua intensità e andò pian piano scemando fino a diventare un sottile e quasi impercettibile sibilo. Che il perdono al suo animo corrotto fosse stato concesso? Non avrebbe più dovuto convivere con macchie e rimorsi?

     Si rimise cautamente in piedi, gli occhi ancora gonfi e umidi. Si sentiva come al centro della luce di un riflettore, perché tutto intorno a lui c’era il buio impenetrabile e la visibilità massima si restringeva nella stretta area che lo circondava. Le sue mani tremanti, sebbene coperte dalla stoffa dei guanti, sentivano un freddo penetrante fin dentro le ossa e qualcosa gli diceva che presto anche le gambe avrebbero ceduto sotto il peso del bacino. Aveva la sensazione di non essere più padrone del suo corpo, come se ne fosse estraneo e ci fosse stato inserito dentro a forza, poiché non si sentiva più in grado di controllare anche la più semplice funzione motoria. Le sue orecchie, d’altronde, erano ritte e recettive, ansiose di recepire un qualunque suono utile a capire cosa stava accadendo. Gli sembrava che una flebile voce femminile lo stesse chiamando da lontano, ma non avrebbe potuto giurarlo. Quello che udì un attimo dopo fu sufficiente, invece, a fargli saltare il cuore in gola. Sobbalzò per lo spavento quando un roboante crack esplose senza preavviso sulla verticale della sua testa. Acuminate schegge di legno piovvero su di lui, conficcandosi con precisione nelle braccia, ma senza causare dolore. Fu costretto ad alzare lo sguardo e l’immagine di una massiccia trave in dirittura di collisione con il suo cranio si stampò con prepotenza sulla retina degli occhi. Gli rimase il lasso di tempo sufficiente ad un breve urlo, prima dell’impatto e prima che si svegliasse di soprassalto, ricoperto di sudori freddi.

     Lo scenario buio e inquietante si dissolse all’istante, risucchiato nella dimensione del sogno, lasciando solo uno spaventato armadillo rosso a fare i conti con le agghiaccianti visioni che affollavano la sua mente. Tentò di afferrare con la memoria le immagini sfuggenti, ma esse sgusciarono fuori dalla sua portata permettendo ad una sola di queste di rimanere vivida e nitida.

     Non c’è perdono per i corrotti. Sempre e solo la stessa frase, il cui significato e la cui origine non aveva da domandarsi. Aveva ormai fatto il callo alle notti turbolenti e ai sonni popolati da accuse urlate a squarciagola nelle tenebre. Se la sua innata forza fisica fosse servita anche a tornare indietro nel tempo per riparare gli errori passati… bé, probabilmente sarebbe stato l’armadillo più sereno del pianeta. Non valeva nemmeno la pena continuare ad agitarsi ormai, si disse Mighty tra sé e sé. Era solo l’ennesimo incubo di un ennesimo riposo tormentato che aveva imparato a trattare con rassegnato disinteresse. Si stropicciò gli occhi incrostati innumerevoli volte e tentò di mettere a fuoco i particolari dell’ombrosa e polverosa cantina in cui si trovava. La branda sgangherata su cui si era destato non era delle migliori, ma la stanchezza lo aveva fatto crollare di colpo la sera prima. Non aveva avuto modo neanche di formalizzarsi per l’improvvisata sistemazione che gli era stata fornita in quell’umido e caotico solaio. D’altronde gli era andata meglio del previsto, dato che si era presentato alla porta dei suoi sperati ospitanti senza un minimo di preavviso, disperando di poter trovare altro posto per la notte se non il prato bagnato dalla pioggia. Aveva ben poco da lamentarsi in definitiva.

     Scese dalla branda e si stiracchiò i muscoli soffocando un lamento. Cercò a tentoni la sua consunta giacca di felpa grigia, ricordando vagamente di averla poggiata su di una cassa di legno la sera prima. Appena si accorse di averla afferrata e trascinata per la manica destra, si affrettò ad allentare la presa per paura di strapparla. Di norma non avrebbe fatto tutta questa attenzione. Infatti, aveva personalmente strappato le maniche di quella vecchia giacca per avere le braccia più libere di muoversi. Solo recentemente aveva deciso di mettere in pratica le sue maldestre attitudini di cucito per riattaccarle all’abito meglio che poteva. Non voleva certo che gli altri vedessero l’incisione sulla sua spalla, quel simbolo indelebile che tante volte aveva maledetto con tutte le sue forze. Ad una sola occhiata, anche distratta, sarebbero partite le domande, alle quali sarebbe stato troppo difficile e doloroso rispondere. Meglio nascondere in ogni modo la vergogna, da perfetto vigliacco quale si era rivelato essere.

     Indossò e chiuse la giacca, allargando con delicatezza le spalle per paura che la cucitura si sfaldasse. Dopodiché aspettò qualche minuto e scese al piano di sotto, tramite la scala scricchiolante della cantina. Dabbasso si sentiva lo sfrigolare dell’olio, il tintinnio delle posate e le cantilene allegre di Charmy. Un dolce profumo riempiva l’aria, tanto che lo stomaco di Mighty non poté che brontolare sonoramente.

     - Siamo arrivati al capolinea finalmente! - echeggiò la voce gracchiante di Vector - Entrambe eravate a conoscenza del fatto che saremmo arrivati a questo punto! E’ con sordo stupore che avete accolto la notizia! Eppure siete lì, ferme, rassegnate all’inevitabile destino! Sapete che cercare di scappare è inutile? Oppure volete affrontare l’inevitabile a testa alta? -

     Il suo tono era cupo e sostenuto, serio come non lo era mai stato. Pareva quasi che da un momento all’altro sarebbe partito un sottofondo musicale in stile western.

     - Qualunque sia la risposta vi rendete conto che questo è un punto di non ritorno critico, quindi rimane poco da fare! E’ inutile continuare ad indugiare, facciamola finita qui e adesso! -

     Il coccodrillo strinse gli occhi in una specie di occhiata indagatrice e sollevò dal piatto della colazione la frittella e la ciambella con cui stava parlando.

     - In questa città non c’è spazio per tutte e due voi! -

     - Scommetto invece che nel tuo stomaco ci stanno belle larghe! - commentò Espio sollevando lo sguardo rassegnato dal giornale mattutino.

     - Mi hai rotto il ritmo! - sbuffò il coccodrillo.

     - Desolato! La mamma non ti ha insegnato che non si gioca con il cibo? -

     - Forse era troppo occupata ad insegnargli ad essere un rettile musone e squamoso! - intervenne Charmy svolazzando verso il tavolo con il suo piatto di uova strapazzate appena cotte.

     Il coccodrillo ignorò i suoi colleghi con tono altezzoso e gettò tra le fauci affamate l’intera colazione, risparmiandosi la scelta.

     - La mamma non mi ha insegnato niente del genere… a parte come lavarmi tutti i denti nel minor tempo possibile! Avete idea di quanti denti ha un coccodrillo? -

     Espio sorrise debolmente per poi tornare a consultare il giornale, sorseggiando la sua tazza di caffè. Charmy cominciò a mangiare rumorosamente.

     - Come vostro datore di lavoro esigo maggior rispetto d’ora in poi! - disse Vector con tono pomposo.

     - Hai tutto il mio rispetto, Vec, se riesci a mangiare quella roba senza sentirti male! - esclamò Mighty scendendo lentamente dalle scale e sprofondando nella prima sedia che gli capitò a tiro.

     - Si è svegliato l’addordillo armadentato… ehm, l’armadillo addormentato! - cantilenò Charmy.

     - Per fortuna abbiamo al tavolo qualcun altro che apprezza un certo tipo di colazione! - disse Espio in un suo personale saluto.

     - Nella mia alimentazione mattutina ci sono solo due regole: rispetta la frittella! Addomestica la ciambella! - dichiarò Vector suscitando l’espressione interrogativa di tutti i presenti.

     - Grande e grosso com’è si diverte con poco! - mugugnò Charmy con la bocca piena di uova - E poi il bambino sono io qui! -

     Dopo qualche minuto, Espio posò il giornale sul tavolo e decise di spostare il suo interesse sull’armadillo rosso seduto alla sua destra. Tentava di studiare a fondo il suo sguardo enigmatico, senza però dare a vedere che lo stava fissando. Mighty sembrava fin troppo intento a rimuginare in silenzio sui suoi pensieri per accorgersene.

     - Ehi, Mighty-Man! - esordì Vector scuotendolo dal torpore - Se vuoi buttare qualcosa nello stomaco la dispensa è a tua disposizione! -

     - O almeno quello che c’è rimasto! - gli fece eco la voce acuta dell’ape.

     - Magari più tardi! - fu l’evasiva risposta.

     Il carattere sospettoso di Espio, ben lungi dall’essere tenuto a bada da quell’atteggiamento distaccato, si era acuito sin da quando la sera prima l’armadillo si era presentato alla porta dell’ufficio, stanco e fradicio di pioggia. Non avevano esitato ad offrirgli ospitalità, senza neanche chiedere informazioni su quella improvvisata fuori luogo, ma non potevano sopprimere la curiosità di sapere cosa avesse combinato il loro ospite in tutto il tempo in cui non si erano più visti. Mighty era stato restio a parlarne, spacciando la sua stanchezza e la voglia di andare a dormire come affrettate scuse.

     - Allora! - intervenne Espio con tono casuale ma con la volontà di essere schietto il più possibile - Cosa ti ha portato qui da noi ieri sera? -

     - E già! - continuò Vector sinceramente curioso - E’ un secolo che non ci si vede! Da quando abbiamo fatto baldoria insieme a Knuckles su quell’isola!(1) Non vorrei sembrare tua nonna ma… non scrivi, non telefoni! Sei sparito nel nulla, bello! -

     - Ho avuto parecchie cose di cui occuparmi! -

     - Che genere di cose? -

     La conversazione non stava prendendo esattamente la piega che l’armadillo voleva. Doveva cercare un modo rapido per deviare il flusso delle domande verso un argomento meno rischioso. Le parole uscirono dalla sua bocca senza un attimo di esitazione. Ci aveva riflettuto abbastanza prima di addormentarsi la sera prima e, anche se non aveva del tutto deciso, era il momento opportuno per sventolare bandiera bianca.

     - Non ha importanza adesso! Sono venuto qui per chiedervi se la proposta di entrare a far parte dell’agenzia è ancora valida! -

     Come da copione, la reazione non poté che essere sbalordita, anche se non esageratamente. Dopotutto era stato Vector stesso, al termine delle peripezie sull’isola sottomarina, a chiedere a tutti i suoi compagni di avventura di entrare a far parte della sua agenzia di detective. Il rifiuto di Knuckles e Mighty era stato istintivo, quasi come se fosse stata fatta loro una proposta indecente, e palesemente senza possibilità di ripensamento. Mentre per l’echidna il motivo di una simile risposta era chiaramente da ricercarsi nei suoi doveri di guardiano, l’armadillo non aveva fornito spiegazioni plausibili, limitandosi a replicare evasivamente. Per cui non fu una stranezza lo stupore dei Chaotix di fronte ad un’adesione così tardiva e misteriosa.

     - Ti ci è voluto tutto questo tempo per dirci di sì? - commentò Vector bonario - Certo che te la prendi comoda quanto si tratta di decidere! Ricordami di non chiedere mai il tuo parere sull’ammorbidente da usare! -

     - Non essere ridicolo! - lo rimproverò Espio - Sicuramente qualcosa per cui non ha potuto accettare prima è cambiato! -

     - All’incirca è così! - acconsentì Mighty sempre più esitante - Non ho più gli stessi… doveri a cui dovevo far fronte prima! Ho pensato che fosse una buona idea fermarmi per un po’ da qualche parte, avere un lavoro, dare una mano… cose così insomma! -

     I detective si resero conto infine che sarebbe stato impossibile ricavare informazioni più precise dall’armadillo, quindi decisero di accontentarsi per il momento. D’altronde non avevano nulla da perderci nell’accettare l’aiuto di un nuovo collega.

     - Quand’è così sei il benvenuto nella truppa, compare! - esclamò il coccodrillo dandogli una pacca sulla spalla - Due zampe e una testa in più fanno sempre comodo da queste parti! -

     - Dato che in quanto a cervello siamo messi piuttosto male! - completò Espio ironico.

     - Abbiamo un altro collega! Abbiamo un altro collega! - cantilenò Charmy festoso.

     L’allegria dei compagni però non fu sufficiente a far esprimere a Mighty una contentezza equivalente a più di un sorriso piuttosto tirato. Forse lavorare con loro lo avrebbe aiutato a distogliere la mente dalle preoccupazioni che lo attanagliavano, almeno il tempo sufficiente a riprendersi e a ragionare più lucidamente sul da farsi.

     - Avremo modo per festeggiare il nostro nuovo acquisto! - affermò Vector sfregandosi le mani - Ora muoviamo la coda e mettiamoci al lavoro! Charmy, vai a prendere la posta! -

     - Perché devo andarci sempre io? Ti costa tanto fare due passi fuori dalla porta? -

     Il coccodrillo si tuffò sulla sua sedia girevole e appoggiò i piedi sulla scrivania.

     - Il mio compito è di coordinare e dirigere! Io sono la mente e voi le braccia! -

     - Volevi dire i maggiordomi! -

     - Suvvia, quante storie per un servizietto da nulla! -

     - Hai detto la stessa cosa quando mi hai chiesto di lucidarti gli scarponi! Vuoi solo rifilarmi i lavori che non vuoi fare perché sei troppo pigro! Da questo momento sono in sciopero! -

     - Vespaccia malefica! - ruggì Vector incollerito - Quando ti do un compito esigo che sia svolto immediatamente! -

     - Esigi questo! - replicò Charmy facendogli una linguaccia.

     - Ammutinamento! Insurrezione! Rivolta! Qualcuno leghi il disertore all’albero di mezzana! -

     I due presero dunque a rincorrersi per tutto l’ufficio come bambini inciampando maldestramente qua e là.

     - Fanno spesso così? - mormorò Mighty ad Espio.

     - Ogni giorno! Non lo ammetteranno mai, ma si divertono un mondo! -

     Quindi il camaleonte, senza interrompere la disputa in corso, uscì per pochi secondi sul piccolo giardino attiguo a frugare nella cassetta della posta. Tornò con in mano un piccolo pacco quadrato legato con dello spago consumato. Lo poggiò sulla scrivania, attese che le acque si calmassero e poi usò un tagliacarte per aprirlo sotto allo sguardo di tutti. Gli occhi di Vector schizzarono fuori dalle orbite quando ne visionò il contenuto: più di una cinquantina di Rings luccicanti.

     - Per le squame di mia nonna! C’è un piccolo gruzzolo qui dentro! -

     - Chi è che vi manda un pacco pieno di denaro? - domandò Mighty vagamente incuriosito.

     - Non c’è mittente! Però forse… -

     Espio immerse le mani negli anelli tintinnanti e ne estrasse un piccolo apparecchio quadrato simile ad una ricetrasmittente, con tanto di antenna e di quadrante, e un bigliettino ingiallito piegato in quattro. Vector e Charmy erano talmente intenti a rallegrarsi per la piccola fortuna che avevano ricevuto che a stento si accorsero dell’ulteriore contenuto del pacco. Espio, soffocando un lieve senso di irritazione, spiegò il foglio e lesse a voce alta.

      - Ho bisogno di voi per rintracciare alcune piccole pietre sparse per il pianeta! Si tratta di frammenti di un gioiello inestimabile! Il detector inviato in allegato è già stato predisposto per guidarvi nella ricerca! Basta accenderlo e vi comunicherà la posizione del frammento più vicino a voi! Questo è un primo acconto del pagamento per i vostri servigi, a cui seguiranno molti altri! Aiutatemi e verrete ricompensati profumatamente! Firmato: M6! -

     Espio guardò il retro della lettera nella speranza di trovare altre informazioni. Nulla.

     - Che cosa ne pensi? -

     - Che abbiamo un nuovo incarico tra le mani! - rispose Mighty.

----------

     - Secondo me sbagli a dare troppo peso a questo episodio, Amy! Può darsi che le cose non stiano affatto come hai pensato tu! -

     - Non li hai visti giù alla spiaggia! Si guardavano negli occhi in un modo… come se ci fosse tra di loro una grande intesa! Più di quella che… c’è tra noi due! -

     - Conosci Sonic! Quando si presenta l’opportunità di fare a gara per qualcosa non sta più nella pelle! Penso non abbia mai incontrato qualcuno che possa tenergli testa in velocità a parte Shadow! -

     - Un motivo in più per sentirmi inferiore! E se lui volesse qualcuno che riesca a stare al suo passo? Qualcuno che non debba rallentarlo ogni volta? -

     Amy, Tikal e Cream erano sedute sulla panchina che si affacciava sulla strada accanto alla casa di Tails. La tristezza soffocata della riccia rosa aveva reso necessario l’intervento delle sue due compagne, le quali si erano rese immediatamente disponibili nel tentare di alleviare il disagio che con molta fatica tentava di tenere nascosto.

     - Dovresti parlarne con Sonic! - suggerì Cream con un sorriso - Sono sicura che se vi chiarite, tutto tornerà alla normalità! -

     - Forse! E se poi dovesse dare ragione ai miei dubbi? Ho troppa paura della sua risposta! -

     - Finché non gli parli non saprai mai se hai visto giusto oppure no! - disse saggiamente Tikal - Fatti coraggio! Vedrai che dopo una chiacchierata con lui ti renderai conto di esserti lasciata trasportare dall’immaginazione! -

     - E’ solo che… non posso fare a meno di pensare di essere un peso per lui dopotutto! Se trovasse una ragazza come lui, capace di sostenere i suoi ritmi, di sicuro avrebbe meno problemi di quanti ne ha adesso con me! -

     - Lui non è di certo un vigliacco! Se avesse mai avuto delle remore al riguardo te ne avrebbe di sicuro parlato, e da tempo anche! Non avrebbe mai taciuto facendoti qualche torto a tua insaputa! Certo, si è dovuto un po’ adeguare a te, ma lo ha fatto senza rimorsi! Non ti farebbe mai soffrire per questo, sai quanto è cavaliere! -

     - A me ha sempre detto che la cosa peggiore del mondo è far piangere una ragazza! - affermò Cream con tono ammirato - Non ti farebbe mai qualcosa di male! Neanche tra un milione di anni! -

     I sorrisi ottimisti delle sue amiche non poterono fare a meno di sollevarle il morale. Non era il tipo da rimanere con il broncio troppo a lungo e infatti il suo spirito energico cominciò a fare capolino tra il velo sconsolato che le era calato addosso. Si diede un paio di schiaffi sulle guance, si fregò il braccio sugli occhi pesti e sfoggiò uno dei suoi disarmanti sorrisi.

     - Sì! Credo… che abbiate ragione! Mi armerò di coraggio e gli parlerò sinceramente! Mi fido di lui! Sì, eccome se mi fido! Andrà tutto bene dopo una chiacchierata! -

     Le due ragazze fecero un piccolo applauso per incoraggiare la decisione presa e per congratularsi per un lavoro ben svolto. Come se la conversazione lo avesse richiamato da lontano, Sonic comparve all’improvviso svoltando l’angolo e dirigendosi verso il vialetto dell’abitazione di Tails. Amy lo riconobbe immediatamente, abituata com’era ad adocchiare come un falco qualunque cosa ci fosse di blu nei paraggi.

     - Eccolo! E’ lui! - esclamò, facendosi prendere dal panico - Oh, no! Proprio adesso! Non ho neanche pensato a cosa dirgli! -

     Tikal e Cream intervennero subito.

     - Non hai di che preoccuparti! Stai calma e parlagli a cuore aperto! -

     - Sì, stai tranquilla! Hai detto che andrà tutto bene e così sarà! -

     La riccia rosa respirò a fondo mentre guardava Sonic avvicinarsi a passo lento verso di loro. Notò qualcosa di diverso in lui, realizzando infine che stava camminando. Non lo aveva mai visto camminare per raggiungere una destinazione. Sarebbe stato molto più naturale, oltre che più appropriato alla sua persona, vederlo apparire di colpo sulla porta della casa dopo una veloce corsa supersonica. Invece si muoveva con lentezza, come se stesse rimuginando su qualcosa di molto importante. Questo comportamento inusuale ebbe l’effetto di aumentare l’agitazione di Amy. Capì nel frangente in cui il riccio si stava avvicinando che l’episodio sulla spiaggia doveva averla scossa notevolmente. Di norma il suo carattere battagliero l’avrebbe spinta ad impugnare il martello e a cavare fuori dalla bocca di Sonic la verità. Era sicura che il timore di ricevere una conferma su quello che pensava non le avrebbe permesso di sostenere con fermezza la conversazione.

     - Guarda chi si vede! Le mie tre ragazze preferite! - disse Sonic con il solito tono cordiale ma privo del suo solito sorriso incoraggiante.

     - Ciao, Sonic! - le risposero Cream e Tikal in coro.

     - Ho ricevuto una chiamata da Scheggia! - spiegò lui indicando la ricetrasmittente da polso che faceva capolino dalla tasca dei pantaloni - Ha convocato una riunione straordinaria del nostro vecchio gruppo? -

     - Qualcosa del genere! - replicò l’echidna sbrigativa - C’è anche Knuckles dentro! C’è una faccenda di cui vorremmo parlarti! Noi cominciamo ad entrare e ti aspettiamo! -

     Lanciò un cenno rassicurante in direzione di Amy, quindi prese per mano Cream e si diresse verso l’ingresso della casa. Sonic fece per seguirle, ma la riccia rosa si piazzò sulla sua strada, cercando di mostrarsi determinata. In realtà era tutt’altro che risoluta: il fatto che Sonic non le avesse rivolto un cenno che comunicasse qualcosa di più di un semplice amichevole saluto aveva aumentato il suo senso di paura.

     - Cosa c’è? - chiese lui con un fare che avrebbe potuto sembrare brusco.

     Amy non riusciva a trovare le parole e l’atteggiamento ruvido che incontrava di certo non la aiutava.

     - Ti ho visto… alla spiaggia prima! - fu tutto quello che riuscì a spiccicare.

     Sonic ci mise un po’ a rispondere e lo fece con tono freddo.

     - E allora? -

     - Eri… con qualcuno? -

     - Sì! -

     - Di… Di chi si tratta? -

     - Non ho voglia di parlarne, va bene? -

     Amy non si aspettava una replica così secca e lapidaria. Tentò in tutti i modi di mantenere la calma, ma era più facile a dirsi che a farsi.

     - Voglio… solo sapere con chi… -

     - Ti sei messa forse a spiarmi? - incalzò Sonic punto sul vivo.

     - Cosa? Io… No! Ma come ti viene in mente? -

     - Bene, allora preferirei che non ti immischiassi nel modo in cui passo la giornata! -

     Fu una risposta istantanea, quasi involontaria, ma intrisa di un tono velenoso che non era il suo. Non intendeva veramente parlarle in quel modo, ma le sue labbra si erano mosse ancora prima che il suo cervello avesse dato istruzioni in merito. L’espressione pietrificata che ne risultò in Amy fu abbastanza per indurlo a mormorare un debole “Scusami” prima che la sorpassasse e si dirigesse verso la porta.

