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Autore: Rowena    03/09/2011    2 recensioni
Primo settembre 2017: una volta che i nipoti grandi sono partiti con l’Espresso per Hogwarts, Molly chiama a raccolta figli, generi e nuore per mettere in moto un piano tutto suo; Charlie sta per tornare dalla Romania per un breve soggiorno a casa, come la mamma lo ha pregato, e la famiglia deve agire. Molly, infatti, non sopporta l’idea che il suo secondogenito non si preoccupi di crearsi una famiglia e vuole rimediare forzando la sorte: la sua strategia prevede fargli incontrare qualche strega nella speranza che cambi idea. Quello che Molly ancora non sa è che Charlie ha già incontrato una ragazza davvero fuori dal comune…
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Weasley, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie '19 anni dopo'
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Ted Lupin iniziava a spazientirsi.
Da cinque giorni la dottoressa Horia si recava a casa di Charlie per lavorare con Kari e insegnarle a controllare con più sicurezza l’istinto del drago che cercava di manipolarla, da cinque giorni aspettava che arrivasse il suo turno d’imparare qualcosa.
Si sentiva un po’ egoista, certo, perché capiva quanto la ragazza avesse bisogno di aiuto, ma allo stesso tempo iniziava a mettere in dubbio la propria scelta: aveva abbandonato tutto quello che aveva per trasferirsi in Romania e seguire il corso della dottoressa, e anche se era presto per cominciare a lamentarsi…
«Ti agiti come un giovane drago che per la prima volta è attratto dagli ormoni femminili» lo prese in giro Charlie, che aveva notato il suo nervosismo.
Ted si riscosse dai suoi pensieri: «È così evidente?»
«Se ce l’avessi scritto in fronte, sarebbe meno chiaro, credimi. Perché non vai da loro? Ti assicuro che c’è qualcosa anche per te da imparare».
Pur non essendo dello stesso parere, il ragazzo si lasciò convincere: recuperò il suo giaccone pesante e uscì per raggiungere il suo mentore e il mostriciattolo di casa. Appose ai pantaloni un incantesimo idrorepellente e si sedette vicino a loro senza dire nulla per non disturbare.
«Ben arrivato, signor Lupin. Mi chiedevo quando si sarebbe unito a noi» lo salutò la dottoressa Horia impassibile, come se non avvertisse nemmeno il freddo pungente.
Il mago si sentì sotto accusa, ma forse era soltanto la sua coda di paglia. «Non sapevo che fosse richiesta la mia presenza».
«Prima lezione: c’è sempre qualcosa da imparare. Ora, lei forse si sta spazientendo perché non sa quando arriverò a parlare di Licantropi».
Doveva decisamente diventare meno trasparente!
«Non ho detto questo…»
«Non ce n’è stato bisogno. Quello che non ha ancora capito è che, come le ho già detto, la signorina Ionesco le offre una possibilità di studio unica».
«In che senso? Lei non è…»
«Può provare a studiare un Licantropo durante la trasformazione, ma non glielo consiglio» lo interruppe sbuffando Juditah. «Non è possibile analizzare il cambiamento nelle sensazioni e nel modo di ragionare che avviene durante la trasformazione. È tutto confuso quando si torna umani, tutto offuscato, e anche se avessimo ricordi più netti, non ne parleremmo. La signorina Ionesco, invece, vive tutte queste sensazioni coscientemente, può descriverle e osservarle con i suoi occhi».
Ted si concentrò su Kari, che stava cercando di mantenere la concentrazione: era vestita in maniera ridicola per la temperatura sottozero cui si trovavano, con una misera maglietta e un paio di jeans fradici per la neve. Non c’era da stupirsi se stesse rabbrividendo, insomma.
«Ora ascolti: come per il Lupo, ora Kari avverte qualcosa che la disturba. L’istinto del drago le suggerisce di trasformarsi per avere una pelle più coriacea e resistente a questo clima, ma lei deve resistere e non cedere».
«Ma il Lupo non suggerisce… Voglio dire, non c’è modo di sfuggire alla trasformazione, quando la Luna Piena è in cielo».
