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Autore: Callie_Stephanides    03/09/2011    17 recensioni
Quando si incontrano per la prima volta, in occasione della finale della Coppa del Mondo di Quidditch, Draco Malfoy e Hermione Granger devono ancora compiere quindici anni.
E' un rapido sguardo, il loro; la curiosità di un momento.
Qualche settimana più tardi, tuttavia, quando l'unico figlio di Lucius Malfoy arriva a Hogwarts con la legazione di Durmstrang per il Torneo Tremaghi, il Destino stringe il nodo di cui saranno gli estremi.
Puoi innamorarti della ragazza che ha rubato il cuore dello Czar di Durmstrang?
Se è tanto forte da sciogliere la prigione di ghiaccio in cui ti sei nascosto, forse sì.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black, Viktor Krum | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Dum spiro, spero'
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Axel lo chiama die Probe. Florian, das Problem.*
Se i Von Kessel prestassero un minimo di attenzione alla semantica del cuore, forse la Storia avrebbe tutt’altro colore.
Forse certune scelte non sarebbero mai state fatte.
Forse uccidere non sarebbe una scelta.

Axel saggia il figlio ogni pomeriggio alle cinque in punto: come nell’aria si disperde l’ultimo lamento del campanile della St. Jakobikirche, Florian deve presentarsi al suo cospetto, perché ne valuti i progressi.
Ha sette anni e il suo sguardo fatica a raggiungere l’uomo – il padre – che lo spia severo oltre un imponente tavolo di noce.
Ha sette anni e già sa che tanto non basterà a scusarlo se non soddisferà le richieste del giorno.
Tutto quel che Florian domanda è il sorriso del padre; sentire la carezza lieve ma calda di quelle lunghe dita tra i suoi capelli. Quanto può offrirglielo – forse – è rispondere in modo corretto a ogni domanda.
Florian Von Kessel esiste solo tra pergamene e polvere.

“Hai eseguito il compito che ti ho assegnato?”

Florian annuisce.
L’ha fatto per quattro anni: per quattro anni, si è dato in pasto a un tribunale che non gli ha sorriso mai.
Non ha mai fallito l’esame.
Non si è mai scollato di dosso la sensazione paralizzante di una paura senza rimedio.

E ora il terrore è tornato.

 
Si asciuga la palpebre, Florian, mentre lo sguardo si perde nel brullo digradare degli orti di Hogwarts.
Gli occhi di Severus Piton l’hanno incatenato come solo le pallide iridi di suo padre, e, come davanti ad Axel, si è sentito un insetto.
Vulnerabile.
“Scheiße,” impreca a mezza bocca.
Ha voglia di piangere.
Ha voglia di urlare.
Stretto tra le maglie del ricatto, può solo chinare il capo e obbedire.
Da che è diventato Mangiamorte, per la prima volta comprende che no, la sua non è stata una scelta di libertà. Voleva vincere lo spettro del padre e cosa ha ottenuto?
Una nuova catena.

“Sei… Sei rimasto fuori?”

Una voce lo sorprende alle spalle; incerta e giovane, è un timbro che non conosce.

“Tu sei l’amico di Draco, vero?”