     Il senso di colpa per aver trattato Amy con così poco tatto non tardò ad arrivare, mescolandosi alacremente al miscuglio di sentimenti contrastanti che già provava. Non poteva negare che l’incontro-scontro avuto con quella riccia azzurra sulla spiaggia avesse sovvertito l’ordine naturale dei suoi pensieri. Incontrare qualcuno dotato della sua stessa abilità, in grado di produrla naturalmente, era stato stupefacente. Non aveva mai immaginato di poter essere battuto così clamorosamente e quando questa assurdità si era infine verificata, il risultato era ben lungi dall’essere un semplice colpo per il suo orgoglio. La velocità e l’unicità erano i caratteri sui quali aveva sempre improntato la sua vita, i fattori che determinavano il suo essere speciale. Lo confortava sapere che in caso di necessità lui era l’unico su cui si potesse contare, che avrebbe potuto risolvere la situazione nel giro di un nanosecondo. E adesso invece spuntava fuori un secondo essere capace di fare quello che faceva lui. Era egoismo il suo? Non voleva essere privato delle lodi e degli onori che gli erano sempre spettati? Era geloso di chi aveva le potenzialità per diventare il prossimo eroe di Mobius? Era forse un segno il fatto che fosse stato sconfitto sul suo stesso terreno? Non sapeva rispondere a nessuna di queste domande. Sapeva solo che quando Amy aveva rivelato di aver assistito alla scena aveva provato un moto di vergogna. Era piuttosto stupida come cosa, ma non voleva che si sapesse che ci fosse qualcuno più veloce di lui. Era come se gli fosse stato usurpato il nucleo attorno al quale tutta la sua vita aveva sempre ruotato e adesso si trovasse senza un fisso punto di riferimento. Si sentiva confuso e disorientato, covava una rabbia repressa e contenuta che le parole di Amy avevano momentaneamente sfogato. Sapeva che non avrebbe dovuto trattarla così, ma non aveva modo di scusarsi più ampiamente di un mormorio per il momento. Aveva bisogno di tempo per assimilare l’evento e, eventualmente, trovare il modo di gestirlo per il meglio. Nel frattempo, assumere un atteggiamento serio e distaccato, a lui per nulla congeniale, era inevitabile.

     Entrò in casa e attraversò il familiare salotto, diretto verso il laboratorio sul retro. Vi trovò Tails e Knuckles, il primo intento in un febbrile lavoro su di uno strano marchingegno cubico munito di antenna, il secondo con il compito non molto accondiscendente di assistente. Cream e Tikal supervisionavano con curiosità, mentre Cheese svolazzava per la stanza incuriosito dai dispositivi bizzarri. Non poté fare a meno di notare anche un robot quasi del tutto smontato poggiato sul tavolo da lavoro. Dal colore che lo accomunava con l’apparecchio quadrato pensò che quell’automa fosse la sorgente di alcuni dei suoi componenti.

     - Si lavora sodo, eh? - esordì Sonic scherzoso ma con tono piatto.

     - Un concetto che immagino sia estraneo a te! - replicò Knuckles burbero, aspettandosi una solita risposta sarcastica che non arrivò.

     Cream e Tikal guardarono il riccio con fare interrogativo, probabilmente chiedendosi dove fosse Amy. Quest’ultima arrivò poco dopo, camminando a passi pesanti, con le braccia conserte e l’espressione tipica di chi sta per mettersi a piangere. Si piazzò di spalle a tutti quanti e concentrò la sua attenzione su di una lavagna luminosa che Tails utilizzava probabilmente per stilare i suoi progetti. Quando le due ragazze tentarono di avvicinarsi, le respinse con garbo.

     - Allora? Quale disastro si sta per abbattere su di noi questa volta? - domandò il riccio blu quasi annoiato.

     - Cosa ti fa pensare che questo non sia semplicemente un incontro di piacere? - lo rimbeccò Knuckles.

     - La tua presenza, tanto per cominciare! -

     I toni del battibecco non erano neanche lontanamente scherzosi come avveniva di solito, dato che i modi di Sonic erano piuttosto freddi e sbrigativi.

     - Ecco! Dovrei aver terminato! - intervenne Tails asciugandosi la fronte - Speriamo che funzioni come si deve! -

     - C’è qualcuno che si degna di spiegarmi che sta succedendo? -

    Dato che era impossibile contenere oltre l’impazienza del riccio, Tails e Knuckles gli spiegarono per filo e per segno il motivo della sua convocazione. Al termine del racconto, non avrebbe potuto esprimere meglio la sua noia che con un sospiro seccato.

     - Un megalomane come Magorian non poteva che lasciare in giro un’eredità esplosiva! Quindi suppongo che adesso dobbiamo andare a raccattare i pezzi di quello stupido sasso! Bah, tra il recupero dei Chaos Emeralds e di questi frammenti mi sento sempre più solidale nei confronti degli spazzini! -

     L’atteggiamento leggero e scostante di Sonic ebbe come risultato sollevare la perplessità generale. Dacché ricordavano, non aveva mai preso sottogamba una situazione critica. Certo, non si era nemmeno preoccupato eccessivamente, ma non era mai capitato che gestisse la crisi del momento con tanta superficialità.

     - Purtroppo è un po’ più complicato della raccolta dei Chaos Emeralds! Non sappiamo esattamente in quanti pezzi sia andata spezzata la Gemma, senza contare che possono trovarsi in qualunque angolo del pianeta e in qualsiasi luogo! Per di più non so se il sistema che ho escogitato per rintracciarli si rivelerà efficace! -

     - Allora accendi quella vecchia caffettiera e vedi se funziona! - propose Knuckles.

     - Non sarà mica pericoloso? - si domandò Tikal con apprensione.

     - Bè, no… almeno in teoria! -

     - Come sarebbe “in teoria”? -

     - Mi sono limitato ad utilizzare il sistema interno del robot per agganciarmi al satellite di Eggman tramite la parabola sul tetto! In questo modo dovrei poter avere una scansione delle frequenze d’onda delle pietre su scala planetaria e quindi tentare di localizzarle! Però… questa tecnologia non è esattamente compatibile con quella che utilizzo io! Ehm… per quanto ne so potrei anche aver creato un ordigno esplosivo, cosa che… ehm… verificheremo subito! -

     Tails raramente era stato così titubante riguardo ad una sua creazione, cosa che, insieme alla freddezza secca di Sonic e al mutismo di Amy, contribuì ad acuire il senso di disagio calato nella stanza, alleviato solo dalle agili e festose piroette di Cheese. Al volpino fu sufficiente attaccare due spinotti, attivare un interruttore e aspettare che il concerto di fischi, ronzii e fruscii proveniente dalla macchina cessasse per allargare un sorriso di compiacimento.

     - Ho stabilito una connessione! Speriamo che duri abbastanza adesso! -

     Muovendosi rapidamente, Tails inserì l’estremità di un cavo nella sua ricetrasmittente da polso e l’altro capo alla base dell’apparecchio di intercettazione. Armeggiò febbrilmente con i pulsanti per qualche secondo facendo in modo che, senza alcun preavviso, gli strumenti sprizzassero scintille da sovraccarico accompagnate da un leggero odore di bruciato. Una manciata di palline luminose apparvero sul grande quadrante verde e splendettero vivide il tempo sufficiente a richiamare l’attenzione prima di sparire. I circuiti interni del sistema si bruciarono all’istante, a giudicare dagli spessi fili di fumo che filtravano dalla copertura esterna, e il vetro dello schermo si incrinò in crepe tortuose. Tails si affrettò a spegnere l’aggeggio e a disconnettere la ricetrasmittente, sospirando poi di sollievo per aver terminato l’operazione appena in tempo.

     - Quando si dice per il rotto della cuffia! - commentò poi, sventolando la mano per far diradare il fumo dell’aggeggio ormai guasto.

     - Abbiamo fatto tombola? - chiese Sonic impaziente.

     - Puoi dirlo forte! I dati erano troppo massicci per essere contenuti nell’intercettatore, ma sono riuscito comunque a scaricarli sul mio radar! Dovrei avere un quadro più o meno preciso dei luoghi in cui possiamo rintracciare i frammenti! Una volta che li avrò trasferiti anche sui vostri dovremmo avere tutto quello che ci occorre! -

     - Dato che questa volta la caccia è su scala globale - intervenne Knuckles - Credo che avremmo bisogno di tutto l’aiuto possibile! -

     Sonic non rispose, quasi come se non avesse sentito. Per l’ennesima volta, tutti i presenti si sbigottirono per il suo comportamento. Si avvicinò a Tails e sbirciò sul suo radar, allungando il braccio sui pulsanti per scorrere la piantina del territorio.

     - Sbaglio o ce n’è uno qui nei paraggi? -

     Il volpino aguzzò lo sguardo per individuare il punto indicato da Sonic. Effettivamente non aveva notato il piccolo segnale luminoso che brillava a poca distanza dalla loro posizione. Era stato scontato per lui controllare le aree più lontane, sicuro che avrebbero dovuto scarpinare parecchio per la ricerca e che l’inizio non sarebbe stato così semplice.

     - Hai ragione! - esclamò emozionato - E sembra si trovi dalle parti di Green Hill! -

     - Allora sarebbe il caso di muovere le code! - fu la rapida risposta - L’ultimo che arriva è un Chili Dog ammuffito! -

     Bastò un battito di ciglio perché il riccio blu schizzasse fuori dalla stanza, senza attendere una benché minima replica. La sua ansia di allontanarsi non era mai stata così marcata prima di allora. Di solito proponeva agli altri che non possedevano la sua stessa velocità i modi più rapidi di viaggiare, ma questa volta era andato via senza preoccuparsi di nient’altro, cosa che aumentò il senso di perplessità della compagnia.

     - E’ una mia impressione o Sonic è andato del tutto fuori di testa? - chiese Knuckles con malcelata irritazione.

     - Ehm… non proprio fuori di testa! - balbettò Tails - Magari si comporta in un modo un po’ più… insolito del normale! -

     - Colpa degli ormoni maschili in rivolta! - commentò Amy ancora voltata di spalle.

     Un silenzio imbarazzato calò su di loro. A chi era all’oscuro delle vicende precedenti sembrò di capire che il comportamento strano del riccio blu era da ricondursi a delle supposte beghe sentimentali. Non essendo qualificati ad intervenire su tali argomenti, la scelta migliore che potessero prendere era di ignorare il commento come se non fosse mai stato pronunciato. Le reazioni all’affermazione non potevano essere più diverse: dal silenzio educato e composto di Tails, allo scetticismo annoiato di Knuckles, al sincero dispiacere di Cream e Tikal. Amy sembrò non essersi accorta del modo in cui la sua uscita verbale fu accolta dal resto del gruppo, continuando a fissare il vuoto immersa nei suoi pensieri affranti.

     - Comunque sia dovremmo darci una mossa! - intervenne Knuckles - Anche se non siamo molto lontani dalla zona Green Hill conviene scaldare il motore del Tornado! -

     - In effetti prima ci arriviamo e più evitiamo di avere brutte sorprese! - assentì Tails serio - Solo che non c’è sufficiente spazio per tutti! -

     - State tranquilli! - disse Tikal con un sorriso - Noi resteremo qui così da non rischiare di intralciarvi! -

     - Non se ne parla! - esclamò una determinata Amy sorprendendo tutti - Io vengo con voi! Non me ne starò qui con le mani in mano mentre lui se ne va a spasso! Non può scaricarmi qui senza rivolgermi neanche un’occhiata! -

     Ancora una volta il gruppo non se la sentì di intervenire nella questione delicata. Le fiamme animose che bruciavano nei suoi occhi erano sufficienti a convincerli che era meglio assecondarla senza obiezioni. Decisamente l’aria non era mai stata così carica di tensione da quelle parti.

----------

     Altrove, in un’area erbosa e splendente, l’aria era ancora più pesante e satura di scintille: un furioso combattimento era in corso. Erano più di quindici minuti che i due infaticabili combattenti continuavano a scontrarsi sfruttando ogni stilla di energia del proprio corpo. La loro resistenza non ne era minimamente scalfita, al contrario dell’arena su cui stavano scatenando le loro forze. Il prato lucido e splendente era stato estirpato poco a poco, lasciando spazio a zolle ribaltate e a profondi squarci nel terreno umido. Le rocce levigate seminate sulla superficie erano ormai frantumate in pezzi sparpagliati un po’ ovunque, insieme ai residui dei cespugli carbonizzati e al legno dei tronchi abbattuti. I fiori colorati che si stagliavano sul tappeto verde erano schiacciati e contorti, probabilmente in seguito alle falcate di passi rapidi.

     - Non se la sta cavando affatto male il tigrotto! - fu il commento di una voce fuoricampo.

     Osservando lo scontro con la stessa attenzione che avrebbe serbato per un giallo in tv, il dottor Eggman non staccava gli occhi dai due contendenti, mentre fluttuava a bordo del suo Egg Drive. Dalla sua espressione compiaciuta non era difficile desumere che la lotta allestita per testare le capacità del nuovo arrivato stesse dando i risultati sperati. Geoffrey e Gemerl se le stavano dando di santa ragione, al punto che il rimbombo metallico dei loro urti echeggiava con la stessa intensità di una piccola esplosione. Metal Sonic, nei panni del secondo spettatore, nascondeva sotto la sua inespressiva maschera da robot una noia repressa, ansioso com’era di menare le mani lui stesso invece di assistere a quelle ridicole esibizioni di forza.

     - La plancia di controllo sembra aver annullato tutto il suo libero arbitrio! - commentò il riccio meccanico accennando alla lastra di vetro rossa dalla forma circolare piazzata sul petto della lince.

     - Come sistemazione temporanea andrà più che bene! - replicò il dottore - Almeno fin quando non avrò rimesso a punto il robotizzatore! -

     - Come funziona con precisione? -

     - La sonda contenuta all’interno del cristallo è collegata direttamente al suo sistema nervoso centrale! Emette degli speciali impulsi diretti alla corteccia cerebrale che inibiscono ogni istinto di ribellione, acuendo la sua obbedienza e sottomissione! Reagisce solo agli stimoli della mia voce e la cosa più bella è che né l’intelligenza né i riflessi né vengono intaccati! E’ una macchina da guerra in piena efficienza, ma non muove un passo senza il mio consenso! -

     - Un po’ come me, insomma! - fu la risposta di Metal piena di impercettibile sarcasmo.

     - Al contrario! Lui mi obbedisce ciecamente, mentre tu sei libero di fare quello che vuoi, nella piena consapevolezza di quali sarebbero le elettrizzanti conseguenze di un tuo tiro mancino! - disse Eggman accarezzando un particolare pulsante dell’orologio sul suo polso.

     Metal Sonic non trovò nulla da obiettare, maledicendo mentalmente il dispositivo che lo avrebbe folgorato qualora avesse covato desiderio di vendetta nei confronti del suo creatore. Tornò ad osservare lo scontro, poco impressionato dal fatto che nessuno dei due lottatori sembrava essersi ancora stancato. Ci vollero cinque minuti buoni perché il dottore fermasse lo scontro, definitivamente soddisfatto dei frutti raccolti. Il robot e la lince dallo sguardo vacuo si irrigidirono all’istante non appena ricevettero l’ordine.

     - Gemerl! Sparky! Voi sì che sapete come rendere fiero un paparino! - esclamò Eggman con le braccia spalancate come a volerli abbracciare.

     - Ogni suo desiderio per me è un ordine! - replicò solenne Geoffrey, rispondendo al suo nuovo nome da battaglia.

     - Hai sentito, Metal? Guarda e impara come si fa ad essere dei bravi figlioli! -

     Ancora una volta, la mancanza di espressioni facciali del robot fu in grado di coprire il suo disgusto che, se manifestato, gli avrebbe causato indubbiamente molti problemi. Non ebbe comunque tempo di rimuginare oltre sul suo senso di frustrazione quando i sensori uditivi captarono rumore di passi in rapido avvicinamento. Delle voci piuttosto familiari risuonarono dapprima flebili, poi sempre più acute. Il fastidio di Eggman nell’essere interrotto era delineato con perfezione dalla fronte aggrottata e dai denti digrignanti, ignaro che la sua irritazione stava per aumentare di botto al delinearsi sul fronte della collina di una sagoma odiata.

     Sonic the hedgehog si fermò di colpo quando apparve sulla sua visuale quello strano gruppo, i cui componenti per la maggior parte non stentava a riconoscere. Non sapeva bene come comportarsi, per cui si limitò a scoccare un’occhiata nervosa e incerta alla volta del dottor Eggman mentre mille domande si accavallavano nella sua mente.

     - Ho forse interrotto qualcosa? -

     - Decisamente sì! La tua presenza è sempre sgradita ai miei occhi! - replicò l’uomo accalorandosi.

     - Ti chiedo scusa, testa d’uovo! Non intendevo intrufolarmi nel convegno annuale delle schiappe metalliche! Tolgo il disturbo in un nanosecondo! Ci si vede! -

     Il riccio blu non fece in tempo a prendere lo slancio per dileguarsi che la voce chiara e nitida di Tails echeggiò nell’aria.

     - E’ proprio davanti a te, Sonic! -

     Il volpino, accompagnato da Knuckles ed Amy, risalì il pendio di corsa, sudato e trafelato. Sonic soffocò un’imprecazione per la piega che le cose avevano preso. Sperava proprio che i suoi compagni non sarebbero arrivati in quel momento, in modo da non far capire ad Eggman che erano alla ricerca di qualcosa. Non ci aveva messo molto a capire che il frammento individuato era probabilmente nelle mani del dottore e se non avesse fatto finta di essere capitato lì per caso si sarebbe di sicuro giocato l’effetto sorpresa. L’arrivo di Tails con tanto di radar da polso in bella vista, purtroppo, aveva mandato tutto a monte. Alzò lo sguardo dal quadrante e fece un piccolo sussulto quando notò la presenza del loro nemico di sempre.

     - Cosa vedono le mie pupille! - esclamò Eggman ghignando - La banda degli impiastri al gran completo è di nuovo all’opera! In quali questioni che non vi riguardano state ficcando il naso questa volta? -

     - Schioda, doc! - ribatté Sonic tentando di nascondere con il suo corpo il dispositivo sul braccio del volpino - Non costringerci a prenderti ancora a calci nel didietro! Con tutte le volte che lo abbiamo fatto ci si saranno consumate le scarpe! -

     - A meno che tu non stia cercando grane! - gli fece eco Knuckles, ansioso di menare le mani - In quel caso potremmo fare uno strappo alla regola! -

     - Voi pulci impellicciate non imparate mai a stare al vostro posto, non è vero? Uno di questi giorni sperimenterete sulla vostra pelle cosa significa scherzare con il fuoco! -

     - Quel giorno non è ancora arrivato, mi pare! -

     La tensione si stava facendo crescente, tanto che i tre scagnozzi del dottore marciarono l’uno accanto all’altro e si schierarono di fronte all’Egg Drive, ansiosi come non mai di menare le mani. Si mostravano ora chiaramente ai volti dei loro antagonisti, uscendo dal massiccio cono d’ombra prodotto dalla mole del loro padrone e del suo veicolo. Amy guardò distrattamente i due che già conosceva per poi soffermare la sua attenzione sul terzo, apparentemente sconosciuto.

     - Geoffrey? - disse a metà tra una domanda e un’affermazione incredula - Sei davvero tu? -

     - Conosci il mio Sparky? -

     - Conosci quel tipo? -

     Eggman e Sonic avevano parlato ad una sola voce, ma nessuno dei due ricevette risposta dalla riccia rosa.

     - Cos’è successo al tuo braccio? -

     Geoffrey piegò la testa da un lato in un’espressione di curiosità infantile. L’amichevole calore delle sue pupille era stato sostituito da un vacuo e freddo torpore, una vista che fu in grado di aumentare lo sconforto di Amy, già di per sé considerevole. Era per lei un’ennesima goccia vicina a far traboccare il vaso della sua sopportazione. Estrasse il suo martello pieghevole, brandendolo con ferocia, e fece qualche passo avanti, minacciosa.

     - Quando ci sei di mezzo tu le cose non fanno che peggiorare! Cosa gli hai fatto, Eggman? -

     - Mi rimproveri per aver reso la vita di questo felino un po’ meno patetica? L’ho trasformato da petulante palla di pelo in parte di un grandioso progetto di conquista! E osi dire che le cose sono peggiorate? -

     - Amy, chi è quella lince? - domandò Sonic, per la prima volta veramente serio.

     Lei avrebbe voluto raccontargli tutto, ma all’improvviso il litigio di quel giorno le balzò di nuovo in mente, con tutto il bruciore e il dispiacere che aveva comportato. Aveva un selvaggio desiderio di vendetta, l’istinto elementare di ripagarlo con la stessa moneta che aveva riservato a lei, in modo da fargli provare anche solo un briciolo dello stesso disagio che aveva dovuto patire… e sapeva perfettamente quali parole avrebbe dovuto usare. Senza neanche rivolgergli lo sguardo, pronunciò chiaramente quello che gli avrebbe fatto calare addosso una coltre gelida e angosciante.

     - Non ho voglia di parlarne… va bene? -

     Era così evidente il sentimento vendicativo che c’era dietro a quella risposta che Sonic a malapena trovò modo di meravigliarsi. Fu come ricevere una secchiata d’acqua in faccia per l’impeto con cui gli fu rinfacciato il suo comportamento scostante di prima e non gli piacque per niente. Knuckles e Tails non poterono che sentirsi di troppo in quella situazione.

     - Oh-oh! Sembra proprio che ci siano dissensi nella ciurma! - intervenne Eggman gongolando.

     - Frena la lingua, testa d’uovo! - sbottò Sonic irritato.

     - Punto sul vivo, topastro? Non mi stupisce che i ranghi della tua penosa banda si stiano sfaldando! Era inevitabile che ficcando il naso ovunque prima o poi qualcuno di voi l’avrebbe fatta grossa! -

     - L’unica cosa che c’è di grosso qui è il tuo sederone che, detto per inciso, adesso ti affretterai a far sloggiare da Green Hill! -

     - Non prima di aver scoperto che cosa state tentando così faticosamente di nascondermi! -

     Eggman premette un pulsante e un sottile fascio di luce rossa sgorgò dalla parte frontale dell’Egg Drive. Sonic si mise in guardia, ma gli bastarono pochi secondi per capire che era del tutto innocua. Un bip intermittente risuonò sempre più forte alle sue spalle, immaginando subito che provenisse dal rilevatore da polso di Tails. Quest’ultimo entrò nel panico quando scoprì che i comandi non rispondevano più.

     - Si è intrufolato nell’archivio! - disse allarmato.

     In effetti, sul piccolo quadrante del veicolo fluttuante erano apparsi tutti i dati immagazzinati nel dispositivo del volpino. Bastarono una manciata di istanti perché il dottore afferrasse al volo il motivo della presenza dei suoi nemici giurati.

     - Sarebbe stato troppo desiderare di mettere in atto un piano senza la vostra fastidiosa interferenza! - commentò sconsolato.

     - Lo sa? - chiese Knuckles preoccupato.