«Fortunatamente lei non si è mai trovato di fronte ai casi più estremi della mia specie, ma credo che mi basterà farle un solo nome perché capisca: Fenrir Greyback».
Il ragazzo s’irrigidì nel sentire il nome del Licantropo che aveva morso suo padre da bambino, condizionando tutta la sua vita: «E lui che c’entra, adesso?»
Non era un personaggio che valesse la pena di ricordare, a suo parere.
«Nella letteratura magica inglese, almeno per quello che ne so, Greyback è riportato come unico caso conosciuto di Licantropo capace di trasformarsi almeno parzialmente anche senza la Luna Piena. Vorrei davvero che fosse l’unico».
Era una notizia a cui Teddy non era preparato: era cresciuto col terrore di Greyback, anche se quel mostro era morto nella battaglia finale a Hogwarts, proprio come i suoi genitori. Odiava pensare che a qualcuno piacesse a tal punto essere un Licantropo da sforzarsi per mantenere la propria coscienza sveglia nella trasformazione e a mutare perfino senza la luna in cielo. L’idea che non fosse il solo lo atterriva. «Ce ne sono altri?»
Juditah si concentrò per un attimo sui propri pensieri, cercando quel lato di sé che tentava di tenere sotto controllo da quasi vent’anni, per tornare subito lucida e vigile.
«L’istinto del lupo non abbandona mai il campo del tutto: è come una presenza latente che si annida tra i pensieri umani» cercò di spiegare nella maniera più semplice e comprensibile. «È come se fosse in attesa di un momento di debolezza per prendere il sopravvento».
Nessuno aveva mai spiegato qualcosa del genere a Ted, che lo disse ad alta voce mentre con lo sguardo seguiva il disegno delle squame che comparivano sulla pelle di Kari.
Stranamente, Juditah non sembrava sorpresa: «Perché, quanti sono i miei stimati colleghi che si sono presi davvero la briga di parlare con un Licantropo, o che gli hanno chiesto di descrivere le sue emozioni?» rispose con sarcasmo, rabbrividendo per il freddo.
La ragazza drago intanto non si era nemmeno mossa, dimostrando una forza di volontà davvero caparbia.
A qualche metro di distanza per non disturbare, Charlie e Ovidiu seguivano la scena con molta attenzione. «A cosa le servirà controllare quell’istinto?» domandò l’Auror ancora un po’ confuso.
«A non farle venire voglia di mangiarti, ad esempio» scherzò l’altro cogliendo la Pluffa al balzo, prima di rispondere in maniera seria. «Un drago reagisce senza pensare, seguendo l’istinto, specie se si tratta di stimoli che riguardano i suoi bisogni fondamentali. Fa freddo? Cerca un buco in cui nascondersi e tenersi al caldo. Ha fame? Acchiappa la prima cosa che gli passa a tiro e se la pappa, molto semplice».
Charlie parlava di cose del genere come se l’idea di un drago pronto a mangiarlo fosse un pensiero eccezionale. A Ovidiu non sembrava così entusiasmante, ma finse di non essere terrorizzato all’idea che un essere umano reagisse in quel modo ai suoi bisogni, un po’ come un uomo delle caverne, o un Troll. E se a farlo era una ragazza dotata di poteri straordinari anche per i canoni dei maghi… Non voleva neanche pensarci.
«E ora lei ha una voce simile nella testa?»
Sapeva di apparire spaventato e intimorito ma, per Merlino, lo era! Non era solo per sé: sua madre aveva preso male la sua assegnazione a quel caso così delicato. Sebbene tutti i maghi in famiglia si occupassero di missioni critiche ed estremamente rischiose, Kari rappresentava un pericolo nuovo, che incuteva timore perfino ai suoi fratelli, cacciatori di Vampiri e Licantropi molto stimati.
Charlie evitò di rispondergli male come al solito, intuendo le sue preoccupazioni: lui si occupava ogni giorno di draghi, sapeva come prendersene cura e come impedire che lo arrostissero, ma alla maggior parte delle persone sembrava un folle. Kari era una stranezza ancora più incredibile, ma il giovane Auror doveva imparare a rispettarla senza troppo timore, accettando che fossero tutti dalla stessa parte. «Si sta sforzando a non ascoltare quella voce, ma dobbiamo darle una mano, creando innanzitutto un ambiente intorno a lei amichevole», spiegò, «che non la innervosisca. Non è cattiva, Ovidiu, è la prima vittima di questa faccenda».