Astoria Greengrass ha l’incarnato di una bambola e la timidezza di una cerva; tiene gli occhi bassi, come una bestiolina in allerta: un intenso rossore le imporpora le guance e macchia la grana pallida dell’esile collo.
Trovare il coraggio di rivolgergli la parola – immagina Florian – deve aver esaurito ogni sua risorsa dialettica, perché se ne sta ora silenziosa e immobile.
In attesa.
Von Kessel si rialza. La supera di un’intera testa e tanto basta a farla arretrare di un paio di passi.
“Io sono Florian,” articola senza calore. “E tu devi essere Astoria.”
“Mi conosci?”
“Sono stato ospite dei Malfoy, la scorsa estate. Ho visto un tuo ritratto.”
La giovane Greengrass distoglie lo sguardo, paonazza. “È stata un’idea di mio padre. Io…”
“Ehi… Non ti sto interrogando! Non c’è bisogno che t’imbarazzi.”
Astoria libera un sospiro agonico, prima di sollevare il capo. “Scusa… Non glielo dire a Draco che sono così imbranata!”
Florian sorride. “Comunque… La risposta è no.”
“Cosa?”
“La risposta alla tua domanda. Non sono rimasto fuori, ma non avevo voglia di rientrare.”
“Immagino,” mormora Astoria, recuperando poco a poco quel suo delicato pallore da damina di porcellana. “Mia sorella può essere molto…”
“Tua sorella?”
“Daphne. Vorrebbe che tu l’invitassi al ballo. Non è per questo che eviti Serpeverde?”
Florian socchiude le palpebre, perplesso.
“Il Ballo del Ceppo. Per noi ragazze… Be’… Forse è l’evento più importante dell’anno.”
“Ah.”
“Io andrò con Draco. Lo spero, almeno.”
C’è una punta di tristezza nel suo tono; una mestizia che non le si addice.
“Perché non dovresti essere la sua dama? Sei la sua fidanzata, no?”
Astoria si morde le labbra, senza guardarlo. “Draco, però, preferisce perdere tempo con l’amica di Potter.”

Draco, che gioco ha scelto di giocare?

***

Si definiscono veleni tutte le sostanze alchemiche o presenti in natura il cui scopo è alterare lo stato vitale, senza che tuttavia sopraggiunga necessariamente la morte.

La luce delle candele proietta barbagli d’oro sugli arruffati capelli di Hermione, mentre Ron ne spia distratto la pergamena.
“Certo che Piton gode proprio nel farsi odiare, eh? Un test su antidoti e veleni! L’ultimo giorno del…”
Harry gli rifila una gomitata, anticipando di poco l’occhiata furibonda della Granger.
“Zitti! Sto studiando.”

Dei veleni, distinguiamo cinque classi, secondo l’effetto che producono in chi li assume.
Sebbene sieri appartenenti a classi diverse possano essere uguali in ogni caratteristica, ben diverso può essere l’esito della loro assimilazione.
Il livello di una classe è l’indicatore che definisce la difficoltà di distillare l’antidoto, dunque la pericolosità della pozione in esame.
Un altro criterio di classificazione è lo stato fisico, cioè la condizione di somministrazione.
Sono detti gassosi i veleni che si assumono per inalazione; liquidi, quelli da ingestione; sensibili, se l’effetto è subordinato al contatto fisico.
A quest’ultima categoria appartengono le polveri applicate alle armi da taglio.

 
“Aspetta… Sposta un po’ il gomito…”
Hermione solleva lo sguardo dalla pergamena, incredula e furibonda.
“Ma… Ma stai copiando?”
Weasley fa spallucce. “Io? Non mi permetterei mai… Prendevo giusto qualche idea!”
Harry sogghigna, salvandolo dall’ira furibonda di una secchiona tradita.
“E anche tu! Avrai di sicuro qualcosa di meglio da fare, che non imparare a memoria I Magnifici Sette!”
Da quando si è liberata dei suoi dentoni, Hermione è diventata graziosa, pensa Ron.
Ha begli occhi e un broncio attraente.
Se non usasse la bocca solo per impartire lezioni di buonsenso mai richieste, forse…

“Lo so che hai tempo fino al ventiquattro febbraio, per capire il messaggio dell’uovo ma… Ron? Che hai da guardarmi imbambolato?”

… Forse ha ancora abbastanza cervello da eludere quel pensiero.

Al ballo con Hermione?
E perché non Molly Weasley, a quel punto?

“Oh… A quanto pare anche il nostro fratellino ha deciso di prendere l’iniziativa!” flauta mellifluo Fred, prima d’inginocchiarsi – mai invitato – al suo fianco.
Hermione, paonazza, ripiega la pergamena con un paio di strattoni rabbiosi.

