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Autore: Sandra Voirol    03/09/2011    6 recensioni
Buon Sabato !!!!!!!!
Emozioni...è la parte che va dal momento in cui Edward sta per portare Bella alla radura...fino alla proposta della partita di Baseball!!!
In molte mi hanno chiesto frammenti di questo periodo di tempo...quindi ho deciso di riunirli tutti in una raccolta di capitoli!!!!
Spero di accontentare tutte!!!
Ovviamente è PROV. EDWARD!!! Ma con una sorpresa!!!!
Buona lettura!!!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Esme Cullen, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L' Anima di Edward...ma non solo'
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BUON SABATO !!!

Ci ri-siamo ...eccomi di nuovo!!!!

Vi posto un nuovo capitolo della RACCOLTA  "EMOZIONI" !!!!

Anche questo è
POV. EDWARD !!!!!!!!

Spero che vi piaccia...

BUONA LETTURA!!!!












RACCONTAMI  DI  TE
 

 

“Ti canto qualcosa per conciliarti il sonno?” le chiesi, interrompendo la melodia.
“E già. Come se fossi in grado di addormentami, sapendo che sei qui con me”.
“Hai sempre dormito con me nella stanza, ultimamente”, ribattei.
“Ma prima non n’ero consapevole”. Non potevo darle torto.
“Allora che vuoi fare?”, le chiesi con innocenza. Tutto quello che mi passava per la mente era irrealizzabile. Ma mi sfuggì comunque una risatina. Non mi rispose subito – sembrava meditare.
Dopo un po’ si decise a parlare: “Non lo so”.
“Pensaci”, le dissi semplicemente. Ma mentre ci pensava, continuavo a bearmi del suo collo e del suo profumo.
“Credevo che fossi assuefatto”, si sorprese – visto che l’annusavo.
“Se resisto alla tentazione non vuol dire che non posso goderne. Adoro il tuo profumo di fresia. E’ molto piacevole”, le spiegai.
“E già. La giornata non è completa se non mi si dice quanto profumo”. Mi fece sorridere.
“Ok, ci ho pensato”, disse dopo un po’. “Raccontami di te”. Ero certo che avrebbe voluto sapere altro. Come me, verso di lei - le conoscenze che le rivelavo non erano mai sufficienti a saziare la sua sete si sapere, nei miei confronti. Probabilmente ero solo all’inizio della sua raffica di domande.
“Dimmi cosa vuoi sapere”, le chiesi.
Era interessata al motivo della mia scelta vegetariana. Una domanda più che lecita. Quasi ovvia direi. Non era la prima volta che me la sentivo rivolgere. Peter e Charlotte ad esempio – amici di Jasper – ci avevano posto la stessa domanda. Pur essendo vampiri – tutto sommato, pacifici – non avevano di certo rinunciato al sangue umano.
Il motivo principale della scelta della mia famiglia era di carattere umano. Non ci eravamo arresi alla nostra condizione di vampiri. Dentro di noi, l’essere umano era ancora presente, e desiderava sopravvivere al mostro. Per questo non ci eravamo abbandonati al destino che ci aveva travolto, ma avevamo scelto di combatterlo. Di trovare una soluzione alternativa, che ci consentisse di non cedere il passo al mostro insito dentro di noi.
Dopo la mia spiegazione, scese il silenzio. Cosa difficile da interpretare, per me.
“Dormi?” domandai dopo un po’. Il silenzio mi stava logorando. Come al solito, non sapere cosa stava pensando, mi faceva impazzire.
“Niente affatto”.
Ovviamente aveva altre domande. Domande sui nostri doni.
Le raccontai, che in base alle supposizioni di Carlisle, alcuni vampiri sviluppano doti latenti, presenti anche nella loro vita da umani. Io - con ogni probabilità – ero stato sensibile all’umore degli altri. Le spiegai le capacità di ogni membro della mia famiglia – era bello poter finalmente dire la verità a qualcuno. Senza dover sempre recitare “la parte”, della vita da umano.
Comunque, non doveva essere facile per lei - prendere coscienza di una cosa così particolare. Ma andò avanti con le domande – non sembrava troppo sconvolta da tutte le mie rivelazioni.
Da dove provenissero i vampiri – invece - non era una questione facile da sviscerare. Non ne avevo idea neanche io. Anche se qualche supposizione l’avevo fatta – e quelle le presentai. Eravamo opera dell’evoluzione? Creati da un qualche Dio? In fondo eravamo gli unici predatori dell’uomo. Una cosa anche giusta, visto che ogni specie vivente aveva il proprio predatore. La natura era tutta così. Prede e predatori.