     - Ha copiato tutti i dati! Non glielo possiamo più nascondere! -

     - Fatica inutile! Prima o poi sarebbe balzato alla mia attenzione che state cercando i pezzi della Gemma! Ecco le ultime notizie: non mi interessa sapere né il perché né il percome! Posso solo assicurarvi che questa volta il dottor Eggman non sarà messo nel sacco da un branco di mocciosi impertinenti! -

     - Sì, certo! - lo rimbeccò Sonic pronto all’azione - Esattamente come la volta prima e quella ancora prima! Quella pietra è troppo pericolosa per farsi un giretto nei tuoi calzoni da elefante! -

     - Allora ti conviene trovare qualcosa di meglio dei discorsi epici se vuoi fermarmi! -

     La contesa era arrivata al punto di rottura, rendendo inevitabile una battaglia imminente. Questa volta però una sicurezza lampante si scorgeva nello stretto sogghigno del dottor Eggman, come raramente era successo in passato. Agendo rapidamente, attivò un comando rapido sul quadrante e dalla sfera di vetro al centro dell’Egg Drive zampillò un bagliore rosso intenso, questa volta decisamente con intento offensivo. Colto di sorpresa, Sonic non poté in alcun modo scansarsi, finendo per essere investito dal flash dalle caviglie in giù. Un senso di pesantezza gli piombò all’improvviso sui piedi, come se ce li avesse incastrati in due blocchi di cemento. Tentò di mettersi a correre ma i suoi movimenti erano notevolmente rallentati dallo strano torpore causato dagli aloni scarlatti attorno alle sue scarpe.

     - Non fai tanto il gradasso senza le tue delicate zampette, vero? - lo schernì il dottore prima di schioccare le dita.

     Ad un suo cenno, Metal Sonic, Geoffrey e Gemerl si avventarono contro il riccio blu. Knuckles non perse tempo e si tuffò alla volta di Gemerl, afferrandolo allo stomaco e rotolando con lui lungo il pendio. Allo stesso modo, Tails sfrecciò in volo radente verso la lince, sbattendogli in faccia le sue code e attirandone l’attenzione. L’unica che tardò a reagire con prontezza fu Amy. Inizialmente sfoderò il martello per andare a dare manforte a Sonic ma, quando lui la costrinse ad indietreggiare con un gesto imperioso della mano, delusa e amareggiata, preferì correre in direzione di Tails e Geoffrey.

     Il riccio blu tentò con tutte le forze di incrementare la sua consueta velocità in corsa, ma era come se stesse trascinando con le gambe delle lastre di piombo. Metal Sonic, sicuro del fatto suo, si stava godendo la vista del suo avversario in difficoltà, quasi riluttante nel volerlo attaccare. Sentendosi sul collo lo sguardo indagatore di Eggman però, decise dopo pochi minuti che il tempo dell’azione era arrivato. Attivò il reattore sulla sua schiena e scattò in quarta contro il suo gemello di carne, travolgendolo con una spallata. Colto di sorpresa, Sonic capitombolò sul prato e sfruttò lo slancio ricevuto per rotolare il più lontano possibile dal pericolo. Lo sforzo fu reso vano dalla prontezza di Metal Sonic, il quale correndo rapidamente in largo si ritrovò sulla traiettoria del nemico, lo bloccò con un piede e lo afferrò bruscamente per la gola, sollevandolo con forza da terra. Prima di ricevere un immancabile pugno, Sonic puntò i piedi sul ventre del robot e, dandosi la spinta, lo allontanò di poco, sfuggendo in contemporanea alla sua morsa. Senza la sua velocità si sentiva come un topo intrappolato tra gli artigli del gatto.

     - Non farti gabbare! - ringhiò Eggman - Anche se non corre è sempre pericoloso! -

     Irritato per il modo in cui il dottore stava cercando di insegnargli il suo mestiere, Metal Sonic non rispose, limitandosi a ripartire al contrattacco. Questa volta le sue mosse furono più rapide e precise, sferrando calci e pugni in diverse parti del corpo dell’avversario per impedirgli di sfuggirgli gettandosi in qualunque direzione. Stranamente, Sonic era poco propenso alla reazione, incassando i colpi come un punching ball vivente. Più veniva percosso e più indietreggiava senza tentare neanche di proteggersi. Quando gli urti del combattimento tra Knuckles e Gemerl si fecero più forti e nitidi, Metal Sonic ebbe il vago sentore che qualcosa non quadrava. Infatti, Sonic reagì fulmineo, chinò il corpo e caricò una lenta azione rotante che si infranse sulle gambe del nemico costringendolo a cascare scompostamente. Esattamente come il riccio aveva previsto, in quel momento Knuckles sferrò un poderoso pugno in fronte a Gemerl, scagliandolo in avanti a cozzare contro Metal. Quest’ultimo, furente per l’inganno subito, si scrollò di dosso il collega senza troppe cerimonie e si rimise in carreggiata. I piedi pesanti di Sonic gli avevano permesso di allontanarsi solo di pochi metri.

     - Sei più scivoloso dell’olio, Sonic! - commentò Metal - Ma mi chiedo quanto ancora potrai andare avanti al ritmo di tartaruga! -

     - Allora faresti meglio a rimanere vigile e sveglio, leprotto! -

     Nel frattempo, Tails stava tentando di tenere testa ad un rapidissimo Geoffrey, sfruttando il suo vantaggio del volo e la possibilità di attaccare a distanza con i pugni a molla. La lince, nonostante tutto, non aveva faticato a schivare uno per uno i colpi sferrati, muovendosi con un’agilità fuori dal comune. Amy accorse quasi subito, mortificata per essere stata respinta in malo modo da Sonic, e mise in moto gli ingranaggi del cervello per trovare una maniera di rendersi utile.

     - Geoffrey, smettila! - esclamò al limite dell’esasperazione - Sono io, Amy! -

     La lince, però, sembrò quasi non aver sentito l’appello rivoltogli. Bloccò un pugno volante del volpino e, con una potente gomitata sulla schiena, lo atterrò in un lampo. Dal polso del suo braccio meccanico scattarono quattro piccole aste elettrificate che convogliarono delle scariche di energia sul pugno non appena lo ebbe chiuso.

     - No! - urlò Amy gettandosi addosso a Geoffrey.

     La lince scagliò un poderoso fascio di elettricità che, grazie all’intervento della riccia rosa, colpì un punto imprecisato del terreno sopra la testa di Tails. I due finirono a terra ed ebbero una breve colluttazione al termine della quale il felino si scrollò Amy di dosso con uno spintone.

     - Torna in te, Geoffrey! Mi hai salvato la vita, ricordi? -

     - Io mi chiamo Sparky! -

     La risposta fu data con una calma e una piattezza che le fecero gelare il sangue nelle vene. Per il suo tono e il suo aspetto sembrava lo stesso ragazzo che aveva conosciuto quel giorno, ma dietro ai suoi occhi si celava l’istinto indotto del freddo assassino. Approfittando dello sconcerto di lei, colpì con un piede un suo ginocchio, facendole perdere l’equilibrio e beccheggiare in avanti. Il braccio di acciaio si sollevò prontamente, imminente nel colpire la base del collo di Amy, la quale si preparò all’impatto chiudendo gli occhi. Per qualche strano motivo la botta non arrivò. Qualcosa si era improvvisamente inceppato nella lucida mente di Sparky, come se il suo razionale cervello fosse andato di colpo in blackout. Era così semplice: lui aveva un padrone, lui obbediva al padrone e rimuoveva qualunque ostacolo che gli impedisse di raggiungere lo scopo prefissatogli. L’ostacolo era una fastidiosa riccia rosa, non doveva fare altro che sferrare un solo pugno e avrebbe potuto procedere con la missione. Eppure quello che gli impediva di abbassare il braccio non era un malfunzionamento né un ordine contrario, era invece qualcosa assente nei dati in memoria che riusciva facilmente a ricondurre al termine “cavalleria”. C’era forse un residuo di programmazione che gli diceva di non colpire mai una ragazza indifesa?

     Prima che potesse indagare oltre su quell’esitazione, Tails tornò all’arrembaggio e gli sparò in pieno petto con un cannone elettrico spuntato dal bracciale della mano sinistra. Il metallo nel suo corpo assorbì l’energia, ma gli procurò lo stesso un momentaneo stordimento, di cui il volpino approfittò per tirare fuori dai guai la sua compagna.

     - Hai rischiato di farti ammazzare! - la rimproverò non appena volarono al sicuro.

     - Ma bisogna fare qualcosa! Non si può lasciarlo in quelle condizioni! -

     - Adesso l’unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci è fuggire da qui sulle nostre gambe! -

     Un bagliore dorato esplose senza preavviso, attirando la loro attenzione. Proveniva dal pugno stretto di Sonic, all’interno del quale probabilmente stava splendendo un Ring. Il riccio blu credeva che la sua energia sarebbe servita a restituirgli un po’ di mobilità, ma fu sufficiente solo a respingere l’ennesimo attacco di Metal Sonic.

     - Perché ti ostini a voler combattere? - domandò il robot innervosito - Sai perfettamente di non avere possibilità se non puoi correre! -

     - Forse il porcospino che hai di fronte ha molti più talenti di quanto pensi! Ti ho mai detto di essere un cantante niente male? -

     Sonic faceva di tutto per sembrare sicuro di sé, ma la situazione non poteva essere più critica di così. Se anche fosse riuscito ad atterrare Metal Sonic, Eggman era sempre in agguato e non gli ci sarebbe voluto molto per sferrare un colpo di grazia. Come se non bastasse, i suoi amici non potevano aiutarlo, troppo presi dai loro combattimenti individuali per intervenire. Mai c’era stato bisogno di un’idea quanto in quel momento.

     - Ti tornerà utile quando intonerai i lamenti del tuo funerale con l’arpa e l’aureola! -

     - Peccato che tu sarai troppo occupato alla discarica dei rottami per essere presente! -

     Metal Sonic lo interpretò come il segnale per scagliare l’attacco definitivo. Piegò le ginocchia per caricare un’azione rotante a proiettile alla quale, ne era certo, il riccio blu non si sarebbe potuto sottrarre. Un secondo prima di appallottolarsi e schizzare a folle velocità, un forte schianto sulla sua lamiera lo fece piombare a terra sonoramente. Le sue pupille avevano registrato uno strano alone azzurrino di fronte a lui prima che perdesse l’equilibrio. La stessa ombra colorata saettò metri più in là colpendo a ripetizione prima Gemerl e poi Sparky, senza che potessero reagire. La velocità del fenomeno era così disarmante da fargli credere di stare a combattere con il vento. Il dottor Eggman, che stava per festeggiare in anticipo la dipartita del suo nemico giurato, ringhiò sguaiatamente, arrabattandosi con i comandi della navicella per cercare una soluzione.

     Il turbine azzurro delineò un istante dopo una sottile figura facilmente riconducibile a quella di una riccia sorridente.

     - Vi è piaciuto il numeretto? - esordì Zephir, soddisfatta.

     - Mai stato più felice di vederti, ragazzina! - replicò Sonic con un sollievo e un trasporto esagerati.

     Amy era senza parole.

     - Bé, sai, ero nei paraggi e mi sono detta: “Perché non salvare le spine del bambolo blu prima che vengano usate come stuzzicadenti?” -

     - Interferire negli affari altrui sembra essere un brutto vizio dei porcospini! - sbraitò Eggman fluttuando in avvicinamento.

     Zephir gli rivolse l’attenzione, sollevando un sopracciglio.

     - Vediamo un po’ cosa abbiamo qui! Corpo rotondo, zucca pelata, baffoni… o sei la grottesca mutazione di un uovo o lo scienziato pazzo di cui si sente tanto parlare! -

    - Si sente parlare di me? - replicò Eggman con tono da civetta - Ma dai, non mi dire! Spero che mi si dia giustizia perché le voci tendono spesso a… -

     Incrociò lo sguardo sgranato di tutti i presenti e si affrettò a ricomporsi, tossendo imbarazzato.

     - Il punto è che non avresti dovuto intrometterti in questa questione, chiunque tu sia! Metal, Sparky, incenerite il nostro ospite insolente! -

     - Mi dispiace dirlo ma l’ospitalità qui lascia molto a desiderare! Sarà meglio reclamare con il proprietario! -

     Quando i due scagnozzi le si fecero pericolosamente vicini, sfruttò la sua velocità magistrale per girare in tondo nello spazio a loro circostante e creare un turbine di vento talmente potente da sollevarli di peso e scagliarli contro l’Egg Drive. Il veicolo oscillò senza controllo, scalzando il dottore dalla poltrona e facendolo finire lungo e disteso sul terreno.

     - Che strano! - commentò Zephir - L’uovo non si è rotto! Niente frittata per oggi! -

     - Piccolo mucchietto d’ossa! - esplose Eggman quando Gemerl e Metal lo aiutarono faticosamente a rialzarsi - Ti pentirai amaramente di aver sfidato l’intelletto e l’incommensurabile genio del dottor… -

     Le sue furiose minacce furono interrotte da uno squillo telefonico. Si guardarono tutti intorno prima che Eggman notasse il suo orologio da polso lampeggiare e si inchinò frettolosamente in tono di scusa.

     - Oh, scusate, scusate tanto! E’ il mio! - e premette il pulsante - Sì, pronto? -

     - Dottore, dottor Eggman, è in arrivo una comunicazione da parte di Sh… -

     Il vocione di Eggman rimbombò nella sua cassa toracica per sovrastare lo squittio da topo di Bokkun.

     - Sh… Sh… Shampoo? Sì, prima di tornare alla base vado a comprare lo shampoo! Quante volte ti ho detto di non disturbarmi per queste stupidaggini, Bokkun! Faremo i conti dopo! -

     E chiuse la comunicazione di botto.

     - Scusatemi, purtroppo non ci sono più i tirapiedi di una volta! Dove eravamo rimasti? -

     - Cosa te ne fai dello shampoo, doc? - lo punzecchiò Sonic - Un palla da biliardo non fa fatica ad essere più florida della tua testa! -

     - Avere dei baffi lucidi e splendenti richiede molta cura, sai? Il mio cuoio baffuto è molto delicato! -

     - Roba da non crederci! - commentò Metal Sonic, allibito nel vedere un combattimento feroce trasformarsi in un dibattito sulla cura dei baffi.

     - In ogni caso, vorrei tanto rimanere qui con voi a chiacchierare, ma come avete sentito ho ancora alcuni servizi da terminare! Regoleremo i conti un’altra volta! -

     - Non crederai di potertela filare così facilmente? - intervenne Knuckles, la sua rabbia ancora da sbollire.

     - Il dovere mi chiama, amici miei! Saluti! -

     Un flash accecante scaturì dall’Egg Drive, abbastanza vivido da accecare la vista di tutti loro, almeno per il tempo necessario a permettere la fuga incondizionata del dottore e dei suoi scagnozzi.

     - Eppure un giorno non riuscirà a fuggire ancora con la coda tra le gambe! - ringhiò l’echidna quando riacquistò la visibilità. Poi aiutò Tails a rimettere in piedi Sonic.

     - Come ti senti? - incalzò il volpino.

     - Come se avessi una tonnellata di cemento nelle scarpe! Però comincia ad andare meglio! Grazie del tuo aiuto, Zephir! -

     - Se non fosse stato per te saremmo spacciati a quest’ora! - gli fece eco Tails.

     - Su di una cosa Eggman ha ragione! Voi ricci capitate sempre nei momenti meno opportuni… per lui! - concluse Knuckles.

     - Ogni volta che volete, ragazzi! - replicò lei compiaciuta - Non mi tiro mai indietro quando si tratta di passare ai fatti! -

     Amy Rose era l’unica che non si era precipitata al capezzale di Sonic, e questo lui lo aveva notato. Era rimasta poco distante da lì, aveva raccolto un pezzo di stoffa rossa arrotolato e lo stringeva al petto fissando il cielo con sguardo perso. Che l’avesse smarrito la lince durante la lotta? Come facevano a conoscersi? C’era qualcosa tra di loro che ignorava? Non conosceva la sua identità, perché la risposta raggelante che aveva ricevuto non aveva lasciato spazio ad altre informazioni. La piccola parte di lui che gli gridava di mettere fine a quella schermaglia insensata, di far valere i forti sentimenti reciproci che solo da poco avevano scoperto, fu presto messa a tacere dal suo roccioso orgoglio. Entrambi si stavano guardando di sottecchi, senza che l’altro se ne accorgesse e Sonic si disse che potevano giocare anche in due a quel gioco.

     Dal canto di Amy, per la prima volta nella sua vita, informarsi sul benessere di Sonic non era una sua priorità. Aveva raccolto la sciarpa rossa che aveva visto indosso a Geoffrey quella mattina e si stava ripromettendo che avrebbe trovato un modo di liberarlo, di ripagare i suoi sforzi per lei restituendogli la libertà. Non era perduto, aveva visto nei suoi occhi la scintilla di bontà che già aveva scorto in precedenza quando si era rifiutato di colpirla con il braccio meccanico. C’era ancora speranza. Era arrivato il momento di ricambiare l’unico ragazzo che, nell’arco di quella giornata, aveva mostrato un briciolo di considerazione per lei… e, strano a dirsi, non era blu né aveva gli aculei.

     - Senti, Zephir! - disse all’improvviso Sonic, curandosi che Amy li stesse sentendo - Ho qualcosa da chiederti! -

----------

     - Piano, piano! Più piano! Ti ho detto più piano! Mi senti? Sto dicendo… -

     - Fammi indovinare! Più piano? -

     Le voci echeggiavano nell’aria tersa e tranquilla mentre il picchiante sole di mezzogiorno inondava lo scenario roccioso di caldi e implacabili raggi. L’area brulla e sconnessa che circondava il grosso vulcano ormai inattivo era stata chiamata Hot Crater per via delle piogge di ceneri e lapilli che periodicamente gorgogliavano nelle viscere della terra prima di essere sparate come una massa di fuochi d’artificio fuori dal cratere. Niente lava né eruzioni, solo un imponente scarica di detriti incandescenti che offriva uno spettacolo inimitabile per chiunque si fosse trovato ad osservarlo, specialmente a notte fonda. In teoria, dunque, non doveva esserci pericolo ad avvicinarsi alla base del monte fumante, se non fosse stato per la strada irta e piena di dirupi che si presentava davanti. Gli antichi movimenti sismici che avevano originato il vulcano avevano lasciato a mo di sinistra cicatrice una profonda e ripida voragine che serpeggiava a valle del rilievo negli alti e bassi delle sue pendenze. Tra strapiombi, massi appuntiti e mucchi di macigni risultava una vera e propria sfida avventurarsi nel limitare della montagna, figuriamoci poi scalarla.

     Un certo coccodrillo a capo di una certa agenzia di detective se ne stava rendendo conto sempre di più con il passare dei secondi. Stava scendendo a piedi un pendio particolarmente scosceso, badando con precisione millimetrica a dove metteva gli stivali, reggendosi ai piedi di un certo ragazzo ape in quella circostanza visibilmente annoiato.

     - Vacci piano, ti ho detto! Qui rischio di inciampare e di rotolare come una palla da bowling! Se perdo l’equilibrio devi riacciuffarmi all’istante! -

     - Ma così mi sembra di stare a trasportare un sacco di patate! Non puoi semplicemente correre? -

     - Non sono ancora state inventate le polpette di coccodrillo e non voglio essere il primo brevetto! -

     - Hai detto polpette? Dove sono? Dove sono? -

     Charmy lasciò di colpo una delle mani di Vector, così alla sprovvista da farlo scivolare in avanti. Nel tentativo di bilanciarsi, afferrò il pungiglione dell’ape, trascinandolo in basso con lui. Rotolarono tra una bestemmia e un gemito di dolore lungo tutta la discesa, fino a piombare rumorosamente a valle e districarsi dal groviglio informe di braccia e gambe in cui si erano tramutati. Espio e Mighty erano proprio lì vicino, per niente sorpresi dalla piega che aveva preso il progetto di Vector.

     - Vespa della malora! Ci fosse una volta in cui non combini qualche disastro! -

     - La colpa è tua che mi hai distratto facendomi venire fame! -

     - Solo i marmocchi come te si comportano in questo modo! Sei la pulce più pulciosa del mondo! -

     - Ne avete ancora per molto, voi due? - intervenne Espio seccato.

     Il coccodrillo si rimise in piedi e si ripulì i pantaloni sporchi di terra con aria imbronciata.

     - Come avete fatto voi ad arrivare qui giù così in fretta, ad ogni modo? -

     - C’è un piccolo sentiero proprio al di là delle rocce più a destra! - spiegò pratico Mighty.

     Vector sgranò gli occhi furibondo e si rivolse verso Charmy.

     - C’è un sentiero? A momenti mi rompevo l’osso del collo e c’è un sentiero? -

     - Che cosa ne so io? Sei tu che hai voluto fare l’avventuriero! -

     - Come al solito non otterrò un minimo di collaborazione da voi! - sbuffò gracchiando Vector.

     - Tanto per cominciare - ribatté Espio - Sei stato tu a voler accettare un incarico che puzza di bruciato lontano un miglio! -

     - Ti si è arricciato il corno? Continui a vedere misteri dove non ce ne sono! -

     - Ti devo ricordare cosa è successo l’ultima volta che abbiamo accettato un lavoro offerto da un cliente che non conoscevamo?(2) -

     - Era molto diverso! Eggman ci ha preso per i fondelli, ma questo tizio ci ha pagato in anticipo! Cosa vuoi di più? -

     - Maggiore trasparenza, tanto per cominciare! E non sarebbe male anche sapere cosa se ne fa questo M6 di una manciata di pezzi di vetro colorati! -

     - Bé, se vi fa stare meglio, uno di quei pezzi di vetro è parecchio vicino! - replicò Mighty dando un’occhiata al sensore che li aveva condotti fino a lì.

     - Io non mi metto a setacciare tutti questi sassi per vedere quale fa luce! - esclamò Espio cocciuto.

     - Non me ne prenderei neanche la briga se fossi in voi! -

     La voce fredda e strascicata che aveva parlato proveniva dalla cima del pendio. I quattro Chaotix alzarono immediatamente lo sguardo e dovettero ripararsi la vista dai raggi del sole per distinguere con esattezza le tre forme slanciate che li sovrastavano. Erano vagamente familiari, ma gli ci volle lo stesso un po’ per capire di chi si trattava e per lasciare spazio all’ansia e alla paura. Uno sciacallo, una lucertola e una farfalla che ricordavano perfettamente aver combattuto mesi prima insieme a Sonic e alla sua banda.

     - Grandioso! - commentò Levine ironica - Speravo di non dover più incrociare quel branco di pagliacci! -

     - Ehi, Vector! - mormorò Espio guardingo - Quella è la farfalla che ha avvelenato Charmy!(3) -

     - E a quanto pare ha portato con sé tutta la sua grottesca compagnia! -

     - Conoscete questi tizi? - domandò Mighty spaesato.

     Lo zaffiro sulla fronte di Seth brillò intensamente per un secondo, attirando l’attenzione di tutti i presenti. Lo sciacallo sorrise debolmente, prima di rivolgere di nuovo il gelido sguardo al gruppetto sotto di lui.

     - Come stavo dicendo poco fa, potete anche risparmiarvi la fatica di proseguire le ricerche! Da qui in poi ce ne occupiamo noi! -

     - Ricerche? - replicò Vector facendo lo gnorri - Non so di che accidenti tu stia parlando! -

     Nel frattempo, tentava di comunicare con i suoi colleghi agitando una mano dietro la schiena. Il segnale era di radunarsi tutti vicino a lui, sempre ammettendo che l’avrebbero colto.

     - Questo non è il luogo adatto per giocare agli esploratori! - intervenne Levine con il suo inquietante tono lezioso - Non si sa mai quali brutti incontri si possono fare, non è vero, piccolino? -

     Charmy capì immediatamente che l’appello era rivolto a lui e, rimembro che in passato era stato quasi ucciso da quella donna, la interpretò come una sottile minaccia. Sarebbe stato normale spaventarsi, ma lo spirito spericolato e battagliero dell’ape in quel momento non lasciava spazio al timore.