Gli antidoti seguono la classe di veleno.
Ciascuno può curare dagli effetti di un siero di livello…

È destino: non ne saprà di più. Tanto vale arrendersi all’invasiva prepotenza dei gemelli e a un’insufficienza annunciata.
“Che vuoi?” grugnisce.
Che vuoi?” lo imita George, raggiungendo il fratello. “Hai sentito, Freddy? Non ci vuole tra i piedi!”
“Già. È diventato grande, il nostro Ronald!”
Ron rotea gli occhi. Il suo è un destino da gregario; un’infinita anticamera di panni smessi e prese in giro e parti di ripiego.
“Sul serio… Devo studiare!” mugugna, pur sapendo che nulla impietosisce i gemelli – non di sicuro una maldestra professione di senso del dovere, almeno.
Studiare… Hai sentito George? Il ragazzo pensa a studiare!”
Harry ride, perché non ha fratelli, dunque nemmeno immagina quanto difficile sia sopravvivere loro; quanto dura e scorretta, soprattutto, possa essere l’adolescenza di un ultimogenito – o quasi.
“Sì, magari!” rimarca Hermione, che ora non pare né carina, né desiderabile.
È un’orrenda signorina-so-tutto, ecco cos’è. Più che i dentoni, dovevano limarle il senso del dovere.
“Allora, ragazzi,” riprende Fred, insensibile alla sua insofferenza. “Avete già tutti una dama o un cavaliere per il ballo?”

Non è giornata
, mugugna Ron. Di tutte le domande che potrebbe sostenere, questa è forse la più crudele e scorretta.
No, non ha una dama; a suonare scoraggiante, soprattutto, il fatto che non abbia idea di come procurarsene una.
Harry distoglie lo sguardo, evasivo.
Potter è afflitto dal suo stesso dramma, ma con una sensibile differenza: non ce l’ha perché non vuole, non perché non possa davvero scegliere.
Harry è uno dei campioni, il Bambino Sopravvissuto e un eroe: la triade delle condizioni che pongono un quindicenne medio al riparo da qualunque rifiuto.
Ron Weasley, invece? Vale come credenziale un portentoso talento scacchistico?

“No, non ce l’ho,” grugnisce, sotto lo sguardo ilare di due gemelli spietati.
“Come volevasi dimostrare,” ironizza George, prima di menargli uno schiaffetto. “Dovresti darti una mossa, genio! Le più carine non resteranno senz’altro ad aspettare te!”
Ron sospira, poi tenta un affondo disperato. “E voi due? Chi ci portate al ballo?”
Fred gli dà appena il tempo di concludere. “Con Angelina,” replica asciutto.
“E lei lo sa?” insinua maligno.
Fred fa spallucce, poi si volta in direzione della Johnson. “Ehi, Angelina? Vieni al ballo con me, vero?”
La risposta non si fa attendere: un sorriso e un compiaciuto.

Quella dei gemelli è una vita di sfida e di rapina: non temono il futuro, perché non esiste.
Non si lasciano condizionare dal passato, perché gli sono sopravvissuti.
Credono nel presente, invece, perché lo stringono tra le dita.
Sarebbe una bella lezione, se solo Ron Weasley non sapesse d’essere fatto di ben altra pasta.