Ai suoi occhi, continuò, Kari stava facendo un ottimo lavoro: al suo posto, con i poteri che poteva sfruttare, avrebbe appiccato il fuoco al primo albero a tiro pur di scaldarsi un poco!
L’Auror ne convenne, ma non riusciva a rimanere tranquillo: «Irrazionalmente, mi sento meglio quando mi sta lontana», confessò.
Comprensibile. Non la conosceva ancora bene, pensò Charlie, e ben presto la frizzante personalità della donna lo avrebbe conquistato.
«Juditah», chiamò cambiando del tutto interlocutore, preoccupato delle condizioni di Kari, «sta diventando anche più livida del solito. Posso farvi una cioccolata calda?»
La dottoressa concordò, valutando che forse si era distratta troppo con il suo nuovo studente. «Sì, per il momento è meglio fermarci. Sei stata brava» disse alla ragazza, che aprì gli occhi solo in quel momento.
Kari si sciolse dalla posizione che aveva tenuto fino quel momento e si sfregò le braccia: «Immaginare una gabbia in cui rinchiudere il drago mi è servito, è un’ottima tecnica» ammise ringraziando la dottoressa. «Ora, però, sto davvero morendo di freddo!»
Charlie le sistemò sulle spalle una coperta e usò la bacchetta per irrorarla di vapore in modo da scaldarla gradualmente. «Con l’ipotermia non si scherza, lo sai» si giustificò quando lei si voltò a guardarlo, sorpresa dall’incantesimo.
«Certo che lo so, lavoro in un ospedale» ribadì lei con voce più dura di quanto volesse, per non mostrarsi debole. In effetti, avrebbe desiderato correre in casa e buttarsi sotto il getto bollente della doccia, ma sapeva che sarebbe stato soltanto dannoso… Il drago continuava a supplicarla di trasformarsi, nella sua mente, ora però le sarebbe bastata la sua golosità per tenerlo a bada: mille volte meglio la cioccolata calda!
Rientrarono tutti e cinque e Charlie continuò a chiacchierare spedito, contento di quanto aveva visto: Juditah stava usando tutta la sua esperienza e la consapevolezza del proprio stato per aiutare la ragazza al meglio. Era un bene, perché non avrebbero potuto tenerla sotto sedativi per sempre… Era meglio che acquistasse un maggiore controllo, anche perché non avrebbe potuto usare le scorte della riserva gratis per prepararle la pozione ancora per molto.
Sempre ridendo, mise su il bricco del latte sul fornello, mentre Juditah ripeté il suo incantesimo e continuò a scaldare se stessa e Kari con il getto d’aria calda che proveniva dalla punta della sua bacchetta.
«Temevo una reazione più violenta, essendo la prima volta», confessò la dottoressa, «ho visto il drago lottare per emergere, ma hai saputo tenerlo a bada. Complimenti».
Kari annuì, non troppo convinta. «Forse sono più le emozioni violente a scatenarlo, che gli stimoli fisici» azzardò pensando al primo periodo di terrore e anche all’attacco di Luc. «Però questa volta ho sentito il mio corpo cambiare, sentivo la pelle che si tramutava in squame e, anche se è stato stranissimo, ho controllato la trasformazione».
«Le situazioni in cui ti sei trovata sono state molto dure, per cui è comprensibile, ma la prossima volta in cui ti troverai sotto stress dovrai pensare a quanto hai provato oggi» le rispose Juditah, con aria pensierosa. Sapeva già che le reazioni di Kari dipendevano più dai suoi sentimenti, ma non si fidava ancora abbastanza per tentare di provocarla deliberatamente. Da come parlava di se stessa, credeva che la ragazza fosse molto più instabile, senza pozione, ma in fondo era una Babbana, non era abituata a quello che chiamava sovrannaturale
Sebbene avesse inteso la sua preoccupazione, Kari annuì. «È lo stesso per te? Senti l’istinto che ti spiega quanto sarebbe fantastico avere la pelliccia in situazioni del genere?»