     - Hai ragione! Non vorrei incontrare una vecchia strega come te! -

     - Vecchia strega? - ripeté Levine, rossa di rabbia - Brutto piccolo… -

     Seth la afferrò per un braccio, tentando di calmarla. Lei si ritrasse subito, come disgustata per essere stata toccata da lui.

     - Non è il caso di perdere tempo con questi nanerottoli! -

     - Chiedigli perché stanno cercando i frammenti! - disse Getara sospettoso - Non può essere che quello il loro obiettivo! Se stanno lavorando ancora per Sonic potremmo ritrovarcelo di nuovo tra i piedi! -

     - Sinceramente non mi importa! - fu la secca risposta di Seth - Nessuno è alla nostra altezza, né questi mentecatti né tantomeno il tanto acclamato Sonic the hedgehog! Togliamoceli dai piedi in fretta e proseguiamo con la caccia! La nostra preda è vicina! -

     Durante il breve dialogo dei tre ex-agenti, i Chaotix si erano radunati accanto a Vector, trovando una piccola protezione dietro alla sua mole imponente. Avevano tentato di elaborare un piano-lampo per uscire illesi da quella situazione spinosa, ma era quasi impossibile comunicare senza che i loro avversari se ne accorgessero. L’unico sistema sembrava quello di sferrare un contrattacco veloce e di cercare subito riparo tra i macigni sparsi nella voragine. Vector aveva scartato uno dei suoi chewing-gum infiammabili e, attento a non farsi vedere, lo aveva messo in bocca, masticandolo piano per attivare il suo effetto. Quando Seth e il suo gruppo tornarono a rivolgere l’attenzione su di loro, era ormai pronto all’azione.

     - Tagliamo la testa al toro! - disse lo sciacallo infine - Sappiamo che state cercando quello che cerchiamo anche noi! Se vi fate da parte adesso potrete tornare a casa sulle vostre gambe! In caso contrario… dovremo adottare metodi più persuasivi! E ora sparite! Non ripeterò l’avvertimento una seconda volta! -

     - Credi davvero che ce la beviamo? - ribatté Vector squadrandolo - Ci farete a pezzi in ogni caso! Per voi è più facile attaccare che cercare un compromesso! -

     Seth piegò la testa da un lato e sorrise.

     - Vero! -

     Accadde in un lampo. Come se qualcuno avesse suonato un gong invisibile, gli attacchi delle due fazioni partirono all’unisono. Seth sollevò con la telecinesi un masso particolarmente pesante e lo scagliò come un proiettile contro il quartetto. Al suo fianco, Getara scagliò un fascio massiccio di onde sonore, proprio mentre Espio lanciava le sue stellette ninja e Vector soffiava un pallone esplosivo di gomma viola grande quanto la metà del suo corpo. I quattro attacchi a distanza sprigionarono la loro potenza tutti insieme in un unico punto, causando un effetto domino imprevisto. Le onde sonore si scontrarono con il macigno, venendo inspiegabilmente deviate fino a colpire il pallone viola che piombò ai piedi dei Chaotix per poi venire schiacciato dal masso in caduta libera. La sostanza infiammabile di cui era fatto il chewing-gum fu compressa e sfilacciata, provocando un’esplosione di gran lunga superiore a quella prevista. Espio e Charmy furono sbalzati contro la parete di roccia, seguiti a ruota da Mighty. Vector, grazie al suo peso, evitò di essere scaraventato, ma non poté evitare di perdere l’equilibrio e di cadere proprio nel punto in cui lo scoppio stava aprendo una crepa serpeggiante nella roccia sottostante. L’urto del suo corpo fu il colpo decisivo che squarciò il suolo e lo fece precipitare nella spaccatura buia e profonda, inghiottendolo fino a sparire alla vista.

----------

     Il tempo naturale degli eventi per Vector fu ripristinato quasi subito, ma in realtà era trascorsa quasi un’ora dalla sua improvvisa caduta nelle viscere della terra. Riprese conoscenza quando il dolore alla testa tornò a pulsare con forza, ma non aprì subito gli occhi. Preferì aspettare che la sensibilità si riaffacciasse in ogni parte del suo corpo, dal muso allungato alla punta delle zampe. Era meglio non avere brutte sorprese, si disse, nel caso in cui si fosse svegliato e avesse scoperto di avere qualcosa di rotto vedendolo con i suoi occhi. Meglio accertarsi prima che ogni parte fosse a posto e funzionante e poi controllare dal vivo. Non era esattamente un cuore di leone quando si trattava di ferite, contusioni, fratture e cose del genere. La vista del sangue, ad esempio, spesso lo portava ad un passo dallo svenimento, anche se in vent’anni d’età si era sforzato affinché nessuno se ne accorgesse. Certo, non si poteva dire affatto che fosse un codardo, ma questa sua piccola debolezza lo condizionava da tanto di quel tempo che ormai cominciava ad esserne stufo. Forse era per questo che aveva deciso di aprire un’agenzia di detective insieme a quegli occasionali amici che aveva conosciuto tempo fa. Era un modo per confrontarsi ogni giorno con realtà di quel tipo e magari iniziare a farci l’abitudine. Anche se, tra i vari casi che gli si erano presentati nella sua relativamente breve carriera, non c’era mai stato niente di lontanamente emozionante o pericoloso quanto si era aspettato. Divorava ogni giorno romanzi gialli e storie poliziesche, sognando di diventare anche lui come i suoi intrepidi eroi detective senza macchia e senza paura con tanto di impermeabile. Avere a che fare con crimini irrisolti, misteri e assassini era quello che ci voleva per temprare il suo spirito tendenzialmente timoroso. Niente del genere però gli era mai capitato, un po’ per la natura sostanzialmente pacifica della sua specie, un po’ per la scarsità o banalità del lavoro che gli veniva offerto. Si chiedeva se sarebbe mai riuscito a diventare più forte e impavido col passare del tempo, ad ottenere la stessa tempra che ogni giorno si sforzava di mostrare ai suoi colleghi e al resto del mondo.

     Queste riflessioni baluginarono nella sua mente nel giro di un secondo, lo spazio che gli fu sufficiente ad aprire gli occhi e a realizzare cosa gli fosse successo. Si aspettava di trovarsi in una cupa e fredda caverna, senza un briciolo di luce, magari con degli occhi gialli che lo fissavano da ogni angolo, come nelle storie che gli piacevano tanto. Rimase di stucco quando scoprì di essere steso sul morbido e di dover strizzare le palpebre per la luce eccessiva che gli arrivò in fronte dopo che le ebbe spalancate. Gli ci volle un po’ per focalizzare bene le immagini che le sue pupille captavano e ancora di più per realizzare a che cosa corrispondessero. Quello che inizialmente aveva scambiato per una montagna di pelo di bisonte scoprì essere l’interno di un tetto in paglia. Era disteso su di un giaciglio morbido, ma era talmente alto e massiccio che i suoi piedi e la sua coda sconfinavano oltre il bordo. Cercò faticosamente di alzare il busto per guardarsi intorno, accorgendosi di avere la schiena a pezzi, come se fosse stato colpito ripetutamente da un martello.

     - Questa è bella! - commentò ad alta voce quando vide la piccola e rustica capanna in cui era finito.

     Senza dargli il tempo sufficiente ad ambientarsi, un leggero suono di passi annunciò il rapido avvicinamento di qualcuno, costringendolo a mettersi in all’erta. Le sue mani strinte a pugno e la sua espressione minacciosa crollarono però di colpo quando una ragazza dallo sguardo trasognato entrò nella piccola abitazione.

     - Perdonami se ti sei trovato scomodo lì sopra, ma purtroppo non avevo altra sistemazione per qualcuno della tua… ehm… stazza! -

     Gli occhi di Vector erano sgranati. Si trovava di fronte alla cerbiatta più dolce e carina che avesse mai visto. Bassina e dagli occhi sfuggenti, dotata di un disarmante sorriso, indossava una lunga veste azzurra e un sottile velo trasparente che le copriva la fronte e gran parte della testa. Il modo in cui si sfregava le mani sui polsi tradiva una evidente timidezza, sottolineata anche dalla sua tendenza a tenere il viso chinato verso il basso. Il muso marroncino e poco affusolato tipico della sua specie era incorniciato da alcuni ciuffi di criniera scuri che le cascavano dal velo.

     - Oh… ecco… io… ho avuto di meglio! Cioè, volevo dire di peggio! No, non volevo dire neanche questo! -

     La ragazza rise con compostezza. Il cuore del possente coccodrillo tamburellava così forte che credeva si sentisse anche a metri di distanza. Gli occhi con i quali si trovava a che fare avevano il potere di confonderlo a tal punto da rendergli inevitabile un fastidioso balbettio. Era sicuro di essere arrossito, anche se sperava che le sue fauci da rettile lo nascondessero.

     - Credo di aver capito cosa vuoi dire! - replicò lei gentilmente - Forse ti starai chiedendo come sei arrivato qui! -

     In realtà, in quel preciso momento quella era diventata l’ultima preoccupazione di Vector, preso com’era nel contemplare gli angioletti, i fiori e i cuoricini che fluttuavano attorno alla ragazza.

     - Sono caduto… e sono finito in paradiso? - disse con tono sognante.

     - Ehm… non proprio! Ti ho trovato privo di sensi nel magazzino dove conserviamo le provviste! Devi aver fatto un bel capitombolo lungo tutti i cunicoli dell’aria fino a piombarci all’interno! -

     - Magazzino? - la curiosità di Vector si era improvvisamente destata - C’è un deposito di viveri qui? E, ora che ci penso, siamo sottoterra? Come può esserci così tanta luce? -

     - Una cosa per volta, per favore! Ti spiegherò tutto con calma quando ti sarai ripreso! -

     Vector balzò in piedi come una molla, alzando le braccia per mostrare i muscoli e spacciare il gesto come del tutto casuale.

     - Ripreso? Non si vede che scoppio di salute? Sono sano come un coccodrillo! Ahia! -

     Un movimento troppo repentino gli fece esplodere un dolore alla base del collo, tant’è che dovette piegarsi in avanti. Cercò di trovare una giustificazione lampo per mascherare quel segno di cedimento, ma, notando che la cerbiatta rideva di gusto a quella scenetta, decise di non avere più lo scarpone slacciato e che quindi non c’era bisogno di chinarsi per rimediare.

     - Mi hai tirato fuori dai guai e non conosco neanche il tuo nome! - disse lui con una voce seria e profonda. Non aveva mai maledetto il suo tono stupido e gracchiante come in quel momento.

     - Alicia! Mi chiamo… Alicia! -

     - Io sono Vector! Allora… grazie di avermi salvato… Alicia! -

     Il coccodrillo raccolse coraggio, allungò il braccio per prenderle con delicatezza una mano ma lei fece un nervoso passo indietro per sfuggire alla sua portata, guardando imbarazzata verso il basso. Vector, che non si aspettava questa reazione, ritirò le dita sentendo nel contempo un fastidioso nodo alla gola. Forse era stato troppo precipitoso? O quella ragazza non gradiva il più semplice contatto fisico?

     Per interrompere quel silenzio carico di tensione si schiarì la voce e tentò di intavolare una conversazione.

     - Ehm… dunque, che posto è questo? -

     Il volto di Alicia, da rabbuiato che era, si illuminò di nuovo di un sorriso. L’impressione che Vector ne ricavò fu quasi come se tutto fosse rose e fiori per lei fintantoché non la si sfiorasse. Gli fece cenno di seguirla fuori dalla capanna e lui, un po’ perplesso, la assecondò. Fu ancora una volta immerso nella luce, ancora più forte e vivida di prima. Erano affacciati su di un’ampia valle rigogliosa e verdeggiante, racchiusa a cupola da possenti pareti di roccia che si innalzavano a perdita d’occhio. Dal punto di osservazione di Vector si potevano chiaramente distinguere parecchi campi ricchi di ortaggi, i cui colori vivaci facevano a pugni con il nero opaco del terreno che tappezzava tutta la zona. L’unica spiegazione che il detective riuscì a darsi fu che si trattava di pietra lavica. Alzò la testa e fu costretto a coprirsi gli occhi per non essere accecato. C’erano innumerevoli bagliori intensi che bruciavano come sfere di fuoco, sovrastando tutta la valle e splendendo con l’intensità di  molteplici soli. Capanne e casupole in legno, sparse ma numerose, corredavano il quadro come piccole cellette in un alveare. La cosa che però attirò di più l’attenzione di Vector fu un grosso lago di acqua cristallina situato su di un’altura che svettava su tutta la valle . Il riflusso d’acqua era continuo grazie ad un’abbondante cascata che filtrava dall’alto della parete rocciosa, così massiccia che il lago era quasi sul punto di straripare.

     - Possa venirmi un colpo! Questo posto è… incredibile! - commentò il coccodrillo a bocca aperta.

     - Ti do il benvenuto nella valle vulcanica di Lumisia! Almeno è come la chiamiamo noi da generazioni! -

     - Vulcanica? Vuoi dire che siamo all’interno del vulcano? -

     - Più precisamente siamo dentro alla sua fornace! O meglio, a quella che era la fornace! Questo vulcano non è più attivo da millenni, tanto che il magma contenuto qui dentro si è raffreddato ed essiccato fino a formare questo particolare manto nero e fertile che vedi sotto ai tuoi piedi! I nostri antenati si sono stabiliti qui secoli fa e hanno trasformato una terra desolata in un vero e proprio angolo di pace, lontano dal resto del mondo! -

     - E’ davvero sbalorditivo! E siete sempre vissuti qui senza che nessuno sapesse niente! Ma… tutta questa luce? Da dove viene se siamo sottoterra? -

     - E’ il motivo per cui abbiamo chiamato questa valle Lumisia! Per molto tempo non ci siamo spiegati da dove venissero questi mille soli che ci danno luce e calore! Poi abbiamo scoperto che si tratta di uno stupefacente gioco di luci! La lava rimasta attorno alla bocca del vulcano si è raffreddata fino a vetrificarsi, creando una serie di specchietti che contornano i bordi del cratere! I raggi del sole si riflettono su quei vetri in un’intricata rete che li porta fin quaggiù e li fa splendere come dei soli! -

     - Wow! Non ho mai visto niente del genere! Sono davvero caduto in un paradiso… solo che si trova sottoterra! -

     “Ed ha un bellissimo angelo!” completò Vector nel pensiero, osservando con attenzione le lunghe ciglia di Alicia.

     - Il motivo per cui nessuno ha mai scoperto la nostra presenza è che è quasi impossibile trovare l’entrata lungo la fiancata del vulcano! E il dirupo che lo circonda è un efficace sistema per scoraggiare qualunque esploratore! Però tu sei riuscito comunque ad arrivare qui, rotolando nelle viscere della terra! E’ stato un incidente? -

     Improvvisamente, Vector si ricordò del motivo per cui era finito lì sotto e fu preso dal panico. Forse i suoi colleghi stavano ancora lottando con il gruppo di Seth e aveva la strana sensazione che non sarebbero riusciti ad avere la meglio tanto facilmente. Aveva bisogno di correre in loro soccorso, ma apparentemente non aveva modo di uscire da lì. Come se non bastasse poi, la compagnia di Alicia era così dolce per lui da sgretolare in un istante ogni sua voglia di andare via.

     - Sì, qualcosa del genere! - rispose a bassa voce mentre rimuginava indeciso.

     Notò distrattamente alcune persone che camminavano in tutta fretta lungo i viottoli e provvedevano alle loro faccende con nervosismo più che evidente. Tirava un’aria piuttosto tesa da quelle parti, a giudicare dal comportamento impaziente degli abitanti.

     - Eppure la gente qui non sembra affatto tranquilla e pacifica! Sembra che abbiano tutti il sale sulla coda! -

     - Siamo tutti molto preoccupati ultimamente! Temiamo che una catastrofe stia per accadere! -

     - Cosa? E che tipo di catastrofe? -

     - Seguimi! Ti faccio vedere! -

     Vector camminò insieme ad Alicia attraverso le capanne e gli orti coltivati, diretti verso la parte più settentrionale della valle. Il tragitto non fu molto lungo, anche se per il coccodrillo sembrò tutto il contrario. Continuava a guardare di sottecchi la ragazza, ammirando i raffinati lineamenti del suo viso e tentando con fatica di trovare un argomento di cui parlare senza molto successo. Alicia non se ne rese conto per niente, continuando a guardare in avanti con espressione vagamente affranta, come se avesse un grosso peso sul cuore. Vector era così distratto che quasi investì un’anziana talpa che incrociò sulla strada. Sicuro di averla urtata, si fermò un attimo per chiedere scusa, ma quella continuò imperterrita per la sua via senza dare minimo cenno di averlo notato.

     Finalmente, risalendo un ripido pendio, arrivarono all’ampio lago che avevano visto in precedenza. Lo scroscio dell’acqua che cadeva era così fragoroso che dovettero alzare la voce per comunicare.

     - Da dove viene tutta quest’acqua? -

     - Probabilmente scende dalle montagne qui vicino e segue un percorso sotterraneo per arrivare fino a qui! E’ la nostra fonte primaria di acqua, ma di recente il flusso è diventato sempre più abbondante! Le griglie di scarico che abbiamo costruito sul fondo del lago sono danneggiate e non si possono riparare! Se si va avanti di questo passo, gli argini cederanno e l’acqua inonderà la valle! -

     - Questa sì che è una cosa seria! O si trova un modo per fermare l’acqua o sarete tutti costretti a fare compagnia ai pesci! -

     - Avevamo previsto una cosa del genere, a dir la verità! Abbiamo costruito una grande chiusa a monte, dove comincia la cascata! Però per qualche motivo il meccanismo che la fa calare sembra inceppato! -

     Alicia indicò un timone in pietra sulla sua destra alla quale era arrotolata una robusta catena che risaliva lungo tutta la parete di roccia fino a sparire nella nebbiolina della cascata.

     - Inceppato, eh? - ripeté Vector con un sorrisetto di superiorità - Non c’è inceppamento che resista alla forza di volontà di un coccodrillo! Prego, signorina, si faccia da parte! E’ arrivata l'ora di mettere in moto i muscoli! -

     Si diresse baldanzoso verso il timone, lo afferrò saldamente per due pioli e tentò con tutte le forze di farlo ruotare, in modo che la chiusa in cima alla cascata si abbassasse. Per quanto però ci impiegasse tutta la sua energia, qualcosa bloccava effettivamente lo scorrere della catena. Dopo un paio di tentativi, Vector si arrese, asciugandosi la fronte e massaggiandosi le braccia indolenzite.

     - Ok, ho decisamente perso molti punti come macho! - commentò imbarazzato.

     - I muscoli non sono poi così importanti! - rispose Alicia con un sorriso dolce.

     Vector si affrettò a distogliere lo sguardo dal suo viso angelico per paura di diventare rosso come un pomodoro.

     - Qualunque sia il problema non è qui sotto! Bisogna dare una controllatina alla carrucola lì sopra! -

     - Credo anch’io! Purtroppo però qui non c’è nessuno abbastanza forte da scalare la parete e raggiungere la cima della cascata! -

     - Errore, cara! Non c’era fino ad adesso! - esclamò il coccodrillo sperando di non sembrare troppo sbruffone.

     - Vuoi dire che… -

     - Lascia fare al sottoscritto! Avrete chiusa la vostra chiusa e chiuderò questa sto… ehm, insomma ci siamo capiti! -

     - Oh, Vector! Se ci riuscissi avresti la gratitudine di tutta la valle! E anche la mia! -

     Lo sguardo luminoso di ammirazione che splendeva negli occhi di Alicia fu abbastanza per fugare tutti i dubbi residui nella mente di Vector. Era arrivato il momento di calarsi nella parte dell’eroe, proprio come nei suoi romanzi dove l’impavido protagonista aiuta la donzella in difficoltà… senza dimenticare l’immancabile bacio finale!

     - E’ il minimo che possa fare per sdebitarmi della tua gentilezza, Alicia! -

     Dopo questa battuta, si impose di allontanarsi dall’adorabile cerbiatta per avvicinarsi alla parete accanto alla cascata. Era parecchio irregolare e dentellata, per cui avrebbe potuto facilmente trovare degli appigli solidi.

     - Sei sicuro di farcela? - domandò lei.

     - Scherzi? Scalatore è il mio secondo nome! Infatti penso che sarei dovuto nascere ragno! -

     Alicia rise.

     - Non è stata granché come battuta però! - ammise il detective.

     - Sei un bravo ragazzo, Vector! Hai un animo gentile e altruista! Ecco perché mi sono rivolta a te! -

     - Bé, sono capitato qui per caso e… mi sono offerto volontario io stesso! -

     - Hai ragione! - disse lei con tono poco convinto - Fai attenzione quando sali! Le rocce sono umide e scivolose! Aspetterò con ansia il tuo ritorno… mio salvatore! -

     Quando Alicia aveva pronunciato le ultime due parole, Vector aveva già messo il piede su di una sporgenza col risultato di scivolare e di finire di schiena al suolo a causa del brivido che quelle parole gli avevano trasmesso. La cerbiatta non se ne accorse neanche, ormai già lontana. Il coccodrillo aspettò di vederla sparire alla vista per rimettersi in piedi con una determinazione bruciante e approntarsi per la scalata.

     - Ok, bocca larga! E’ ora di mostrare a tutti di che pasta sei fatto! -

----------

     In vita sua Vector non ricordava di aver mai affrontato una prova più impegnativa e faticosa di quella. Se avesse dovuto commentarla avrebbe detto sulle prime che era come smuovere una montagna con un cucchiaino da caffè. Si diceva tra sé e sé che se il suo secondo nome era veramente Scalatore allora la sua cara mamma aveva preso un granchio colossale nella scelta. All’inizio l’impresa era sembrata semplice, forse un po’ faticosa, ma del tutto accessibile alle sue capacità. Dopo le prime cadute, nonostante tutto, si rese conto che sollevare il suo massiccio corpo lungo una parete ripida e scivolosa, cercando faticosamente di assicurarsi che i punti di appoggio reperiti non collassassero sotto il suo peso, non era una bazzecola. Il numero di tentativi falliti andava aumentando progressivamente, di pari passo ai bernoccoli e ai lividi dovuti agli impatti dolorosi con il suolo. In circostanze diverse, forse Vector si sarebbe arreso quasi subito, ma quella volta aveva più di un valido motivo per perseverare nel raggiungimento del suo obiettivo. Aveva una dolce e gentile ragazza con cui sdebitarsi, tanto per cominciare, nonché una piccola popolazione da tirare fuori dai guai. Senza dimenticare che doveva trovare in fretta una via d’uscita e sincerarsi delle condizioni degli altri Chaotix. Il tempo non giocava a suo favore, per cui era necessario impiegarlo nel modo migliore, provando e riprovando.