Mi fece ridere, quando si paragonò al cucciolo di foca. Io avrei dovuto essere lo squalo, in quel caso specifico.
Le baciai i capelli. Se per il vampiro dentro di me – lei era la mia preda, anzi, la preda per eccellenza – per l’uomo, era la mia compagna. Unica ed indiscussa.
“Forse è ora che dormi”, le feci presente. Sapevo che aveva bisogno di riposo, non volevo che si stancasse troppo. Quella giornata era già stata molto impegnativa di suo. Anche se non lo dava a vedere, doveva aver subito un stress emotivo fortissimo.  “O vuoi chiedermi altro?”, le domandai, preso dal dubbio che forse l’avevo in qualche modo zittita.
“Certo che sì. Ho una marea di cose da chiederti”. La sua voce traboccava di curiosità.
“Possiamo continuare domani, e i giorni seguenti”, la rassicurai. Un sorriso colmo di felicità, si allargò sul suo viso. E il mio petto ebbe una stretta, come se il cuore si fosse contratto per la gioia immensa che provavo.
“Mi giuri che domani mattina ti ritroverò qui? Non voglio che tu sparisca con l’arrivo del giorno, come se fossi un sogno”.
“Non ti abbandonerò. Mi ritroverai qui”. Le disse solennemente. A parte che non volevo lasciarla un solo istante – ma non ne sarei neanche stato capace. Ormai allontanarmi da lei, sarebbe stato un supplizio, per me.
“Un’ultima domanda, allora”.
“Dimmi”. Ero curioso. Nella sua voce era cambiato qualche cosa. Timidezza, timore, disagio. Era perfino arrossita. Per me il buio non significava molto – vedevo benissimo, come se fosse giorno - solo le tonalità dei colori erano diverse. Ed avvertivo anche il calore del suo sangue, sotto la pelle delicata e trasparente. Invitante. Emozionante.
“Niente. Non è il caso”, si affrettò a rettificare.
“Bella, tu puoi farmi qualsiasi domanda. Risponderò a tutto quello che vuoi sapere. Senza eccezioni”. Rimase in silenzio.
Questi, erano i momenti in cui non leggerle nel pensiero, mi faceva letteralmente impazzire. Prima o poi avrei perso la ragione per questo. Ma lei era contenta che non ne fossi capace. Già non apprezzava che l’ascoltassi farfugliare, mentre dormiva.
Ma dovevo sapere cosa le frullasse per la testa. La sua reazione mi aveva troppo incuriosito. Chissà cosa voleva chiedermi. Visto che non potevo fare affidamento sul mio dono, avrei usato altri metodi per indurla a parlare. Potevo provare ad usare l’ascendente che avevo scoperto di possedere su di lei.
Modulai la voce in modo da essere convincente. “Ti prego”, la supplicai. Il suo cuore balbettò, ma fece comunque cenno di no con la testa. Caparbia.
“Se non parli, penserò che sia qualche cosa di brutto” minacciai. “Ti prego”, la ri-supplicai.
“Prima hai raccontato che Emmett e Rosalie si risposeranno”.
“Quindi?”, la incitai.
“Il matrimonio tra vampiri e come quello fra umani?” sussurrò. Capii esattamente dove voleva andare a parare. Ma mentre scoppiavo a ridere – l’idea s’intrufolava nella mia mente.
Impossibile.
Irrealizzabile.
“E’ questo che vuoi sapere?”, le chiesi. Ma non sembrava trovare le parole per rispondermi. La tolsi dall’imbarazzo. “Penso che sia molto simile. Siamo comunque il risultato della trasformazione di un umano. Molto di ciò che eravamo, ci segue nella nostra nuova condizione. Solo che spesso, è sovrastato dagli istinti del vampiro che è in noi”.
“Ok”, rispose concisa. Ma non ero soddisfatto.
La mia – di curiosità – non era stata saziata. “Come mai questa domanda?”.
“Mi stavo chiedendo…se per noi…potrà essere possibile…”. M’irrigidii. Il pensiero era inconsiderabile. Anche se l’avrei desiderato con tutto me stesso. Era il mio sogno proibito. Ciò che non avrei mai potuto realizzare. Ma la cosa che più mi turbava, era rendermi conto, che non era solo un desiderio mio. E questo rendeva le cose ancora più difficili. A quante cose avrebbe dovuto rinunciare, per starmi accanto? “Non credo…che sia… una cosa realizzabile” le dissi con rammarico.