 
“Non hanno tutti i torti, però…” mormora, mentre Harry, colpito e affondato da cotanta strategia, si accascia demoralizzato al suo fianco. “Se non ci diamo da fare a invitare qualcuno, nella migliore delle ipotesi, rimediamo due troll.”
“Due… Cosa?” sibila Hermione, che è tornata a imbrattare la pergamena, ma non per questo sembra aver rinunciato alla conversazione.
“Due troll. Due bruttone. Due che solo un disperato inviterebbe… Che so… Eloise Midgen? Millicent Bulstrode? Meglio andare solo, sul serio che…”
“Eloise è una ragazza simpatica,” replica inviperita la Granger. “E la sua acne è migliorata parecchio.”
Ron solleva ironico un sopracciglio. “Come se fosse l’acne, il problema! Ha il naso storto!”
Hermione lo fissa con la simpatia che destineresti a uno schiopodo lebbroso.
“Insomma… Quello che stai cercando di dire, è che inviteresti anche una persona orribile, purché carina da guardare? Che non t’importa niente di…”
“Be’, sì… Cioè… Una ragazza non deve essere per forza di cose simpatica, no? Basta che sia…”
“… Sorda, Ron. Per accettare di trascorrere anche cinque minuti appena in tua compagnia, deve essere sorda. E ora vado a letto!”

La sua è una ritirata furibonda, che lo lascia irritato e confuso.
“Ma che ho detto di male?” chiede a Harry.
Potter, per tutta risposta, gli allunga una pacca consolatoria.
“Mettiamola così… Se questa fosse una partita a scacchi, hai appena perso la Regina.”

***

“Perché vuoi che vada al Ballo del Ceppo con Krum? Se t’interessa tanto la mia umiliazione, fammi tu da cavaliere!”

Non sa dove abbia trovato il coraggio di formulare l’invito, ma le è sfuggito di bocca prima che il cervello potesse arginare una leggerezza tutta adolescenziale.
L’istinto ha deragliato, questa volta, e non le ha portato fortuna.

“Ho già una dama. È Astoria Greengrass.”

 
Hermione affonda il viso nel cuscino e si sente patetica.
Ha tentato di vestire un abito che non era il suo e si è specchiata, goffa, nel riflesso di una perdente.
Non era quel che voleva offrire a Draco.
Non è, soprattutto, quanto cerca per sé.

Si è accomiatata con una scusa, ha liquidato Viktor con un saluto frettoloso e, finalmente al riparo della Sala Comune di Grifondoro, ha cercato nei libri un alibi ai suoi occhi arrossati.
Stupida stupida stupida.
C’è chi piange sale, chi vomita inchiostro: una pergamena fitta di sgorbi può essere una buona scusa per tutto, anche quando la useresti volentieri per soffiarti il naso.

Non andrò al ballo.
Torno a casa.
Torno da mamma, da papà, dal tacchino.
Voglio un Natale babbano.

Questo, almeno, è quel che ha pensato finché Ron non le si è seduto accanto e le ha sorriso.

“Ehi… Quale onore! Allora non ti sei dimenticata dei vecchi amici.”
“Perché?” ha balbettato.
“Perché te ne stai sempre per conto tuo. Non facciamo più i compiti insieme.”

Perché non mi fai più copiare i compiti
: ecco cosa intendeva Weasley, ma Hermione, la povera idiota, ha equivocato tutto.
Ha accarezzato persino un’illusione pericolosa.

E se m’invitasse lui?
Se andassi con Ron al ballo?

Se non altro le sue – tiepide – speranze sono morte prima ancora di tradursi nell’ennesima offerta imbarazzante, ma cosa le resta?

Quindici anni e un cuscino che trabocca delusione.

Nel dormiveglia, quando le difese si attenuano e tutto sfuma nell’ombra, i pensieri s’inseguono e non le danno tregua.
Pensa a Draco – alla sua bocca bellissima e ai suoi occhi freddi.
Pensa a Ron – a un’amicizia che è quasi una cotta, ma senza speranza.
Pensa a Krum – al solo che la guardi per quello che è: una donna.
E dire che Viktor potrebbe concedersi la più bella di Hogwarts, se solo volesse!

Ma è te che vuole.

È una vocina tentatrice e rassicurante; solletica la sua vanità e le scivola, come una carezza, dritta al cuore.

Vacci con Krum.
Presentati al braccio del più desiderato della scuola.