O quanto sarebbe gustosa la tua carne sotto i denti. La donna scartò quel pensiero e scosse il capo, studiando come pesare al meglio le parole: Ted si era fatto attento, probabilmente voleva capire di più sui Mannari e su suo padre.
«A volte, specie quando il Plenilunio è molto vicino, ma anche quando… Non sono in grado di trasformarmi senza luna in cielo, non sono abbastanza per fortuna, né l’ho mai desiderato».
Lanciò uno sguardo al ragazzo, che sembrava ancora molto scosso dal pensiero di Greyback. Quel mostro era morto anni prima ad Azkaban, sembrava che fosse impazzito a non poter correre libero con la Luna Piena e si fosse morso fino a uccidersi, eppure sarebbe sempre rimasto come uno spettro per Teddy, visto quanto aveva stravolto la vita di suo padre. Per quanto fosse il primo a non credere che i Licantropi non fossero cattivi di natura, Fenrir Greyback gli suggeriva il contrario. Nella sua mente, era l’esatto opposto di suo padre e terrorizzava i suoi sogni.
«Ma allora perché ti controlli così severamente allora?» domandò Kari, che non si era accorta del disagio dell’ultimo arrivato.
La risposta di Juditah era semplice, perché non voleva essere un animale. «Non voglio vivere ringhiando per dover attendere il prossimo Plenilunio, come se la trasformazione fosse l’unica cosa buona della mia vita. Ho visto miei simili ridursi così, e non è un bello spettacolo: arrivano a negare la loro stessa umanità».
Non avrebbe mai usato il nome con cui erano identificati quegli individui, non davanti a Ted…
«Al Ministero li chiamano le Bestie».
Tre teste si voltarono in direzione di Ovidiu, che sembrò imbarazzato. «Scusate, non volevo intromettermi, ma tra le storie dell’ufficio e i miei fratelli… Non ne ho mai incontrati, ma so che rubano dalle fattorie polli e pecore per sopravvivere, anche in forma umana, e se vengono scoperti non si fanno scrupoli ad attaccare anche gli umani», spiegò con la voce che si faceva sempre più sottile.
Gli era difficile non parlare per pregiudizi: la sua famiglia era molto conservatrice, fiera dello status di Purosangue, per non parlare della forte influenza che avevano avuto su di lui i fratelli maggiori, con la loro professione. Non erano Auror, erano cacciatori di Creature Magiche di livello veramente pericoloso. Vampiri che non rispettavano gli accordi presi con il Ministero, per lo più, ma anche Mannari che ormai avevano perso la propria umanità.
Erano tipi molto duri, Alexandr e Hektor. Ovidiu, invece, aveva un’indole più compassata e teneva in maggiore considerazione le regole, anzi, viveva per farle rispettare: non avrebbe mai potuto fare la vita dei fratelli, pur ammirandoli molto, così aveva deciso di servire il Ministero.
Da quando Charlie gli aveva fatto vedere per la prima volta la ragazza drago, tuttavia, e soprattutto da quando aveva conosciuto la dottoressa Horia, che era quanto di più lontano ci fosse dalla sua idea di Licantropo… No, Ovidiu non sapeva più come esprimersi a riguardo, né cosa pensare.
Più che un mostro pericoloso, Kari gli sembrava un animale in trappola: e a ragione, visto che era stata rinchiusa per giorni in una stanza dove era morto un uomo senza che nessuno la ascoltasse, a parte Charlie. Desiderava la libertà e la normalità.
Se la ragazza avesse voluto diventare una creatura simile, Ovidiu non avrebbe avuto difficoltà a etichettarla come una bestia da rendere inoffensiva, ma così non era. Certo non si sentiva in ogni caso a proprio agio, in sua compagnia: che il padrone di casa si divertisse a spaventarlo o meno, l’idea che Kari potesse tentare di mangiarlo non lo faceva stare tranquillo.