“Perché starmi così vicino…sarebbe troppo difficile?”. Voleva capire da dove venisse la difficoltà – dovevo spiegarle. Era il caso, che fosse completamente consapevole di cosa avrebbe comportato un tentativo del genere. Nella mia mente, turbinavano immagini insopportabili delle conseguenze. “Questo sicuramente. Ma non è solo quello. Tu sei fragilissima, rispetto alla mia forza. Quando sono con te devo stare attento a dosare ogni gesto. Qualsiasi mia distrazione potrebbe ucciderti”. La mia voce era un sussurro. E mentre le spiegavo, gliene davo dimostrazione. Le accarezzai lieve la guancia. “Con un tocco così semplice, potrei anche sfondarti la testa. Devo essere sempre perfettamente controllato e completamente concentrato su ogni contatto con te. Sempre – in ogni istante”.
Silenzio.
La mia ansia saliva di attimo in attimo. L’avevo spaventata. E questo mi terrorizzava. Ma dovevo essere chiaro. Lei aveva tutto il diritto di capire quanto rischiava, stando al mio fianco.
“Hai paura?” le chiesi all’apice della tensione.
Attese un po’ troppo prima di rispondere. Rifletteva o l’avevo spaventata davvero. Poi si decise finalmente a parlarmi. ”Assolutamente no”. Nonostante i miei dubbi, il tono sembrava convinto e sincero.
Ma ora avevo io, un dubbio. Quello che mi aveva chiesto, scatenava altre domande ed anche gelosie incomprensibili. E se per lei fosse stata un esigenza primaria?  Se avesse già avuto esperienze in questo senso? Solo l’idea mi attorcigliava violentemente lo stomaco. Ma dovevo mantenere un contegno. Non potevo permettermi scene di gelosia. Men che meno sulle sue esperienze passate. Ma per me, era come se lei fosse sempre stata mia. Sapevo che era una percezione distorta – sbagliata - ma non riuscivo a non sentirla. E immaginarla in intimità con chiunque che non fossi io – anche se io non avrei mai potuto - mi scatenava una rabbia e una gelosia quasi impossibili da soffocare. Era una cosa del tutto irrazionale e ingiustificabile, visto che non avrei mai potuto esserne partecipe. Non avrei mai potuto darle ciò di cui aveva bisogno – non in quel campo.
Disperazione.
Ma dovevo ricompormi e rasserenarmi. Quindi mi concentrai su di lei. “Ora avrei io una domanda. Hai già…”. Non fui in grado di completare la richiesta, speravo nel suo intuito. Per fortuna non mi deluse. Rispose in un battito di ciglia.
“Ci mancherebbe. Nessuno mi ha mai fatto provare ciò che provo con te”, arrossì. Ed io tirai un sospiro di sollievo silenzioso. La gelosia si dileguò e mi sentii molto meglio.
“Ne sono felice. Ma so che per alcune persone, sesso ed amore non vengono per forza vissuti insieme”.
“Invece per me è così. Proprio perché ora li sento crescere dentro di me”. Mi sentivo esultante. Quale migliore dichiarazione d’amore potevo sperare di ricevere. Oltre alla soddisfazione, che per lo meno, una cosa in comune l’avevamo. Lei era pura come lo ero io, almeno in quell’ambito. A parte Clair de Lune – era la prima cosa in assoluto che avevo scoperto di avere in comune con lei. Era una sorpresa e una soddisfazione.
“Invece tu…”, si bloccò. Aspettai che completasse il pensiero. “Ti piaccio almeno un po’ anche…fisicamente?”.
Mi venne da ridere. Se avesse saputo  - quanto – mi piacesse fisicamente, e cosa avrei voluto disperatamente fare, probabilmente mi avrebbe cacciato all’istante dalla sua stanza. Per alleggerire l’atmosfera le scompigliai i capelli ancora umidi.
“Sarò pure un vampiro, ma sono comunque un ragazzo”, le dissi leggero. Meglio non essere troppo palese. L’intensità con cui l’amavo e la desideravo, l’avrebbe spaventata. Le mie emozioni erano troppo immense e devastanti, per essere comprensibili ed accettabili da un essere umano.
Sbadigliò.
“Penso che per stasera abbiamo chiarito abbastanza dubbi. Adesso riposati”.
“Non sono certa di riuscirci”.
“Forse dovrei andarmene”, le dissi per concederle la possibilità di addormentarsi serenamente. Ma solo il pensiero ma faceva star male.
“Ti prego, no!” disse con un volume di voce troppo forte. Sorrisi. Neanche lei voleva separarsi da me. Neanche mentre dormiva, o a discapito del sonno.
Ricominciai a canticchiare la sua ninna nanna - tenendola tra le braccia - cercando di cullarla verso il sonno. E ci riuscii. Si abbandonò dolcemente ad un riposo ristoratore.     

   
 
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