Hermione nasconde la testa sotto il cuscino, mentre Grattastinchi le soffia contro il proprio disappunto. Cos’hai da agitarti tanto? potrebbe leggere tra un meow e l’altro, ma non le importa.
Forse ha preso la decisione più giusta.
Forse il suo sarà un Natale magico e non babbano.

***

Viktor lo aspetta sul ponte dell’arca e l’espressione non è quanto diresti un trionfo di cortesia.
Draco deglutisce a fatica, perché può anche simulare la superiorità degli intoccabili, ma la verità è che gli tremano le ginocchia.
Tanto.
“Posso sapere cosa sta capitando?”
Krum gli si rivolge in russo. Il suo tono, freddo e imperativo, è privo delle buffe esitazioni che gli impone l’inglese.
Ha scelto una lingua che sente propria, questa volta. Ha deciso di ricordargli chi è che comanda.
“Non capisco,” replica evasivo.
Gli occhi di Viktor lo sondano con inaspettato acume.
Non può permettersi di sottovalutarlo: è lo Czar dei Cacciatori. È l’allievo più potente di Durmstrang.
“No. Quello confuso sono io,” sibila Krum. “Credevo che tu volessi aiutarmi.”
“E… Lo sto facendo. Una campagna pro…”
Viktor stringe i denti. Il suo profilo affilato ricorda ora più che mai quello di un rapace.
“Ho taciuto anche quando non avrei dovuto. Non ho raccontato a nessuno quello che ho visto, anche se…”
“Tu non hai visto niente,” sibila Draco – la mano sana stretta alla bacchetta.
Krum non muove un muscolo, ma una gelida morsa stringe Malfoy alla gola.
Apre le labbra, ma l’aria non passa. Poco a poco, il suolo smette di appartenergli.
“Io non amo fare del male,” ruggisce Krum, “ma questo non ti autorizza a pensare che non possa avere ragione della mia natura.”
Draco annaspa.
Ha usato un incantesimo muto, Viktor: gli ha dato un saggio di abilità che non dimenticherà per parecchio.
Quando la presa si allenta, cade in terra come un fantoccio.
“Se vuoi essere il mio rivale, gioca secondo le regole,” sibila sprezzante lo Czar di Imbolc.
Draco si massaggia la gola ma fatica a ritrovare il fiato.
“Se invece vuoi farle del male, considerati morto.”

E il tono non è di quelli che consentono equivoci.

“Io… Io volevo convincerla a darti una chance,” sussurra – la voce rauca e inconsistente. “Quando ci hai visti…”
“Non ho chiesto il tuo aiuto,” replica freddo Krum. “Rispetterò ogni sua scelta, fosse anche un rifiuto, perché quella ragazza…”

È un idiota innamorato, pensa sollevato Draco, e chi ama è senza pelle.
È nudo vulnerabile accessibile.
Potrebbe strappargli il cuore con ignobile facilità.

“Allora… Allora dovresti cercare il nemico lontano dalla tua casa. Hermione non può accorgersi di te, se qualcuno non le insegna a guardarti.”
Krum serra le labbra. “Non m’interessa il tuo punto di vista.”
Draco sorride – un sorriso freddissimo e crudele. “Sbagli, allora, perché io so cosa vuole Hermione Granger.”

***

È una piccola colomba bianca, quella che si posa sul suo banco.
Una bianca colomba di carta di riso.

 
Perché io possa rubarti un ballo, dovresti avere un cavaliere.
Sei ancora sicura che Viktor non t’interessi?
D.M.

 
Hermione chiude gli occhi.
Prima ancora che Piton la richiami con un apprezzamento dei suoi, sa già che dirà di sì.
Sarà la dama di Viktor Krum.
Sarà una principessa bellissima e infedele.

 
 
Nota: il gioco di parole qui poggia su una leggera assonanza. Die Probe, in tedesco, vuol dire esame. Das Problem, come lascia intendere il sostantivo, problema, ma anche difficoltà.

   
 
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