«Ci sono dei casi che non possono essere recuperati, Ovidiu ha ragione» spiegò Juditah con voce gentile. Fu questo a spiazzare l’Auror: stava parlando male dei suoi simili, un Purosangue avrebbe gettato un guanto di sfida al suo posto anche se consapevole di avere torto, eppure la donna sembrava perfettamente a suo agio, nel dargli ragione. Senza rabbia, senza rancore.
«Sai cosa mi dispiace, però?» chiese la dottoressa con un’aria un po’ malinconica. «Che non sia fatta adeguata assistenza per aiutare prima queste persone. Sembra che noi maledetti siamo corsi incontro a un Licantropo per farci morder:, ci trattano in questo modo e ci disprezzano, ma siamo le vere vittime. Questo vorrei che non lo dimenticassi mai. Nessuno di noi, non quelli nati in una famiglia normale almeno, nessuno avrebbe mai scelto di diventare un Licantropo».
Ovidiu appariva davvero a disagio. «Non volevo giudicare nessuno… Sono sempre sulle uova di drago! C’è qualcuno di normale in questa casa?» sbottò alla fine, cacciando fuori tutta quella frustrazione che lo accompagnava da giorni.
Charlie sorrise riconoscendo qualcosa di Perce in lui, per l’ennesima volta.
Teddy, Juditah e Kari si guardarono e ridacchiarono, improvvisamente complici.
«Beh, io sono il figlio di un Licantropo».
«Io sono un Licantropo».
«E io…» la ragazza drago sospirò. «Io sono unica nel mio genere».
Anche Ovidiu scoppiò a ridere, poi con gli altri cercò Charlie con lo sguardo, con un’aria speranzosa e implorante.
«Ehi, io sono solo un eroe di guerra, che volete farci?» esclamò lui allargando le braccia.
L’Auror pensò ai fratelli, che non vedeva da parecchio tempo: al loro ultimo incontro, erano sulle tracce di un Vampiro particolarmente sadico che aveva ucciso due ragazzine. «Sono un terzogenito, i miei fratelli… Uno di loro a volte si diverte ad andare a caccia, con la Luna Piena», sussurrò improvvisamente vergognoso. «Per me è difficile essere di qui, sono cresciuto con certi principi, ora è tutto nuovo».
Un terzogenito? Le similitudini aumentavano, pensò il padrone di casa.
«Ognuno di noi viene educato secondo i valori della propria famiglia, ma a un certo punto devi decidere cosa pensi tu, distinguerlo dalle idee dei tuoi genitori, farti le tue idee. Mia madre era ossessionata dal vederci arrivare all’altare illibati, tutti e sette, per esempio: così, per non deluderla… Ho preferito direttamente rinunciare al matrimonio» concluse ridendo, rovinando un perfetto discorso da adulto maturo e responsabile. «Neanche i miei fratelli le hanno dato ragione, ma sono tutti convolati a nozze e mi hanno regalato una vera e propria nidiata di nipotini».
Il termine che aveva usato probabilmente avrebbe fatto storcere il naso a Molly, ma il mago non sapeva come pensare alla sua famiglia diversamente: solo con i suoi genitori, lui e i fratelli, rispettive mogli e Harry Potter e i nipoti, erano in venticinque! Charlie sapeva di avere dei cugini di primo grado e immaginava che anche loro avessero procreato… Era quasi una fortuna che suo padre non avesse un gran rapporto con i suoi due fratelli, o per ogni evento familiare avrebbero dovuto affidarsi a un servizio di catering.
La conversazione continuò su altri argomenti, guarnita dall’ottima cioccolata calda che aveva preparato, ma il mago rimase a riflettere sul suo passato, sulle scelte che aveva fatto, sulle cose a cui aveva rinunciato. Sulla sua immensa famiglia, che per quanto lo amasse… Lo faceva sempre sentire inadeguato. Diverso, strano.
Forse era anche per questo che non aveva mai desiderato dei figli: aveva condiviso gli spazi personali con sei fratelli, per cui aveva scelto di andare in Romania per avere un mondo tutto suo… Gli era così piaciuto che aveva deciso di non rinunciarvi più.
In Romania, non era il secondo figlio di Arthur e Molly, non era uno dei sette Weasley.
In quel luogo, era semplicemente Charlie.




   
 
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