     Nel suo decimo tentativo, Vector impiegò il massimo impegno di cui era capace, tastando accuratamente ogni superficie di appiglio prima di caricarvi il peso e spingendo la resistenza dei suoi muscoli allo stremo. Si concentrò intensamente su alcune immagini fisse, la gratitudine di tutta Lumisia, il bacio tanto sperato da parte di Alicia, la vista dei suoi colleghi trionfanti contro Seth e compagnia, solo questo e nient’altro. Ignorava le gocce di sudore che colavano lungo il suo muso, ignorava il rumore penetrante della cascata e i sinistri scricchiolii degli speroni di roccia su cui si arrampicava. Adoperando ogni briciolo di autodeterminazione, riuscì ad arrivare in cima in cinque minuti. Con le ultime energie a disposizione, si issò oltre il bordo e rotolò finalmente sulla fredda pietra. Si premette una mano sul petto e ascoltò il suo battito cardiaco rallentarsi progressivamente, dando modo anche ai suoi muscoli di riposare. Una volta in piedi, diede una sbirciata in basso per vedere a che altezza era arrivato e, a giudicare dai brividi che gli serpeggiarono lungo la schiena, non era trascurabile. Si guardò intorno, scoprendo di trovarsi in un cunicolo dal soffitto basso al centro del quale scorreva il fiumiciattolo che precedeva la cascata. Andando un po’ più avanti con lo sguardo, si notava un enorme blocco di pietra rettangolare, sospeso in alto da catene e carrucole. Aveva due fori circolari in due punti, in modo che l’acqua, scorrendo solo da quei pertugi, diminuisse di molto il suo flusso.

     Ispezionò con cura il sistema di apertura e chiusura, scoprendo che massi e detriti erano crollati su una delle catene, bloccandola e impedendole di scorrere adeguatamente. Era impossibile sigillare la chiusa senza rimuovere le pietre che la arginavano.

     - Tanta fatica e non devo fare altro che un po’ di pulizia? - disse tra sé e sé - Bé, di cosa mi lamento? Prima finisco e prima ricevo i meritati onori! -

     Vector era così contento di aver superato quella prova così ardua che mentre sollevava i massi e li gettava lontano fischiettava allegramente. Non sapeva però che sarebbe stato interrotto di lì a poco da un fortissimo schianto alle sue spalle. Il boato lo fece trasalire tanto che quasi scivolò nel fiume, sbilanciato dal peso del macigno tra le sue braccia. Uno squarcio profondo si era aperto nella parete, apparentemente senza niente che la scalfisse, dischiudendo uno stretto passaggio buio. Qualcuno strisciò fuori dal cunicolo…

     - Tu? - esordì Vector sbalordito.

     - Io! - rispose Seth, la rabbia incisa in ogni piega del volto.

     Lo sciacallo protese la mano in avanti e sollevò con la levitazione il macigno tenuto dal coccodrillo. Una mossa fulminea e il proiettile roccioso saettò nell’aria fino a colpire una delle due carrucole. La puleggia andò in pezzi per l’urto, scardinando la catena e facendo piombare sull’acqua un lato della chiusa con un tonfo pauroso.

     - Cerco di venire fuori dal baratro in cui un viscido rettile mi fa piombare e chi mi trovo? Lo stesso viscido rettile! Qualcuno la chiama giustizia divina! -

     Il respiro di Seth era affannoso, le sue mani tremanti, e la sua parlantina non era impeccabile e strascicata come sempre. Era come se qualcosa lo avesse molto turbato oppure stancato fino allo stremo.

     - Io la chiamo fastidiosa seccatura! - ribatté Vector con rabbia.

     - Allora è meglio che non immagini cosa ho in serbo per te! -

     Con furia cieca, Seth spalancò le braccia e due grossi pezzi di roccia perforarono la parete, saettando senza controllo verso l’avversario. I riflessi di Vector non erano mai stati così pronti e rapidi, permettendogli di gettarsi in avanti e schivare i due proiettili. Prima di potersi rialzare ricevette un duro calcio in pieno volto, col risultato di perdere l’equilibrio e rotolare verso il fiume. Seth gli balzò subito addosso, bloccandogli un braccio dietro la schiena e premendo la sua faccia sul terreno.

     - Dammi il frammento! - ringhiò lo sciacallo stringendo la presa - So che ce lo hai tu! Lo sento vicino! -

     Vector gemette di dolore, ma non per questo era disposto a farsi sottomettere. Sferzò un veloce colpo con la sua coda e si scalzò il nemico di dosso. Sentiva uno strano formicolio alla tempia e tastandola si macchiò i guanti di rosso. La mano tremò di paura di fronte al sangue e la sua vista si fece stranamente appannata.

     - Non lo ripeterò una seconda volta! - insistette Seth fuori di sé dalla rabbia.

     Il coccodrillo quasi non sentì l’avvertimento, in preda al torpore e all’ansia che il suo stesso sangue gli provocava. Il suo disorientamento avvantaggiò lo sciacallo che, con la telecinesi, fece fluttuare una delle catene scardinate e la avviluppò attorno al corpo di Vector come un serpente. Le braccia e le gambe si irrigidirono, immobilizzate dallo stretto legame, e la sua gola finì in preda ad una poderosa morsa di ferro. Se Seth avesse continuato a stringere la catena sulla sua trachea sarebbe stato vicino a strangolarlo.

     - Tira fuori quella stramaledetta pietra! Mi appartiene! -

     - Non sono qui per questo! - mormorò Vector con difficoltà, quasi sul punto di soffocare.

     - Non sono le menzogne che ti salveranno, rettile! -

     - Ho da mantenere… una promessa… ad una ragazza! -

     Lo sciacallo non poté trattenere le risate, cosa che gli costò un attimo di distrazione. Era quello che Vector aveva sperato. Utilizzò il poco fiato rimastogli per stringere le labbra e sputare il chewing-gum esplosivo che aveva ingerito di nascosto mentre era a terra. Seppure non sufficientemente masticato, costituiva una mistura esplosiva efficace per arrecare danno al nemico e annullare il controllo psichico. Purtroppo, Seth si rese conto in tempo del proiettile gommoso e lo deviò con la mente verso l’alto. La piccola carica scoppiò sul soffitto di pietra, già fragile a causa dello squarcio provocato dalla sua entrata in scena, e allargò di molto la frattura. Una pioggia di rocce si abbatté sullo sciacallo, colpendolo in pieno sulla testa e costringendolo ad accasciarsi stordito al suolo. Vector avvertì la catena allentarsi fino ad afflosciarsi inerte, permettendogli di tossire forte e di massaggiarsi la gola. Con il cuore che ancora gli batteva a mille, si avvicinò con cautela a Seth, ormai sepolto dalle rocce, e si accertò che fosse privo di sensi.

     - Come si suol dire: “Ride bene chi ride ultimo, pagliaccio”! -

     Si guardò di nuovo il guanto sporco di sangue e nel contempo realizzò che in qualche modo era riuscito a superare la sua debolezza per qualche secondo. La prontezza con cui aveva scagliato la gomma gli dimostrava che era in grado di raccogliere coraggio anche quando la situazione si faceva disperata. Poteva diventare più forte e adesso conosceva le sue potenzialità.

     Si voltò determinato e constatò la situazione. Non era più possibile ormai sfruttare il sistema di catene per calare il cancello della chiusa. Tutto quello che poteva fare era solo scardinare la seconda carrucola, in modo da ostruire il flusso dell’acqua permanentemente. Raccolse un piccolo sasso levigato, si avvicinò al cancello di pietra che pendeva da una parte e, con cautela, ci si arrampicò. Strisciò per tutta la sua lunghezza, fino ad arrivare alla puleggia in legno e, attento nel mantenere l’equilibrio, sferrò un sonoro colpo con la pietra. Il meccanismo andò subito in pezzi, la catena guizzò fuori dal percorso e anche il lato sinistro della chiusa piombò nell’acqua del fiume. L’urto fu più potente e improvviso del previsto. Le vibrazioni scossero la pietra liscia e Vector cominciò a barcollare pericolosamente fino a piombare in acqua e a precipitare giù dalla cascata.

     Trattenendo le urla per non rischiare di affogare, si schiantò con la superficie del lago e sparì sottacqua. Ringraziando di essere un coccodrillo e un ottimo nuotatore, gli furono sufficienti un paio di potenti bracciate per tornare a riva e uscire da quella piscina improvvisata.

     - Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Sono un supereroe! Alicia, vieni a vedere! -

     Il suo entusiasmo sfumò rapidamente quando si affacciò in cima alla salita e una sconcertante realtà gli balzò alla vista.

----------

     Poco prima, Lumisia era una valle lussureggiante e incontaminata, poco dopo, quello che ne rimaneva era una terra desolata e abbandonata. I campi che Vector aveva ammirato estasiato non erano altro che piccoli quadrati neri di polvere e sassi. Le capanne e le costruzioni erano diventati dei ruderi cadenti, quasi rendendo difficile capire che tipo di edificio quel cumulo di macerie costituisse in origine. Non c’era una sola anima viva e un silenzio di tomba era l’unico padrone di quel luogo.

     Per il detective fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto. Stentava quasi a credere ai suoi occhi e fu incapace di formulare un solo pensiero coerente, scioccato com’era da quell’insensata rivelazione.

     - Vector! -

     Una voce lo aveva chiamato. Nella frazione di secondo in cui si girò per rispondere aveva immaginato che si trattasse di Alicia, che quel panorama devastato fosse solo un’allucinazione dovuta alla brutta caduta, alla ferita alla tempia o a qualunque altra cosa. Voleva accettare ogni spiegazione, anche la più improbabile, che però gli negasse quello che aveva appena visto. Una parte di lui si rallegrò nel vedere arrivare Charmy, Mighty ed Espio di corsa verso di lui, ma l’altra desiderò che al loro posto ci fosse stata una dolce cerbiatta.

     - Ti abbiamo trovato finalmente! - esclamò l’armadillo preoccupato.

     - Abbiamo esplorato tutti i ruderi che ci sono qui e quando abbiamo sentito un tonfo nel lago abbiamo sperato che fossi tu! -

     Vector fu incapace di rispondere, ancora troppo scioccato. Rimase a bocca aperta mentre il suo cervello tentava di collegare in un filo razionale tutti gli eventi che erano capitati, dalla sua caduta nella valle fino al termine della battaglia con Seth.

     - Siamo arrivati qui strisciando nel tunnel in cui sei caduto! - spiegò Espio - Dopo il crollo sia tu che quei tre sicari siete completamente spariti! -

     - Seth… era qui! - fu la risposta più naturale che riuscì ad elaborare - Ho… combattuto con lui! -

     - Ci siamo persi l’incontro! - esclamò Charmy sbuffando.

     - Smettila di scherzare! E’ una cosa seria! - lo rimproverò il camaleonte e si rivolse ancora a Vector - Stava cercando la pietra, non è vero? -

     Il coccodrillo annuì meccanicamente. C’era un pensiero che gli frullava in testa, un pensiero folle, ma che in qualche modo poteva avere senso. La persona con cui aveva parlato, quello che gli aveva chiesto di fare, quello che gli aveva mostrato… non potevano spiegarsi in nessun altro modo. Senza dire nulla, Vector corse di nuovo verso il lago e vi si tuffò in profondità. Nuotò per un breve tratto fino ad arrivare proprio sotto la cascata, ridottasi ormai a due deboli flussi trasparenti. Si intravedeva qualcosa al di là del sottile specchio d’acqua, qualcosa che prima era nascosto dall’abbondante riflusso. C’era una piccola grotta…

     Quasi per niente sorpreso, ci si arrampicò in fretta, abbassando la testa per non sbatterla sulla volta in pendenza. Fece qualche passo lungo la galleria stretta e umida fino a trovarsi di fronte alla conferma del suo folle pensiero. C’era una lapide scheggiata e consumata, posta su di un piccolo altarino cerimoniale. Le lettere incise erano sporche e consumate, ma Vector riuscì comunque a decifrarle in qualche modo. Riportava il nome Alicia sopra a quella che aveva l’aria di essere una citazione: “Aspetto il mio salvatore che mi abbracci l’anima e mi regali la libertà”. Quasi invisibile nel buio se non per il suo scintillio, un piccolo frammento di pietra bianco come il diamante era poggiato accanto alla lapide. Vector lo raccolse e ne avvertì il calore e l’elettricità che, in qualche modo, aveva donato alla fredda lastra tombale.

     Non c’era spazio per lo scetticismo, la commozione, l’incredulità o qualunque altro sentimento che scalzasse una profonda e sentita gratitudine. Adesso Vector aveva compreso tutto pur avendo un milione di domande che gli ronzavano ancora in testa. Eppure non aveva bisogno di dare a ciascuna di esse una risposta convincente. C’erano cose in quel mondo alle quali non si poteva dare una spiegazione o una motivazione. C’era bisogno di sapere davvero chi o cosa aveva parlato con lui quel giorno? Aveva bisogno di convincersi che se non avesse serrato la saracinesca della chiusa il livello del lago sarebbe salito tanto da straripare nella grotta e distruggere quella lapide solitaria? Doveva sentirsi sconsolato perché comunque aver attivato la chiusa non toglieva che prima o poi l’acqua avrebbe raggiunto in ogni caso quell’anfratto? Voleva credere che lo spirito di Alicia lo avesse pregato di salvarla e di regalarle la libertà? Doveva spaventarsi al pensiero di aver visto una valle popolata da fantasmi? Doveva chiedersi perché se la fornace era spenta ad Hot Crater ci fossero periodicamente eruzioni di ceneri e lapilli? Era necessario trovare una spiegazione scientifica per tutto quello? Ad esempio che fosse stata l’energia oscura di quel frammento diamantino a ridestare le anime degli abitanti di Lumisia?

     Niente di tutto quello aveva importanza. Quello che contava era che non solo lui aveva salvato lei, ma anche Alicia era riuscita a tirare fuori il coraggio da quel petto massiccio e squamoso. Prima non era sicuro di avere la stoffa giusta per affrontare il pericolo faccia a faccia, per fare i conti con il rischio e il dolore comportato. Gli eroi delle sue storie erano sempre così impavidi e sicuri di sé che non poteva fare a meno di invidiarli. Ma una volta messo di fronte ad una situazione dalla quale non avrebbe potuto tirarsi indietro, era riuscito a fronteggiare le incertezze e a prenderle una per una a calci. Che fosse costretto a scalare a mani nude una cascata o a combattere contro un potente psico-sciacallo, ora era consapevole di possedere i numeri giusti per farcela. Non avrebbe più esitato, aveva davvero in se stesso un grande potenziale e in futuro era sicuro che non ci sarebbe stato più motivo di tirarsi indietro… e doveva ringraziare il sorriso di una gentile cerbiatta.

     Espio, Charmy e Mighty lo videro riemergere dall’acqua con uno sguardo e un sorriso di pura soddisfazione.

     - Che cosa sei andato a fare lì sotto? -

     - A mantenere una promessa… ad una ragazza! -

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
(1) Fa riferimento a Knuckles’ Chaotix
(2) Fa riferimento a Sonic Heroes
(3) Fa riferimento a “Full Speed Ahead #07”, “Dove c’è luce, c’è sempre ombra”
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

ART GALLERY


Shadow The Hedgehog Concept Art
Shadow The Hedgehog Concept Art
Disegnato da Shadowmoon56
(http://shadowmoon56.deviantart.com)
Questo è un ritratto di Shadow The Hedgehog come appare nelle storie contenute in "Sonic The Hedgehog: Full Speed Ahead"
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

La Knuckster F.F. è orgogliosa di presentare,

in anteprima mondiale:

CIAK, SI CANTA

Una produzione Knuckster F.F.
Scritto ed ideato da Knuckster

Interpretato da:
Sonic The Hedgehog
Miles “Tails” Prower
Knuckles The Echidna
Amy Rose
Rouge The Bat
Shadow The Hedgehog
Cream The Rabbit
Tikal The Echidna
Levine The Butterfly

E per la prima volta sul grande schermo:
Mr. Trick
Nack The Weasel
Sydia The Squirrel
Michael “Manny” Monkey
Ramon D. Denser

Attenzione:
Questa è una fan fiction musicale e recitativa. Gli eventi che occorreranno saranno narrati al tempo presente, come la sceneggiatura di un film.
Qui di seguito è pubblicato il copione dettagliato, ma esiste una versione musicata realizzata tramite una presentazione Power Point.
Chiunque voglia leggere la versione di questa storia completa di musica e di effetti scenici è pregato di contattarmi per ottenere il link da cui scaricare la presentazione.
Grazie dell'attenzione e buona lettura!

ATTO DUE:

Buttati nella mischia!

     - In definitiva è previsto bel tempo su tutta la regione! Passiamo adesso alla cronaca: non sono ancora state accertate le cause degli strani fenomeni musicali che hanno avuto luogo in tutta la città! Gli inquirenti hanno dichiarato che le indagini stanno procedendo a rilento, ma che la cittadinanza non deve preoccuparsi, considerando che non ci sono stati danni a cose o a persone! Passando ad altro, l’inaugurazione della nuova antenna per le telecomunicazioni perfezionata dalla TRL Corporation, tenutasi nella giornata di ieri nella sede dell’impresa, è stata definita un autentico successo e una svolta nel campo della tecnologia! A tagliare il nastro rosso è stato Michael Monkey, il noto attore reso famoso dal personaggio di Manny, l’intrepido ballerino della serie… -

     Non ci sono altre notizie che interessano ad Amy, quindi spegne la radio. Finisce in fretta e furia di pettinarsi i capelli e si guarda un’ultima volta allo specchio, per assicurarsi di essere in perfetto ordine. Il pensiero di ciò che stava accadendo ormai da un giorno intero in città è ancora presente nella sua testa, ma non si presenta in modo abbastanza preoccupante da intaccare il suo morale solitamente sempre alto. La radio aveva detto che l’epidemia musicale non aveva provocato nessun tipo di danno, quindi non c’era nulla di male nel cogliere i lati positivi della faccenda fino a quando non si fosse trovato il modo di risolverla. A lei, tutto sommato, non dispiaceva cantare e ballare, ma più di ogni altra cosa, era al settimo cielo per la possibilità che il suo Sonic fosse costretto in qualche modo a dedicarle una canzone pura e sincera.

     Amy si ripromette di fare ogni cosa in suo potere per strappare al riccio blu una serenata di quelle indimenticabili. Quel progetto però avrebbe dovuto aspettare un altro po’, dato che la riccia rosa stava aspettando le sue amiche per intraprendere quella che aveva definito una “missione amorosa”. Si siede sul letto e attende con pazienza l’arrivo di Sydia e di Cream. I suoi pensieri volano inevitabilmente a Sonic, a quanto sia grande il sentimento che prova per lui e a come fare per tenerlo sempre stretto a sé. Un leggero intorpidimento raggiunge il suo corpo e alcune allegre note di pianoforte arrivano alle sue orecchie. La sensazione che si prova ad oltrepassare le soglie del mondo della musica è così piacevole che si abbandona completamente alla canzone che di lì a poco avrebbe cantato.

     “Tell me I'm only dreaming and I'll believe you
     Can't see how this could be true
     Surrounded by feelings I hardly recognise
     I look for explanations I'm taken by surprise
     If you told me yesterday that I could feel this way
     I would sure enough call you a liar to your face”

     I battiti incalzanti della batteria sono un richiamo irresistibile alla danza. E’ il modo ideale per attirare l’attenzione di Amy, persa nelle sue riflessioni mentre canta tra sé e sé ed osserva la pioggia picchiettare sul vetro della sua finestra. Ci sono delle luci danzanti lì fuori, come se un’intera discoteca a cielo aperto stesse facendo rimbombare la sua musica in ogni vicolo della città.

     “Maybe this time tomorrow
     I'll discover this ain't really real
     'Cause it struck me like lightning, like a bolt out of the blue
     Emotions inside me, all over you
     I'm high above the Universe, losing track of time
     And falling free I can't believe that you are really mine”

     C’è un gruppo di ballerine per strada, infreddolite e bagnate dalla pioggia battente, ma agili e scatenate nella loro danza sfrenata. La luna non è altro che una gigantesca strobosfera che proietta raggi di luce colorata tutto intorno a sé. Le scarpe di Amy sollevano schizzi d’acqua dalle pozzanghere mentre cammina fiera e determinata verso il corpo di ballo per ballare e cantare con ancora più vigore la forza dell’amore.

     “Shocked by the power
     Shocked by the power of love
     I was rocked to my very foundations
     Shocked by the power, shocked by the power”

     L’acqua che scorre sul corpo delle ragazze sotto la pioggia battente rende più aderenti i loro vestiti lunghi e neri, evidenziando le loro forme. Amy tira fuori una grinta che non aveva mai mostrato quando muove a ritmo della canzone braccia e gambe in una scatenata coreografia. Ogni mossa infrange la barriera d’acqua che sta precipitando su di loro. Con una fusione perfetta di ritmi, la melodia impenna in un rullare ascendente di batteria trasformandosi in una seconda canzone.

     “Don't tell me that it's no use, love's always been my excuse
     Don't tell me it ain't right, my heart is my alibi
     Only you, you, get me acting crazy like I do, do
     You say you can't believe it but it's true, ooh, ooh
     It's true, ooh, ooh”

     Il mondo è diventato improvvisamente bianco e nero. Amy è una dama di corte, con indosso un vestito d’epoca vaporoso il cui lungo prolungamento struscia sul lucido pavimento di una sala da ballo. Le sue braccia si allargano come per cingere l’amore che sta aspettando da tempo, mentre il suo sguardo è rivolto alle grandi finestre del palazzo che fissano come in una fotografia l’immagine dei lampi nel temporale all’esterno.

     “What do I have to do to get the message through?
     How can I prove that I really love you, love you?
     What do I have to do to get it through to you?
     How can I prove that I really love you, love you?”

     Dalle pieghe del suo abito vistoso spunta uno stormo di colombe candide che volteggia attorno a lei come per una strana attrazione gravitazionale. Amy stringe i pugni, producendo ogni singola nota di quella canzone con forza e passione. Le colombe volano in circolo sopra la sua testa fino a fondersi insieme e produrre una fontana di luce che le ricade sulla testa come una doccia di minuscole lucciole.

      Un trillo di campanello, dei tonfi secchi e l’incanto è sparito. Amy Rose si stropiccia gli occhi e si ritrova di nuovo nel suo appartamento che sfigura in ampiezza in confronto dell’ampia sala da ballo in cui era capitata. Bussano alla porta e la riccia, ricomponendosi in fretta dall’impeto musicale, va a rispondere.

     - Tutto bene, Amy? - domanda Cream alla porta con un sorriso incoraggiante - Come mai ci hai messo tanto? Cosa stavi facendo? -

     - Ti esercitavi nel canto? - incalza Sydia, dietro di lei.

     - Qualcosa del genere! - replica la riccia, per niente imbarazzata - Coraggio, andiamo! Katrina ci sta aspettando! -


     Non molto distante dall’appartamento di Amy, si trova un’altra ragazza che condivide con lei la stessa determinazione e la stessa fermezza nel conseguire il suo personale obiettivo. La sua sicurezza e la sua decisione nell’andare fino in fondo si possono scorgere nelle pieghe concentrate del suo viso che molti concorderebbero nel definire decisamente attraente. Si trova sul tetto di una palazzina la cui imponenza sfigura di fronte alla maestosità dell’edificio che si trova davanti. Si tratta di un enorme cubo di mattoni e cemento nel centro della città, impreziosito dalle grandi vetrate lucenti lungo le pareti e dalla lunga e ampia scalinata in marmo nero che conduce ai grandi portoni d’ingresso in quercia. Le informazioni che la ragazza aveva raccolto negli ultimi giorni indicavano che il suo obiettivo si era insediato in quel palazzo e, a giudicare dalla fama che si portava dietro, era un luogo adatto ad uno con i suoi gusti.

     - E così alla fine ti ho trovato! - mormora Levine the butterfly allontanando dal viso il binocolo col quale aveva osservato con precisione tutti i movimenti attorno all’edificio.

     Non può fare a meno di trattenere un sorriso soddisfatto. Le sue ampie ali variopinte si dispiegano in tutta la loro bellezza, spargendo minuscoli granelli di polvere dorata nell’aria circostante. I suoi pensieri spaziano dalla contentezza per essere riuscita nel suo intento all’elaborazione di un piano per riuscire a raggiungere facilmente e senza intoppi la persona con la quale desidera parlare. Non c’è una sola briciola di preoccupazione né di ansia nella sua mente, perché è sempre stata fin troppo sicura di sé e delle sue capacità. E’ ben consapevole che la sua arma più grande, il suo fascino, costituisce un biglietto d’ingresso sicuro per ogni porta che avesse mai voluto oltrepassare.

     Uno strano senso di rilassamento che non ha mai provato prima si impadronisce di lei. Lo scenario diurno e soleggiato che era stampato nelle sue pupille si dissolve in un istante. Il suo posto è preso da un ambiente scuro e fiocamente illuminato, ammantato da leggere nuvole di fumo. Una serie di note cupe echeggiano nell’aria, senza che Levine si renda conto da dove possano provenire. Lei stessa si accorge di non essere più padrona del suo corpo quando riemerge dall’acqua piatta e tranquilla di una piscina e ne risale il bordo. La musica aumenta in crescendo fino ad esplodere in un ritmo elettronico ed orecchiabile.

     “I wanna hold em like they do in Texas Plays
     Fold em let em hit me raise it baby stay with me, I love it
     Luck and intuition play the cards with Spades to start
     And after he's been hooked I'll play the one that's on his heart”

     La voce di Levine è grave ma allo stesso tempo squillante, come non sapeva potesse esserlo. Indossa una tuta nera liscia ed aderente che avrebbe assomigliato a quella dei sommozzatori se non fosse stato per le spalline a punta ricoperte di brillanti. Prima che se la sfilasse, il viso di Levine era coperto da una mascherina tempestata di diamanti. I suoi occhi sono diventati grigi e magnetici da un momento all’altro.

     “I wanna roll with him a hard pair we will be
     A little gambling is fun when you're with me, I love it
     Russian Roulette is not the same without a gun
     And baby when it's love if it's not rough it isn't fun, fun”

     Levine continua a cantare, scandendo bene ogni parola, mentre getta in acqua la mascherina e risale delle scale bianche diretta verso un cortile buio. Le palme disseminate nel piazzale ondeggiano lentamente ad ogni alito di vento e le statue in marmo che le circondano sembrano gettare occhiate inquietanti a chiunque si soffermi ad osservarle.

     “I won't tell you that I love you
     Kiss or hug you
     Cause I'm bluffin' with my muffin
     I'm not lying I'm just stunnin' with my love-glue-gunning
    Just like a chick in the casino take your bank before I pay you out
     I promise this, promise this
     Check this hand cause I'm marvellous”

     La scena si è spostata in una terrazza affacciata sulla piscina, dove Levine è intenta a giocare a poker con un gruppo di ragazzi in giubbotto di pelle. La melodia si è abbassata di tono per consentire alla farfalla di esibirsi in uno strano rap, l’unica cosa che fa presagire l’arrivo della sua mano vincente. Al termine del rap è il momento di scoprire le carte. Com’era prevedibile, Levine ha in mano un poker d’assi, la chiave per il suo successo è l’unico mezzo che può costringere i suoi avversari a togliersi di dosso gli ultimi capi d’abbigliamento che erano loro rimasti. Prima che questo però possa succedere, la farfalla si ritrova al bordo della piscina, avvolta dalle nuvole dei fumogeni.

     “Can't read my, can't read my
     No he can't read my poker face
     (She's got to love nobody)”

     Il termine dell’esibizione si svolge con una sinuosa coreografia di Levine e degli altri ragazzi. Lei è la stella dello spettacolo, protagonista con la sua voce potente. Scioglie spalle, braccia e gambe in una serie di complicati e veloci passi di danza. Il trucco sul suo viso è pesante e i suoi capelli corti sono stati sostituiti da una parrucca lunga e bluastra. La canzone procede con sempre più forza fino al culmine e al termine improvviso della melodia.

     Una volta che tutti i bizzarri effetti scenici e la musica elettronica sono scomparsi, Levine si stropiccia gli occhi e si guarda intorno, come se si fosse appena svegliata da un sogno o meglio da un incubo danzante. Ogni tentativo di trovare una spiegazione è inutile quando si rende conto che quello strano fenomeno non ne ammette alcuna. Probabilmente si sarà solo trattato di uno strano scherzo della sua immaginazione, certo, non poteva essere diversamente. La stanchezza le aveva giocato un brutto tiro, ma non avrebbe permesso che questo la dissuadesse dal suo obiettivo.

     - Andiamo a fare quattro chiacchiere con il mio futuro fidanzato! - dice a bassa voce, prima di prepararsi a lanciarsi dal tetto del palazzo e a spiccare il volo.


     - Sembra che alla gente non importi più di tanto quello che sta succedendo! - considera Amy, notando con la coda dell’occhio un paio di camerieri all’entrata di un locale intenti in uno sfrenato twist.

     - Forse in fondo la trovano una cosa divertente! - propone Cream, che passeggia tranquillamente al suo fianco con Cheese.

     - La musica non ha mai fatto male a nessuno! - interviene Sydia, sorridente come sempre - E poi tutto quel ballare è un ottimo esercizio fisico! Serve a mantenere i muscoli pronti e scattanti per quando c’è bisogno di colpire! -

      Subito dopo le sue parole, scaglia un veloce pugno all’aria, la sua espressione trasformatasi di colpo in una smorfia rabbiosa. Amy e Cream la guardano con gli occhi sgranati e la ragazza si ricompone all’istante dopo quell’impeto combattivo, distogliendo lo sguardo imbarazzato.

     - Scusate, ogni tanto mi faccio prendere la mano! - dice lo scoiattolo, sorridendo nervosamente.

     - Chi non ti conoscesse non potrebbe mai immaginare che hai uno spirito così battagliero! - replica Amy - Insomma, sei sempre così simpatica e tranquilla, ma quando si tratta di menare le mani diventi una tigre! -

     - E’ più forte di me! Sono così da quando ero piccola! Ero sempre la prima a prendere le difese di qualche mio compagno a scuola che veniva preso di mira dai bulli! Ed ero sempre la prima a proporre di giocare alla lotta! Non posso farci niente, sono fatta così! Per questo quando ho sentito del vostro corso di autodifesa mi si sono illuminati gli occhi! Il mio incubo peggiore sarebbe diventare una di quelle ragazze che non si sanno difendere da sole e lasciano fare tutto ai maschi! -

     - Questo spiega perché sei sempre un passo avanti alle altre a lezione! E soprattutto perché noi due andiamo così d’accordo! -

     - Chissà se anche Katrina la pensa così! - esclama Cream in tono casuale.

     - Se fosse così non credo si sarebbe fatta trattare in quel modo dal suo ragazzo! - spiega Amy - E’ per questo che stiamo andando da lei! Dobbiamo darle tutto il nostro aiuto perché capisca di dover pretendere rispetto! -

     La determinazione della riccia rosa fa sorgere qualche dubbio nella coniglietta, come sempre accade quando la sua migliore amica esprime la sua decisione nel voler fare il passo più lungo della gamba.

     - Ehm… forse dovremmo andarci più piano, non credi? Potrebbe pensare che ci stiamo immischiando nei suoi affari! -

     - Il nostro dovrà essere un semplice consiglio da amiche, Cream! - spiega Sydia in modo pratico - Semplicemente, quando le potremo parlare ecco cosa le consiglieremo di dire al suo fidanzato! -

     L’intenzione dello scoiattolo era di immedesimarsi in Katrina per spiegare come si sarebbe comportata al suo posto, ma non aveva considerato il rullo di batteria esploso nelle sue orecchie che la invitava a cantare. Dei battiti forti e scanditi accompagnano una melodia rapida e ritmata sorretta delle inconfondibili note di una tastiera. Il marciapiede si è trasformato all’improvviso nella pavimentazione a scacchiera di un piccolo bar. Alle spalle di Sydia si possono benissimo scorgere i tavolini quadrati, i divanetti foderati di rosso e le ampie vetrate oltre le quali è rapido il viavai di persone.

     “Used to be a time when you would pamper me
     Used to brag about it all the time
     Your friends seem to think that you're so peachy keen
     But my friends say neglect is on your mind
     Who's right?”

     La chioma di Sydia è diventata lunga, scura e più riccia di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Indossa un lungo soprabito dorato che copre solo parzialmente la camicia nera abbottonata maldestramente, dei jeans sbiaditi e un paio di stivali marroncini. Alle sue spalle ci sono altre ragazze che sfoggiano un abbigliamento in qualche modo trasandato.

     “Used to go to dinner almost every night
     Dancin' 'til I thought I'd lose my breath
     Now it seems your dancing feet are always on my couch
     Good thing I cook or else we'd starve to death
     Ain't that a shame?”

     Il gruppo di ragazze si muove a destra e a sinistra seguendo il ritmo della musica e sventolando le mani dietro la schiena ad ogni passo, in una coreografia singolare quanto meccanica. Sul retro della scena, alcuni ragazzi in giacca di pelle osservano la coreografia con un’espressione a metà tra lo scettico e l’annoiato sui loro volti scuri.

     “I never ask for more than I deserve
     You know it's the truth
     You seem to think you're God's gift to this Earth
     I'm tellin' you, no way”

     Ad uno schiocco di dita di Sydia i ragazzi si ritrovano legati ed imbavagliati alle sedie. Per le loro ragazze è la punizione più corretta per non essere state trattate come meritavano, considerando che loro non hanno mai chiesto più di quanto meritassero. Continuano a ballare intorno alle loro vittime. Sydia è al centro del cerchio e, seduta sulle ginocchia di uno dei ragazzi, si diverte a fargli il solletico sul naso senza che lui possa reagire in nessun modo.

     “What have you done for me lately?
     Ooh ooh ooh yeah
     What have you done for me lately?
     Ooh ooh ooh yeah”

     La domanda è fin troppo chiara. Non esiste risposta che soddisfi la frustrazione delle ragazze trascurate, ma anche se ci fosse, il cerotto sulla bocca dei ragazzi impedisce loro di giustificarsi. Mentre le ballerine si apprestano a terminare la coreografia, Sydia si diverte a pasticciare con il rossetto il viso di tutti i maschi immobilizzati. Quando ha terminato di truccarli in un modo del tutto particolare, si unisce al resto del gruppo per concludere la canzone.

     Le ultime note riecheggiano ancora nella testa di Sydia, ma ormai ha imparato a conoscere il senso di disorientamento che segue ad ogni esplosione musicale. Sa che è necessario abituarsi fino alla scoperta di una soluzione, per cui quando torna a rivolgersi a Cream e ad Amy non c’è un briciolo di imbarazzo nella sua voce.

      - Bé, grossomodo è quello che dovrebbe dirgli! -


     - Ti è così difficile volare senza turbolenze? Comincio a sentirmi male! -

     - Ti è così difficile metterti a dieta? Sei più pesante di un elefante obeso! -

     - Io non sono pesante! Sei tu che hai delle braccia deboli! -

     - Se così fosse non riuscirei a reggere quella tua testaccia dura in aria! -

     - Rallenta, rallenta! Mi fai rompere l’osso del collo! -

     - La prossima volta allora fatti spuntare le ali! -

     Un urlo vibrante squarcia la tranquillità di Angel Island mentre quello che sembra un meteorite rosso piove dal cielo precipitosamente. Si schianta con un tonfo spaventoso sul manto erboso e lì giace apparentemente privo di vita.

     - Knuckles? -

     Tikal è lì vicino e accorre quando distingue in quella massa rossa informe le caratteristiche del guardiano del Master Emerald. Lo aiuta a rialzarsi e a tirare fuori la testa dalla voragine creata a seguito dell’impatto, mentre Rouge plana elegantemente sul terreno.

     - Questa è la volta buona in cui la trito! - esclama l’echidna al limite della sopportazione.

     - Oh, quante storie! Hai la capoccia talmente dura che si sarà fatto molto più male il prato! - ribatte Rouge annoiata.

     - Cosa ci fate qui? - si domanda Tikal spaesata - Knuckles, pensavo fossi andato ad indagare sulla razzia dell’isola! -

     - E’ quello che ho fatto! - risponde lui ancora irritato - Solo che i miei sospetti non erano… esattamente fondati! -

     - In altre parole - aggiunge il pipistrello - E’ arrivato alla conclusione sbagliata, come al solito! -

     - Se non ha organizzato lei il tutto, chi è stato? -

     - E’ quello che stiamo andando a scoprire, cara! A Night Babylon c’è un locale frequentato quasi esclusivamente da criminali e ladruncoli! Stiamo andando lì per raccogliere un po’ di informazioni su quanto è successo qui! -

     - Per questo siamo venuti a prenderti! - completa Knuckles.

     - Non credo che sia saggio lasciare lo smeraldo incustodito! -

     - Nack non era interessato allo smeraldo ed è questo che mi rende più perplesso! Non c’è bisogno che tu rimanga qui adesso, tanto più che ci servono due zampe in più! -

     - E naturalmente - gli fa eco Rouge - Anche perché il signorino non si fida del tutto di me! -

     - Dovrei fidarmi a venire solo con te in un posto pieno di tagliagole? -

     - Questo è quello che ricevo per averti offerto il mio aiuto? -

     - Non certo per altruismo! Stai tentando di proteggere i tuoi interessi su quello che puoi sgraffignare sulla mia isola! -

     - Dettagli, nient’altro che dettagli! -

     Tikal fa un breve risolino, attirando l’attenzione dei due.

     - Probabilmente non lo ammetterai mai, Knuckles, ma nessuno ha mai avuto più influenza su di te di questa ragazza! -

     La reazione che suscita l’affermazione è di incredulo disgusto, quando Rouge e Knuckles si guardano negli occhi e rompono immediatamente il contatto con smorfie esagerate. L’orchestra di accompagnamento comincia a musicare una coinvolgente strimpellata al pianoforte, con il classico ritmo cantilenante dei latinismi. Le luci del palcoscenico sono tutte per Tikal.

    “When you see her, say a prayer and kiss your heart goodbye
     She's trouble, in a word get closer to the fire
     Run faster, her laughter burns you up inside
     You're spinning round and round
     You can't get up, you try but you can't”

     Al centro della piazzetta illuminata dai neon in cui si è trasformato il prato lucido di Angel Island, c’è una fontanella dalla forma piramidale che riversa allegramente fiotti di acqua nella vasca di pietra squadrata. Tikal gironzola con aria spaesata attorno ad essa, decidendo infine di sedersi sul bordo e accarezzare il velo umido. Indossa un completo di giacca e pantaloni grigi e un cappello in stile borsalino dello stesso colore.

     “You try to avoid her, fate is in your hands
     She's smiling, an invitation to the dance
     Her heart is on the street, tu corazon es suyo
     Now you're falling at her feet
     You try to get away but you can't”

     Due bambini dal volto candido corrono verso di lei e la prendono per mano, conducendola in una zona della piazzetta coperta da un sottile velo viola. Uno scrigno di legno massiccio è posato su di un tavolino, aspettando solo di essere dischiuso. Tikal si guarda intorno con circospezione, prima di prendere la chiave dorata appesa lì vicino, infilarla nella toppa e aprire il cofanetto. Una luce bianca e calda si sprigiona dall’interno e lei sorride come una bimba che ha appena trovato un piccolo tesoro.

     “Quien es esa nina, who's that girl
     Senorita, mas fina, who's that girl
     Quien es esa nina, who's that girl
     Senorita, mas fina, who's that girl”

     Felice e saltellante, Tikal torna accanto alla fontana, che sembra aver preso a zampillare ancora più abbondantemente di prima. Uno stuolo di bimbi festosi la raggiunge, ballando e cantando attorno a lei. L’echidna si unisce alla festa, sfilandosi la giacca e roteando sul posto con le braccia in alto. L’ultima gioiosa risata dei ragazzini perde la sua eco nell’aria quando l’orchestra suona l’ultima nota ed Angel Island torna ad essere quella di sempre.

     Sebbene Knuckles e Rouge non siano sbigottiti dall’accaduto, Tikal ci mette un po’ per realizzare quello che è successo. Dopo qualche secondo, li guarda imbarazzata e riesce a stento a pronunciare le sue parole senza abbassare timidamente lo sguardo.

     - Ehm… forse è davvero il caso che venga con voi! -

 

     - Sonic! E dai, Sonic! Ti chiedo solo una canzoncina! Una piccola piccola! Non ti chiedo altro! Per favore! Pensa a tutti i bei momenti passati insieme e ti verrà più facile! -

     - Al momento sono in piena pausa artistica! Via! Sciò! -

     Era pomeriggio inoltrato quando Amy, Sydia e Cream avevano raggiunto casa Prower per l’appuntamento che avevano concordato con Sonic e Tails. Il volpino aveva promesso loro che avrebbe utilizzato tutti i mezzi di cui disponeva per capire cosa c’era dietro alla fastidiosa epidemia musicale che da quella mattina li aveva colpiti. Nell’attesa che Tails terminasse ciò a cui stava lavorando nell’officina, gli altri quattro ragazzi si erano riuniti nel vialetto di casa.

     Sydia e Cream sorseggiano tranquillamente una bibita mentre si godono lo spettacolo di una Amy in preda ad una serie di violente effusioni d’amore che rincorre Sonic. Evidentemente, il suo chiodo fisso di costringere Sonic a dedicarle una canzone non era ancora sparito.

     - Non puoi sfuggirmi per sempre! - lo minaccia Amy, rincorrendolo in cerchio intorno a tutta la casa - Prima o poi dovrai per forza cantarmi qualcosa! -

     - Spero che sia molto, ma molto poi allora! - replica disperato Sonic, senza però ricordarsi di poter correre molto più veloce di lei - Il giorno in cui comincerò a cantare sarà il giorno in cui mi schianterò contro un castagno! -

     Per qualche buffo scherzo del destino, Sonic si schianta proprio in quel momento contro il tronco di un albero del giardino, producendo un tonfo sonoro che faceva presagire il dolore acuto che doveva essergli esploso sul viso. Amy approfitta di quell’attimo di distrazione per gettarsi su di lui e stringerlo in un abbraccio spaccaossa.

     - Adesso sei costretto a cantare! Eh? Eh? Coraggio, io sto aspettando! -

     - Basta! - esclama Sonic, al limite dell’esasperazione, prima di sgusciare dalla sua presa come un’anguilla - Quale parte di “non voglio cantare” non ti è chiara, Amy? Stai diventando ossessionante! -

     Sonic si sarebbe reso conto di lì a poco del prezzo che aveva quell’affermazione. La batteria inizia a suonare per lui, ma questa volta fa parte della musica quanto i musicisti alle sue spalle. Un’armonica rossa è apparsa tra le sue mani, l’occasione giusta perché il riccio blu possa suonarla con tutta la passione di cui è capace. Produce suoni caldi e avvolgenti che fungono da richiamo per tutti quelli che lo circondano.

     “Pink it's my new obsession
      Pink it's not even a question,
     Pink on the lips of your lover,
     Cause pink is the love you discover”

     La voce di Sonic si è fatta di colpo grave e rauca, ma ciò non toglie che sia in qualche modo molto attraente. Abbraccia l’asta del microfono come farebbe con una bella ragazza, mentre la band gli fornisce il brano su cui cantare in uno sfondo completamente bianco e lucido. Sonic indossa un paio di orecchie rosa e pelose da coniglio e una camicia beige a quadrettini.

     “Pink as the bing on your cherry
     Pink cause you are so very
     Pink it's the color of passion
     Cause today it just goes with the fashion” 

     Sulle dita di Sonic appaiono una serie di anelli dorati e argentati. Sul suo naso spunta un paio di occhiali bordati di nero con lenti rossastre. Con un’agile giravolta, trasforma la sua camicia in un’elegante giacca nera con striature rosa. Su di lui piove una raffica di pastelli a cera. Il loro colore è perfettamente scontato… rosa, naturalmente!

     “Pink it was love at first sight
     Pink when I turn out the light, and
     Pink gets me high as a kite
     And I think everything is going to be all right
     No matter what we do tonight”
 

     Il microfono spruzza un getto di succo di frutta rosa, ma il liquido non bagna il viso di Sonic. Al contrario fluttua attorno alla sua testa e gli cinge la fronte come una tiara. Nello stesso momento, un uragano di fragole mature si leva tutto attorno a lui, diffondendo nell’aria il loro fresco profumo. La scenografia è impreziosita da una serie di grosse bolle di sapone rosa a forma di elefante. La chitarra aumenta il ritmo del suono, portando per braccio la melodia verso la conclusione e il canto di Sonic verso il suo apice più alto.

     Il riccio blu è consapevole di aver fatto qualcosa a cui sperava di non essere costretto, ma la parte ancora più difficile sarebbe stata affrontare Amy. Ed infatti, a giudicare dal sorriso festoso della ragazza, era più che soddisfatta da quello che aveva sentito.

     - Ci avrei giurato che il tuo colore preferito era il rosa! - esclama lei cercando di nuovo di acchiappare uno sfuggente Sonic - Il blu e il rosa si mescolano alla perfezione, non trovi? -

     - Perché non vai a mescolarti da un’altra parte per oggi? C’è solo un certo numero di coccole che posso sopportare in un giorno! -

     Sydia e Cream sono sempre più divertite dalla giocosa corsa dei due ricci. Non avevano mai visto Amy così in vena di abbracci e di tenerezze, tanto da sembrare quasi totalmente uscita di testa. Sonic suda freddo al pensiero di non riuscire a trovare un modo per scrollarsela di dosso e prega con tutto il cuore che Tails si sbrighi a terminare il suo lavoro e che li richiami il più in fretta possibile.

     Un rullo di tamburi fa salire il cuore in gola a Sonic, terrorizzato all’idea di calarsi di nuovo nei panni di cantante, ma questa volta la melodia non è dedicata a lui ma, cosa forse ancora più tremenda, ad una raggiante Amy Rose. Un allegro motivo e l’eco di una chitarra sono gli ingredienti migliori perché la riccia rosa possa scatenarsi al ritmo della musica nel suo cuore. Muove i fianchi seguendo il tempo e i filamenti del gonnellino hawaiano che indossa ondeggiano con un dondolamento quasi ipnotico.

     “No-one else l know can thrill me like you do
     I only ever want to go-go dance with you
     You're the dream boy of my bedroom poster
     Now we're on a roller coaster ride”

     Lo scenario è una spiaggia soleggiata, disseminate di palme verdeggianti le cui larghe foglie beccheggiano ad ogni alito di brezza fresca. Amy è impegnata a cantare, ma ciò non le impedisce di dedicarsi alla danza insieme alle altre ballerine che la accompagnano. Oltre al gonnellino, portano tutte una magliettina bianca, una collana floreale attorno al collo e un fiore rosso sgargiante sul frontino.

     “No-one else can take me to the highs like you
     You show me all the colours when I'm feeling blue
     You're the brightest shining lights on Broadway
     Pink in evening sunsets every day”

     Altri ballerini spuntano alle spalle di Amy. La ragazza cade all’indietro, sicura di essere presa dalle forti braccia dei ragazzi. Sono proprio loro a sollevarla in alto, tenendola per le caviglie, per la schiena e per i polsi, per poi ruotare insieme a lei in una serie di studiati passi di danza. Al termine del giro, appoggiano Amy su un banchetto fatto di canne di bambù. La riccia ci si stende comodamente e continua a cantare come se niente fosse.

     “You're the greatest gift that l could ever wish for
     And there's not a single thing l wouldn't give for
     A little time with you, my koocachoo
     Cause I'm so in love with you”

     E’ nel chorus che l’impeto della canzone si fa più grande ed Amy lo sa bene. In piedi sul banchetto, ancheggia e muove le braccia nella stessa coreografia dei ballerini dietro di lei con una maestria ed un brio decisamente accattivanti. Un’ancora gigante ricoperta di brillanti cala dall’alto ed Amy ci si arrampica senza difficoltà. Mentre quel bizzarro ascensore ritorna da dove è venuto, la ragazza saluta i ballerini sventolando la mano e loro, in tutta risposta, sollevano i gusci di noce di cocco dai quali stavano bevendo il latte con la cannuccia per brindare alla sua salute.

     - Allora, tesoro, ti è piaciuta la mia canzone? Sono stata brava, vero? - domanda Amy a raffica, mentre riprende a rincorrere il suo riccio blu adorato.

     - Cavolo, ma tu non ti sei ancora arresa? - sbotta Sonic, schivando in ogni modo possibile i tentativi di abbraccio della ragazza - E poi cosa diamine è un “koocachoo”? Me lo vuoi spiegare? -

     Proprio in quel momento, la porta d’ingresso della casa si spalanca e Tails si affaccia sulla soglia. La sua espressione si fa perplessa quando si rende conto di tutto il parapiglia che i due ricci stanno facendo nel suo giardino.

     - Che cosa sta succedendo? - domanda a Sydia e a Cream, vicine a spanciarsi dalle risate.

     Prima che loro possano rispondere, Sonic si precipita verso Tails e si fa scudo con il suo corpo per proteggersi dalla furia affettuosa di Amy.

     - Non sono mai stato più felice di vederti, Tails! - gli dice con voce più acuta del normale - Ti prego, andiamo dove vuoi, facciamo quello che vuoi, ma tieni lontana Amy da me o sulla mia lapide troverete scritto: “Ci ha lasciato per overdose di coccole”! -


      - Non è deliziosamente sublime, mio caro Sponky? - chiede la iena conosciuta come Mr. Trick al suo inseparabile pupazzo a forma di criceto che spunta dal suo cilindro - Ci sono centinaia e centinaia di omuncoli in questa città che proprio mentre parliamo si stanno scatenando nell’arte della danza oltre le loro immaginazioni più sfrenate! Tutto questo è così incredibilmente appagante che potrei farci l’abitudine! -

     - E ne è valsa la pena spendere tempo e denaro solo per far ballare qualche miserabile nessuno? -

     Sponky gli risponde con una vocetta stridula. A chiunque li avesse visti sarebbe risultato fin troppo chiaro che si trattava della voce di Trick in falsetto.

     - Su questo non c’è un solo margine di dubbio, pelosetto di papà! - replica la iena - Questo mondo è così drammaturgicamente serio da farti calare le braghe! Il mio preciso dovere di onesto cittadino è fare tutto quello che posso per dipingere un po’ di sorriso sulla faccia della gente! -

     - Qualcosa mi dice però che non sia andata giù di buon grado a tutti la tua trovata! -

     - E’ una triste realtà della civiltà contemporanea! Non tutti gli omuncoli sono in grado di percepire la bellezza e il brio della mia arte estrosa! Quello di cui avrebbero bisogno sarebbe un modo perché la perfezione della mia opera li colpisca con la forza di un’esplosione! Ricordami di distribuire un bignè farcito con un candelotto di dinamite a tutti i terricoli tristi che incontreremo per strada! -

     - Più esplosivo di così! - commenta Sponky, convinto dalle parole del suo burattinaio.

     Trick si allontana dall’ampia finestra del suo palazzo, distogliendo lo sguardo dall’ampia visuale che ha sulla città. Si accomoda sulla sua comoda poltrona viola e appoggia i piedi sulla scrivania come se fosse la cosa più naturale del mondo. Proprio in quel momento, la doppia porta del suo sontuoso ufficio si spalanca con un cigolio e una persona che la iena non aveva mai visto si fa strada nella stanza a passi lenti. Gli occhi di Trick sono vicini a schizzare fuori dalle orbite quando si trova di fronte ad un’affascinante ragazza farfalla.

     - Per la dentiera di mia nonna! - commenta, inginocchiandosi di colpo sulla scrivania e sporgendosi oltre il bordo - Ecco ciò che io chiamo una squisita bestiola! Ossequi, pasticcino! Se stavi cercando il rifugio della iena cattiva, questo è l’indirizzo giusto! -

     - Lo avevo notato! - replica Levine, per nulla infastidita dai modi bizzarri del suo interlocutore.

     - Ah, non mettevo in dubbio le tue capacità cognitive, mia bella damigella! Sapevo che le farfalle sono sinonimo di grazia, ma, per la peppa e la peppina, qui siamo nel campo delle fantasie sfrenate! -

     - Ci conosciamo da appena un minuto e già mi riempi di complimenti? Tu sì che sai come corteggiare una ragazza! -

     Mr. Trick oltrepassa la scrivania e si avvicina alla ragazza con la camminata più elegante di cui è capace, in questo caso un’andatura ciondolante da clown.

     - Senza falsa modestia, cara mia, ma ho vinto per ben tre volte il premio per l’ammaliatore più ammaliante del settimanale “Iena Moderna”, quindi la classe non è sciroppo di prugne! -

     Con dei modi da perfetto gentlemen, Trick prende delicatamente la mano di Levine e la sfiora con le labbra.

     - Fremo all’idea di sapere cosa ci fa uno splendore alato del tuo calibro nella mia modesta residenza cittadina e, soprattutto, in che modo è riuscito a superare la sicurezza! -

     - Questo puoi vederlo da te! - dice Levine, indicando il corridoio alle sue spalle dove alcune delle guardie che Trick aveva posto a sorveglianza dell’edificio giacevano sul pavimento prive di sensi.

     La iena non ne rimane per niente amareggiata, anzi, spalanca ancora di più gli occhi e sfodera un ampio sorriso che mette in mostra la dentatura impeccabilmente scintillante.

     - Il tuo fascino stende all’istante, madamigella! - sono le prime parole di reazione allo spettacolo.

     - O quello, o una dose generosa di polvere soporifera, Mr. Trick! - spiega Levine.

     Il damerino è tutto ringalluzzito quando sente pronunciare il suo nome. Drizza la schiena e si aggiusta la cravatta a pois che porta al collo.

     - La bimbetta cattiva ha fatto i compiti a casa, ma tu guarda! - dice la iena, con una vena maliziosa nella voce - Io vado matto per chi viene preparato a lezione! -

     - Se è per questo so molte altre cose su di te! - continua la farfalla, cominciando a passeggiare lentamente per l’ufficio e posando lo sguardo sui vari completi d’arredamento sfarzosi - Mi sono informata molto bene! So ad esempio che sei il boss di una famigerata organizzazione criminale a cui hai dato il nome di Ring Leaders, so che sei venuto qui in incognito da Adabat per occuparti di alcuni affari importanti e so che è questo il motivo per cui hai trasferito in questo palazzo di Emerald Town di tua proprietà gran parte delle tue forze e dei tuoi mezzi! La domanda che mi sorge spontanea è: che cosa frulla in quel tuo vulcanico cervellino? -

     Mr. Trick, al termine del discorso di Levine, batte le mani in modo lento e funereo. Il sorriso festoso sulle sue labbra si è trasformato in un ghigno inquietante che cela un briciolo di irritazione. Il suo sguardo è fisso e in qualche modo spaventosamente elettrico.

     - Curioso, l’ultima persona che sapeva così tanto sul conto del sottoscritto adesso sta facendo compagnia ai molluschi sul fondo dell’oceano! E’ vero, non era di certo affascinante come te, mia deliziosa farfallina saccente, ma ciò non toglie che a volte l’ignoranza sia decisamente un bene! Perché mai dovrei rispondere alla tua domanda? -

     Levine non ha nulla da nascondere e nulla che la dissuada dal sostenere lo sguardo fermo e indagatore di Mr. Trick. Gli sorride di rimando, con aria di chi la sa lunga, prima di soddisfare la curiosità di lui.

     - Perché qualunque cosa tu stia programmando, io desidero farne parte! Ti sto proponendo di diventare la tua partner! -

     E’ sufficiente quella misera spiegazione a dissipare il sospetto dall’espressione di Mr. Trick. La sua coda sventola senza controllo, in un chiaro segnale che l’idea deve essergli piaciuta.

     - Il mio nome è Levine! E ti posso garantire che se mi vorrai al tuo fianco non avrai nulla di cui pentirti! -

     Cogliendola completamente di sorpresa, il suono di un potente assolo di chitarra riempie di colpo l’ufficio. La luce del giorno si dissolve, ammantando la stanza di una luminosità soffusa tinta di arancio. La trasformazione dell’ambiente è repentina e inevitabile, come ormai accade di consueto. Dal pavimento si innalza un palchetto rettangolare nero e lucido, sul cui retro spuntano delle ampie finestre bianche coperte solo da dei tendaggi rossi che si increspano come acqua al vento. Una band sistemata in un angolo suona un motivo rock penetrante, così intenso da far vibrare le pareti.

     “Sittin’ over here starin’ in your face with lust in my eyes
     Sure don't give a damn and ya, don't know that I've been dreamin’ of ya in my fantasies
     Never once you looked at me, don't even realize that I'm wantin’ you to fulfil my needs
     Think what you want, let your mind free, run free to a place no one dares to” 
    
     La voce che canta non appartiene a nessuna delle ballerine vestite di pelle nera che spuntano dalle botole poste sul palco. E’ una voce calda, sostenuta e attraente che rimbomba negli amplificatori, striscia fuori dalle finestre bianche e fluttua tra i tendaggi scarlatti, preannunciando l’arrivo di una donna che sa esattamente quello che vuole. Al termine del veloce rap, appare Levine, provocante nel suo completo di pelle e borchie dorate. Si unisce alla coreografia del suo corpo di ballo, senza che i tacchi alti che indossa riescano ad ostacolare i suoi movimenti.

     “How many nights I've laid in bed excited over you
     I've closed my eyes and thought of us a hundred different ways
     I've gotten there so many times I wonder how bout you
     Day and night, night and day, all I've got to say is”

     I riflettori agli angoli del palco proiettano una serie di fasci di luce di color arancione dove le stelle dello spettacolo si esibiscono al massimo delle loro possibilità, prima tra tutti Levine. Una serie di telecamere e di obiettivi sono puntati su di loro. Le immagini riprese sono trasmesse su alcuni schermi con cui gli spettatori possono interagire per osservare i particolari dell’esibizione. Consapevole di tutto questo, Levine afferra l’obiettivo di una cinepresa e fa in modo che questa riprenda in primo piano il suo viso mentre continua a cantare.

     “If I was your girl, oh, the things I'd do to you
     I'd make you call out my name, I'd ask who it belongs to
     If I was your woman the things I'd do to you
     But I'm not, so I can't, then I won't but if I was your girl”

     Levine salta al di fuori del palco, raggiungendo le file degli spettatori maschi che stavano osservando attentamente la sua performance. Ad un suo schiocco di dita è come se una mano invisibile li costringesse a piegare la loro schiena e a sdraiarsi sul pavimento, in modo che lei possa camminare su di loro come sulle assi di un ponteggio, fino a sdraiarsi sulle spalle di tre di loro che si sono posizionati in fila e a gattoni apposta per essere sottomessi alla figura di lei.

     Al termine della canzone, l’ambiente torna di nuovo ad essere il lussuoso ufficio che era in precedenza. Mr. Trick ha guardato con attenzione ogni gesto e ogni movenza della farfalla, rimanendone totalmente rapito. Anche se sul volto di lei si dipinge tutto lo spaesamento che una situazione del genere le può procurare, la iena non ci fa caso, troppo intento ad applaudire con trasporto.

     - Sublime! Assolutamente sublime! - ripete Trick, fuori di sé per l’allegria - Una proposta così convincente non si può di certo rifiutare! -

     - Ehm… allora ci stai? - replica Levine, tentando di ignorare quanto accaduto - Saremo partner… d’affari? - si affretta poi ad aggiungere, ricordandosi che la sua canzone parlava di tutt’altro che di affari.

     - La tua è una richiesta che mi coglie in un momento delicato, farfallina mia adorata! -

     Mr. Trick risponde con un tono grave e, per la prima volta, velato di tristezza. Con l’aria di una persona affranta, china il capo e si pone una mano sugli occhi, nell’esagerato tentativo di simulare la reazione di chi è sul punto di piangere.

     - Sono fresco di una tragedia nella mia vita! La mia adorata consorte ha di recente preferito un precipitoso salto nel vuoto alla mia squisita compagnia! -

     Levine inarcò un sopracciglio, come per studiare se si trattasse della verità o di una insensata commediola. Di sicuro, se fosse stato vero, non avrebbe del tutto dato della pazza a chi avrebbe preferito la morte alla compagnia di quella iena schizofrenica.

     - E’ stato un momento difficile da superare! - continua lui, sconsolato - Ma mi sono sentito subito meglio una volta che sono arrivato a questa lampante verità! Non si può fare la salsa senza prima spiaccicare dei pomodori! -

     In quello stesso istante, la iena prorompe in una fragorosa risata, rovesciando il capo e tenendosi la pancia. Levine rimane sconcertata dal grottesco umorismo di quel damerino. Sapeva che era famoso per recitare la parte del buffone, ma non aveva idea che facesse davvero sul serio. Un’ombra di pentimento comincia a compromettere la determinazione nell’attuare il suo piano.

     - Accetto la tua interessante proposta, signorina Levine! - dice infine Trick con una strana luce euforica nelle pupille - Diventeremo soci nell’affare che ho in cantiere qui ad Emerald Town, però ad una sola condizione! -

     - Che sarebbe? - ribatte la ragazza, leggermente scettica.

     La iena sorride e, per la prima volta, Levine ne rimane spaventata.

     - Voglio che tu mi mostri la parte peggiore di te! -

     Una voce rimbomba nel buio, una voce che trasporta una serie di inquietanti versi. Un fascio di luce filtra da un angolo imprecisato della stanza, espandendosi sempre di più e rendendo visibile la sala da bagno piastrellata di bianco in cui si svolgerà l’azione. Delle strane vasche da bagno sono disposte in fila lungo tutto lo spazio disponibile, anche se a giudicare dal coperchio lucido che le ricopre assomigliano di più a delle bare. Dei rapidi rintocchi elettronici fanno da sfondo ai versi che introducono la canzone che sta per iniziare, una canzone che suscita in Levine una sensazione di terrore che non saprebbe descrivere.

     “I want your ugly, I want your disease
     I want your everything as long as it’s free
     I want your love
     (Love-love-love I want your love)”

     I coperchi delle bare da bagno si aprono con un leggero click e delle mani artigliate fanno capolino dall’interno. Levine è spaventata all’idea di quello che può sgusciare fuori da quei grotteschi contenitori, ma si tratta semplicemente di un gruppo di ballerini e di Mr. Trick. La iena è avvolto in una specie di tuta bianca in plastica. L’unico colore che contrasta con quello del suo bizzarro abbigliamento è il viola del papillon che porta al collo. Le ballerine alle sue spalle indossano una maschera fatta della stessa plastica delle loro tute che lascia scoperta solo la bocca. La voce che canta è quella della iena, roboante, cupa e volutamente distorta.

     “I want your drama, the touch of your hand
     I want your leather-studded kiss in the sand
     I want your love 
     (Love-love-love I want your love)”

     Mr. Trick imbraccia un bastone con il pomolo ricoperto di diamanti. E’ in piedi sul coperchio della sua bara da bagno e in una mano tiene uno specchio con il manico dorato. La sua canzone sembra quasi rivolta a quello specchio, perché canta guardando intensamente la sua immagine riflessa. Nel frattempo, le ballerine procedono con passi lenti e strascicati, muovendo le braccia a scatti come dei zombi incrociati con dei robot.

     “I want your horror, I want your design
     Cause you’re a criminal as long as your mine
     I want your love
     (Love-love-love I want your love)”

     Completamente presa dalla sua canzone, la iena solleva il bastone e i diamanti sul suo pomolo prendono il volo e fluttuano attorno a lui come attratti da un misterioso potere magnetico. Ad un suo pigro gesto della mano, dei grossi cerchi di metallo lo circondano, cominciando a vorticare all’impazzata senza però mai entrare in contatto con il suo corpo. Avanza a passi lenti e sulle sue spalle ricade la pelliccia di un orso bianco, le cui zampe e la cui testa strusciano sul terreno che lui percorre con fierezza.

     “I want your love and I want your revenge
     You and me could write a bad romance
     I want your love and all your lovers' revenge
     You and me could write a bad romance”

     Un muro di fuoco si innalza di fronte a lui e Trick ne approfitta per gettare la pelliccia tra le fiamme. Il fumo che questa produce mentre brucia prende la forma di uno scheletro e poi di un serpente, prima di aleggiare sulla scena come un sinistro fantasma che veglia sui mostruosi ballerini e sui loro movimenti. Trick è parecchio sciolto nei suoi lenti e graduali passetti in avanti, accompagnati da mosse robotiche e gesti meccanici. Con un’ultima giravolta, conduce la canzone verso la conclusione e getta un’occhiata di ghiaccio verso chiunque stia guardando in quel frangente.

     - Non te ne pentirai neanche tu, dolcezza! - mormora a Levine.


     - Sei riuscito a scoprire qualcosa? - domanda Sydia impaziente.

     Prima di rispondere, Tails ricontrolla un’ultima volta la strumentazione su cui ha lavorato, sotto lo sguardo ansioso del resto della banda.

     - Ne sapremo di più tra qualche minuto! Sono riuscito a collegarmi al satellite con il mio computer! Qualunque cosa stia scatenando questo fenomeno riesce a distorcere la nostra percezione dello spazio-tempo… ehm… o almeno è la spiegazione più plausibile che sono riuscito a trovare! Comunque sia, credo che possa agire solo tramite onde radio o microonde dello stesso tipo! Una volta che il satellite avrà terminato il giro del pianeta, il computer analizzerà i dati raccolti e potrò vedere se ci sono zone in cui le onde radio raggiungono picchi anomali! In ogni caso non ne sapremo di più fino a domattina! -

     - Domattina? - interviene Sonic, credendo a stento a quello che ha sentito.

     - Non ho altri modi per affrontare la situazione, Sonic! -

     - Ma… questo significa che dovremo… cantare e saltellare fino a questa sera! -

     - Oh, sì! Questo vuol dire che riuscirò a strapparti una serenata! - dice Amy con una strana luce negli occhi.

     - Forse se ce ne stiamo fermi e tranquilli non ci sarà nessuna canzone! - propone Cream ottimista.

     - Non ce lo vedo molto Sonic fermo e tranquillo! - ribatte Sydia sorridendo - Forse è il caso che lo teniamo legato da qualche parte! -

     La leggerezza con la quale i suoi amici prendono la questione non piace affatto a Sonic. Tira un calcio ad una chiave inglese con le mani nelle tasche e il volto imbronciato.

     - Perché proprio cantare? Non potevamo invece essere costretti a fare qualcos’altro? Mi sarebbe stato bene anche fare la sartina su una sedia a dondolo con gli occhiali, ago e filo! -

     Tails gli risponde con il suo solito tono da saputello.

     - Bé, in fondo è risaputo che nel suo concepimento la musica ha qualcosa di… magnetico! -

     “Hey Mister D.J.
     Put a record on
     I wanna dance with my baby”

    “Do you like to boogie-woogie
     Do you like to boogie-woogie
     Do you like to boogie-woogie
     Do you like my Acid Rock”

     Il ritmo techno esploso di colpo nel laboratorio è l’ultimo stile che avrebbero mai immaginato calzasse ad una canzone firmata da Tails. Il volpino però sembra essere a suo agio, nello spazioso sedile bianco della sua limousine, con la pelliccia bianca e il cappello country, i suoi anelli dorati e il calice pieno di champagne, in compagnia di Sydia ed Amy che ballano a tempo con la musica senza timidezza.

    “Hey Mister D.J.
     Put a record on
     I wanna dance with my baby
     And when the music starts
     I never wanna stop
     It's gonna drive me crazy”

     L’impeto del divertimento e della musica prendono così tanto Tails che agita una bottiglia di champagne prima di stapparla ed inondare l’abitacolo con una fontana di alcool. Le due ragazze spuntano fuori dal tettuccio, senza interrompere la loro danza sfrenata.

     “Don't think of yesterday
     And I don't look at the clock
     I like to boogie-woogie, uh, uh
     It's like riding on the wind
     And it never goes away
     Touches everything I'm in
     Got to have it everyday”

     Il retro della limousine si tramuta in un’affollata pista da ballo nel giro di un istante. Tails si fa strada attraverso la folla con l’aria di una celebrità, tanto che la gente si sposta per fargli spazio. Amy e Sydia sono già in pista a volteggiare sotto le luci intermittenti.

     “Music makes the people come together
     Never gonna stop
     Music makes the bourgeoisie and the rebel
     Never gonna stop”

     Tails osserva con attenzione il ballo, comodamente adagiato su di una poltrona. Due ragazze in bikini sono sedute sui due braccioli e lui le abbraccia, tenendole strette a sé, senza un briciolo di esitazione con l’aria di chi la sa lunga in fatto di donne. La musica techno va lentamente sparendo, lasciando spazio ad un vivace ritmo dance. La luce illumina Sydia, adesso la stella dello spettacolo, magicamente vestita di gonna e maglietta nera, arricchita di nastrini di pizzo, braccialetti e collanine e con la pancia scoperta.

     “Music can be such a revelation
     Dancing around you feel the sweet sensation
     We might be lovers if the rhythm's right
     I hope this feeling never ends tonight”

     Mentre Sydia continua la sua danza movimentata, Amy corre a sottrarre Tails dalle grinfie delle due ragazze, accompagnandolo in pista con loro. Il volpino però preferisce appartarsi accanto al jukebox luminescente e sorseggiare una bibita. Non può fare a meno di farsi trascinare dal ritmo muovendo a tempo la testa.

     “Only when I'm dancing can I feel this free
     At night I lock the doors, where no one else can see
     I'm tired of dancing here all by myself
     Tonight I wanna dance with someone else”

    Un getto di aria calda viene sparato dal basso, investendo in pieno Sydia. Quasi come se niente fosse, continua a danzare nel centro del turbine. La sua chioma ondeggia allegramente, accompagnata dagli aliti di vento che asciugano nel contempo il sudore della danza sulla sua fronte.

     “Get into the groove
     let me show you some moves
     best to take it from me
     get up on your feet
     let me step to the beat
     show you how it should be”

     Sydia e tutti gli altri ballerini afferrano al volo delle funicelle colorate che piovono dal soffitto. Mentre le luci ruotano interrottamente, il gruppo comincia a saltare la corda, seguendo i battiti della musica che, ancora una volta, va scemando. Anche Tails si unisce inaspettatamente alla mischia, tenendo il tempo con il battito delle mani.

     Nonostante il grande corollario di brani, la musica non è ancora finita. I violini riprendono a suonare, penetrando anche nelle ossa di chi non si era ancora buttato nella mischia, cioè Sonic e Cream. Mentre la coniglietta si lascia trascinare in pista senza problemi, il riccio cerca disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi, ma i suoi piedi, come dotati di volontà propria, lo trascinano verso il palco. Il mondo si colora nuovamente di bianco e nero, mentre dei ventagli piumati coprono alla vista i cinque, più o meno accondiscendenti, protagonisti del musical.

    “Look around everywhere you turn is heartache
     It's everywhere that you go [look around]
     You try everything you can to escape
     The pain of life that you know [life that you know]”

     Lo scenario si trasforma da una pista da ballo ad una magione ottocentesca e lucida. Sonic, Tails, Amy, Cream e Sydia indossano giacca e cravatta, impeccabili nel loro portamento e nella loro espressione di rigida compostezza. La prima a cantare è lo scoiattolo, gironzolando attorno ai suoi compagni e indugiando con lo sguardo oltre la finestra. Man mano che lei accarezza le loro spalle, ciascuno di loro si congela in una posa da modello.

     “All you need is your own imagination
     So use it that's what it's for [that's what it's for]
     Go inside, for your finest inspiration
     Your dreams will open the door [open up the door]”

     Tails intona la seconda strofa. Si aggrappa alla ringhiera della lunga scalinata in marmo alle sue spalle e accompagna a voce le lente sfilate dei suoi colleghi. I ventagli piumati precedono svolazzando ogni loro passo.

    “When all else fails and you long to be
     Something better than you are today
     I know a place where you can get away
     It's called a dance floor, and here's what it's for”

     E’ il turno di Amy questa volta. Sceglie di seguire la sfilata danzereccia da un comodo divano foderato in pelle. E’ circondata da decine di macchine fotografiche per le quali posa con fare sensuale e sfacciato. I flash degli scatti contrastano con il bianco e nero dello scenario.

    “It makes no difference if you're black or white
     If you're a boy or a girl
     If the music's pumping it will give you new life
     You're a superstar, yes, that's what you are, you know it”

     I cinque ballerini si riuniscono nel centro del palco, appoggiandosi ciascuno con i gomiti sulla cima di una colonna marmorea. Sincronici nei movimenti, sciolgono le gambe in una rigida coreografia di piedi. Le spesse tende alle loro spalle si increspano quasi a tempo con le loro mosse.

    “Beauty's where you find it
     Not just where you bump and grind it
     Soul is in the musical
     That's where I feel so beautiful
     Magical, life's a ball
     So get up on the dance floor”

     Per il crescendo successivo di pianoforte e violino che introduce il chorus, Sonic è il protagonista. Mentre i ventagli piumati contornano ogni centimetro del suo corpo, si sfila giacca e cravatta e sfila su di una passerella improvvisata, fermandosi al termine con una posa da poster.

    “Come on, vogue
     Let your body move to the music [move to the music]
     Hey, hey, hey
     Come on, vogue
     Let your body go with the flow [go with the flow]
      You know you can do it”

     L’ultima e definitiva sequenza di ballo è affidata a Sonic e Tails. Il primo esegue una complicata e rapida coreografia di torsione di mani e piedi, mentre il secondo segue i suoi movimenti alle sue spalle, ampliando lo spazio necessario a realizzarle. Il volpino ruota sul posto come una trottola, rubando la scena al suo compagno. Quest’ultimo non la prende molto bene e lo spinge lontano con una gomitata. La contesa delle luci della ribalta termina quando gli altri quattro si riuniscono nel mezzo ed eseguono le loro ultime pose da modelli di fronte alla telecamera.

     Silenzio. L’officina di casa Prower si materializza nuovamente davanti ai loro occhi, ma i cinque occupanti sono ancora congelati nelle loro pose, anche se la musica è terminata. Respirano affannosamente, stanchi per la lunga kermesse a cui sono stati costretti. Sonic piomba sul pavimento a peso morto, apparentemente al culmine della sopportazione.

     - Vi prego! Che nessuno apra più bocca fino a domani! -


     A Night Babylon la vita pulsa fremente solo quando cala la sera, una regola che sembra scontata per chiunque abbia mai bazzicato quella zona, ma non per la mente poco elastica di un’echidna rossa. Abituato com’è a vivere a stretto contatto con la natura, la vista del danzante gioco di luci che spadroneggia in quel quartiere è vicino a dargli un capogiro fulminante.

     - Tranquillo! All’inizio è sempre una cosa che ti disorienta! - lo rassicura Tikal, notando il suo sconcerto.

     Persino lei, che appartiene ad un’altra epoca totalmente diversa, batte a stento ciglio nel rimirare il carnevale splendente che le rotea attorno. La sua visita precedente, anche se risalente a parecchio tempo prima, è stata sufficiente a farla abituare in fretta allo spettacolo.

     - Peccato tu non capiti più spesso da queste parti, Knucky! Intendo le volte in cui non vieni al club a rinfacciarmi addosso i tuoi errori! - commenta Rouge, conducendoli fiera nel suo ambiente preferito - Ci saremmo potuti divertire un po’! -

     - Non è quello che chiamo io divertimento! E poi questo frastuono infernale è un buon motivo per tenermi lontano! - replica lui, alzando la voce per superare le melodie e il rumore della folla.

     - Oh, dai, non fare l’orso! Non puoi parlar male di una cosa che non conosci! -

     - D’accordo, allora se preferisci non mi faccio mai vivo per stare alla larga da te! -

     - Knuckles! - lo rimprovera Tikal - Si può sapere perché sei così maleducato? -

     - Non ho un bel rapporto con quel pipistrello, nel caso in cui non te ne fossi accorta! E poi, non sei stata forse tu a cantarmi di farci attenzione? Com’era… “in una parola è avvicinarsi al fuoco”, giusto? -

     Le gote della vestale si colorano di un rosso intenso quando ripensa alla sua performance di qualche ora prima.

     - Ehm… non intendevo dire questo! -

     - Eppure lo hai fatto… tra una piroetta e l’altra! - ribatte Knuckles - Sembra che ultimamente non sia un’abitudine tenere per sé i propri pensieri! -

     - Non ho mai sentito di fenomeni del genere! Non credi che dovremmo indagare? -

     - Questo è un lavoro per il supereroe ufficiale di Mobius con la sua bella calzamaglia blu, non per noi! E comunque mi interessa solo sapere chi ha mandato Nack a fare il lavoro sporco! -

     - Può darsi che al locale avremo anche informazioni sul perché ci siamo tutti trasformati in ugole d’oro - propone Rouge, guardando di sottecchi un gruppo di damerini in cravatta ballare con delle scope - Considerando che non ne siamo affetti solo noi! -

     - Ci stai facendo fare un giro interminabile, Rouge! - sbotta Knuckles con ferocia - Quanto diamine manca ancora? -

     La ragazza non gli risponde nemmeno, indispettita per il suo atteggiamento sgarbato. Si chiede per quanto tempo ancora dovrà sopportare di essere trattata alla stregua di una pezza da piedi. Sa da tempo che cova un sentimento nascosto per quell’echidna testarda, qualcosa a cui dare un nome può essere troppo doloroso. Era per questo che continuava a stuzzicarlo, a giocare su sottintesi e riferimenti nascosti, non per ottenere ciò che desidera, come faceva con la maggior parte di quei maschi trogloditi, ma per costringerlo a scoprire una volta per tutte le carte. Era fin troppo evidente che era un sentimento condiviso, come testimoniavano i loro trascorsi passati, in più occasioni anche molto seri, ma Rouge non aveva la minima intenzione di fare il primo passo. Non era una questione di farsi desiderare, si trattava solo di puro e semplice rispetto. Se Knuckles non ammetteva quello che entrambi sapevano sotto pelle e continua ad evitare il problema con quell’irritante atteggiamento aggressivo, lei di certo non sarebbe stata con la testa china ad aspettare la fine delle ostilità. Quando si sarebbe reso conto di quanto fosse stupido continuare ad ignorare l’evidenza, lei probabilmente sarebbe stata già troppo lontana da raggiungere… e senza alcun pentimento.

     Strano, le sembra che prima non indossasse dei jeans e un giubbotto di pelle… e neanche quelle note in crescendo di sintetizzatore le sono familiari. La strada sembra essersi allungata e svuotata di colpo, c’è solo lei che procede impettita, sicura di dove si sarebbe diretta. Mentre un ticchettio di orologio le risuona nelle orecchie, il ritmo dance della sua canzone esplode all’improvviso. E’ così trascinante e adatto al suo stato d’animo battagliero che si ritrova a sorridere.

    “Time goes by so slowly for those who wait
     No time to hesitate
     Those who run seem to have all the fun
     I'm caught up
     I don't know what to do”

     La meta di Rouge è un’aula di danza. Spalanca la porta in ferro, accende le luci e si sfila la giacca e i pantaloni. Sfoggiando uno sfavillante completo rosa da ballerina, si dirige alla sbarra e segue con il corpo i battiti della musica che imperversa nella radio poggiata in un angolo.

     “Ring ring ring goes the telephone
     The lights are on but there's no-one home
     Tick tick tock it's a quarter to two
     And I'm done
     I'm hanging up on you”

     I colori dell’aula si dissolvono, le luci si affievoliscono e una gigantesca strobosfera spunta come un fungo dal soffitto. In breve il luogo diventa un’affollata discoteca, illuminata solo dai giochi di luce riflessa e dalle mattonelle colorate ad intermittenza.

     “I can't keep on waiting for you
     I know that you're still hesitating
     Don't cry for me
     'cause I'll find my way
     You'll wake up one day
     But it'll be too late”

     Un gruppo di ballerini acrobati invadono la pista, spuntando con salti e capriole da ogni angolo del locale. Riunendosi al centro insieme a Rouge, danno sfoggio delle loro abilità di breakdance e freestyle mentre la protagonista scioglie i muscoli in una semplice coreografia. Tutti gli spettatori la seguono, mimando le sue mosse.

     “Every little thing that you say or do
     I'm hung up
     I'm hanging up on you
     Waiting for your call
     Baby night and day
     I'm fed up
     I'm tired of waiting on you”

     La mischia comincia a scatenarsi quando il pavimento si trasforma in un gioco di dance revolution. Uno schermo gigante indica i passi che deve seguire Rouge, ma lei si rifiuta di guardarlo. Deve solo sentire il brivido della musica e muovere i piedi sulle frecce luminose seguendo il ritmo. Una marea di palloncini dorati invade la pista, la folla è in visibilio e la musica raggiunge il suo picco. E’ sufficiente solo un altro battito di ciglio per ritrovarsi in un vicolo, in compagnia di Knuckles e Tikal, di fronte ad un piccolo e cupo bar.

     - Hai detto qualcosa? - chiede Tikal incuriosita.

     - Allora! - le fa eco Knuckles impaziente - Vogliamo entrare? -

    

     Il locale più malfamato della zona è un modesto bar situato in un vicolo comunicante con la strada principale. Strutturato su due piani, è grigio e squadrato, scarsamente illuminato all’esterno da un solitario lampione nell’angolo. A differenza degli altri locali sparsi per il quartiere, è l’unico a non avere un’insegna luminescente e musica che proviene dall’interno. Una consumata striscia di legno affissa sopra la porticciola recita “Whiskey’s Royal”. Come per una strana magia, man mano che ci si avvicina alla palazzina, il gioioso chiacchiericcio dei passanti e il rumore della folla diminuisce di intensità, aumentando il senso di allerta che l’aria cupa del luogo trasmette.

     - Non mi sento tanto a mio agio qui! - commenta Tikal nervosa.

     - Storie! - risponde Knuckles - Non c’è niente di cui aver paura! Entriamo, strapazziamo qualche delinquente e in quattro e quattr’otto avremo finito! -

     L’echidna fa per dirigersi all’ingresso ma un grugnito rimbombante lo fa quasi sobbalzare. Da un angolo in ombra spunta un enorme gorilla in giacca e cravatta. Le sue braccia misurano il doppio di tutto il corpo di Knuckles e il suo muso è schiacciato in una smorfia inquietante.

     - Desidera? - domanda con tono volutamente minaccioso.

     - Entrare! - è la laconica risposta del guardiano.

     - Non è possibile! -

     - Dici? La porta non mi sembra affatto serrata! -

     - Non è possibile per voi! -

     Tikal rabbrividisce, ma Knuckles non si lascia intimorire. Rouge assiste alla scena con un sorrisetto.

     - Ehi, amico! Io entro dove mi pare e piace! -

     - Non mi piacciono i porcospini! - insiste il buttafuori - E non mi piacciono i rossi! Siete delle teste calde! Basta un niente che scatenate una rissa! Non voglio grane con il proprietario, quindi… aria! -

     Knuckles comincia a scaldarsi.

     - Punto primo! Non sono un porcospino, sono un’echidna! Punto secondo! Qualunque sia il colore della mia pelle ho diritto ad andare dove voglio e… - si ferma all’improvviso pensieroso       - Ma cosa sto discutendo a fare? Il modo in cui risolvo le questioni è sempre questo! -

     Quindi tira indietro il braccio e si prepara a sferrare uno dei suoi pugni più potenti. Il colpo però si blocca a mezz’aria quando un assolo di chitarra vibra nei suoi timpani. La canzone comincia ad echeggiare, senza che l’echidna possa sottrarsi allo strano incantesimo. I suoi piedi si trascinano indietro, vanificando i suoi sforzi per tenerli fermi, e il mondo attorno a lui comincia a mutare.

     - Eh, no! Così non vale però! -

     “I took my baby on a Saturday bang
     Boy is that girl with you? Yes we're one and the same
     Now I believe in miracles and a miracle has happened tonight”

     Il vicolo buio è diventato un assolato deserto, sabbia a perdita d’occhio, sterpaglie e rocce. Knuckles indossa una camicia e una giacchetta bianca, con tanto di pantaloni neri aderenti. Il suo sguardo è stretto e pesto e attorno alle sue braccia ci sono diverse fasciature. E’ lì, nel mezzo di un cerchio di pietre che balla in modo semplice e quasi ridicolo in compagnia di un gruppetto di personaggi con lance e maschere tribali.

     “They print my message in the Saturday Sun
     I had tell them I ain't second to none
     And I told about equality and it's true
     Either you're wrong or you're right”

     Con una veloce giravolta, Knuckles sparisce e ricompare in un luogo completamente diverso. E’ su un marciapiede nel mezzo di due strade trafficate, apparentemente intento a leggere una pagina di giornale. Accanto a lui c’è una graziosa ballerina, ornata di bracciali e collanine, con una lunga veste vaporosa e un cappello a punta dorato. Si muove con eleganza e delicatezza, sorridendo amichevolmente all’echidna.

     “But If you're thinkin' about my baby
     It don't matter if you're
     Black or white”

     Lo scenario questa volta si sposta in una piazzetta ricoperta di neve candida, proprio sotto una leggera tormenta. Knuckles è intento a sgambettare una sorta di marcia danzata insieme a dei figuri pallidi vestiti pesantemente. Incuranti del freddo pungente, ballano in cerchio, abbracciati stretti, con il sottofondo della chitarra e dello scalpiccio dei loro stivali sulla brina.

     “I am tired of this devil
     I am tired of this stuff
     I am tired of this business
     Sew when the going gets rough
     I ain't scared of your brother
     I ain't scared of no sheets
     I ain's scared of nobody
     Girl when the goin' gets mean”

     Una fiammata potente si diffonde tutt’attorno alla piazza, assorbendo il paesaggio e facendo da sfondo alla marcia rabbiosa di Knuckles. Cantando a squarciagola, punta il dito contro il gorilla, dicendogli a chiare lettere i motivi della sua protesta.

     “Don't tell me you agree with me
     When I saw you kickin' dirt in my eye
     But if you're thinkin' about my baby
     It don't matter if you're
     Black or white”

     Per l’ultima parte della canzone, uno stuolo di mobiani con la pelle di differenti colori, marcia mano per mano lungo la strada. Knuckles è al centro e continua a muovere agilmente le anche e le spalle, seguendo il rock discendente. Con suo grande sollievo, è questione di una manciata di secondi prima che, come di consueto, tutto torni perfettamente normale. Imbarazzato da morire per quello che è stato costretto a fare, Knuckles non trova modo di reagire migliore che guardare minacciosamente negli occhi il buttafuori. Lui ricambia il suo sguardo e rimangono tutti in silenzio per qualche istante. Poi, il labbro del gorilla comincia ad incurvarsi, la sua smorfia a distendersi e, in men che non si dica, scoppia a ridere sguaiatamente. Livido di rabbia, l’echidna carica lo stesso pugno di prima e, finalmente, riesce ad infrangerlo sul volto dello scimmione, mandandolo K.O. al suolo.

     - Muoviamoci! - dice con voce roca alle due compagne - E non voglio una sola parola su quello che avete visto, chiaro? -

     - Come desideri, mio benefattore! - replica Rouge sogghignando.


     Pochi minuti dopo, il vicolo viene visitato da una quarta figura ammantata di nero. Cammina con passo felpato ma nervoso, i pugni stretti e scariche elettriche viola che gli si annodano attorno ai polsi. Non riesce a credere che per arrivare a Night Babylon ha dovuto letteralmente schivare stuoli di ballerini e cantanti che furoreggiavano a ritmo di musica in ogni angolo verso cui si voltasse. Il suo temperamento serio non aveva mai ammesso simili stupidaggini, tanto che stava cercando di dimenticare il più in fretta possibile il brano che era stato costretto a suonare con la sua bella chitarra ore prima. Sente il bisogno di distendere i nervi bevendo qualcosa, approfittandone per sentire anche che voci circolano nei bassifondi… augurandosi che non siano accompagnate dal pianoforte.

     Arriva a ridosso dell’ingresso del “Whiskey’s Royal” e nota un buttafuori nerboruto semi-incosciente che si massaggia la testa. Stringendo gli occhi, il scimmione distingue la sagoma di Shadow dal buio e contrae la faccia per tirare fuori la sua espressione più intimidatoria.

     - I porcospini non possono entrare! -

     Fa appena in tempo a terminare la frase, prima di essere colpito con forza per la seconda volta in poco tempo. Shadow non tollera che gli si dica cosa può o non può fare. Spinge la porta del locale, con una strana sensazione addosso. Del fumo bianco filtra attraverso lo stipite.

     Un forte rimbombo e poi il silenzio. Una nota bassa suona in lontananza. Shadow è sull’uscio che scruta tutti i presenti, calati nel silenzio al suo ingresso, nel suo completo di giacca e pantaloni bianchi, cravatta e camicia blu, con il cappello borsalino calato sugli occhi. I clienti del bar si studiano a lungo, facendo scivolare le mani verso le tasche, come per estrarre delle pistole. Shadow è più veloce di loro, ma l’unica cosa che tira fuori è una moneta d’argento, con l’intento di lanciarla con precisione nell’incavo di un jukebox.

     Un gridolino acuto del riccio nero preannuncia l’inizio della melodia. E’ rapida, secca e colma di battiti lampo, esattamente come i suoi movimenti, mentre si fa strada con prepotenza e spavalderia all’interno del locale. Ognuno è un criminale, di nessuno ci si può fidare. Occhiate fugaci e sguardi sospettosi strisciano nell’aria come anguille.

     “As he came into the window
     It was the sound of a crescendo
     He came in her apartment
     He left the blood stains on the carpet
     She ran underneath the table
     He could see she was unable
     So she ran into the bedroom
     She was struck down, it was her doom”

     Le ragazze del locale si avvicinano, incuriosite da quel riccio nero così arrogante e sicuro di sé. Shadow non disdegna la loro compagnia e le accarezza delicatamente sul volto. La gelosia dei maschi non tarda ad arrivare, trapelando dalle loro occhiate e ammantando il posto di una cappa gelida.

     “So they came into the outway
     It was Sunday - what a black day
     Mouth to mouth resuscitation
     Sounding heartbeats – intimidations”
 
     Volteggiando come una trottola, Shadow raggiunge i tavoli da biliardo. Per mettere in riga i giocatori, afferra la palla bianca e la frantuma semplicemente stringendo il pugno. I clienti ancora con le stecche in mano, lo guardano storto, fulminandolo con gli occhi. Senza il minimo timore, il riccio si avvicina ad uno di loro e gli soffia in viso la polvere bianca ancora nel suo palmo.

     “Annie are you ok?
     So, Annie are you ok?
     Are you ok, Annie”

     La ragazza più affascinante del locale sta aspettando Shadow, seduta al tavolino, con le gambe accavallate e il ventaglio piumato che le smuove le ciocche leggermente. Il riccio si avvicina e le prende una mano per baciarle con cortesia il guanto, ignaro che il suo fidanzato è alle sue spalle pronto a pugnalarlo. Senza neanche voltarsi, Shadow sfodera il revolver e abbatte l’aggressore nel giro di un secondo.

     “Annie are you ok?
     Will you tell us that you're ok?
     There's a sign in the window
     That he struck you - a crescendo Annie
     He came into your apartment
     He left the blood stains on the carpet
     Then you ran into the bedroom
     You were struck down, it was your doom”

     Le luci del bar si spengono, il buio si impadronisce del luogo, le finestre vanno in frantumi una dopo l’altra e quando la visibilità torna a farsi intensa, Shadow imbraccia un fucile mitragliatore. Scarica verso il soffitto una raffica di proiettili, intimidendo chiunque altro avesse l’idea di attaccarlo alle spalle.

     “You’ll be hit by, you’ll be struck by
     a smooth criminal”

     I clienti del locale sono stanchi della spavalderia di Shadow. Si avvicinano a lui uno dopo l’altro e lo circondano precludendogli ogni via di fuga. Allontanano i tavoli e le sedie con dei calci rabbiosi e si preparano allo scontro inevitabile, ma lui non è per niente intimorito. Schiocca le dita una volta e i riflettori sopra di lui si accendono.
     Ora le intenzioni dei criminali sono cambiate. Si schierano in formazione e interpretano la coreografia seguendo le mosse di Shadow. Esattamente come fa lui, si sporgono di un lato, tenendo le piante dei piedi ben salde al suolo, ma incredibilmente non cadono. Il loro corpo è notevolmente inclinato, ma restano ancorati al terreno, sfidando le leggi di gravità. La danza dei clienti continua, mentre Shadow scivola sul palco proprio come farebbe sul ghiaccio con un controllo e una presenza magistrale.
     Subito dopo, la musica cessa di botto e tutto ritorna com’era al momento del suo ingresso nel bar. Tutti i clienti sono in piedi che lo guardano, immersi in un silenzio di tomba. Shadow pensa che vogliano attaccarlo ma alla fine decidono di sedersi e di tornare alle loro rispettive occupazioni senza fare danni.
     - Adesso comincio ad arrabbiarmi sul serio! -

FINE SECONDO ATTO
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Colonna sonora:
- “Shocked” di Kylie Minogue - Rhythm Of Love (1990), Live (2006)
- “What Do I Have To Do?” di Kylie Minogue - Rhythm Of Love (1990), Live (2006)
- “Poker Face” di Lady GaGa - The Fame (2008)
- “What Have You Done For Me Lately?” di Janet Jackson - Control (1986)
- “Who’s That Girl?” di Madonna - Who’s That Girl OST (1987)
- “Pink” di Aerosmith - Nine Lives (1997)
- “Koocachoo” di Kylie Minogue - Light Years (2000)
- “If” di Janet Jackson - janet. (1993)
- “Bad Romance” di Lady GaGa - The Fame Monster (2009)
- “Music” di Madonna - Music (2000)
- “Susan MacLeodInto The Groove” di Madonna - I’m Going To Tell You A Secret (2006)
- “Vogue” di Madonna - I’m Breathless (1990)
- “Hung Up” di Madonna - Confessions On A Dancefloor (2005)
- “Black Or White” di Michael Jackson - Dangerous (1991)
- “Smooth Criminal” di Michael Jackson - Bad (1987)
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Knuckster